Le Sezioni unite sulla provvisionale proposta per la prima volta in appello dalla parte civile non appellante

Luigi Agostinacchio
16 Marzo 2017

La questione involge il tema dei poteri decisori devoluti al giudice di secondo grado in rapporto alle statuizioni assunte nel giudizio di primo grado e ...
Massima

Non viola il principio devolutivo né il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che accolga la richiesta di una provvisionale proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non appellante

Il caso

Il giudice di primo grado, nel pronunciare la condanna dell'imputato, decideva ai sensi dell'art. 538 c.p.p. anche sulla domanda risarcitoria proposta dalla costituita parte civile, pronunciando domanda generica di condanna nella misura da determinarsi in separata sede, in riferimento a reati di violenza sessuale (artt. 81, 609-bis e 609-quaterc.p.).

La corte territoriale, parzialmente riformando la pronuncia del tribunale, a seguito di appello (soltanto) dell'imputato, rideterminava la pena principale, disponendo al contempo in favore della parte civile – che ne aveva fatto richiesta in sede di conclusioni – la provvisionale immediatamente esecutiva per un importo pari a trentamila euro.

Impugnando per cassazione la sentenza di secondo grado, l'imputato denunziava la violazione dell'art. 597 c.p.p. in relazione al divieto della reformatio in peius, essendo stata concessa una provvisionale in favore della parte civile costituita, in mancanza di impugnazione della stessa così violando il principio devolutivo, oltre alle regole basilari del processo civile, che disciplinano l'azione risarcitoria che pure venga proposta dal danneggiato in sede penale.

Accertata l'esistenza di un contrasto interpretativo a riguardo la questione era rimessa alle Sezioni unite (Sez. III ordinanza del 27 aprile 2016) che la decideva con la pronuncia in esame.

L'Avvocatura Generale presentava memoria scritta nella quale, dopo aver richiamato i termini del contrasto giurisprudenziale, riteneva che meritasse condivisione l'orientamento teso a negare il carattere di domanda nuova alla richiesta di provvisionale ex art. 539, comma 2,c.p.p.

Le Sezioni unite, risolvendo il contrasto, hanno premesso che la soluzione interpretativa da prescegliere dipende dall'analisi dei temi relativi all'ambito funzionale del principio devolutivo e del divieto di reformatio in peius specificatamente riferiti al contenuto della domanda risarcitoria esercitata in sede penale, al rispetto del canone civilistico della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, al perimetro del divieto di reformatio in peius stabilito dall'art. 597, comma 3,c.p.p.

Hanno quindi concluso – dopo aver esaminato i contrapposti orientamenti – nel senso che il divieto di reformatio in peius, come recepito nel vigente codice di rito penale, costituisce un limite legale esterno, imposto al potere cognitivo del giudice di appello, che involge le statuizioni penali della sentenza, sulla base di specifiche scelte compiute dal legislatore, la cui portata non può essere estesa, in via interpretativa, ad ipotesi diverse da quelle disciplinate. Conseguentemente, il potere decisorio del giudice di appello, rispetto alle statuizioni civili, non risulta attinto da tale regola limitativa; di talché il divieto di reformatio in peius non viene in rilievo nell'ambito delle valutazioni conducenti alla modifica della somma liquidata a titolo di provvisionale dal primo giudice e neppure rispetto alla richiesta di provvisionale, formulata per la prima volta dalla parte civile non appellante, nel giudizio di secondo grado (in termini in motivazione).

La questione

La questione involge il tema dei poteri decisori devoluti al giudice di secondo grado in rapporto alle statuizioni assunte nel giudizio di primo grado e al contenuto delle impugnazioni proposte dalle parti.

Può la parte civile non appellante, in favore della quale vi è stata condanna generica dell'imputato al risarcimento del danno, richiedere in appello per la prima volta una provvisionale oppure tale iniziativa è preclusa dal divieto della reformatio in peius e dai limiti del principio devolutivo?

Ulteriori questioni collegate a quella principale:

Il giudice di appello può procedere in tal senso anche d'ufficio senza violare i suddetti principi?

Se la richiesta di condanna al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile è stata rigettata dal giudice di primo grado ovvero sulla stessa non si è provveduto, può il giudice di secondo grado pronunciare la condanna al pagamento di una provvisionale in mancanza di appello della parte civile?

Sul piano processuale – in caso in cui la parte civile non appellante ottenga la provvisionale richiesta soltanto nel giudizio di appello – l'imputato e/o il responsabile civile hanno diritto ad una tutela inibitoria in sede di ricorso per cassazione?

Le soluzioni giuridiche

Secondo un primo orientamento interpretativo non si ravvisavano motivi particolari per impedire alla parte civile di giovarsi di una condanna generica al risarcimento del danno emessa in primo grado per chiedere, per la prima volta in appello, la condanna al risarcimento di un danno provvisoriamente liquidabile, quando questo non sia stato espressamente negato dal giudice di prime cure e non sia stato contestato, nell'an e nel quantum, da parte dell'imputato. Non vi osterebbe, infatti, né l'art. 598 c.p.p., che estende al grado di appello le disposizioni del giudizio di primo grado, né l'art. 600 c.p.p., che presuppone una domanda formulata dalla parte civile già in primo grado, né – ancora – può entrare in gioco alcuno dei profili evidenziati nella sentenza n. 353 del 1994 della Corte Costituzionale (dichiarativa della parziale illegittimità costituzionale dell'art. 600, comma 3, c.p.p.) attinenti al carattere accessorio e subordinato dell'azione civile allorquando inserita nel processo penale.

Un contrapposto orientamento affermava invece che in tema di divieto di reformatio in peius, in assenza di impugnazione della parte civile diretta a contestare la quantificazione del risarcimento in relazione ai reati per i quali è stata affermata la responsabilità penale, il giudice d'appello non può rivedere la quantificazione del danno in senso sfavorevole all'imputato, ostandovi il principio devolutivo e quello di acquiescenza, che informano il processo civile e che devono ritenersi estesi alla valutazione della pretesa civile nell'ambito del processo penale. A fronte, infatti, dell'unico mezzo d'impugnazione esperito dalla parte soccombente in primo grado, il divieto della reformatio in peius, non sancito nell'ordinamento processuale civile da una norma positiva, ma conseguenza dell'operatività complementare del principio devolutivo e dell'acquiescenza, determina che la modifica della sentenza impugnata può essere apportata per corrispondere soltanto all'unico gravame proposto, precludendo la produzione di effetti di segno opposto in danno dell'appellante ed a favore della parte avversaria non impugnante (dalla Relazione dell'Ufficio del Massimario).

Le Sezioni unite si sono soffermate sul contenuto del principio devolutivo e sull'ambito funzionale del divieto di reformatio in peius. Per il primo aspetto hanno sottolineato che la parte danneggiata, risultata vittoriosa sul punto della decisione comprendente l'an della domanda risarcitoria, non propone una domanda nuova con la richiesta di provvisionale, avente carattere accessorio ed anticipatorio, con la conseguenza che la sentenza di appello, con la quale l'imputato viene condannato al pagamento di una provvisionale, a fronte di richiesta proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non impugnante, non si pone in contrasto con il principio devolutivo. Rispetto al contenuto del divieto di reformatio in peius, aderendo all'indirizzo prevalente nella giurisprudenza di legittimità, ha escluso che la disposizione dettata dall'art. 597, comma 3, c.p.p., abbia portata tale da estendersi alle statuizioni civili, trattandosi di norma che, ponendo un limite alla pretesa punitiva dello Stato, non si applica all'istanza risarcitoria oggetto dell'azione civile.

La risposta allo specifico quesito sottoposto ad esame è stata pertanto la seguente:

Non viola il principio devolutivo nè il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che accolga la richiesta di una provvisionale proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non appellante.

Al contempo le Sezioni unite hanno affrontato due altre questioni, definendole sulla base di corollari dei principi affermati.

La prima riguarda la concedibilità d'ufficio della provvisionale. Atteso che nel disposto di cui all'art. 539, comma 2, c.p.p., risulta indicato che la condanna al pagamento di una provvisionale può essere pronunciata a richiesta della parte civile, il supremo Collegio ha rimarcato che la vigente legge processuale non prevede, al riguardo, poteri esercitabili ex officio, con conseguente apprezzamento dell'indirizzo interpretativo in base al quale il giudice che dispone la provvisionale, in assenza della detta richiesta, opera esorbitando dai compiti assegnatigli dalle disposizioni codicistiche e si pronuncia ultra petita.

La seconda, sul piano squisitamente processuale, riguarda gli strumenti di tutela inibitoria a favore del responsabile civile e dell'imputato rispetto all'esecuzione delle statuizioni civili e, in particolare, al pagamento di una provvisionale pronunciata dal giudice di appello, su richiesta proposta per la prima volta dalla parte civile in quel giudizio. Secondo le Sezioni unite anche nel caso in cui la condanna al pagamento di una provvisionale sia stata pronunciata dal giudice di appello, in sede di ricorso per cassazione avverso la statuizione di responsabilità, l'imputato può legittimamente proporre la richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale, ai sensi dell'art. 612 c.p.p.

Osservazioni

Sono di particolare rilevanza alcuni aspetti sottesi al ragionamento delle Sezioni unite nella decisione in esame:

  • la natura della condanna generica al risarcimento dei danni e della provvisionale;
  • i riferimenti alla richiesta di provvisionale in appello secondo la giurisprudenza civile;
  • l'immanenza della costituzione della parte civile nel processo penale.

In relazione a tali argomenti, possono svolgersi alcune precisazioni a margine.

L'assegnazione di una somma a titolo di provvisionale non è comunque subordinata all'esistenza di uno stato di bisogno della parte civile, come nel caso previsto dall'art. 147 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private) norma che stabilisce un'ipotesi di provvisionale “atipica”, in materia di disciplina dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e natanti, con la conseguenza che l'esito della richiesta della parte civile è in generale del tutto svincolata da considerazioni sullo stato patrimoniale di quest'ultima, in relazione anche alla capacità reddituale nel caso di condanna restitutoria a seguito dell'accertamento in sede civile dell'insussistenza in concreto del diritto risarcitorio.

Va inoltre sottolineato che la sentenza commentata crea un fondamentale raccordo tra i due sistemi processuali, penale e civile, posto che trattasi di un istituto (quella dell'esercizio dell'azione civile in sede penale) che ha natura ibrida e che si snoda – in caso di condanna generica – attraverso due processi, il primo (quello penale) teso ad accertare se dal giudizio di responsabilità possa derivare un pregiudizio per la vittima, suscettibile di valutazione economica, l'altro (quello civile) finalizzato a verificare l'esistenza in concreta di quel pregiudizio, con riferimento all'an ed al quantum debeatur, senza alcun carattere vincolante a tal fine della precedente condanna generica (qualora il giudice penale limiti la sua decisione alla condanna generica al risarcimento dei danni, la sentenza, pur se passata in giudicato, non vincola il giudice civile demandato alla liquidazione, restando salvo il potere-dovere dello stesso di escludere l'esistenza del danno risarcibile o il suo collegamento causale all'illecito, ove la parte interessata non fornisca in concreto le relative prove: Cass. civ.,Sez. III, 21 marzo 2008, n. 7695).

Tale raccordo è effettuato attraverso il richiamo ai principi che presiedono all'azione civile nella sede propria del giudizio civile, con specifico riguardo alle modalità di individuazione della domanda nuova ed al rapporto intercorrente tra condanna generica e condanna al pagamento di una provvisionale.

Infine, va osservato che un parametro di riferimento rivelatosi essenziale nella valutazione della legittimità della sentenza di accoglimento della richiesta di provvisionale proposta per la prima volta in secondo grado dalla parte civile non impugnante è costituito dalla circostanza, normativamente imposta, per cui la parte civile non appellante ha comunque il diritto di prender parte al giudizio di secondo grado – perfino su appello proposto dall'imputato su una sentenza di proscioglimento – e, ancor di più, il fatto che la condanna in appello dell'imputato assolto in prime cure determini l'obbligo del giudice di secondo grado di provvedere anche in ordine alla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria.

Guida all'approfondimento

BELLUTA, Sub art. 597, in Conso – Illuminati (a cura di), Commentario breve al codice di procedura penale, Padova, 2015, 2646;

BELLUTA, Sub art. 600, in Conso – Illuminati (a cura di), Commentario breve al codice di procedura penale, Padova, 2015, 2663;

GAETA - MACCHIA, L'appello, in Spangher (a cura di), Trattato di procedura penale, Vol. V, Torino, 2009, 270;

LA ROCCA, Sub art. 539, in Bonilini - Confortini (a cura di), Codice di procedura penale commentato, Torino, 2012, 3376;

PALMIERI, Le “sanzioni civili” del reato nel processo penale. Risarcimento del danno condanna generica e provvisionale, Giuffrè, 2002.

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