Sostanze stupefacenti. Orientamenti giurisprudenziali sul concetto di "ingente quantità"

15 Dicembre 2016

L'aggravante dell'ingente quantità di sostanza stupefacente, secondo un indirizzo consolidato, non è configurabile quando la quantità di principio attivo è inferiore a 2000 volte il valore massimo riferibile ad un uso esclusivamente personale previsto nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006. Limitatamente all'hascisc e alla marijuana, tuttavia, una recente sentenza della suprema Corte ha affermato che il quantitativo ingente vada determinato moltiplicando per 4000 il limite massimo ponderale indicato in detta tabella, perché ...
Abstract

L'aggravante dell'ingente quantità di sostanza stupefacente, secondo un indirizzo consolidato, non è configurabile quando la quantità di principio attivo è inferiore a 2000 volte il valore massimo riferibile ad un uso esclusivamente personale previsto nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006. Limitatamente all'hascisc e alla marijuana, tuttavia, una recente sentenza della suprema Corte ha affermato che il quantitativo ingente vada determinato moltiplicando per 4000 il limite massimo ponderale indicato in detta tabella, perché questo valore, raddoppiato da un decreto ministeriale sempre del 2006, è stato riportato alla misura originaria di mg 500 da una pronuncia del Tar Lazio.

L'aggravante dell'ingente quantità: premessa

L'art. 80, comma 2, del d.P.R. 309 del 1990 dispone che le pene previste per i reati di cui all'art. 73 del medesimo testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti sono aumentate dalla metà a due terzi se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanza stupefacenti o psicotrope. L'applicazione di quest'aggravante, dunque, comporta conseguenze sanzionatorie molto rilevanti, accentuando in modo notevole le pene già particolarmente rigorose previste dall'art. 73 dapprima citato per i reati in tema di droga. La reclusione da sei a venti anni (oltre alla multa dai 20.000 ai 260.000 euro) prevista per detti illeciti quando concernono le droghe c.d. pesanti, con l'applicazione della circostanza in esame viene aumentata dalla metà ai due terzi, potendo giungere fino ad anni trenta di reclusione. La pena per i delitti relativi a droghe c.d. leggere, riportata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 all'originaria previsione della reclusione da due a sei anni (e della multa da € 5.164 a € 77.468), può subire un incremento molto significativo.

Si comprende agevolmente quanto sia delicato delimitare la nozione di ingente quantità, tanto che la questione ha determinato, in un lasso temporale relativamente breve, ben due interventi delle Sezioni unite della Corte di cassazione.

La sentenza delle Sezioni unite Primavera

Con la sentenza Primavera (Cass. pen., Sez. unite, n. 17/2000), le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato che la circostanza aggravante speciale dell'ingente quantità di sostanza stupefacente prevista dall'art. 80, comma 2, d.P.R. 309 del 1990, ricorre ogni qualvolta la quantità di sostanza oggetto di imputazione, pur non raggiungendo valori massimi, sia tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti, secondo l'apprezzamento del giudice del merito il quale, vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza.

Secondo questa decisione, la ratio legis dell'aggravante va ricercata nell'esigenza di contrastare il più efficacemente possibile, e quindi con la comminatoria di più gravi pene, la diffusione del consumo di sostanze stupefacenti, specie tra i giovani, a causa dei deleteri effetti prodotti sulla salute fisica e mentale di chi ne fa uso. La diffusione è agevolata sia dall'aumento del livello di offerta, che produce una maggior facilità di reperimento, sia dal calo del prezzo di scambio collegato alla quantità disponibile per la cessione.

Nell'intento di individuare un parametro valutativo dell'aggettivo ingente, spesso la giurisprudenza ha fatto ricorso al termine mercato, intendendo come tale sia l'area di destinazione e consumo della sostanza tossica oggetto di valutazione, sia il numero di probabili consumatori, concludendo nel senso che ingente è la quantità di droga idonea a soddisfare le esigenze di un ipotetico mercato per un certo numero di giorni secondo i bisogni di consumo di coloro che a detto mercato attingono (cfr., ad esempio, Cass. pen., n. 5847/1998). Il riferimento al concetto di mercato, tuttavia, ha introdotto nella disposizione di legge un elemento non previsto e, soprattutto, eterogeneo rispetto alla ratio della disposizione, per giunta d'impossibile accertamento con gli ordinari strumenti d'indagine. Il commercio illecito degli stupefacenti, infatti, si svolge nella clandestinità, sfuggendo alle indagini volte a individuare il numero preciso delle transazioni realizzate.

Per questa ragione, la suprema Corte ha ritenuto corretto superare il riferimento al mercato, concludendo che per ravvisare l'aggravante in questione è sufficiente verificare che la quantità della sostanza stupefacente sia oggettivamente notevole, molto elevata nella scala dei valori quantitativi, anche se non raggiunga l'entità massima la quale, peraltro, rimane sostanzialmente indeterminabile.

La sentenza delle Sezioni unite Biondi

L'applicazione dell'orientamento descritto da parte della giurisprudenza successiva, tuttavia, non ha raggiunto una soddisfacente uniformità. Nelle decisioni che hanno seguito la pronuncia dapprima illustrata sono state ritenute ingenti quantità anche molto diverse tra loro. Al riguardo, nel 2012 è stata compiuta un'analisi dei precedenti da parte dell'Ufficio del massimario della Corte di cassazione che ha condotto a rilevare un quadro molto vario: è stata configurata l'aggravante, infatti, a fronte di valori ponderali che oscillano dai gr. 15 ai kg. 100 chilogrammi di cocaina o, per quanto riguarda l'eroina, dai gr 106 ai kg 45.

Un indirizzo giurisprudenziale, allora, muovendo dall'esigenza di definire il margine di valutazione del giudice del merito e di evitare qualsiasi arbitrarietà, ha cercato di pervenire a criteri oggettivi per l'applicazione del predetto art. 80 d.P.R. 309/1990. A partire dal 2010, in questa prospettiva, si è formato un orientamento secondo il quale non possono di regola definirsi “ingenti” quantitativi di droghe “pesanti” – eroina e cocaina – inferiori a kg 2 e quantitativi di droghe “leggere” – hashish e marijuana – inferiori a kg. 50 (ex plurimis, Cass. pen., n. 20119/2010; Cass. pen., n. 42027/2010). Si è fatto riferimento, in modo specifico, a quantità lorde di sostanza stupefacente, presupponendo una percentuale media di principio attivo del 5% per l'hascisc.

Una diversa opinione, invece, ha escluso che la fissazione di indici ponderali, per delimitare quantità ingente, sia una prerogativa del giudice. La circostanza aggravante, invece, è configurabile quando, sulla base di un accertamento, che il giudice di merito deve condurre in concreto, la sostanza sequestrata sia tale da costituire un rilevante pericolo per la salute pubblica, in quanto idonea a soddisfare le esigenze di un numero elevato di tossicodipendenti, senza che rilevi la situazione del mercato e la sua eventuale saturazione (cfr. Cass. pen., n. 24571/2010; Cass. pen.,n. 4824/2011).

Il contrasto tra questi due indirizzi è stato composto da un nuovo intervento delle Sezioni unite le quali, con la sentenza Biondi (Cass. pen., Sezioni unite, n. 36258/2012), ha accolto il primo orientamento, affermando che l'aggravante della ingente quantità non è di norma ravvisabile quando la quantità (di principio attivo) sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore - soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la valutazione discrezionale del giudice di merito, quando tale quantità sia superata.

Secondo questa decisione, il Legislatore ha inteso riservare l'applicazione dell'aggravante solamente ai casi di estrema gravità”, prendendo a riferimento la figura criminale del “grossista”: non necessariamente, insomma, l'importatore in grado di movimentare quantità rilevantissime di sostanza stupefacente (e quindi di eseguire pagamenti per importi altrettanto "impegnativi"), ma certo neanche lo spacciatore di medio livello, in grado di acquistare, stoccare e smerciare quantità pur ragguardevoli di droga, ma non certo “ingenti”.

L'estrema differenziazione circa i quantitativi ritenuti ingenti dai giudici di merito, tuttavia, conduce a dubitare della determinatezza e tassatività della disposizione sanzionatoria penale. Pur reputando manifestamente infondata la questione di legittimità della norma (perché la costante giurisprudenza della Corte costituzionale non ritiene incompatibile con il principio di legalità l'utilizzo da parte del legislatore penale di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, di clausole generali ovvero di concetti elastici, rimettendone all'interprete la determinazione), le Sezioni unite hanno ritenuto necessaria un'interpretazione più puntuale e conforme alla Costituzione dell'art. 80, comma 2, d.P.R. 309 del 1990, impiegando a tale scopo conoscenze condivise e (comuni) massime di esperienza.

Al fine di riempire di contenuto l'aggettivo ingente, pertanto, la sentenza ha valorizzato:

  1. il dato dei quantitativi di sostanza stupefacente ritenuti ingenti nei precedenti della stessa Corte e il grado di purezza media delle sostanze cadute in sequestro in questi procedimenti (pari a oltre il 50% per la cocaina, al 25% per l'eroina, al 5% per l'hascisc);
  2. il sistema tabellare approntato dalla vigente legislazione in materia di stupefacenti, che prevede nel decreto ministeriale 11 aprile 2006 un valore-soglia in milligrammi (750 per la cocaina, 250 per l'eroina, 1000 per l'hashish), rapportabile come unità di misura al singolo cliente-consumatore.

Sulla base di questi elementi, le Sezioni unite hanno ritenuto che la quantità ingente non possa essere configurata al di sotto di un valore ponderale pari a quello della dose-soglia riferita al singolo consumatore moltiplicato per 2000.

Questo valore definisce tendenzialmente il limite quantitativo minimo, nel senso che, al di sotto di essa, l'ingente quantità non potrà essere di regola ritenuta; al di sopra, viceversa, deve comunque soccorrere la valutazione in concreto del giudice del merito.

Per la cannabis (hascisc e marijuana), sostanze che contengono il principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo (detto comunemente THC, delta-9-THC o tetraidrocannabinolo), l'applicazione dei principi accolti da questa decisione, dunque, ha portato a ravvisare l'ingente quantità sopra i kg 2 di principio attivo, in quanto nella sentenza il valore-soglia è stato esplicitamente indicato in mg. 1000. Si fa riferimento, poi, ad una percentuale di purezza media dell'hascisc del 5%, per cui la quantità lorda sotto la quale non si può configurare l'aggravante è determinata in kg 50.

Gli sviluppi successivi

Le successive decisioni della giurisprudenza di legittimità si sono attestate sull'indirizzo accolto dalle Sezioni unite (Cass. pen., n. 6369/2012; Cass. pen.,n. 10618/2013; Cass. pen., n. 43771/2014). Da quest'approdo la giurisprudenza non si è mossa neppure a seguito di una modifica normativa.

La legge 79 del 2014, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 36 del 2014, infatti, ha modificato l'art. 75, comma 1-bis, d.P.R. 309/1990, reintroducendo la nozione di quantità massima detenibile.

Secondo un indirizzo, questa modifica del sistema delle tabelle impone una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell'accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con un'interpretazione tendenzialmente solo aritmetica di tale aggravante (Cass. pen., n. 1609/2015).

Secondo l'indirizzo prevalente, invece, il criterio aritmetico-quantitativo illustrato in tema di ingente quantità non deve essere rimeditato per effetto del recupero della nozione di quantità massima detenibile. Anche dopo la descritta novella, pertanto, ha mantenuto validità il parametro basato sul rapporto tra la quantità di principio attivo e il valore massimo tabellarmente detenibile, al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante dell'ingente quantità di cui all'art. 80, comma 2, d.P.R. 309/1990 (cfr. ex plurimis, Cass. pen., n. 32126/2014; Cass.pen., n. 43465/2014; Cass. pen., n. 3799/2015; Cass. pen., n. 543/2016).

Si reputa configurabile l'aggravante, inoltre, anche se la disponibilità materiale della sostanza sia frazionata tra più persone, in modo che solo dalla somma dei diversi quantitativi risulti superato il dato ponderale necessario, sempre che tra esse sia ravvisabile il concorso (Cass. pen., n. 47984/2012; Cass. pen., n. 47749/2014). Ai fini della configurabilità dell'aggravante, tuttavia, non è sufficiente la semplice coscienza e volontà della detenzione dello stupefacente, eventualmente per il tramite di un concorrente, ma è necessaria la dimostrazione della colpevolezza dell'agente quanto allo specifico profilo del quantitativo dello stupefacente (Cass. pen., n. 21968/2016).

L'adozione di un criterio quantitativo, poi, ha comportato anche rilevanti conseguenze sul piano probatorio. Ad esempio, con riferimento alla c.d. droga parlata, è stato ritenuto che il giudice non possa fondare il giudizio sulla sussistenza dell'aggravante dell'ingente quantità in base esclusivamente alle conversazioni intercettate, se da queste non emergano elementi specifici alla stregua dei quali individuare il raggiungimento della c.d. soglia minima pari a 2.000 volte il valore massimo determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006 (Cass. pen., n. 44220/2013; Cass. pen., n. 42827/2016). Più in generale, è stato precisato che la circostanza aggravante può essere configurata anche in mancanza del sequestro della sostanza, purché vi siano elementi di prova certi che consentano di pervenire per via indiretta all'individuazione del dato ponderale (Cass. pen., n. 7385/2015).

Una recente precisazione giurisprudenziale

Una recente decisione della suprema Corte (Cass. pen., n. 47978/2016) ha proceduto ad una importante puntualizzazione in relazione all'aggravante in esame, che lasca presagire ulteriori sviluppi.

È stato rilevato, infatti, che la sentenza delle Sezioni unite Biondi ha indicato in mg 1000 il valore-soglia del principio attivo denominato THC (quindi, dell'hascisc e della marjuana), da moltiplicare per 2000, sulla base dell'art. 1 del decreto ministeriale 4 agosto 2006. Questo decreto ha raddoppiato il moltiplicatore della dose media giornaliera previsto al punto 40 della tabella allegata al decreto ministeriale 11 aprile 2006, portando da mg 500 a mg. 1000 il quantitativo di principio giornaliero di sostanza riferibile ad un uso esclusivamente persnale.

Il decreto dell'agosto 2006, però, era stato annullato dal Tar Lazio, con la sentenza n. 2487 del 2007, con effetti erga omnes. La sentenza delle Sezioni unite, quindi, ha fatto riferimento ad un parametro per il THC modificato da un decreto ormai venuto meno. Il valore-soglia per questa sostanza, invece, è quello di mg. 500, originariamente previsto dalla tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006.

Ne deriva che, per raggiungere il quantitativo di sostanza drogante definibile ingente secondo la stessa sentenza delle Sezioni unite Biondi – cioè quello di kg 2 di principio attivo – occorre moltiplicare non per 2.000 ma per 4000 il valore-soglia in milligrammi, determinato per il THC al punto 40 della tabella allegata al decreto ministeriale 11 aprile 2006.

Le conclusioni cui giunge questa sentenza, tuttavia, non sono incontrastate.

Deve rilevarsi, infatti, che altre sentenze della stessa Corte di cassazione, anche recenti, hanno ritenuto corretta la configurazione dell'aggravante dell'ingente quantità a fronte di un principio attivo di THC inferiore al limite di kg 2. In particolare, è stata ritenuta ingente la quantità di kg 1,2 di principio attivo, detenuta in kg 6 di hascisc (Cass. pen., n. 47275/2016) e quella di kg 1,949 di THC contenuti nella droga sequestrata (Cass. pen.,n. 45502/2016). Un'altra decisione recente (Cass. pen., n. 48424/2016) ha esplicitamente indicato in kg 1 – cioè mg 500 milligrammi moltiplicati per 2.000 – la quantità al di sotto della quale non ricorre l'aggravante. Altre precedenti sentenze (Cass. pen., n. 43771/2014; Cass. pen., n. 15788/2014), nell'indicare in kg 1 di principio attivo il limite in esame, hanno fatto specifico riferimento in motivazione all'annullamento da parte del Tar Lazio con la sentenza citata del d.m. 4 agosto 2006.

Va ribadito peraltro che il superamento del valore ponderale “soglia”, secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza, non determina automaticamente il riconoscimento dell'aggravante in esame, in difetto di una valutazione globale dell'azione criminosa posta in essere che supporti il giudizio di particolare gravità del reato.

In conclusione

La Corte di cassazione, con la sentenza delle Sezioni unite n. 36258/2012, dunque, ha compiuto un'operazione molto delicata. Ritenendo di non usurpare una funzione normativa ma di realizzare una mera operazione ricognitiva, sulla base dei dati disponibili costituiti dai casi concreti giudicati dalla stessa suprema Corte e dei parametri contenuti nelle tabelle relative all'uso esclusivamente personale, ha affermato che non può ritenersi ingente un quantitativo di sostanza stupefacente che non supera di 2000 volte il valore soglia espresso in mg. in dette tabelle (750 per la cocaina, 250 per l'eroina, 1000 per l'hashish e la marjuana).

Questo indirizzo si è consolidato ed è rimasto fermo anche dopo le modifiche normative intervenute nel 2014, che hanno portato alla reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile.

Una decisione recente della stessa Corte, tuttavia, ha evidenziato che nella sentenza citata, in buona sostanza, è stato compiuto un errore, indicando in mg 1000 il quantitativo di principio giornaliero di sostanza riferibile ad un uso esclusivamente personale. L'art. 1 del decreto ministeriale 4 agosto 2006, che ha raddoppiato il moltiplicatore della dose media giornaliera previsto al punto 40 della tabella allegata al decreto ministeriale 11 aprile 2006, portandolo da mg 500 a mg 1000, era già stato annullato dal Tar Lazio. Secondo questa sentenza, pertanto, per l'hascisc e la marjuana, il raggiungimento della quantità di sostanza drogante definibile ingente alla stregua del principio espresso dalle Sezioni unite del 2012 (pari a kg 2 di principio attivo) presuppone la moltiplicazione non per 2000 ma per 4000 del valore soglia in milligrammi, fissato al punto 40 della predetta tabella.

Guida all'approfondimento

AMATO, La scelta quantitativa operata con il moltiplicatore finisce per attribuire ai giudici poteri del legislatore, in Guida dir., 2012, 40, 58;

GRILLO, Le sezioni unite "prendono le misure" alla quantità ingente, in Dir. Pen. e Processo, 2012, 12, 1488;

LEO, La nozione di ingente quantità in materia di stupefacenti, in Dir. Pen. e Processo, 2011, 6, 693;

MAZZANTI, Punti fermi e questioni in sospeso nella recente evoluzione del diritto penale in materia di stupefacenti, in Dir. Pen. e Processo, 2016, 4, 528;

MONTAGNA, Condizioni minime per la sussistenza dell'aggravante dell'ingente quantità, in Dir. Pen. e Processo, 2013, 1, 35;

PICCIALLI, La circostanza aggravante della ingente quantità, in Corriere Merito, 2013, 2.

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