Autoriciclaggio. Prime precisazioni della Cassazione sull'elemento materiale e su quello psicologico

09 Settembre 2016

La questione sottoposta all'esame della Corte di legittimità con il ricorso di cui alla sentenza in commento attiene all'individuazione dell'elemento materiale del delitto di autoriciclaggio, così come definito dal legislatore con l'art. 3, comma 3, legge 15 dicembre 2014 n. 186 che ha introdotto nel codice penale l'art. 648-ter.1
Massima

Non costituisce attività economica o finanziaria di cui all'art. 648-ter.1 c.p. il mero deposito di una somma di denaro su una carta prepagata da parte di un soggetto, il quale, dopo essersi impossessato di una borsa contenente, tra l'altro, una carta bancomat ed avere prelevato tramite la stessa una somma di denaro, provvedeva poi a depositarla su una carta prepagata intestata a se medesimo.

Il caso

L'indagato, dopo essersi impossessato di una borsa contenente una carta bancomat, aveva prelevato del denaro a mezzo della stessa e lo aveva depositato su una carta prepagata a lui stesso intestata. Il giudice per le indagini preliminari, provvedendo sulla richiesta di applicazione della misura cautelare personale avanzata dal P.M. – per i reati di furto aggravato, indebito utilizzo di carta di credito ed autoriciclaggio – aveva accolto la richiesta, applicando la misura per i primi due reati, rigettandola per il delitto di cui all'art. 648-ter.1 c.p., escludendo la configurabilità nel caso di specie del suddetto reato. Il tribunale del riesame aveva respinto il ricorso proposto dal P.M., confermando la decisione del Gip

Con il ricorso per cassazione il P.M. aveva sostenuto la ritenuta integrazione nella fattispecie concreta del delitto di autoriciclaggio di cui all'art. 648-ter.1 c.p., ritenendo costituire la condotta posta in essere dall'agente una tipica attività economica o finanziaria, a nulla rilevando l'entità della somma impiegata ovvero l'assenza del fine di lucro.

La questione

La questione sottoposta all'esame della Corte di legittimità con il ricorso di cui alla sentenza in commento attiene all'individuazione dell'elemento materiale del delitto di autoriciclaggio, così come definito dal Legislatore con l'art. 3, comma 3, legge 15 dicembre 2014 n. 186 che ha introdotto nel codice penale l'art. 648-ter.1

Con particolare riferimento alla fattispecie concreta si trattava di stabilire, sia pure nella limitata valutazione consentita al giudice nella fase cautelare, se il mero deposito su una carta prepagata intestata al medesimo soggetto agente di denaro prelevato a mezzo di una carta bancomat dallo stesso in precedenza sottratta ed illecitamente utilizzata potesse o meno rientrare nelle nozioni di attività economica o finanziaria di cui all'art. 648-ter.1 c.p.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ha affermato che per individuare quelle che sono attivit economiche occorre rifarsi alla definizione contenuta nell'art. 2082 c.c., che qualifica tali quelle attività finalizzate alla produzione di beni o alla prestazione di servizi; mentre per individuare le attività finanziarie deve tenersi conto della previsione contenuto nell'art. 106 d.lgs. 385/1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), che fa riferimento, quali tipiche attività finanziarie, all'assunzione di partecipazioni come l'acquisizione e gestione di titoli su capitale di imprese, alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, alla prestazione di servizi di pagamento, come l'incasso o il trasferimento di fondi, l'esecuzione di ordini di pagamento o l'emissione di carte di credito o di debito ed all'attività di cambiovalute. E sulla base di tali definizioni, la Corte di legittimità ha concluso per l'insussistenza nel caso di specie dell'elemento materiale del reato di autoriciclaggio.

Nell'occasione, sia pure in modo più implicito, la Cassazione ha affermato un principio rilevante anche in tema di elemento soggettivo del reato recentemente introdotto. Difatti, nel riconoscere che le condotte di impiego, sostituzione e trasferimento di beni o altre utilità commesse dallo stesso autore del reato presupposto assumono rilevanza penale solo se dirette concretamente ad ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, i giudici di legittimità hanno ritenuto necessario, ai fini dell'integrazione del reato sul piano soggettivo, che la condotta sia stata posta in essere con la specifica finalità di occultare l'origine illecita del denaro o dei beni provenienti dal delitto presupposto.

Osservazioni

Le conclusioni alle quali è pervenuta, nel caso di specie, la Corte di cassazione appaiono particolarmente significative perché contribuiscono a delimitare in modo chiaro e preciso l'ambito di rilevanza penale delle condotte di investimento dei profitti operate dallo stesso autore del delitto contro il patrimonio. Specificamente sono state escluse dall'area di punibilità introdotta con l'art. 648-ter.1 c.p. quelle semplici condotte di godimento personale dei beni o altre utilità provenienti dal delitto, riconoscendosi, invece, la sussistenza del reato nel caso in cui le operazioni di reimmissione nel circuito economico finanziario ovvero imprenditoriale siano caratterizzate da un concreto effetto dissimulatorio volto a perseguire l'occultamento del profitto illecito.

Guida all'approfondimento

La Cassazione, in precedenza, era già intervenuta sul delitto di autoriciclaggio (Cass. pen. Sez. II, 3691/2016), limitandosi ad affrontare la problematica relativa alla configurabilità del nuovo reato nell'ipotesi in cui il delitto presupposto sia stato commesso in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge 186 del 2014, che ha, appunto, introdotto l'art. 648-ter.1 c.p. e pervenendo alla conclusione affermativa (v. BERTOLINI CLERICI, L'autoriciclaggio sussiste anche se il reato presupposto è stato commesso prima della l. 186/2014).

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