Spazio minimo della cella carceraria. La Cassazione ribadisce la regola dei 3 mq senza letto

Redazione Scientifica
12 Maggio 2017

Per spazio minimo individuale in cella collettiva va intesa la superficie della camera detentiva fruibile dal singolo detenuto ed idonea al movimento, il che comporta la necessità di detrarre dalla complessiva superficie non solo lo spazio destinato ai servizi igienici e quello occupato dagli arredi fissi ma anche quello occupato dal letto.

« Per spazio minimo individuale in cella collettiva va intesa la superficie della camera detentiva fruibile dal singolo detenuto ed idonea al movimento, il che comporta la necessità di detrarre dalla complessiva superficie non solo lo spazio destinato ai servizi igienici e quello occupato dagli arredi fissi ma anche quello occupato dal letto ».

Il principio è stato affermato da Cass. pen, Sez. I, 21 aprile n. 2017 (dep. 10 maggio 2017), n. 22929 che ha quindi fatto proprio l'insegnamento già espresso dalla stessa Sezione con la sentenza n. 52819/2016 (vedi DI MUZIO, Carcere: trattamenti inumani e spazio minimo vitale).

Richiamando anche la sentenza della Corte Edu, Ananyev c. Russia, il Collegio ricorda che quando lo spazio personale in una cella collettiva è al di sotto dei 3 mq – così come quando il detenuto non dispone di un posto letto o di una superficie tale da consentirgli di muoversi tra il mobilio – sussiste una strong presumption di violazione dell'art. 3 Cedu che deve essere confutata dal Governo dimostrando l'esistenza di fattori che cumulativamente siano in grado di compensare tale mancanza di spazio vitale (ad esempio, la brevità, l'occasionalità e la minore rilevanza della riduzione dello spazio vitale minimo richiesto, la sufficiente libertà di movimento e lo svolgimento di adeguate attività all'esterno della cella, l'adeguatezza della struttura, in assenza di altri aspetti che aggravino le condizioni di privazioni della libertà).

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