L'attualità delle esigenze cautelari alla luce delle modifiche dell'articolo 274 del codice di procedura penale

Costantino De Robbio
13 Luglio 2016

Il requisito dell'attualità del pericolo richiesto per l'adozione delle misure cautelari personali deve essere considerato ricompreso in quello della concretezza o richiede invece elementi ulteriori e distinti, sulla sussistenza dei quali il giudice dovrà svolgere specifica analisi e darne contezza nella motivazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare?
Massima

L'attualità delle esigenze cautelari richiesta per l'adozione di una misura cautelare dall'articolo 274 del codice di procedura penale è elemento diverso dalla concretezza: mentre il primo requisito attiene alla necessaria esistenza di elementi reali dai quali si possa desumere il periculum libertatis, l'attualità implica la valutazione come sussistente di un pericolo prossimo all'epoca in cui viene applicata la misura, ovvero di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati.

Il caso

In un procedimento penale per violazione dell'articolo 353 del codice penale (Turbata libertà degli incanti) il Gip ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del titolare della ditta aggiudicataria della gara, pur essendosi questi precedentemente dimessosi dalla carica, ritenendo sussistente l'attualità delle esigenze cautelari in quanto tali dimissioni erano modificabili.

Avverso tale ordinanza, confermata dal tribunale del riesame, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo che la valutazione dell'attualità delle esigenze cautelari era avvenuta secondo parametri astratti e che le dimissioni impedivano in concreto la reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede.

La Corte di cassazione ha annullato il provvedimento impugnato.

In motivazione

La sussistenza delle esigenze cautelari deve essere valutata con particolare rigore quando è trascorso un considerevole lasso di tempo dalla commissione del fatto. Il decorso del tempo incide infatti sull'attualità del periculum libertatis, requisito che non può indentificarsi.

Conseguentemente, maggiore è il lasso temporale, più approfondita ed analitica dovrà essere la motivazione del Giudice sul punto.

La ratio complessiva dell'intervento legislativo attuato con la l. 47/2015 (…) deve essere individuata nell'avvertita necessità di richiedere al Giudice un maggiore e più compiuto sforzo motivazionale, in materia di misure cautelari personali e di loro gradazione, onere che assume rilievo ancora maggiore quanto più ampio sia lo spettro cronologico che divide i fatti contestati dal momento dell'adozione della misura cautelare.

A tale analisi deve essere accompagnata quella sulla concretezza del pericolo, che non può essere ritenuta insita nel concetto di attualità.

Il giudizio prognostico non può più fondarsi sul seguente schema logico: se si presenterà l'occasione sicuramente, o molto probabilmente, la persona sottoposta alle indagini reitererà il delitto, ma dovrà seguire la diversa, seguente impostazione: siccome è certo o comunque abbastanza probabile che si presenterà l'occasione del delitto, altrettanto certamente o comunque con elevato grado di probabilità la persona sottoposta alle indagini tornerà a delinquere.

Nel caso di specie la Corte ha rilevato che il giudice di merito si era limitato a ritenere sussistente il periculum libertatis, nonostante le dimissioni dell'indagato dalla carica rivestita, osservando che tali dimissioni erano revocabili, senza tenere conto che da tali dimissioni era trascorso un anno, e che due anni erano passati dalla commissione del reato contestato.

Tale considerevole iato temporale, presupponendo in astratto un'elisione delle esigenze cautelari, avrebbe dovuto imporre al giudice emittente un'approfondita analisi delle ragioni per le quali si riteneva che – nel caso concreto – le esigenze cautelari non erano venute meno, con specifico riferimento alla esistenza di occasioni prossime favorevoli alla reiterazione del delitto.

La questione

La questione in esame è la seguente: il requisito dell'attualità del pericolo richiesto per l'adozione delle misure cautelari personali deve essere considerato ricompreso in quello della concretezza o richiede invece elementi ulteriori e distinti, sulla sussistenza dei quali il giudice dovrà svolgere specifica analisi e darne contezza nella motivazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare?

Le soluzioni giuridiche

La legge 47 del 2015 ha inciso in maniera significativa sulla disciplina delle misure cautelari personali, introducendo nuovi e più stringenti requisiti per l'adozione delle medesime.

Tra le innovazioni più importanti, la modifica dell'articolo 274, lettera c) del codice di procedura penale: laddove in precedenza era richiesto solo un pericolo concreto di reiterazione di delitti della stessa specie, è ora richiesta esplicitamente anche l'attualità del pericolo.

Secondo una prima interpretazione, tale aggiunta non avrebbe comportato alcuna vera innovazione al regime previgente, in quanto l'attualità sarebbe già ricompresa nel concetto di concretezza. Sul punto, è stato infatti rilevato che in tema di presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, l'espressa previsione del requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato, in aggiunta a quello della concretezza, introdotta dalla legge 16 aprile 25, n. 47 nel testo dell'art. 274 lett. c) cod. proc. pen., si configura come una mera endiadi e rappresenta un richiamo simbolico all'osservanza di una nozione già presente nel sistema normativo preesistente alla novella, poichè insita in quella di concretezza (Cass. pen., Sez. I, 21 ottobre 2015, n. 5787; nello stesso senso; cfr. altresì Cass. pen., Sez. V, 24 settembre 2015, n. 43083, secondo cui la sussistenza di un onere motivazionale sull'attualità delle esigenze cautelari era già desumibile, nell'assetto normativo previgente, dall'art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen.; nello stesso senso, ancora, Cass. pen., Sez. VI, 1 ottobre 2015, n. 44605 e Cass. pen., Sez. VI, 27 novembre 2015, n. 3043).

Di segno contrario la sentenza in commento, che aderisce ad altro filone giurisprudenziale, previgente alle modifiche apportate dalla legge 47 del 2015, secondo cui in tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che l'imputato commetta delitti della stessa specie, il requisito della concretezza non si identifica con quello dell'attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell'esistenza di elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l'imputato possa commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendano lo stesso bene giuridico (Cass. pen., Sez. VI, 5 aprile 2013, n. 28618).

Osservazioni

L'attualità delle esigenze cautelari richiede che la situazione di periculum libertatis sia il più possibile riferibile al momento dell'intervento del giudice.

In questo senso, il riferimento alla situazione esistente al momento della commissione del delitto per cui ci procede diviene rischioso, poiché può portare all'adozione di un intervento in un momento in cui il danno si è già verificato e dunque – più o meno involontariamente – ad intervenire per punire e non per scongiurare un pericolo.

Poiché tra la commissione del delitto e l'adozione della misura cautelare può trascorrere anche un considerevole lasso di tempo (prima che il delitto sia scoperto, che si svolgano le indagini sufficienti all'individuazione del sospetto ed al compimento di indagini a suo carico fino al raggiungimento di un compendio indiziario sufficiente ai fini previsti dall'articolo 273 del codice di procedura penale, oltre ai tempi tecnici di redazione della richiesta da parte del pubblico ministero, di trasmissione degli atti al giudice, di valutazione del materiale da parte di quest'ultimo e infine di redazione dell'ordinanza) diviene centrale il tema dell'attualità delle esigenze cautelari.

In particolare, ci si è chiesti se essa debba essere riferita al momento del delitto, della richiesta del pubblico ministero o dell'emanazione dell'ordinanza del giudice.

La Corte di cassazione ha più volte sottolineato la necessità che il pericolo fosse attuale e che il giudice svolga un'approfondita analisi di tale elemento soprattutto laddove la distanza temporale dal fatto è sensibile.

È anzi ravvisabile una sorta di proporzione tra i due elementi evidenziati, nel senso che maggiore è il lasso di tempo trascorso tra la commissione del delitto e l'adozione della misura e più completa ed analitica dovrà essere la motivazione del giudice in tema di verifica dell'attualità delle esigenze cautelari.

L'attualità non può dunque essere confusa con la concretezza del pericolo di reiterazione: mentre quest'ultima attiene all'obbligo di motivare l'ordinanza di applicazione della misura cautelare sulla base di elementi specifici desunti dal fascicolo allegato dal pubblico ministero alla sua richiesta (e non meramente congetturali), l'attualità impone di ritenere sussistenti occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati.

La tematica più scottante in tema di attualità del pericolo di reiterazione del delitto è costituita dalla dismissione dall'ufficio o dalla carica rivestita al momento della commissione del reato, oggetto di specifica attenzione nel caso in esame: laddove l'indagato/imputato si dimetta o comunque non rivesta più la qualifica che ha costituito occasione imprescindibile per la condotta che si assume illecita, è ancora possibile ipotizzare che vi sia il pericolo di recidiva previsto dall'articolo 274, lettera c) del codice di procedura penale?

I giudici si sono spesso confrontati con dimissioni dal sospetto tempismo, o con spostamenti interni di funzioni nell'ambito del medesimo ufficio, sicuramente attuate allo scopo di evitare la sottoposizione ad una misura cautelare o prodromiche ad una richiesta di revoca della misura.

Tali evenienze incidono indubitabilmente sulla valutazione che il giudice è tenuto a compiere ai sensi della norma in esame, sicché – in casi siffatti – occorrerà dare adeguata motivazione delle circostanze che spingono il giudice a ritenere che, nonostante la cessazione della carica o dell'ufficio ricoperto, l'indagato/imputato sia in grado di reiterare il delitto (ad esempio avvalendosi di suoi ex sottoposti o collaboratori ancora a li legati da un rapporto fiduciario, o avvalendosi delle conoscenze dei loghi o delle persone dell'ufficio fino a proco tempo prima ricoperto).

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