L'applicabilità della limitazione di responsabilità per colpa lieve anche ad ipotesi di negligenza o imprudenza

Vittorio Nizza
09 Dicembre 2015

In caso di omesso approfondimento diagnostico prescritto dalle linee guida come di “secondo livello”, perché sia affermata la responsabilità per colpa del sanitario che ha omesso gli ulteriori accertamenti, occorre che la necessità di discostarsi dalle linee guida sia così macroscopica da ingenerare una colpa grave penalmente rilevante ai sensi dell'art. 3 del d.l. 158/2012.
Massima

In caso di omesso approfondimento diagnostico, consistito nella mancata esecuzione di un esame prescritto dalle linee guida come di “secondo livello”, perché sia affermata la responsabilità per colpa del sanitario che ha omesso gli ulteriori accertamenti, occorre che la necessità di discostarsi dalle linee guida e, quindi, di eseguire un approfondimento, sia così macroscopica da ingenerare una colpa grave penalmente rilevante ai sensi dell'art. 3 del d.l. 158/2012 (conv. l. 189/2012), c.d. legge Balduzzi.

Il caso

Nella sentenza in commento, la Corte di cassazione viene chiamata a pronunciarsi in merito ad un caso di colpa medica con riferimento alla condotta posta in essere da cinque medici di due diverse strutture sanitarie imputati del reato di omicidio colposo. Più precisamente, quattro medici erano dipendenti della casa di cura B. ove la persona offesa aveva effettuato gli esami ed era poi stata ricoverata. Il quinto medico, invece, che esercitava presso la casa di cura V.V., aveva visitato il paziente a titolo di cortesia ed episodicamente.

Secondo l'imputazione, ai medici veniva contestato di aver omesso per negligenza e imperizia l'effettuazione degli accertamenti diagnostici cardiologici necessari e conseguentemente di non aver prescritto la terapia farmacologica adeguata per curare lo scompenso cardiaco che aveva poi portato al decesso del paziente.

Il giudice per l'udienza preliminare aveva pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di tutti e cinque i sanitari, con diverse formule assolutorie.

In particolare, tre medici (della casa di cura B.) erano stati assolti per non aver commesso il fatto: gli stessi, infatti, avevano eseguito solo gli esami strumentali, dai quali non erano emersi sintomi rilevanti della patologia.

Differenti, invece, le posizioni degli altri due medici imputati, poi assolti perché il fatto non costituisce reato. Con riferimento all'ultimo medico della casa di cura presso cui la persona offesa era stata ricoverata, il Gup aveva ritenuto che, sulla base della sintomatologia presente del paziente, la condotta del sanitario fosse stata conforme alle indicazioni delle linee guida ESC 2012, che non prevedevano come obbligatoria l'effettuazione dell'elettrocardiogramma, considerato esame di secondo livello. Secondo il Gup in ogni caso non sarebbe stato possibile affermare che attraverso tale esame sarebbe stata rilevata la presenza della miocardite in atto (poi causa del decesso). Inoltre, sempre secondo il Gup, la condotta del sanitario poteva al massimo configurare un'ipotesi di colpa lieve, inquadrabile nell'art. 3 della l. 189/2012.

Con riferimento all'ultimo medico, infine, l'assoluzione veniva motivata sul fatto che lo stesso aveva visitato il paziente solo a titolo di cortesia ed episodicamente.

Avverso tale sentenza proponevano ricorso le parti civili, richiamandosi alla consulenza tecnica del P.M., che aveva riconosciuto come causa della morte l'omessa effettuazione di accertamenti diagnostici cardiologici e di adeguata terapia farmacologica, e aveva affermato che il quadro clinico sintomatologico presente del paziente deponeva inequivocabilmente per l'origine cardiaca dell'affezione, per cui sarebbe stato sufficiente eseguire gli esami strumentali per accertare tale condizione. Ritenevano, inoltre, i ricorrenti che non potesse trovare applicazione la legge Balduzzi, sia sotto il profilo temporale, sia perché nel caso di specie non si sarebbe trattato di imperizia ma di negligenza o imprudenza.

La questione

La sentenza si incentra principalmente sulla problematica relativa all'ambito di applicabilità dell'esimente introdotta dall'art. 3, d.l. 158/2012 (conv. l. 189 del 2012) in tema di responsabilità del medico, secondo la quale sarebbe penalmente irrilevante la condotta del medico in caso di colpa lieve, qualora sanitario si sia attenuto alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. In particolare la sentenza si incentra sulla distinzione dei vari gradi della colpa e sulla possibilità di applicare la legge Balduzzi anche ai casi di colpa per negligenza o imprudenza e non solo per imperizia.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 3 del d.l. 158/2012 (conv. l. 189 del 2012) ha introdotto una limitazione della responsabilità nella condotta dei medici prevedendo che l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.

La giurisprudenza si è da subito interrogata sull'interpretazione da dare alla norma e in particolare sui confini della colpa lieve e sulla sua applicabilità a tutte le “tipologie” di colpa, ossia ai soli errori medici determinati da imperizia o anche a quelli determinati da negligenza e imprudenza.

Il primo orientamento giurisprudenziale che si è sviluppato in ordine all'applicabilità della norma ne ha riconosciuto una la portata applicativa circoscritta alle sole ipotesi di colpa per imperizia, escludendo la possibilità di ampliarne l'ambito di operatività a profili di colpa per imprudenza o negligenza. La legge, infatti, per la prima volta introduce la distinzione normativa tra colpa lieve e colpa grave, senza però individuarne i confini applicativi. La norma, inoltre, introduce come parametro di comportamento del sanitario il rispetto delle linee guida.

Secondo tale giurisprudenza, le linee guida, a differenza dei protocolli o delle check list, non indicano un'analitica, automatica successione di adempimenti ma propongono solo direttive generali, istruzioni, che vanno applicate in concreto senza automatismi, rapportandole alle peculiari specificità del caso concreto. L'osservanza o l'inosservanza delle linee guida incide sulla sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa ma non implica l'automatica esclusione o affermazione dell'imputazione soggettiva.

Il medico, quindi, è sempre tenuto ad esercitare le proprie scelte sulla base delle circostanze del caso concreto. Può in ogni caso accadere che il professionista rispetti le linee guida ma ugualmente commetta qualche errore, sarà però rimproverabile solo ove l'errore si appalesi rimarchevole, non lieve. Allo stesso modo, può capitare che il caso concreto richieda al sanitario di discostarsi dalla linee guida. Secondo tale impostazione, le linee guida, il cui rispetto consente al sanitario in alcuni casi di andare esente da responsabilità, contengono solo regole di perizia. La disciplina, pertanto, troverebbe il suo terreno di elezione nell'ambito dell'imperizia, non potendo, invece, involgere, ipotesi di colpa per negligenza o imprudenza (Cass. pen., Sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 11493; Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16237).

La sentenza in commento, invece, si inserisce in quell'orientamento giurisprudenziale, che si sta recentemente sviluppando, che tende ad estendere l'ambito applicativo della legge Balduzzi anche ai casi di errore dovuto a negligenza o imperizia.

Osservazioni

Nella sentenza in commento, si affronta il problema dell'applicabilità della legge Balduzzi. La Corte confermava la sentenza assolutoria del Gup nei confronti di tutti i sanitari. La posizione più rilevante, per quel che qui rileva, era in realtà dell'ultimo medico della casa di cura che si era occupato del ricovero del paziente e che non aveva eseguito l'ecocardiogramma (esame di secondo livello) ma solo l'elettrocardiogramma (esame di primo livello), attenendosi alle linee guida ma non rilevando così la miocardite virale che aveva portato alla morte del paziente.

La Corte, in realtà, ritiene di confermare la sentenza assolutoria rilevando l'assenza di colpa in capo al medico: lo stesso si era infatti attenuto alle linee guida e non vi erano, a parere dei giudicanti, elementi tali da portare il medico a discostarsi dalle stesse.

In ogni caso, precisa poi la Corte, che per l'applicabilità della legge Balduzzi occorre distinguere tra colpa lieve (non penalmente rilevante) e colpa grave. La distinzione deve avvenire tenendo conto delle peculiari condizioni del caso concreto sia oggettive (tre cui complessità del quadro clinico, urgenza, la presenza di presidi sanitari adeguati) e soggettive del soggetto agente.

La colpa grave, che determina un errore inescusabile, conclude quindi la Corte, potrà verificarsi per mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali della professione o per difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell'uso dei mezzi operatori e che il medico deve saper gestire perfettamente, oppure, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai mancare nell'esercente una professione sanitaria.

La Corte, inoltre, conformandosi alla giurisprudenza consolidata in ordine all'applicabilità temporale della legge Balduzzi, ribadisce come si tratti di un'ipotesi di abolitio criminis parziale degli artt. 598 e 590 c.p. nei confronti dei medici, avendo ristretto l'area del penalmente rilevante alla sola colpa grave. La norma, pertanto, ha efficacia retroattiva trovando applicazione la disciplina dell'art. 2, comma 2, c.p.

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