Guida in seguito all’assunzione di sostanze stupefacenti: occorre l’accertamento dello stato di alterazione

10 Marzo 2016

La condotta tipica del reato previsto dall'art. 187, commi 1 e 2, cod. strada non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d'alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione.
Massima

La condotta tipica del reato previsto dall'art. 187, commi 1 e 2, cod. strada non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d'alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti ma, altresì, che egli guidava in stato d'alterazione causato da tale assunzione. Gli elementi da cui desumere lo stato di alterazione psicofisica, derivante dall'uso di stupefacenti, possono essere rinvenuti anche nelle modalità di guida o nella provocazione di un incidente stradale purché si tratti di condotte univocamente segno di tale alterazione.

Il caso

Il tribunale di Ravenna, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Bologna, all'esito di giudizio abbreviato, condannava Tizia per i reati di cui agli artt. 186, commi1, 2 e 2-bis e 187, commi 1 e 1-bis, cod. strada, per aver condotto un'autovettura in stato di ebbrezza e in stato di alterazione psicofisica a seguito dell'assunzione di sostanze stupefacenti, provocando un incidente stradale.

L'assunzione di alcool e di droga era stata accertata mediante prelievo ed esame dei liquidi biologici che evidenziavano un tasso alcolico di 0,97 g/l e la presenza nel sangue di cocaina, benzodiazepine, metadone e benzoilecgonina.

Avverso la decisione confermativa della Corte territoriale interponeva ricorso per Cassazione l'imputata lamentando che i giudici di merito avevano ritenuto l'esame clinico sufficiente a dimostrare che ella si era posta alla guida in stato di alterazione psicofisica.

La questione

Le questioni in esame sono le seguenti: a) l'accertamento, mediante esame clinico, della presenza di sostanze stupefacenti nel torrente ematico dell'imputato è sufficiente a dimostrare che egli stesse conducendo il veicolo in stato di alterazione psicofisica a seguito dell'assunzione di droga? b) Inoltre, tale accertamento può essere condotto in via inferenziale sulla base delle modalità di guida e, in particolare, della provocazione di un incidente stradale?

Le soluzioni giuridiche

In giurisprudenza è costante e pacifica l'affermazione che il reato ex art. 187 cod. strada è integrato dalla condotta di guida in stato d'alterazione psico-fisica determinato dall'assunzione di sostanze e non già dalla condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, sicché, ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma anche che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione (cfr. ex multis Cass. pen., Sez. IV, 11 giugno 2009-30 ottobre 2009, n. 41796; Cass. pen., Sez. IV, 15 maggio 2013-23 settembre 2013, n. 39160).

Quindi, mentre per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente la prova sintomatica dell'ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma secondo dell'art. 186 cod. strada, per la configurabilità del reato in esame è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 11 giugno 2009-30 ottobre 2009, n. 41796).

Per quanto riguarda gli elementi da cui desumere lo stato di alterazione psicofisica derivante dall'uso di stupefacenti, la suprema Corte ritiene che possano essere rinvenuti anche nelle modalità di guida o nella provocazione di un sinistro stradale, purché tali modalità appaiano necessariamente e univocamente ricollegabili ad uno stato di alterazione psichica.

Nel caso all'esame della Corte l'imputata non si era fermata allo stop alle cinque del mattino e tale contegno è stato valutato dai giudici come indice di trascuratezza nella guida, distrazione e/o scarso rispetto delle norme che regolano la circolazione stradale ma non segno univoco di alterazione psicofisica.

La Corte fornisce alcuni esempi di guida che invece possono essere ritenuti sintomatici della suddetta alterazione perché hanno delle caratteristiche talmente eclatanti da apparire verosimile che lo siano: imboccare contromano l'autostrada o una strada a scorrimento veloce, impattare da soli contro un muro o uno spartitraffico, guidare a velocità elevatissime, operare sorpassi o inversioni di marcia particolarmente rischiosi.

Osservazioni

L'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, anche in modesta quantità, agisce sul sistema nervoso centrale alterando le funzioni cognitive, percettive e comportamentali. Se tale assunzione precede l'atto di mettersi alla guida, sono evidenti i rischi per la sicurezza della circolazione stradale, posto che l'utente “alterato” mostri una capacità di concentrazione e una rapidità di riflessi agli stimoli notevolmente menomate.

Per evitare situazioni di pericolo per la circolazione stradale e salvaguardare l'incolumità degli utenti della strada, già l'art. 132 del previgente codice della strada vietava di guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche o di sostanze stupefacenti.

Con il nuovo codice della strada la guida in stato di alterazione psico-fisica dovuta all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope è stata disciplinata come un'autonoma ipotesi di reato con delle peculiarità rispetto alla guida in stato di ebbrezza alcolica.

Il primo comma dell'art. 187 cod. strada, interamente riscritto dal d.l. 117/2007, convertito nella l. 160/2007, e da ultimo modificato dalla l. 120/2010, punisce chiunque conduce un veicolo in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope.

Quindi, mentre la disposizione di cui all'art. 186 cod. strada punisce il mero fatto di guidare in stato di ebbrezza, attribuendo alla presenza di una determinata percentuale di alcool nel sangue un valore presuntivo (di ebbrezza) che non ammette prova contraria, la disposizione di cui all'art. 187 cod. strada non è basata su presunzioni ma pretende l'accertamento positivo della alterazione, volendo punire non la mera guida dopo la assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ma la guida in stato di alterazione indotto dall'uso di tali sostanze.

La condotta tipica del reato in commento richiede, quindi, due elementi qualificanti: lo stato di alterazione, capace di compromettere le normali condizioni psico-fisiche indispensabili nella conduzione di un veicolo e concretizzante una situazione di pericolo per la sicurezza della circolazione stradale e l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope idonee a causare il predetto stato di alterazione. Ne consegue che la prova del pregresso uso di stupefacenti, in difetto della prova dello stato di alterazione psico-fisica, non è sufficiente per configurare il reato in esame.

Tuttavia, poiché l'art. 187, comma 1, cod. strada, a differenza dell'art. 186, comma 1, cod. strada (che vieta di guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche), punisce chi guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, non è chiaro quale sia il rapporto fra i due elementi indicati sopra.

Ci si chiede in particolare, se per integrare il reato in esame sia necessario accertare una correlazione tra l'assunzione di droghe e lo stato di alterazione oppure sia sufficiente che quest'ultimo venga riscontrato dopo che il soggetto ha assunto sostanze droganti.

Ci si chiede anche se lo stato di alterazione psico-fisica debba essere autonomamente accertato oppure possa essere dedotto dalla pregressa assunzione di sostanze stupefacenti sulla base degli effetti ordinariamente prodotti dalle predette sostanze.

A differenza delle formulazioni previgenti (in conseguenza dell'uso), che imponevano con chiarezza un legame causale fra l'assunzione della sostanza drogante e l'alterazione psicofisica del conducente, l'attuale dizione letterale dell'art. 187, cod. strada (dopo aver assunto) sembra slegare i due elementi, tanto che alcuni commentatori hanno inteso la riformulazione della norma come una scelta legislativa volta ad eliminare il difficile accertamento processuale del nesso causale tra ingestione di sostanze e condizioni psico-fisiche del conducente intervenendo sulla descrizione dell'elemento oggettivo del reato.

Anche una parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto che l'inserimento della particella dopo nella descrizione della condotta esprima una relazione meramente cronologica e non più causale (come avveniva nella precedente formulazione dell'articolo) fra l'uso di sostanze stupefacenti e le condizioni di alterazione.

Tuttavia, al di là delle infelici scelte linguistiche del riformatore, i due elementi descrittivi della fattispecie non possono essere letti disgiuntamente, essendo evidente che l'intento legislativo è quello di vietare la conduzione di veicoli a soggetti che, versando in condizioni psico-fisiche alterate a causa dell'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, pongono in pericolo l'incolumità di se stessi e degli altri utenti della strada.

Indici rivelatori di tale ratio legis si rinvengono nella rubrica dell'articolo (guida in stato di alterazione psico-fisica per l'uso di sostanze stupefacenti), nell'apparato circostanziale (legato ad un incremento della pericolosità insita nella condotta base: incidente stradale e guida notturna) e nelle modalità di accertamento del reato (posto che il comma 2-bis dell'art. 187, cod. strada prevede che gli accertamenti tecnici sulla persona del conducente siano svolti quanto gli agenti di Polizia stradale abbiano un ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l'effetto conseguente all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope). Va, inoltre, aggiunto che il comma 3 dell'art. 589 c.p. – nella versione in vigore fino al d.d.l. approvato il 2 marzo 2016 che ha introdotto il delitto di omicidio stradale – prevedeva un aggravamento di pena per il delitto di omicidio colposo qualora la morte fosse stata cagionata violando le norme sulla disciplina della circolazione stradale da parte di un soggetto che si trovasse «sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope»: ragioni di coerenza sistematica inducono a ritenere che il nesso eziologico fra assunzione della sostanza drogante ed alterazione psicofisica del conducente, espressamente richiesto in tema di omicidio, debba ritenersi elemento costitutivo anche della contravvenzione integrante il delitto complesso.

Ciò che rileva, quindi, non è tanto l'assunzione della sostanza quanto l'effetto di alterazione che ne consegue, tanto può essere ritenuto responsabile anche chi ha assunto un quantitativo minimo di sostanze stupefacenti, a condizione che si trovi in stato di alterazione psico-fisica.

Perché possa, dunque, affermarsi la responsabilità dell'agente, non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto sostanze stupefacenti ma anche che egli guidasse in stato d'alterazione causato da tale assunzione. Ciò per due motivi: in primo luogo, l'art. 187 cod. strada non contiene, a differenza dell'art. 186 cod. strada, l'indicazione di un quantitativo minimo di sostanza drogante nel sangue oltre il quale ritenere sussistente uno stato di alterazione psico-fisica; in secondo luogo, a differenza del metabolismo dell'alcool che è particolarmente rapido, le tracce degli stupefacenti nei liquidi biologici permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione a un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione.

La nozione di alterazione cui fa riferimento l'art. 187 cod. strada richiede l'accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dalla assunzione di sostanze stupefacenti, e non necessariamente coincidente con la intossicazione, che anzi nella stragrande maggioranza dei casi non viene raggiunta.

Secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza, lo stato di alterazione del conducente non potrebbe essere desunto in via esclusiva da elementi sintomatici esterni, così come avviene per l'ipotesi di guida in stato di ebbrezza alcolica, stante la non univocità degli effetti delle varie sostanze droganti e la differente risposta soggettiva di ciascun individuo. Si ritiene, quindi, necessario che detto stato venga accertato nei modi previsti dal comma 2 dell'art. 187 cod. strada, ovvero attraverso un esame su campioni di liquidi biologici, trattandosi di un accertamento che richiede conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle sostanze (cfr. ex multis Cass. pen., Sez. IV, 28 aprile 2006-14 giugno 2006, n. 20247; Cass. pen., Sez. IV, 11 giugno 2009-30 ottobre 2009, n. 41796; Cass. pen., Sez. IV, 2 marzo 2010-26 marzo 2010, n. 11848, in Cass. pen., 2010, p. 3975).

Ne consegue che non è ritenuta prova sufficiente dello stato di alterazione la descrizione del comportamento dell'imputato da parte dell'agente di Polizia intervenuto o l'accertamento sintomatico eseguito dal sanitario del pronto soccorso.

Tale linea esegetica tende a confondere l'assunzione di sostanza con lo stato di alterazione e contrasta con il principio del libero convincimento del giudice che vige in materia penale e con l'assenza di prove legali nell'ordinamento processuale penale. Infatti, attribuire all'assenza di un esame tecnico su campioni biologici una efficacia ostativa ad una pronuncia di responsabilità finisce con il risolversi in un inaccettabile vincolo per la discrezionalità valutativa del Giudice in contrasto con i richiamati principi vigenti in materia di prova.

Per inquadrare correttamente la problematica dell'accertamento, occorre chiarire che l'assunzione di sostanze stupefacenti e l'alterazione psicofisica che ne consegue sono due dati storici che vanno tenuti nettamente distinti e che sottostanno a regimi probatori diversi.

Infatti, non è lo stato di alterazione psicofisica del conducente (che, manifestandosi all'esterno, è percepibile dagli operatori di Polizia che osservano ed interloquiscono con il conducente sottoposto a controllo) a richiedere analisi di laboratorio, bensì la pregressa assunzione di sostanze stupefacenti (che generalmente sfugge alla cognizione visiva degli operatori).

Quindi, non è indispensabile l'espletamento di una specifica analisi medica per affermare la sussistenza di uno stato di alterazione, ben potendo il Giudice desumerla dagli accertamenti biologici, unitamente alle deposizioni raccolte e al contesto in cui il fatto si è verificato (cfr. ex multis Cass. pen., Sez. IV, 9 gennaio 2013-12 febbraio 2013, n. 6995). Ciò in perfetta assonanza con le argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale, la quale, affrontando il tema della legittimità dell'art. 187 cod. strada, ha affermato trovarsi «in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza dei due elementi, l'uno obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di alterazione), e per il quale possono valere indici sintomatici, l'altro, consistente nell'accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l'assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti» (cfr. Corte cost., ord., 13 luglio 2004-27 luglio 2004, n. 277).

Ne consegue che né il quadro sintomatico, né l'esito positivo degli accertamenti qualitativi e/o quantitativi possono essere considerati singolarmente nel valutare la sussistenza del reato in esame, in quanto il primo consente di appurare una condizione di alterazione psico-fisica del conducente al momento del fatto, mentre i secondi consentono di ricollegare tale condizione all'assunzione di sostanze stupefacenti ed evitare che lo stato di alterazione psico-fisica e l'assunzione di sostanze droganti rimangano slegati, con il rischio di punire colui che conduce un veicolo in uno stato di alterazione che non sia la conseguenza immediata e diretta della pregressa assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Va aggiunto che le attuali conoscenze medico-scientifiche, hanno dimostrato che il sangue (e in alternativa la saliva) è la matrice biologica d'elezione per accertare l'attualità d'uso di una sostanza stupefacente, o l'effetto farmacologico prodotto, mentre l'analisi delle urine consente di valutare il consumo recente ma non attuale della sostanza, poiché la permanenza dello stupefacente in tale matrice può protrarsi anche per giorni (a seconda delle caratteristiche farmaco-cinetiche della specifica sostanza) e anche oltre la sua completa eliminazione dal sangue.

Ecco perché, ai fini della valutazione dello stato di alterazione psico-fisica, il Protocollo operativo diramato dal Ministero della salute il 15 febbraio 2005 (c.d. Protocollo operativo Droga) prevede che, in caso di positività di entrambi i campioni (sangue e urine oppure saliva e urine), nel referto analitico deve essere indicata la concentrazione di ciascuna sostanza identificata nelle analisi di conferma e si deve tener conto anche di eventuali farmaci assunti a scopo terapeutico, purché regolarmente documentati da prescrizioni mediche; qualora, invece, risulti positivo un solo campione, prevale il risultato dell'accertamento compiuto sul sangue rispetto a quelli sulle urine; se, invece, la discrepanza si verifica tra i risultati dell'accertamento sulle urine e quello sulla saliva, l'accertamento deve essere considerato globalmente positivo, se è tale quello sulla saliva e l'analisi del campione salivare è stata eseguita mediante GC/MS, altrimenti va considerato negativo.

Il problema è stato colto da una parte della giurisprudenza di merito che ha ritenuto non sufficiente la verifica di positività ottenuta attraverso il prelievo e l'analisi dell'urina, in assenza di una visita medica che attesti l'attualità dell'assunzione della sostanza stupefacente. Si è, infatti, rilevato che ove si utilizzi la predetta matrice biologica, l'analisi positiva risulta indicativa di una assunzione che può essere avvenuta ore o giorni prima del prelievo; è per tale motivo che il legislatore ha previsto la necessità di sottoporre la persona fermata ad una visita medica, la quale consenta di collegare la presenza di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope alla eventuale sussistenza di una alterazione psico-fisica che alla stessa sia riconducibile, nonché attuale al momento della conduzione del veicolo da parte del soggetto sottoposto all'accertamento.

Sul punto va, infatti, osservato che spesso gli elementi sintomatici colti dagli operatori di Polizia (si pensi, ad esempio, alla sudorazione o al nervosismo), a differenza di quelli annotati dal personale sanitario (si pensi, ad esempio, alla dilatazione delle pupille), non sono in grado di evidenziare con certezza un'alterazione psico-fisica correlabile all'assunzione di sostanze stupefacente, trattandosi di sintomi attribuibili, in maniera altrettanto ragionevole, anche a circostanze estranee all'uso di sostanze stupefacenti (come, ad esempio, all'alta temperatura estiva o all'alterazione emotiva dovuta ad un sinistro appena subito); senza contare che spesso le circostanze utili per ricavare in via indiziaria l'esistenza di uno stato di alterazione psico-fisica in atto non sono descritte analiticamente dagli operatori di Polizia stradale, ma risultano inserire in prestampati utilizzati dalle forze dell'ordine. Va, poi, aggiunto che, a differenza dello stato di ebbrezza di cui all'art. 186, cod. strada, che dipende dall'assunzione di unica sostanza (l'alcol), lo stato di alterazione psico-fisica richiesto dall'art. 187, cod. strada può essere la conseguenza dell'uso di un numero molto ampio di sostanze stupefacenti e psicotrope, le quali agiscono con effetti comportamentali assai eterogenei, che possono essere colti nella loro specificità e significanza solo da personale medico specializzato.

In tal senso sembra orientata anche la circolare del Ministero dell'interno del 29 dicembre 2005, dalla quale emerge che, in ragione della complessità e della ridotta specificità dei sintomi prodotti dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, l'art. 187, cod. strada non sembra consentire all'operatore di Polizia stradale la possibilità di denunciare il conducente solo sulla base di dati comportamentali evidenziati, dovendo questa valutazione essere compiuta dal personale medico.

Sul punto occorre sottolineare che l'accompagnamento del conducente presso le strutture abilitate, previsto dal comma 3 dell'art. 187, cod. strada, non risulta più finalizzato alla relativa visita medica, essendo stato, quest'ultimo incido, eliminato dalla l. 120/2010.

La nuova formulazione sembra escludere la necessità della visita medica correlata al prelievo di liquidi biologici, lasciando intendere che lo stato di alterazione possa essere provato (o meglio: automaticamente dedotto) anche solo sulla base dei positivi riscontri di laboratorio sui campioni prelevati.

Nonostante l'amputazione eseguita dal riformatore, riteniamo che lo stato di alterazione non possa essere tratto automaticamente dalla pregressa assunzione della sostanza, a meno che non vi siano stati accertamenti non solo sulla qualità, ma anche sulla quantità di sostanza assunta, in modo tale che la quantità accertata provi (senza ragionevole dubbio) l'esistenza di una stato di alterazione psico-fisica in atto. Negli altri casi, invece, qualora manchi un certificato medico che attesti l'esistenza di elementi dai quali poter desumere lo stato di alterazione psicofisica del conducente, il giudice dovrà sottoporre ad un severo giudizio critico gli indizi riferiti dagli operatori di Polizia, specialmente se veicolati tramite moduli prestampati, sciogliendo in favore dell'imputato l'eventuale incertezza probatoria che dovesse residuare all'esito del ragionamento inferenziale.

Guida all'approfondimento

BELLAGAMBA - CARITI, Il nuovo codice della strada, Milano, 2013
CIRILLO, Guida in stato di alterazione da alcool o sostanze stupefacenti, Milano, 2012

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