La competenza per l’interrogatorio di garanzia in caso di misura cautelare applicata in sede di appello proposto dal P.M. avverso l’ordinanza del Gip

15 Ottobre 2015

In caso di misura cautelare personale applicata in sede di appello proposto dal pubblico ministero ex art. 310 c.p.p. avverso l'ordinanza del Gip di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare, compete al Gip, ex art. 294, comma 1, c.p.p., procedere all'interrogatorio di garanzia.
Massima

In caso di misura cautelare personale applicata in sede di appello proposto dal pubblico ministero ex art. 310 c.p.p. avverso l'ordinanza del Gip di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare, compete al Gip, ex art. 294, comma 1, c.p.p., procedere all'interrogatorio di garanzia.

Tuttavia – ove l'azione penale sia già stata esercitata e gli atti siano già nella disponibilità del Gup – spetta a quest'ultimo il potere di decidere sull'eventuale istanza di scarcerazione avanzata all'esito del predetto interrogatorio.

Il caso

Il tribunale di Catania, nel decidere il giudizio di appello cautelare promosso dalla difesa dell'imputato, confermava l'ordinanza del Gup di rigetto della richiesta di revoca della custodia in carcere, applicata dal tribunale in accoglimento dell'appello del pubblico ministero.

Nello specifico, il tribunale – prendendo atto dell'avvenuta verifica della regolare costituzione delle parti in udienza preliminare e richiamando la previsione dell'art. 279 c.p.p. che attribuisce al giudice che procede la competenza a decidere sull'applicazione, sulla revoca e sulla modifica delle modalità esecutive delle misure cautelari – disattendeva l'eccezione difensiva di incompetenza funzionale del Gup a provvedere sull'istanza di revoca.

Il gravame veniva poi ritenuto infondato nel merito con riferimento alle censure sollevate sui gravi indizi giudicati sussistenti sulla base delle intercettazioni e delle altre risultanze investigative.

Nel ricorso per cassazione, veniva dedotta violazione di legge in relazione all'art. 294, comma 3, c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione.

In particolare, la violazione di legge era ravvisata nel fatto che il Gip avesse disposto la trasmissione degli atti al Gup per decidere sull'istanza di scarcerazione presentata all'esito dell'interrogatorio di garanzia, cui aveva proceduto lo stesso Gip a seguito dell'arresto del soggetto imputato avvenuto, dopo l'esercizio dell'azione penale e l'avvenuta fissazione della data dell'udienza preliminare, in esecuzione dell'ordinanza cautelare emessa dal tribunale in accoglimento dell'appello del pubblico ministero.

A parere del ricorrente, invece, in ossequio agli artt. 294, comma 3, c.p.p. e art. 5, § 3, Cedu avrebbe dovuto essere il Gip – in quanto investito di una competenza funzionale quale giudice della libertà personale – a provvedere sull'istanza di scarcerazione avanzata all'esito dell'interrogatorio di garanzia.

Il vizio di motivazione veniva denunciato per non avere il giudice d'appello tenuto conto delle deduzioni difensive sulle conversazioni intercettate.

La suprema corte ha giudicato infondato il ricorso.

A sostegno della decisione è stato evidenziato che a seguito dell'introduzione, nell'art. 294 c.p.p., dei commi 1-bis, 1-ter e 4-bis l'interrogatorio di garanzia ha un ambito di applicazione esteso a tutte le misure cautelari personali e va condotto, ove la misura sia eseguita nel corso del processo, dal presidente del collegio o da uno dei componenti da lui delegato, salvo che sia stata introdotta la fase dibattimentale e l'imputato sia posto nelle condizioni di difendersi nella pienezza del contraddittorio o sia stata pronunciata sentenza di condanna in primo grado ed il giudizio d'appello non sia stato ancora introdotto.

Ciò vuol dire che, a seguito delle pronunce costituzionali che hanno inciso sul testo degli artt. 294 e 302 c.p.p. (Corte cost., n. 77/1997 e n. 32/1999) ed alla riforma del 1999 che ad esse ha dato attuazione (d.l.29/1999, conv. in l. 109/1999), l'interrogatorio ex art. 294 c.p.p. non svolge la sua funzione di garanzia solo per le ordinanze adottate nella fase delle indagini ed il potere/dovere di procedervi è attribuito al giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare e non più al giudice competente a provvedere sulle misure cautelari. Di conseguenza, il principio di concentrazione delle due funzioni invocato dal ricorrente non è più regola generale, visto che, dopo la riforma del 1999, l'art. 294 c.p.p., fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, attribuisce il potere/dovere di procedere all'interrogatorio di garanzia al giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare, mentre l'art. 279 c.p.p. attribuisce la competenza funzionale a decidere su applicazione e revoca delle misure nonché sulle modifiche delle modalità esecutive al giudice che procede e, prima dell'esercizio dell'azione penale, al giudice per le indagini preliminari.

In questo quadro, la pronuncia in commento ha preso le distanze dall'orientamento per il quale l'interrogatorio di garanzia non è necessario qualora la misura sia applicata in sede di appello proposto dal pubblico ministero ex art. 310 c.p.p.; ha ritenuto correttamente eseguito l'interrogatorio di garanzia ex art. 294, comma 1, c.p.p. dal Gip, in quanto rimasto, sino ad allora, il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare, sebbene con diniego poi censurato dai giudice d'appello.

Ha ritenuto altrettanto correttamente disposta la trasmissione dell'istanza di scarcerazione al Gup, funzionalmente competente a decidere su eventuali modifiche e revoche delle misure cautelari in quanto giudice che procede.

Infine, è stata giudicata manifestamente infondata la censura relativa alla gravità indiziaria, essendosi il giudice d'appello compiutamente espresso sul punto.

Il ricorso è stato, dunque, rigettato.

La questione

I nodi problematici al centro della pronuncia in commento sono essenzialmente due:

  1. se sia necessario procedere all'interrogatorio di garanzia qualora la misura venga applicata in sede di appello proposto dal pubblico ministero ex art. 310 c.p.p.;
  2. quale sia il giudice competente a decidere sull'eventuale istanza di scarcerazione avanzata all'esito dell'interrogatorio di garanzia, che sia stato condotto dal Gip dopo l'esercizio dell'azione penale e quando gli atti sono già nella disponibilità del Gup.
Le soluzioni giuridiche

È bene ricordare, anzitutto, che il diritto ad un pronto interrogatorio da parte di un giudice assicurato a chi si trovi in stato di custodia cautelare e riconosciuto dagli artt. 5, § 3, Cedu, 14, § 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e art. 13 Cost., realizza una fondamentale funzione di garanzia.

L'interrogatorio reso innanzi ad un soggetto terzo – a differenza di quello assunto dal pubblico ministero, che risponde a finalità principalmente investigative – è uno strumento di difesa pensato per consentire all'indagato di conoscere gli elementi indiziari a suo carico e difendersi adeguatamente. Poi, mediante l'interrogatorio, il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli artt. 273, 274 e 275 e può ordinare, anche ex officio, la revoca o la sostituzione della misura ovvero disporre, ove non sia in grado di decidere allo stato degli atti, accertamenti sulle condizioni di salute o qualità personali del soggetto sottoposto alla misura (art. 294, comma 3, c.p.p., che richiama l'art. 299 c.p.p.).

Alla stregua della formulazione normativa dell'art. 294 c.p.p. successiva alle pronunce della Corte costituzionalen. 77/1997 e 32/1999 ed all'intervento legislativo attuato con d.l. n. 29/1999 conv. in l. 109/1999, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, procedere all'interrogatorio di garanzia compete al giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare (art. 294, comma 1, c.p.p.); ove la decisione sia stata adottata dalla Corte d'assise o dal tribunale, l'interrogatorio verrà espletato dal presidente o da uno dei componenti da lui delegato (art. 294, comma 4-bis, c.p.p.).

Valorizzando l'inciso “fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento”, la giurisprudenza segnala che, nel caso in cui la misura cautelare sia eseguita dopo che è stata introdotta la fase dibattimentale, non è necessario procedere all'interrogatorio di garanzia ai sensi dell'art. 294 c.p.p., in quanto il diretto contatto tra il giudice ed il soggetto sottoposto a custodia consente, nella pienezza del contraddittorio, la più ampia possibilità di controllo circa la sussistenza dei presupposti della cautela (Cass., Sez. III, 20 giugno 2007, n. 37826). Nonostante la voce contraria di parte della dottrina, che denuncia il rischio di non approntare adeguata tutela per il caso di esecuzione della misura cautelare in un momento di sospensione del dibattimento, quando verrebbe a mancare l'immediata verifica della posizione cautelare, l'indirizzo giurisprudenziale è unanime e si riporta ai rilievi della Corte costituzionale nella sentenza n. 32/1999, ove si osserva che, una volta introdotta la fase dibattimentale, “l'immediato rapporto che in essa si determina fra soggetto sottoposto alla misura e giudice – il quale, in qualsiasi momento, può valutare anche d'ufficio la persistenza delle condizioni di applicabilità della coercizione (art. 299 c.p.p.; art. 91 disp. att. c.p.p.) – soddisfa di per sé le medesime esigenze di garanzia realizzate, nelle fasi precedenti, dall'interrogatorio” (Cass., Sez. II, 11 novembre 2004, n. 46859). Ulteriore conferma all'orientamento granitico della Corte regolatrice proviene poi, da altra decisione della Consulta, la n. 230 del 2005, che – nel dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 294, comma 1, e 302, c.p.p. nella parte in cui non prevedono l'obbligo dell'interrogatorio di garanzia della persona in stato di custodia cautelare anche dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento – ha ritenuto ragionevole la scelta del limite temporale per effettuare l'adempimento di cui all'articolo 294 c.p.p. operata dal legislatore del 1999.

Nella stessa ottica, le Sezioni unite hanno chiarito che, qualora la custodia venga disposta dopo la sentenza di condanna, non è necessario procedere all'interrogatorio di garanzia dell'imputato, essendo fuori dubbio che la fase dibattimentale consente (a questi) le più ampie possibilità di difesa con l'utilizzo di tutti gli strumenti processuali posti a sua disposizione per far valere le sue ragioni e non potendosi certo sostenere che abbia una maggiore valenza difensiva l'interrogatorio di garanzia rispetto alla completezza della istruttoria dibattimentale; anzi è vero esattamente il contrario, nel senso che soltanto la fase dibattimentale consente all'imputato di dispiegare nella misura massima possibile la sua difesa tanto con riferimento al merito dell'imputazione quanto con riferimento alla pericolosità (Cass. pen, Sez. un., 22 gennaio 2009, n. 18190).

La Corte regolatrice mostra, quindi, di ritenere che – quando l'esigenza di garantire i diritti di difesa dell'indagato sia soddisfatta dalla specifica dinamica processuale che ha portato al provvedimento cautelare – l'interrogatorio perde il suo ruolo di imprescindibile prerogativa difensiva, con conseguente venir meno sia della ragione di procedervi sia dell'effetto di caducazione della misura per il caso di mancato espletamento nei termini di legge.

È proprio questo, invero, il ragionamento sviluppato nella decisione della Sez. VI del 12 novembre 2014, dalla quale la pronuncia in commento prende sbrigativamente le distanze ed in cui si sostiene che, «qualora il tribunale, in accoglimento dell'appello del pubblico ministero avverso la decisione di rigetto del Gip, applichi una misura cautelare coercitiva, non è necessario procedere all'interrogatorio di garanzia, in quanto il provvedimento emesso in sede di appello cautelare è preceduto dall'instaurazione di un contraddittorio pieno, finalizzato ad approfondire anticipatamente tutti i temi dell'azione cautelare anche attraverso i contributi forniti dalla difesa» (Cass., 12 novembre 2014, n. 50768).

Nella richiamata sentenza del 2014, il caso della misura emessa dal tribunale in accoglimento dell'appello del pubblico ministero avverso la decisione di rigetto del Gip è espressamente equiparato a quello della misura applicata dopo l'apertura del dibattimento ed altresì a quello della misura disposta per replicare un precedente intervento cautelare caducato per ragioni meramente formali e di rito, sempre che la misura caducata sia stata caratterizzata dall'esecuzione dell'interrogatorio e non si fondi su ragioni indiziarie e di cautela diverse da quelle che avevano giustificato la precedente misura (a proposito della nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame, cfr. Cass. pen., Sez. un, 24 aprile 2014, n. 28270, ove, appunto, si chiarisce che il giudice per le indagini preliminari non è tenuto ad interrogare l'indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime custodiale né a reiterare l'interrogatorio di garanzia successivamente all'esecuzione della nuova misura, sempre che tale adempimento sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che l'ultima ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente).

Tenuto conto dello “stato dell'arte” che s'è descritto, non pare condivisibile la scelta della pronuncia in commento di concentrarsi sulla questione di competenza a svolgere l'interrogatorio di garanzia, dando per scontata la necessità dello stesso senza prendere puntualmente in considerazione gli argomenti – tutt'altro che inconsistenti – spesi nel precedente del 2014.

Ove, comunque, si condivida l'opzione a favore della necessità dell'interrogatorio di garanzia, la soluzione illustrata nella sentenza del giugno scorso – incentrata su un'attenta esegesi del disposto degli artt. 279 e 294, c.p.p. – appare ineccepibile sotto il profilo formale, ma non altrettanto a livello funzionale, incaricandosi della decisione sull'istanza di scarcerazione avanzata all'esito dell'interrogatorio di garanzia un giudice diverso da quello che abbia appena provveduto all'interrogatorio stesso e che, pertanto, oltre ad avere piena conoscenza degli atti, ha anche maturato un contatto recentissimo e diretto col destinatario della misura.

Osservazioni

Come s'è visto, in talune ipotesi problematiche, dottrina e giurisprudenza sono di diverso avviso sulla necessità di procedere o meno all'interrogatorio di garanzia e, in qualche caso, si è reso necessario l'intervento chiarificatore delle Sezioni unite.

A quest'ultimo proposito, sono già stati menzionati il pronunciamento del 2008 che ha escluso la necessità di procedere all'interrogatorio, qualora la custodia venga disposta dopo la sentenza di condanna, e quello del 2014 per il quale, ricorrendo determinate condizioni, l'interrogatorio non è dovuto nel caso di ripristino di misura cautelare caducata per ragioni formali o di rito.

Le Sezioni unite sono altresì intervenute per chiarire che, nell'ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, il giudice non deve procedere all'interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall'art. 276, commi 1 e 1-ter, c.p.p.», sul presupposto che, in dette ipotesi, non sono in discussione i due più significativi elementi che costituiscono i presupposti fondamentali per l'applicazione di ogni misura cautelare, ossia la gravità indiziaria e l'esistenza delle esigenze cautelari, e sul presupposto che il codice di rito non prevede espressamente l'interrogatorio della persona cui sia stata applicata, ex art. 299, comma 4, c.p.p., una misura più grave ovvero siano state applicate modalità più gravose per aggravamento delle esigenze cautelari (Cass., S.U., 18 dicembre 2008, n. 4932).

A onor del vero, con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 299, comma 4, c.p.p., permane il contrasto di giurisprudenza, pur essendo maggioritario l'indirizzo per il quale l'interrogatorio di garanzia non è dovuto (in questo senso, cfr.: Cass., Sez. III, 18 novembre 2008, n. 46087; Cass., Sez. IV, 26 giugno 2007, n. 42696, nella cui motivazione si evidenzia che tale adempimento non è previsto dall'art. 299 c.p.p. – il quale contempla esclusivamente l'interrogatorio preventivo all'esame dell'istanza di revoca o attenuazione della misura cautelare – e che non appare necessario estendere la disciplina dettata dall'art. 294 c.p.p., attesa la diversa natura della situazione in cui si viene a trovare l'indagato di fronte all'originaria privazione della libertà rispetto a quella conseguente all'aggravamento del regime cautelare, diversità riconosciuta peraltro anche dal legislatore, che ha infatti previsto per le due ipotesi un differenziato regime di impugnazione. Contra: Cass., 11 giugno 2007, n. 26681).

In tale contesto, si ribadisce che l'opzione della sentenza in commento per la doverosità dell'interrogatorio di garanzia nel caso di applicazione della misura in sede di appello avverso il provvedimento di rigetto del Gip – ben lungi dall'essere lineare od obbligata – appare controversa e discutibile, in considerazione del fatto che, in altre ipotesi, la giurisprudenza della stessa Suprema Corte non ha considerato detto interrogatorio alla stregua di formalità immancabile, ma ne ha valorizzato la funzione, volta a garantire il contraddittorio ed il pieno dispiegarsi dei diritti di difesa.

Data l'incertezza sul punto, è auspicabile il consolidarsi, in breve tempo, di una posizione netta delle Sezioni semplici o l'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Se l'orientamento maggioritario od il pronunciamento delle Sezioni Unite dovessero propendere per la non necessità dell'interrogatorio, giudicandolo una formalità superflua, assorbita dalla precedente attività processuale, verrebbe conseguentemente meno, nel caso in esame, anche quella dicotomia – evidentemente poco funzionale – tra giudice competente per l'interrogatorio di garanzia e giudice competente a decidere sull'eventuale istanza di revoca o sostituzione misura all'esito del predetto interrogatorio.

Guida all'approfondimento

G. DE AMICIS, Commento all'art. 294 c.p.p., in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da G. LATTANZI-E. LUPO, Milano, 2013, p. 789 e ss.

L. GIULIANI, Interrogatorio di garanzia, in Enc. Dir., Annali, vol. III, Milano, 2010, p. 756 e ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario