Gara pubblica. Può esserci turbativa nella scelta del contraente anche prima della predisposizione dei bandi

16 Ottobre 2015

Ai fini della configurabilità del delitto previsto dall'art. 353-bis c.p., le condotte dirette ad interferire illecitamente sulla determinazione del contenuto del bando di gara o dell'atto ad esso equipollente, assumono rilevanza solo se l'organo o l'ente pubblico abbia iniziato il procedimento amministrativo che dimostri la volontà di contrarre, senza che sia necessario il ricorso a modelli tipizzati.
Massima

Ai fini della configurabilità del delitto previsto dall'art. 353-bis c.p., le condotte dirette ad interferire illecitamente sulla determinazione del contenuto del bando di gara o dell'atto ad esso equipollente, assumono rilevanza solo se l'organo o l'ente pubblico abbia iniziato il procedimento amministrativo che dimostri la volontà di contrarre senza che sia necessario il ricorso a modelli tipizzati.

Il caso

In data 27 febbraio 2014, il Gup di Milano pronunciava sentenza di non luogo a procedere, per insussistenza del fatto, nei confronti di alcuni imputati accusati a vario titolo della violazione, tra l'altro, dell'art. 353-bis c.p. per aver turbato alcune gare pubbliche, nel settore delle dotazioni ospedaliere e sanitarie di strutture pubbliche finanziate dalla Regione Lombardia.

In particolare, per un capo d'imputazione il Gup fondava la ragione del proscioglimento sul fatto che non vi fosse stato alcuna turbativa del procedimento in quanto le condotte emergenti dagli atti dovevano considerarsi penalmente irrilevanti, concretizzandosi le stesse in mera attività di promozione di un prodotto le cui caratteristiche, obbiettivamente uniche sul mercato, avevano giustificato la scelta di procedere con l'acquisto a trattativa privata.

Per i residui capi d'incolpazione, invece, il giudice riteneva che difettasse uno degli elementi costitutivi del reato, segnatamente un provvedimento tipizzato della P.A. (dovendo trovare applicazione nel caso di specie l'art. 11, d.lgs. 163/2006) con il quale venisse manifestata la volontà di stipulare un negozio giuridico.

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica che deduceva la mancanza ed illogicità della motivazione in ordine all'affermazione relativa all'unicità del prodotto ed alla omessa valutazione delle risultanze emerse circa le caratteristiche tecniche dello stesso.

Con riferimento ai restanti capi d'imputazione, invece, l'organo d'accusa denunciava l'errata interpretazione ed applicazione dell'articolo 353-bis c.p., non avendo il Gup adeguatamente considerato la ratio della norma, rappresentata dalla volontà di impedire turbamenti anche nelle fasi precedenti alla predisposizione dei bandi.

La questione

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica che deduceva la mancanza ed illogicità della motivazione in ordine all'affermazione relativa all'unicità del prodotto ed alla omessa valutazione delle risultanze emerse circa le caratteristiche tecniche dello stesso.

Con riferimento ai restanti capi d'imputazione, invece, l'organo d'accusa denunciava l'errata interpretazione ed applicazione dell'articolo 353-bis c.p., non avendo il Gup adeguatamente considerato la ratio della norma, rappresentata dalla volontà di impedire turbamenti anche nelle fasi precedenti alla predisposizione dei bandi.

Le soluzioni giuridiche

In relazione al primo motivo di ricorso la Corte ne dichiarava l'inammissibilità ritenendo gli stessi generici e non rientranti tra quelli tassativamente previsti dall'articolo 606, lettera e), c.p.p.

Quanto al residuo motivo di gravame, lo stesso veniva ritenuto infondato poiché ad avviso del supremo Consesso l'interpretazione data dal Gup alla norma era immune da vizi, seppur meritevole di alcune precisazioni.

A sostegno del proprio orientamento la Corte sottolineava che la norma era stata introdotta dal legislatore al dichiarato scopo di prevedere espressamente la rilevanza penale di quelle condotte di turbamento, commesse nella fase antecedente la gara, la cui punibilità era stata in precedenza esclusa da alcune pronunce di legittimità.

La norma in esame mira quindi, secondo il dictum della Corte, ad evitare ogni vuoto di tutela, incriminando così anche quei tentativi di condizionamento risultati ex post inidonei ad alterare l'esito delle procedura.

È quindi sufficiente, affinché si configuri il turbamento che la correttezza della procedura amministrativa volta a predisporre il contenuto del bando sia messa concretamente in pericolo.

La suprema Corte richiamava, a supporto del proprio indirizzo interpretativo, la pronuncia di altra sezione, con la quale erano già stati ben delineati i confini che intercorrono tra la previsione normativa di cui all'art. 353 c.p. e quella di cui all'art. 353-bis c.p. (Cass., Sez. II, 18 novembre 2014, n. 47444).

In tale sentenza veniva chiarito in particolare che i comportamenti che incidono sulla formazione del bando di gara, successivamente emesso, devono essere inquadrati nella fattispecie prevista dall'articolo 353 c.p., a nulla rilevando che gli stessi siano stati posti in essere nel periodo precedente all'introduzione dell'articolo 353-bis c.p., fattispecie che trova invece applicazione in relazione a tutti i comportamenti diretti alla manipolazione del bando di gara nei casi in cui questa non venga successivamente bandita.

La giurisprudenza richiamata sviluppava il proprio percorso interpretativo sul presupposto che l'articolo 353-bis c.p. integra un reato di pericolo che si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine di condizionare le modalità di scelta del contraente.

La Corte puntualizzava, altresì, che entrambe le fattispecie hanno dei necessari presupposti ai fini della loro configurazione, segnatamente, l'esistenza di una gara, per la turbata libertà degli incanti e, l'esistenza di un procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o della gara, per il delitto di cui all'articolo 353-bis c.p.

Così precisati la portata e l'ambito di applicazione di quest'ultima norma, la Suprema Corte concludeva affermando che devono ritenersi penalmente irrilevanti solo quelle condotte che siano poste in essere prima del procedimento amministrativo, quando poi in concreto questo neppure inizi; mentre rilevano penalmente quelle finalizzate al turbamento ed idonee allo scopo, quando il procedimento, volto a stabilire il contenuto di un bando o di un atto equipollente, abbia inizi.

Si perviene a detta conclusione, secondo la Corte, perché se il procedimento iniziasse già inquinato nelle sue determinazioni da condotte riconducibili a quelle previste dall'art. 353-bis c.p., vi sarebbe una evidente lesione dei beni giuridici tutelati dalla norma.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte concludeva rilevando che la scelta operata dal GupP di proscioglimento degli imputati fosse giuridicamente ineccepibile, necessitando però di alcune precisazioni.

Il supremo Consesso chiariva infatti, che, diversamente da quanto sostenuto dal Gup, la norma de qua non richiede che il “procedimento amministrativo” trovi il suo fondamento in un provvedimento che concretizzi una specifica volontà contrattuale. È, invece, necessario e sufficiente l'inizio di un iter formale che prospetti anche solo come eventualità il pervenire ad una determinazione conclusiva che individui l'interesse specifico, gli obbiettivi, i contenuti e le modalità di concretizzazione della volontà di contrarre.

Quindi, non è tanto la mancanza di un provvedimento, nei termini di cui all'articolo 11, d.lgs. 163/2006, che concretizzi una specifica volontà contrattuale, che fa venir meno la rilevanza penale delle condotte contestate, bensì la mancanza di un iter formale che prospetti, anche solo come eventualità, la possibilità che si possa pervenire ad una determinazione conclusiva che individui un interesse specifico a contrarre.

Tuttavia, tale iter non richiede, per il suo inizio, una forma tipizzata riconducibile a qualche specifica normativa, neppure a quella del codice degli appalti. Le indicazioni del diritto amministrativo saranno semmai utili ad individuare l'inizio del procedimento, senza però che le stesse siano ritenute esaustive né tantomeno vincolanti.

In conclusione, secondo il dictum della Corte, ciò che rileva è quindi solo l'avvio di un iter procedurale anche informale, ovvero non riconducibile ad una tipologia predeterminata per legge, che tuttavia sia ”ancorato ad una esplicitazione oggettiva di una puntuale e specifica individuazione dell'ambito di approfondimento e verifica e dell'oggetto/obbiettivo cui si intende procedere”. Tale esplicitazione deve avvenire da parte del soggetto pubblico titolare del potere di impulso e definizione dell'obbiettivo perseguito.

Osservazione

La soluzione interpretativa prospettata dalla Corte appare senz'altro condivisibile poiché è quella maggiormente rispettosa del principio di offensività.

È noto, infatti, che ogni precetto penale deve ancorarsi alla concezione realistica del reato, secondo cui la sanzione penale è subordinata all'offesa di un bene giuridico tanto nella forma della lesione intesa come nocumento effettivo, quanto in quella dell'esposizione a pericolo concepita in termini di nocumento potenziale.

Quando si parla di reati di pericolo, come nel caso che ci occupa, l'idoneità offensiva può pertanto consistere nella mera esposizione a pericolo del bene protetto.

Tale interpretazione è stata avallata anche dalla Corte costituzionale, che ha ammesso la compatibilità costituzionale di forme di tutela avanzate che colpiscono la sola messa in pericolo dei valori protetti.

Ciò, evidentemente, non può però portare l'interprete ad un'indiscriminata applicazione di sanzioni penali a condotte prive di un'apprezzabile potenzialità lesiva.

Di conseguenza, la conclusione cui pervengono i giudici di legittimità nella pronuncia in commento è certamente significativa poiché circoscrive l'ambito di punibilità della norma solo a quelle condotte che in concreto pongono in pericolo la corretta formazione del contenuto del bando di gara.

La parte della sentenza che, invece, desta qualche perplessità è quella che non richiede, per l'individuazione dell'inizio di un procedimento, una forma legalmente tipizzata.

Tale conclusione infatti, ad avviso di chi scrive, potrebbe generare in alcuni casi incertezza in ordine alla applicabilità della fattispecie in esame per impossibilità di identificare il momento esatto in cui può ritenersi iniziato l'iter procedurale.

Ancorare, invece, tale procedura a forme tipizzate consentirebbe di avere una maggiore certezza sull'identificazione del momento in cui il reato può ritenersi pienamente consumato.

Alla luce di quanto illustrato, è evidente che il fine della norma in esame è quello di ostacolare la predisposizione dei cosiddetti “bandi – fotografia”, ovvero quei bandi contenenti requisiti così specifici da individuare e predeterminare l'aggiudicatario.

Appare quindi imprescindibile, per ritenere le condotte rilevanti dal punto di vista penale, che quantomeno una forma embrionale di iter amministrativo sia stato avviato e che la volontà di contrarre sia stata manifestata da parte della pubblica amministrazione.

Solo in questi casi sarà possibile riconoscere e sanzionare condotte ritenute lesive del regolare espletamento del procedimento amministrativo di scelta del contraente.

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