Pena edittale troppo severa per l’alterazione di stato mediante false certificazioni

Redazione Scientifica
11 Novembre 2016

La Corte costituzionale, con sentenza n. 236 depositata il 10 novembre 2016, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 567, comma 2, c.p. nella parte in cui prevede la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziché la pena edittale della reclusione da un minimo di tre a un massimo di dieci anni.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 236 depositata il 10 novembre 2016, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 567, comma 2, c.p. nella parte in cui prevede la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziché la pena edittale della reclusione da un minimo di tre a un massimo di dieci anni.

I giudici delle legge concordano, anche se per ragioni diverse, con il giudice rimettente nel ritenere che l'applicazione, pur nel minimo edittale, della sanzione stabilita dalla disposizione censurata risulti manifestamente irragionevole per eccesso, in violazione dell'art. 3 Cost., e si ponga altresì in contrasto con il principio della finalità rieducativa della pena, poiché ingenera nel condannato la convinzione di essere vittima di un ingiusto sopruso, sentimento che osta all'inizio di qualunque efficace processo rieducativo, in violazione dell'art. 27 Cost.

La manifesta irragionevolezza per sproporzione della forbice edittale censurata è evidente se si compara con la cornice edittale della fattispecie punita al comma 1 della medesima norma censurata. Oltretutto, se entrambe le incriminazioni sono volte a tutelare la perdita dell'autentico status filiationis del neonato e quindi l'interesse del minore a vedersi riconosciuto un rapporto familiare corrispondente alla propria effettiva ascendenze, occorre altresì considerare che il reato di cui al primo comma punisce una condotta più grave, la sostituzione di minore, che va quindi a coinvolgere non uno ma due neonati.

I due reati, la cui regolamentazione il legislatore ha deciso di circoscrivere nel perimetro di un medesimo articolo, segnato dal medesimo nomen juris, presentano allora non irrilevanti tratti comuni. Ancorché autonomi, essi descrivono un medesimo evento delittuoso, consistente nella alterazione dello stato civile del neonato, mentre a variare sono le modalità esecutive, perché in un caso l'alterazione si produce «mediante la sostituzione di un neonato», nell'altro «mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità» nell'atto di nascita del neonato. Ma l'evento delittuoso è per l'appunto identico, come per conseguenza identico, per le ragioni già dette, è il bene giuridico protetto dalle due fattispecie incriminatrici.

In definitiva, in entrambi i casi, è un medesimo bene ad essere leso, sia pur in forme diverse. Ma le differenti modalità esecutive non esprimono, in sé stesse, connotazioni di disvalore tali da legittimare una divergenza di trattamento sanzionatorio. Ed anzi, tale divergenza, che si traduce in una cornice edittale marcatamente più severa nel caso del secondo comma, appare manifestamente irragionevole.

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