Indagato straniero già espulso. Ai fini delle notifiche non può considerarsi irreperibile

11 Novembre 2015

Quando dagli atti del procedimento risulta che l'imputato si trova all'estero nel proprio paese di origine perché ivi coattivamente riaccompagnato in esecuzione di un decreto di espulsione, per le notifiche allo stesso non può farsi luogo alla disciplina di cui all'art. 159 c.p.p. presupponendo e decretando la irreperibilità, ma a quella che l'art. 169 c.p.p. dettata con riferimento a tale condizione personale.
Massima

Quando dagli atti del procedimento risulta che l'imputato si trova all'estero nel proprio paese di origine perché ivi coattivamente riaccompagnato in esecuzione di un decreto di espulsione, per le notifiche allo stesso non può farsi luogo alla disciplina di cui all'art. 159 c.p.p. presupponendo e decretando la irreperibilità ma a quella che l'art. 169 c.p.p. dettata con riferimento a tale condizione personale.

Il caso

L'imputato, ripetutamente dichiarato irreperibile, è stato condannato in contumacia il 27 giugno 2008 dal tribunale di Firenze per il reato associativo di cui all'art. 74 d.P.R. 309/1990, condanna parzialmente riformata dalla Corte di appello del luogo il 9 giugno 2014. Tuttavia risultava dagli atti trattarsi di persona che si trovava all'estero sin dall'11 luglio 2003 in quanto, in esecuzione del provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto ed eseguito in pari data mediante accompagnamento in Albania, proprio paese di origine.

Ricorrendo per Cassazione l'imputato straniero ha lamentato la erronea applicazione delle norme processuali in tema di irreperibilità e quindi della conseguente notificazione al difensore dell' estratto contumaciale di ciascuna sentenza di condanna, così sollevando la questione di nullità degli atti concernenti entrambi i gradi merito dopo aver allegato di avere avuto notizia del processo a proprio carico soltanto nel 2008.

La Corte di cassazione con la sentenza in esame ha accolto il ricorso annullando entrambe le sentenze di merito e, quindi, disponendo la trasmissione degli atti al tribunale di primo grado per la rinnovazione del giudizio.

La questione

Se dagli atti processuali risulta che si sta procedendo nei confronti di un imputato che si trova all'estero, quale è la disciplina applicabile per le notificazioni da eseguire nei suoi confronti?

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in esame la Corte di cassazione ha rilevato che per l'imputato straniero dichiarato contumace in quel processo non era stato considerato, allorché occorreva notificargli l'estratto della sentenza emessa a conclusione del giudizio di primo grado, che lo stesso risultava all'estero già dalle prime battute procedimentali in quanto espulso in esecuzione del relativo decreto emesso dal Prefetto.

Ha pertanto ritenuto l'erroneità della procedura seguita per le notificazioni ai sensi dell'art. 159 c.p.p., risultando invalido il decreto di irreperibilità cosi emesso, e quindi non plausibile la successiva consegna a mani dal difensore degli atti da notificare, non potendo legittimamente presumersi che nel caso scrutinato l'imputato avesse sostanzialmente dimostrato con il proprio comportamento incurante di non avere interesse allo svolgimento del processo italiano a proprio carico.

Affermando la ineludibilità della procedura dettata dall'art. 169 c.p.p. per la notificazione all'imputato all'estero degli atti processuali e la relativa inosservanza ab imis, la Corte ha quindi dichiarato la nullità assoluta degli atti dell'intero processo, localizzando l'insorgenza del vizio lesivo del diritto dell'imputato a parteciparvi nella illegittimità della procedura di notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado operata nelle forme di cui all'art. 159 c.p.p. previa emissione del decreto di irreperibilità. Ha cosi annullato senza rinvio entrambe le decisioni di merito disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale per il nuovo giudizio.

Osservazioni

La soluzione adottata dal giudice di legittimità, se pur giuridicamente corretta in relazione al principio di diritto affermato tuttavia, ad avviso di chi scrive, non appare del tutto condivisibile se si ha riguardo all'intera fattispecie concreta che ne ha dato causa e, comunque, si rivela non esaustiva quanto ai passaggi motivazionali esplicitati per giustificarla, passaggi che non paiono cogliere appieno il segno.

In premessa occorre considerare come non risulti ben chiara la ricostruzione fattuale ricavabile dal testo della decisione circa l'aspetto di maggior rilievo della vicenda. Dall'iter ricostruttivo riportato non è possibile comprendere con precisione se la evidenza considerata per pervenire alla declaratoria della nullità abbia rappresentato solo una condizione generica di residenza o dimora all'estero dell'imputato straniero, ovvero se negli atti vi fosse la indicazione precisa del luogo di residenza all'estero del notificando.

Tuttavia, la menzione dell'accompagnamento nel paese straniero di origine dell'imputato in quanto espulso dall'Italia con decreto prefettizio in data 11 luglio 2003, consente di fissare senz'altro in tale epoca la individuazione degli imprescindibili dati di natura temporale e spaziale utili per specificare la disciplina da seguire ai fini della notificazione all'imputato (straniero) all'estero. E tanto esigerebbe il riferimento alla ipotesi ricompresa nel primo comma dell'art. 169 c.p.p.

Era infatti il verbale di accompagnamento all'estero dello straniero espulso dal territorio italiano, ma al contempo persona in quel momento da ritenersi anche sottoposta alle indagini, l'atto dal quale risultava ricavabile la notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero della stessa, ad imporre che si desse luogo alla procedura iniziale dettata dalla norma richiamata.

Occorreva quindi considerare che nell'ambito della evoluzione del procedimento penale in esame, il momento epigenetico del vizio risultava alquanto più risalente rispetto a quello della emissione dell'ulteriore decreto di irreperibilità in data 8.08.2009 indicato nella sentenza in esame come dies a quo del verificarsi della irregolarità.

Una constatazione siffatta avrebbe dovuto imporre al giudice di legittimità di anticipare l'ambito della declaratoria della rilevata nullità già all'interno della fase procedimentale preliminare con particolare riguardo all'atto conclusivo della stessa secondo le cadenze fissate nell'art. 415-bis c.p.p. ed alla susseguente prima fase processuale costituita dalla instaurazione e celebrazione della udienza preliminare. Quindi non soltanto, come è stato ritenuto nella sentenza in esame, limitando la localizzazione del momento iniziale della incidenza del vizio alla notificazione dell'atto introduttivo del processo, pur articolatosi in entrambi i gradi di merito.

Dunque la decisione in esame non ha completamente rimosso gli effetti del vulnus inferto al diritto di difesa di quell'imputato. Facendo ripartire il procedimento dalla fase processuale dibattimentale non è stato consentito a quest'ultimo di utilizzare le risorse difensive apprestate dall'art. 415-bis c.p.p.; né di interloquire dinanzi al giudice dell'udienza preliminare in ordine alla fondatezza domanda di giudizio formulata nei suoi confronti dal pubblico ministero; e, peraltro, gli è stata illegittimamente preclusa la fruizione di ciascuna delle molteplici opzioni per l'accesso ai riti alternativi che il codice contempla.

Guida all'approfondimento

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