Appellabilità della sentenza di estinzione per condotta riparatoria nel giudizio dinanzi al giudice di pace

Lucia Randazzo
09 Settembre 2015

In tema di reati di competenza del giudice di pace non sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. n. 274/2000. La parte civile, qualora non ritenga esaustivo il risarcimento offerto, potrà adire comunque il giudice civile rispetto alla cui decisione, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, la pronuncia penale non avrà alcuna incidenza, in quanto la congruità del risarcimento, operata allo stato degli atti ai soli fini dell'estinzione del reato, lascia comunque impregiudicata la possibilità di un nuovo e completo accertamento circa l'esistenza e l'entità del danno in favore della persona offesa.
Massima

In tema di reati di competenza del giudice di pace non sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. n. 274/2000. La parte civile, qualora non ritenga esaustivo il risarcimento offerto, potrà adire comunque il giudice civile rispetto alla cui decisione, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, la pronuncia penale non avrà alcuna incidenza, in quanto la congruità del risarcimento, operata allo stato degli atti ai soli fini dell'estinzione del reato, lascia comunque impregiudicata la possibilità di un nuovo e completo accertamento circa l'esistenza e l'entità del danno in favore della persona offesa.

Il caso

Caio in seguito alla querela presentata da Tizia veniva citato in giudizio dinanzi al giudice di pace rispondere dei reati di cui agli artt. 81, 581 e 612 del c.p.

Il giudice di pace, preso atto del deposito da parte dell'imputato di assegno circolare di 1000 euro intestato a Tizia, accogliendo l'istanza di Caio di definizione del procedimento ai sensi dell'art. 35, d.lgs. n. 274/2000, pronunciava sentenza dichiarativa di non doversi procedere per estinzione dei reati in considerazione dell'attività riparatoria e risarcitoria effettuata da Caio.

La parte civile Tizia ricorreva per Cassazione, agli effetti penali e civili, eccependo l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 35, d.lgs. n. 274/2000 in relazione al reato di minaccia contestato a Caio, perché reato di mero pericolo ed eccependo il difetto di motivazione della sentenza in merito alla sussistenza dell'attività riparatoria.

La Corte di cassazione, dopo aver qualificato il ricorso in appello, rinviava per la decisione al Tribunale il quale confermando la sentenza emessa dal giudice di pace rigettava l'appello ritenendo congruo il risarcimento offerto da Caio.

La questione

La Corte di cassazione, sezione quinta penale, con ordinanza del 18 novembre 2014, dep. il 16 gennaio 2015, rimettendo il ricorso alle Sezioni Unite, rilevava l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione preliminare relativa alla sussistenza o meno dell'interesse per la parte civile a proporre impugnazione, anche ai soli effetti civili, avverso la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie prevista dal d.lgs. n. 274 del 2000, art. 35.

Le soluzioni giuridiche

Un primo filone giurisprudenziale ritiene sussistente l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza che dichiara l'estinzione per intervenuto risarcimento di danni in quanto nella pronuncia si rinvengono valutazioni concernenti il merito della pretesa civilistica che sono potenzialmente pregiudizievoli per la parte privata. La facoltà di impugnare in questo caso ai soli effetti della responsabilità civile è stata riconosciuta anche alla parte civile che non sia ricorrente in virtù della norma di cui all'art. 576 c.p.p. richiamato dal principio generale di cui all'art. 2, d.lgs. n. 274/2000.

Da ultimo la giurisprudenza ha ritenuto che sia sussistente l'interesse a ricorrere della parte civile avverso la sentenza emessa ai sensi dell'art. 35, d.lgs. n. 274/2000 anche agli effetti penali.

Un secondo orientamento prevede che non possa sussistere alcun interesse per la parte civile ad impugnare anche agli effetti civili la sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta condotta riparatoria in quanto nella suddetta pronuncia il giudice si limita a stabilire se il risarcimento è congruo ai fini dell'estinzione del reato e non rivestendo autorità di giudicato nel giudizio civile non produce effetti pregiudizievoli nei confronti della parte civile (così Sez. V, del 6 giugno 2008, n. 27392).

La circostanza per cui la parte civile, non ricorrente ai sensi dell'art. 21, d.lgs. n. 274/2000, non possa presentare ricorso ai fini penali deriva dall'art. 576 c.p.p., secondo il quale la parte civile può, di norma, impugnare solo agli effetti della responsabilità civile e interpretando a contrario l'art. 38, d.lgs. n. 274/2000; secondo tale ultimo articolo l'impugnazione della parte civile, anche agli effetti penali, è limitata all'ipotesi in cui la citazione a giudizio dell'imputato scaturisca dal ricorso immediato. In tal senso motivano le Sezioni Unite: “questo filone giurisprudenziale ha dunque evidenziato che per quanto attiene gli interessi civili, le sentenze di proscioglimento di natura processuale per estinzione del reato (mancanza di querela, prescrizione, estinzione del reato ai sensi del d.lgs. n. 274 del 2000, art. 35), ove non contengano alcun capo relativo all'accertamento ed alla quantificazione del danno, non statuiscono sulla responsabilità dell'imputato e alla stesse pertanto non può essere riconosciuta alcuna efficacia preclusiva in sede civile in ordine al risarcimento eventualmente richiesto, con assenze di ricadute negative nei confronti della parte interessata”.

Osservazioni

La sentenza in commento, per dirimere tale contrasto giurisprudenziale, ha ritenuto fondamentale analizzare la qualità della valutazione del giudice di pace per quanto riguarda la sufficienza e l'esaustività della condotta riparatoria.

Da un lato dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto che non si possano valutare forme non integrali di risarcimento del danno e dall'altro un diverso filone dottrinale e giurisprudenziale ha ritenuto che per la pronuncia di estinzione non sarebbe necessario l'integrale risarcimento del danno effettivamente subito dalla vittima ma un “positivo apprezzamento di idoneità satisfattiva della stessa che, formulato più con riguardo alle esigenze di riprovazione e prevenzione, lascerebbe alla competente sede civile ogni valutazione in ordine alla esaustività della somma offerta a tali fini. Tale esegesi garantirebbe una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, nel rispetto dell'art. 3 Cost., al fine di consentire l'applicazione dell'istituto anche nell'ipotesi in cui l'autore del reato, in considerazione delle disagiate condizioni economiche, non sia in grado di procedere ad un integrale risarcimento del danno cagionato, ma abbia fatto tutto il possibile in tal senso. In questo caso la parte civile eventualmente insoddisfatta potrà agire in un autonomo giudizio civile di danno, in quanto la sentenza del giudice di pace, accertando la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato, con valutazione operata allo stato degli atti, non determina alcun pregiudizio per le ragioni civilistiche dell'offeso”.

Le due diverse opzioni hanno una diversa rilevanza in merito alla decisione sottoposta alle Sezioni Unite. Il filone secondo cui sia necessario un esaustivo risarcimento comporterebbe come conseguenza che la relativa decisione formerebbe autorità di cosa giudicata ai sensi dell'art. 2909 c.c., e come tale sarebbe idoneo a precludere l'eventuale successivo giudizio civile avente ad oggetto il debito risarcitorio ex crimine. La sentenza sarebbe, dunque, da considerare di proscioglimento dibattimentale e non predibattimentale e conseguentemente non suscettibile di formare un giudicato vincolante nel giudizio civile. Secondo l'altra opzione - se si ritiene di escludere che la sentenza di estinzione per intervenuta condotta riparatoria possa essere vincolante nel giudizio civile - la parte civile potrà agire con autonomo giudizio civile di danno.

Per quanto riguarda il potere della parte civile di impugnare in virtù dell'applicazione della regola generale di cui all'art. 2, d.lgs. n. 274/2000 trova la legittimazione dell'art. 576 c.p.p. (Sez. V, n. 38699 del 14 ottobre 2008; Sez. V, n. 36639 del 26 aprile 2005; Sez. V, n. 23665 del 25 marzo 2005; Sez. V, n. 3997 del 18 novembre 2004). Nel caso di procedimento dinanzi al giudice di pace che scaturisce dal ricorso immediato ai sensi dell'art. 21, d.lgs. n. 274/2000 la parte civile ha altresì la facoltà di proporre impugnazione anche agli effetti penali avverso le sentenze relative a tutti i reati rientranti nella competenza del giudice di pace. Nel caso di specie l'interesse all'impugnazione della parte civile è legato all'eventuale efficacia vincolante del giudicato penale nel giudizio civile.

La Corte così ha motivato: “L'effetto di giudicato è collegato dunque al concreto effettivo accertamento dell'esistenza di una di queste ipotesi. In base a tale interpretazione l'interesse della parte civile ad impugnare le sentenze di proscioglimento è stato individuato negli specifici casi di efficacia extrapenale del giudicato, poiché solo in tali casi la pronuncia preclude il perseguimento degli interessi della parte privata anche in sede civile”.

Nelle motivazioni della sentenza in commento si analizzano le conclusioni della Sezioni Unite in merito all'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa di improcedibilità per mancanza di querela (Sez. un., n. 35599 del 21 giugno 2012: “la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell'azione civilistica”). Anche nel caso che ci occupa la pronuncia ai sensi dell'art. 35 d.lgs. n. 274/2000, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato “con valutazione operata allo stato degli atti, senza alcuna istruttoria e con sentenza predibattimentale, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno e non produce, pertanto, alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile”.

Ciò deriva dalla lettura della norma di cui all'art. 38, d.lgs. n. 274/2000 secondo cui la parte offesa costituita parte civile può ricorrere per cassazione anche ai fini penali, esclusivamente qualora il procedimento sia stato instaurato a seguito di ricorso immediato al giudice di pace. Nel caso in cui, invece, ci si trovi di fronte al proscioglimento predibattimentale di cui all'art. 35 che riguarda la sentenza in commento non si può riconoscere il potere di impugnazione della sentenza nei confronti della parte civile: “A tal fine è rilevante considerare l'ambito di operatività dell'art. 576 c.p.p. che prevede la facoltà per la parte civile di proporre impugnazione "ai soli effetti della responsabilità civile contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio”. Attraverso l'analisi del filone giurisprudenziale secondo cui l'efficacia extrapenale del giudicato sia limitata alle fattispecie sancite dall'art. 652 c.p.p. ne discende che non sussista interesse in capo alla parte civile alla impugnazione delle sentenze di non doversi procedere per mancanza di una condizione di procedibilità o per estinzione del reato in questi ultimi casi, infatti, in assenza di accertamenti sul fatto e, conseguentemente, effetti pregiudizievoli per la parte civile diversamente dall'ipotesi in cui ci si trovi dinanzi una sentenza di assoluzione.

Guida all'approfondimento

D. BIANCHI, Sull'efficacia extrapenale della sentenza di proscioglimento per avvenuta riparazione del danno ex art. 35 d.lgs. 274/2000 in www.penalecontemporaneo.it

E. APRILE, La competenza penale del giudice di pace, Giuffrè, 2007;

I. PARDO, Il processo penale d'appello, Giuffré, 2012

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