Depenalizzazione: i reati di danneggiamento dopo il d.lgs. 7/2016

Livio Meo
16 Febbraio 2016

Con il decreto legislativo 7/2016, si realizza la riformulazione dei reati di danneggiamento. Il danneggiamento semplice costituiva uno dei meno gravi delitti contro il patrimonio previsti dal codice penale. Secondo autorevole dottrina, tale scelta di politica criminale era giustificata dalla circostanza che l'autore dei fatti di danneggiamento viene tradizionalmente percepito come un soggetto meno pericoloso del ladro, dal momento che non agisce per soddisfare un impulso di arricchimento egoistico e si determina a delinquere soltanto per il desiderio di provocare un danno alle cose altrui.
Abstract

Con il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, entrato in vigore il 6 febbraio 2016, si realizza la riformulazione dei reati di danneggiamento in conseguenza dell'abrogazione del reato di danneggiamento semplice e della sua trasformazione in illecito civile.

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Il contesto della depenalizzazione

A partire dal 6 febbraio 2016 entrano in vigore nel nostro ordinamento due decreti legislativi attuativi della legge 28 aprile 2014, n. 67.

Con tale provvedimento il Parlamento aveva delegato al Governo la riforma della disciplina sanzionatoria di alcuni reati mediante l'abrogazione delle fattispecie ivi indicate e la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili.

Alla specifica delega contenuta nel secondo comma dell'art. 2 della legge n. 67 del 2014 è stata data attuazione con due decreti “gemelli” promulgati il 15 gennaio 2016 e pubblicati in Gazzetta ufficiale il 22 gennaio 2016.

Il d.lgs.8/2016 disciplina le ipotesi di depenalizzazione di alcuni reati di minore gravità che colpiscono interessi collettivi o superindividuali, prevedendone l'abrogazione e la conversione in illeciti amministrativi.

Il d.lgs. 7/2016, invece, opera una depenalizzazione mediante l'innovativa soluzione di trasformare in illeciti civili una serie di reati perseguibili a querela dell'offeso. L'ambito della riforma riguarda un insieme di fattispecie connotate da una attenuata offensività e considerate di minor allarme sociale, come esplicitamente affermato nella relazione accompagnatoria del decreto.

In forza degli artt. 3 e 4, d.lgs. 7/2016 le fattispecie in questione sono abrogate e convertite in illeciti civili, in riferimento ai quali, pertanto, il giudice civile sarà chiamato ad applicare una sanzione pecuniaria avente “carattere aggiuntivo” rispetto alle restituzioni e al risarcimento del danno.

Tra i reati previsti dal d.lgs. n7/2016 trovano nuova regolamentazione anche alcuni dei c.d. reati di danneggiamento disciplinati a partire dall'art. 635 c.p.

Innanzitutto con l'art. 2, comma 1, lett. l) del d.lgs. 7/2016 è stato abrogato il delitto di danneggiamento “semplice” previsto dall'art. 635, comma 1, c.p. Il fatto tipico del previgente reato di danneggiamento “semplice” costituisce ora un illecito civile, il quale, se commesso con dolo, obbliga al pagamento della sanzione pecuniaria civile.

Il “nuovo” reato di danneggiamento dell'art. 635 c.p. è stato formulato prevedendo, quali elementi costitutivi o presupposti del reato, quelli che nella versione precedente alla riforma individuavano le circostanze aggravanti del secondo comma.

Infine, per esigenze di coordinamento e allo scopo di adeguare le disposizioni in cui siano presenti riferimenti normativi al novellato art. 635 c.p. si è dovuto procedere a modificare le fattispecie dei c.d. danneggiamenti informatici, disciplinati a partire dall'art. 635-bis c.p.

La depenalizzazione del danneggiamento semplice

Prima della riforma, il primo comma dell'art. 635 c.p. prevedeva l'ipotesi delittuosa del c.d. danneggiamento semplice ed era così formulato: chiunque distrugge, disperde, deteriora, o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 309 euro.

Al secondo comma era previsto un elenco di circostanze aggravanti, tra le quali l'aver commesso il fatto con violenza o minaccia alla persona oppure su specifiche tipologie di beni (come ad esempio edifici pubblici o opere destinate all'irrigazione). La ricorrenza di una delle circostanze indicate nel capoverso dell'art. 635 c.p. determinava un inasprimento sanzionatorio e la procedibilità d'ufficio.

Il danneggiamento semplice costituiva uno dei meno gravi delitti contro il patrimonio previsti dal codice penale. In particolare, tra i reati di aggressione unilaterale, il delitto di cui all'art. 635 c.p. riceveva un trattamento sanzionatorio meno rigoroso rispetto al furto o all'appropriazione indebita. Secondo autorevole dottrina, tale scelta di politica criminale era giustificata dalla circostanza che l'autore dei fatti di danneggiamento viene tradizionalmente percepito come un soggetto meno pericoloso del ladro, dal momento che non agisce per soddisfare un impulso di arricchimento egoistico e si determina a delinquere soltanto per il desiderio di provocare un danno alle cose altrui.

Con il decreto attuativo 7/2016 si è provveduto all'abrogazione del danneggiamento semplice mediante la sostituzione del testo dell'originario art. 635 c.p. con la disposizione prevista dall'art. 2, primo comma, lett. l) del decreto.

Il fatto tipico dell'abrogato reato del primo comma dell'art. 635 c.p. è stato convertito in illecito civile sottoposto a sanzione pecuniaria dall'art. 4, primo comma, lett. c) del decreto, il quale prevede la sanzione pecuniaria civile da euro cento a ottomila per chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui.

L'art. 3 d.lgs. 7/2016 aggiunge che tali fatti, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile.

Pertanto, a partire dal 6 febbraio 2016, il fatto tipico dell'originario reato di danneggiamento non costituisce più un fatto penalmente rilevante ma soltanto un illecito di natura civile.

La ragione della sostituzione della sanzione penale con la sanzione pecuniaria civile risiede in primo luogo nell'intenzione di alleggerire il carico giudiziario penale da procedimenti aventi ad oggetto un reato di frequente verificazione nella prassi giudiziaria e connotato da un'attenuata offensività. In secondo luogo, la minaccia e la previsione di una sanzione di carattere economico potrebbe svolgere in modo più efficace una funzione preventiva e di tutela della persona offesa rispetto ad un'eventuale, ma spesso non effettiva, sanzione penale.

Nel disporre la “migrazione” dei fatti di danneggiamento semplice dalla sfera di rilevanza penale, il legislatore delegato ha specificato che l'elemento soggettivo richiesto ai fini dell'irrogazione della sanzione pecuniaria civile è il dolo. A differenza di quanto avviene nel diritto penale, in cui il dolo è la regola di imputazione soggettiva, mentre la colpa è l'eccezione che necessita di specifica previsione per avere rilevanza, nell'ambito di tutela civilistica non solo è sempre sufficiente la colpa ma sono anche numerose le fattispecie legali di colpa presunta e persino di responsabilità oggettiva. Il legislatore del 2016 ha quindi opportunamente limitato l'ambito di applicabilità delle sanzioni pecuniarie civili alle ipotesi connotate da dolo, evitando così di incorrere in eccesso di delega stante l'estraneità delle condotte colpose all'oggetto della delega.

Per quanto riguarda la prescrizione, il secondo comma dell'art. 3 rinvia all'art. 2947, comma 1, c.c., che individua il termine prescrizionale in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.

Dal punto di vista del quantum della sanzione pecuniaria civile, i fatti che costituivano il reato di danneggiamento sono inseriti nell'elenco di illeciti sanzionati in modo meno severo dal decreto, ossia con una sanzione pecuniaria da euro cento ad euro ottomila. Per altre fattispecie depenalizzate, come i reati di falsità in scrittura privata (art. 485 c.p.) e di falsità in foglio firmato in bianco (art. 486 c.p.), è invece prevista una sanzione pecuniaria da euro duecento ad euro dodicimila.

In riferimento agli aspetti procedurali, la competenza per l'irrogazione della sanzione è attribuita dall'art. 8 d.lgs 7/2016 al giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno e, pertanto, la sanzione pecuniaria dovrà essere applicata dal giudice civile. Sull'applicazione della sanzione decide il giudice al termine del giudizio e soltanto qualora accolga la domanda di risarcimento del danno proposta dalla persona offesa; di conseguenza, la sanzionabilità dei fatti di danneggiamento semplice è sempre subordinata alla proposizione dell'azione civile da parte del danneggiato.

Infine, il legislatore delegato ha individuato il beneficiario della sanzione pecuniaria civile nella Cassa delle ammende (art. 10, d.lgs. 7/2016), risolvendo così i dubbi dottrinali sollevati sul punto nelle more dell'attuazione della delega.

Il “nuovo” reato di danneggiamento

La sostituzione dell'originario art. 635 c.p. con le disposizioni contenute nell'art. 2, comma 1, lett. m) del d.lgs. 7/2016 comporta, oltre all'abrogazione del danneggiamento semplice, la riformulazione del reato di danneggiamento.

La tecnica di costruzione normativa utilizzata dal legislatore per configurare l'attuale art. 635 c.p. è consistita nell'elevare le ipotesi aggravate dell'originario danneggiamento semplice a presupposti ed elementi costitutivi del nuovo reato, con ogni conseguente effetto in caso di concessione di attenuanti e di giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p.

In altri termini, a partire dal 6 febbraio 2016, il danneggiamento è penalmente rilevante soltanto qualora sussistano i presupposti del reato, le modalità di condotta o gli oggetti di reato specificamente indicati dal dettato normativo e che in precedenza costituivano le aggravanti speciali del danneggiamento semplice. Come già visto, invece, la mera condotta di distruggere, disperdere, deteriorare o rendere inservibile una cosa mobile o immobile altrui integra solamente un illecito civile sottoposto a pena pecuniaria.

In forza del primo comma dell'art. 635 c.p., chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall'articolo 331 è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e, ai sensi dell'art. 50 c.p.p., si procede d'ufficio.

Scomponendo in modo analitico la citata disposizione può rilevarsi che gli elementi che prima integravano le aggravanti dei numeri 1 e 2 del secondo comma dell'art. 635 c.p. (l'aver commesso il fatto con violenza alla persona o con minaccia oppure in occasione del delitto di interruzione di pubblico servizio) costituiscono rispettivamente una modalità di condotta e un presupposto del reato nell'ambito della nuova formulazione. Di assoluta novità è invece la previsione del presupposto del reato dell'aver commesso il fatto in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Il primo comma del novellato art. 635 c.p. è strutturato come una c.d. norma a più fattispecie e quindi, ai fini dell'integrazione del reato, è sufficiente il verificarsi di una soltanto delle ipotesi tipizzate, mentre l'eventuale verificarsi di più ipotesi non determina un concorso di reati.

Il secondo comma dell'art. 635 c.p. prevede che alla pena prevista nel primo comma soggiace chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili le seguenti cose altrui:

1. edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto o cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o immobili compresi nel perimetro dei centri storici, ovvero immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7) dell'articolo 625;

2. opere destinate all'irrigazione;

3. piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento;

4. attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.

Anche in riferimento al capoverso dell'art. 635 c.p., il legislatore si è limitato a formulare la norma riqualificando le circostanze aggravanti dell'abrogato danneggiamento semplice in elementi costitutivi del reato e, in particolare, in peculiari oggetti del reato. Così come il primo comma, inoltre, anche questa disposizione è una c.d. norma a più fattispecie.

La tecnica di costruzione normativa impiegata dal legislatore delegato potrebbe dar luogo ad alcune incertezze applicative.

In particolare, l'articolazione formale della fattispecie in due commi distinti potrebbe indurre a qualificare il novellato art. 635 c.p. come una c.d. disposizione a più norme. A sostegno di questa opzione interpretativa deporrebbero la diversa natura degli elementi caratterizzanti le fattispecie – modalità di condotta e presupposti del reato per il primo comma, oggetto del reato per il secondo – e il dato testuale del secondo comma, nel quale vengono ripetute in modo integrale le condotte di reato (distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili) già previste al comma precedente. Così, ad esempio, potrebbe ipotizzarsi un concorso formale nel caso in cui un soggetto danneggi un bene di interesse artistico (art. 635, comma 2, n. 1, c.p.) durante una manifestazione in luogo pubblico (art. 635, comma 1, c.p.).

In attesa di pronunce giurisprudenziali chiarificatrici sul punto, pare opportuno segnalare il dubbio che la soluzione a favore del concorso formale non sia compatibile con la finalità di depenalizzazione perseguita dalla legge delega e non sia quindi rispondente ai principi che l'hanno ispirata.

Resta da evidenziare che il legislatore delegato ha introdotto una nuova ipotesi di danneggiamento.

L'attuale primo comma dell'art. 635 c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni anche chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui […] in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Mediante l'introduzione di una fattispecie connotata da un inedito presupposto del reato, il legislatore è incorso in un eccesso di delega. A questo proposito risulta opportuno segnalare che la Commissione Giustizia del Senato aveva espressamente richiesto di espungere dal testo dell'art. 635, comma 1, c.p. le parole in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, dal momento che non era prevista alcuna indicazione in tal senso da parte della legge delega. Nonostante il parere contrario della Commissione, la scelta è stata confermata perché, come si legge nella relazione accompagnatoria al decreto, si è ritenuto che questa ipotesi di danneggiamento sia intrinsecamente minacciosa, di particolare effetto intimidatorio e pericolosità sociale e tale da meritare una espressa menzione.

Le modifiche ai c.d. danneggiamenti informatici

Come previsto dalle ultime disposizioni contenute nell'art. 2 del d.lgs. 7/2016, anche le fattispecie di cui agli artt. 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale sono state modificate.

Il reato dell'art. 635-bis e quelli previsti nelle disposizioni successive sono stati introdotti nel codice penale rispettivamente, il primo, dalla legge 457 del 1993 e, i secondi, dalla legge 48 del 2008 di ratifica della c.d. Convenzione Cybercrime.

La punibilità delle condotte di danneggiamento di cui all'art. 635 c.p. è stata estesa alle tipologie delittuose aventi ad oggetto beni immateriali come i dati e i programmi informatici. Nonostante gli sforzi interpretativi, infatti, la precisa individuazione delle cose mobili o immobili quale oggetto materiale del reato di danneggiamento impediva la punibilità di fatti incidenti su beni di natura immateriale.

L'oggetto del reato che caratterizza tali fattispecie è costituito da informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis c.p.), anche di pubblica utilità (art. 635-ter c.p.), oppure da sistemi informatici o telematici privati (art. 635-quater c.p.) o di pubblica utilità (art. 635-quinquies c.p.).

Le modifiche alle citate fattispecie si sono rese necessarie per ragioni di mero coordinamento con la mutata disciplina del delitto di danneggiamento e dipendono dal fatto che il riferimento normativo alla circostanza di cui al numero 1 del secondo comma dell'art. 635 c.p. (con violenza alla persona o con minaccia) non è più attuale, stante la nuova formulazione dell'art. 635 c.p.

Nello specifico, il legislatore delegato ha ridefinito le norme sulle circostanze aggravanti delle quattro fattispecie di danneggiamento informatico, precisando per ciascuna di esse che la sanzione è aumentata se il fatto di reato è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore di sistema.

L'unico intervento indipendente dall'esigenza di coordinamento di cui si è detto è rappresentato dall'eliminazione della procedibilità d'ufficio per il delitto di danneggiamento aggravato di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis, comma 2, c.p.).

L'art. 635-bis, il quale introduce il reato meno grave tra i danneggiamenti informatici, era ed è tuttora composto da due commi: il primo definisce la fattispecie tipica del reato; il secondo contiene le circostanze aggravanti speciali ad effetto speciale consistenti nell'aver commesso il fatto con violenza alla persona, con minaccia oppure con abuso della qualità di operatore di sistema.

Prima della riforma era previsto un regime di procedibilità differenziato poiché il reato-base era perseguibile solo a querela della persona offesa, mentre per la fattispecie aggravata era esplicitamente prevista la procedibilità d'ufficio.

A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 7/2016, il regime di procedibilità per il reato-base rimane invariato, non essendo stata oggetto di riforma la disposizione del primo comma dell'art. 635-bis c.p. L'art. 3, comma 1, lett. m) del decreto 7/2016 ha invece interamente sostituito la disposizione relativa alle circostanze, la quale non prevede più la procedibilità ex officio per l'ipotesi aggravata di danneggiamento.

Eliminando il riferimento alla procedibilità d'ufficio, il legislatore delegato ha quindi inteso rendere perseguibile a querela della persona offesa anche l'ipotesi aggravata dell'art. 635-bis c.p., manifestando la voluntas legis di privilegiare la facoltà di agire del singolo, titolare del diritto leso, rispetto all'esigenza repressiva di carattere generale.

In conclusione

L'intervento riformatore sui reati di danneggiamento potrà rappresentare uno snodo importante nella deflazione del contenzioso giudiziario penale, a cui ora è sottratta la casistica del danneggiamento semplice, “degradato” ad illecito civile.

La nuova disciplina presenta tuttavia svariati profili di criticità. In relazione ai fatti depenalizzati e con riguardo all'aspetto del potere dissuasivo della sanzione civile, la mole di lavoro che si riverserà sugli uffici giudiziari civili, già notoriamente oberati, potrà rendere incerta una risposta di giustizia rapida ed adeguata, con ogni inevitabile conseguenza in termini di tutela della persona offesa.

Circa i fatti di danneggiamento ancora penalmente rilevanti, serio è il dubbio di incostituzionalità per l'eccesso di delega in cui è consapevolmente incorso il legislatore delegato quando ha introdotto il nuovo presupposto di reato di cui al primo comma dell'art. 635 c.p. Altra questione controvertibile potrà poi essere quella sulla configurabilità del concorso formale tra le ipotesi dei primi due commi del novellato art. 635 c.p.; dato che l'incertezza nasce dall'imprecisa tecnica legislativa adottata, la soluzione potrà forse trovarsi in via interpretativa, scegliendo cioè l'interpretazione più conforme ai principi ispiratori della legge delega.

Guida all'approfondimento

Un preciso inquadramento dottrinale e giurisprudenziale dei reati di danneggiamento prima dell'intervento del d.lgs. n. 7 del 2016 può trovarsi in FIANDACA - MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, II, I delitti contro il patrimonio, Bologna, 2013, p. 139 ss. e in PULITANÒ (a cura di), Diritto penale. Parte speciale, II, Tutela penale del patrimonio, Torino, 2013, p. 285 ss.

Con particolare riferimento all'analisi delle questioni più controverse in giurisprudenza si veda GAROFOLI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, III, Roma, 2015, p. 126 ss.

Per una ricognizione delle peculiarità e dei profili problematici riguardanti l'intervento di depenalizzazione si vedano alcuni contributi del prof. Francesco Palazzo, che ha presieduto la Commissione nominata dal Ministro Orlando. Nello specifico cfr. PALAZZO, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, p. 1693 ss. e , Le deleghe sostanziali: qualcosa si è mosso,in AA.VV., Le nuove norme sulla giustizia penale, Padova, 2014, p. 159 ss. L'Ufficio Massimario della Corte di Cassazione, Settore penale, ha pubblicato una Relazione su Gli interventi di depenalizzazione e di abolitio criminis del 2016: una prima lettura, in cortedicassazione.it.

Sempre in materia di depenalizzazione e ricorso alle sanzioni pecuniarie di natura amministrativa e civile si segnalano inoltre GARGANI, Tra sanzioni e nuovi paradigmi punitivi: la legge delega di riforma della disciplina sanzionatoria (art. 2 l. 28.4.2014 n. 67) in lalegislazionepenale.eu e MASIERI, Decriminalizzazione e ricorso alla sanzione pecuniaria civile, in Dir. pen. cont.

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