Omesso versamento di ritenute. Rapporto tra illecito tributario e illecito penale

16 Agosto 2015

Il reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, d.lgs. 74/2000), che si consuma con il mancato versamento, per un ammontare superiore ad euro cinquantamila, delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale, non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita con l'art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, che punisce con la sanzione amministrativa l'omesso versamento periodico delle ritenute alla data delle singole scadenze mensili, con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni.
Massima

Il reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, d.lgs. 74/2000), che si consuma con il mancato versamento, per un ammontare superiore ad euro cinquantamila, delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale, non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita con l'art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997, che punisce con la sanzione amministrativa l'omesso versamento periodico delle ritenute alla data delle singole scadenze mensili, con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni.

Il caso

Omesso versamento entro il termine annuale del 31 ottobre 2005, previsto per la dichiarazione annuale del sostituto d'imposta, delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, relative agli emolumenti erogati nell'anno d'imposta 2004.

La questione

Le Sezioni unite sono state chiamate a pronunciarsi sulla seguente questione: se l'art. 10-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, inserito dall'art. 1, comma 414, legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed entrato in vigore in data 1 gennaio 2005 – il quale punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termini previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta -, si applichi anche alla omissione, entro la scadenza del 31 ottobre 2005 (prevista per il termine per la presentazione della dichiarazione mod. 770/2005), dei versamenti delle ritenute relative all'anno 2004, che dovevano essere, sotto comminatoria della sanzione amministrativa, e non sono stati effettuati nel corso del 2004 alle singole scadenze mensili previste; ovvero se, in alternativa, debba ritenersi che l'illecito consumatosi alla data delle singole scadenze mensili del 2004, punibile solo con la sanzione amministrativa vigente all'epoca della consumazione, precluda l'applicazione, in relazione ai fatti che ne costituiscono oggetto, della nuova norma penale”.

Le soluzioni giuridiche

Le Sez. un. affrontano la questione svolgendo un'analisi del rapporto tra l'illecito amministrativo (art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471/1997) e l'illecito penale di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000.

Dapprima viene osservato come la previsione penale di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000, introdotta dal legislatore accanto all'illecito amministrativo di cui all'art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, benché al pari di questo sia incentrata su un comportamento omissivo, se ne differenzi in ragione della diversità dei presupposti previsti.

Esclusa la configurabilità di un'ipotesi di successione di norme sanzionatorie, la questione della eventuale ricorrenza del concorso apparente di norme viene affrontato nei termini che seguono.

Si è richiamato il principio di specialità, di cui all'art. 9, l. 689/1981, che trova nella materia tributaria specifica espressione nell'art. 19, comma 1, d.lgs. 74/2000, secondo il quale, quando uno “stesso fatto” è punito da una disposizione che lo prevede quale delitto e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale.

Alla verifica della ricorrenza dello “stesso fatto”, le Sezioni unite hanno risposto negativamente, osservando come nell'illecito amministrativo (art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997) il presupposto sia costituito dalla erogazione di somme comportanti l'obbligo di effettuazione della ritenuta alla fonte e di versamento alla stessa all'Erario; la condotta omissiva si concretizzi nel mancato versamento della ritenuta mensile; il termine di adempimento sia fissato al giorno quindici (poi passato al sedici) del mese successivo a quello di effettuazione delle ritenuta.

Mentre nell'illecito penale di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000 il presupposto sia costituito dalla erogazione di somme comportanti l'obbligo di effettuazione di ritenute alla fonte e di versamento delle stesse all'Erario, e dal rilascio al soggetto sostituito di una certificazione attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate l'anno precedente; la condotta omissiva si concretizzi nel mancato versamento, per un ammontare superiore a cinquantamila euro, delle ritenute complessivamente operate nell'anno di imposta e risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti; il termine per l'adempimento sia individuato in quello previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta relativa all'anno precedente.

Le Sezioni unite convengono pertanto sulla parziale identità di presupposti, ma sottolineano nel contempo le divergenze tra i due illeciti, ravvisate in componenti essenziali costituite da il requisito della certificazione delle ritenute, richiesto solo per l'illecito penale; la soglia minima dell'omissione, richiesta per il solo illecito penale; il termine di rilevanza dell'omissione, il 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle ritenute, per l'illecito amministrativo; mentre, per l'illecito penale, quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta relativa a precedente periodo d'imposta.

Alla luce di questi rilievi le Sezioni unite ritengono che il rapporto tra fattispecie vada ricostruito non in termini di specialità, ma di “progressione”. La fattispecie penale costituisce una violazione più grave di quella amministrativa, che pure contiene, arricchendola di elementi essenziali – quali la certificazione, la soglia il termine allungato – non riconducibili al paradigma della specialità, in quanto relativi ad atti (rilascio della certificazione e protrarsi della condotta omissiva) che si collocano in un momento successivo al compimento dell'illecito amministrativo.

La presenza di un fatto integrante un illecito minore quale presupposto di un illecito maggiore, che richiede requisiti ulteriori e un diverso tempo di realizzazione, non appare alle SS.UU. motivo sufficiente per escludere l'applicazione di entrambi gli illeciti.

Si osserva poi come una tale soluzione sia conforme sia all'art. 4 Prot. 7 della Cedu, che all'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali Ue, che sanciscono il principio del ne bis in idem in materia penale, argomentando come nella specie non si possa parlare di “identità del fatto”; ed altresì come il principio del ne bis in idem si riferisca solo ai procedimenti penale e non riguardi l'ipotesi dell'applicazione congiunta di sanzione penale e sanzione amministrativa tributaria (si cita a conferma Corte di Giustizia Ue, 26 febbraio 2013 Acklageren c. Hans Ajerberg Fransson).

Osservazioni

La materia dell'illecito tributario, nei suoi rapporti con l'illecito penale, è stato interessato in tempi recenti da una serie di interventi che hanno coinvolto sia i giudici nazionali (Cass. pen., Sez. un, 37424/2013; Cass. pen., Sez. III, 10475/2014) che le giurisdizioni sovranazionali (si v. Concorso tra illecito amministrativo e penale e applicazione del principio di ne bis in idem). Il tema è quello della configurabilità del ne bis in idem in caso di concorso di sanzioni penale e sanzioni solo nominalmente “amministrative”, ma sostanzialmente “penali”, la cui ricorrenza può essere scongiurata da una ragionevole applicazione del “principio di specialità”.

La soluzione applicativa adottata dalle Sezioni unite si presta ad osservazioni critiche, sia quanto alla coerenza della decisione rispetto ai criteri di soluzione del concorso apparente di norme, sia rispetto alle indicazioni ricostruttive imposte dalla giurisprudenza sovranazionale in materia di compatibilità del doppio binario sanzionatorio con il principio del ne bis in idem (il cui divieto viene fissato all'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue e dall'art. 4 Prot. 7 Cedu).

La relazione tra l'illecito tributario e la fattispecie penale, nella decisione in commento, viene ricostruita in termini di “progressione criminosa”, così da negare la ricorrenza di una relazione di specialità tra le fattispecie (di cui all'art. 19 d.lgs. n. 74/2000).

Invero, proprio il richiamo alla “progressione criminosa”, avrebbe dovuto imporre una conclusione diversa. Se infatti l'illecito penale si pone quale fattispecie assorbente l'illecito tributario, in quanto questo si differenzia dal primo solo per le diverse scadenza previste in relazione al mancato versamento del dovuto (trimestrali per l'illecito tributario, annuali per quello penale), così che la realizzazione dell'illecito penale non può non implicare la realizzazione dell'illecito tributario, la relazione tra le due fattispecie si porrebbe a supporto di una ricostruzione del rapporto tra le medesime in termini “concorso apparente di norme”. Si tratterebbe infatti di un'ipotesi di sussidiarietà tra fattispecie, ricorrente in presenza di più norme che prevedono stadi e gradi di offesa dello stesso bene giuridico, così da doversi assumere la prevalenza, e dunque l'applicazione esclusiva, della norma che descrive lo stadio più avanzato di tutela di offesa del bene.

Va tuttavia osservato come il criterio della sussidiarietà tacita, cioè non espressamente tipizzata in una clausola di riserva, quale strumento di risoluzione dei casi di concorso apparente di norme, non trovi unanime considerazione in sede interpretativa e applicativa, la quale invece, ed in senso prevalente, regola la relazione tra fattispecie secondo un'applicazione del principio di specialità incentrato sulla comparazione in astratto tra le fattispecie, così come è avvenuto nella sentenza in commento ed in altre decisioni di analogo segno e materia delle Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 37424/2013).

La soluzione adottata, implicitamente e plausibilmente animata anche da considerazioni legate alla prospettiva di recupero dell'imposta evasa (l'operare del principio di specialità ex art. 19, d.lgs. n. 74/2000, e la conclusione nel senso della prevalenza della fattispecie penale, punita con pena detentiva, determinerebbe un inevitabile detrimento per le pretese fiscali dell'ordinamento), difficilmente supererebbe il vaglio della compatibilità con le prescrizioni convenzionali dettate dalla Corte Edu e dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo, in materia di doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem.

In particolare, nella materia dell'illecito tributario, l'applicazione congiunta della sanzione penale e quella amministrativa è stata fatta oggetto di profonde riserve da parte delle giurisdizioni sovranazionali, secondo le quali, in presenza di uno “stesso fatto”, da intendersi “in senso concreto” (diversamente rispetto all'orientamento assolutamente prevalente nella Suprema Corte del nostro ordinamento, che lo intende quale “fattispecie astratta”), l'applicazione congiunta di una sanzione penale, con una sanzione amministrativa che abbia natura “sostanzialmente penale”, violerebbe il principio del ne bis in idem.

In tal senso la Corte di Giustizia, che nella sentenza Fransson (Akerberg Fransson, C-617/10, sent. 26 febbraio 2013), benché abbia riconosciuto la possibilità di un doppio binario sanzionatorio in materia tributaria, ha nel contempo affermato come non sia compatibile con l'art. 50 della Carta che procedimenti penali siano avviati nei confronti di soggetti cui siano state applicate, e siano divenute definitive, sovrattasse di natura sostanzialmente penale.

Per quanto concerne la Corte Edu, l'ambito di riconoscimento della violazione del principio del ne bis in idem in materia di doppio binario sanzionatorio, appare invece più esteso. La corte di Strasburgo, nella sentenza contro la Finlandia (Cedu, Sez. IV, sent. 20 maggio 2014, Nykanen c. Finlandia), ha confermato l'orientamento inaugurato con la sentenza Zolotukhin c. Russia (Grande Camera, Sergey Zolotukhin c. Russia, sent. 10 febbraio 2009, ric. n. 14939/03), a tenore del quale la ricostruzione della nozione di “stesso fatto” ai fini della valutazione della ricorrenza del ne bis in idem (art. 4, Prot. 7 Cedu), non deve avere ad oggetto la fattispecie incriminatrice, ma il fatto “concreto”, la medesima condotta. Non rilevano le distinzioni tra le violazioni penali ed amministrative dal punto di vista delle formulazione delle rispettiva previsioni, ma l'effetto, cioè la doppia punizione dello stesso fatto concreto.

Il tema della compatibilità del doppio binario sanzionatorio, con particolare riguardo alla compatibilità della normativa nazionale che preveda una sanzione amministrativa e una sanzione penale per omesso versamento delle ritenute fiscali, con l'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, è stata recentemente oggetto di rinvio pregiudiziale (ex art. 267 T.F.Ue) da parte del Tribunale ordinario di Torino (ordinanza 27 ottobre 2014), con riferimento al caso di un soggetto già condannato in via definitiva dall'Agenzia delle entrate per l'omesso versamento entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, di ritenute certificate superiori alla soglia prevista dalla fattispecie penale di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000, successivamente tratto a giudizio per quest'ultimo reato.

La questione pregiudiziale aveva ad oggetto la verifica di conformità – ai sensi dell'art. 4, Prot.7 e 50 della Carta – al diritto comunitario, della disposizione di cui all'art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 nella parte in cui consente di procedere alla valutazione della responsabilità penale di un soggetto il quale, per lo stesso fatto (omissione del versamento di ritenute), sia già stato destinatario della sanzione amministrativa irrevocabile di cui all'art. 13 d.lgs. n. 471/1997.

Tale rinvio è stato motivato sulla scorta delle riscontrate divergenze interpretative tra la giurisprudenza nazionale e sovranazionale, sia con riguardo alla natura penale della sanzione di cui all'art. 13, d.lgs. n. 471/97, sia con la conseguente possibilità, ove tale sanzione amministrativa fosse da qualificarsi quale sanzione “penale”, di configurare la violazione del divieto del ne bis in idem quando per lo “stesso fatto” venga avviato il procedimento penale.

La Corte di giustizia (Corte di Giustizia, Sez. IX, 15 aprile 2015, C- 497/14, Ordinanza), ha tuttavia respinto il ricorso dichiarando la propria incompetenza (Corte di Giustizia, UE, ord. 15 aprile 2015, Burzio (C-497/14), precisando come la Corte sia “competente a pronunciarsi su una normativa nazionale di attuazione del diritto dell'Unione (art. 51, para.1, Carta). Il mancato versamento di ritenute alla fonte relative all'imposta sul reddito non rientra in tale competenza; vi rientra invece la normativa concernente le violazione di obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto” (v. Omesso versamento Iva. Ambito di competenze della Corte di giustizia ).

La dichiarazione della Corte di Giustizia del Lussemburgo, benché di incompetenza con riguardo alla questione sottoposta al suo vaglio, in quanto non concernente una normativa nazionale di attuazione del diritto dell'Unione, dà tuttavia indicazioni operative importanti laddove sottolinea come la violazione degli obblighi in materia di Iva. (oggetto della sentenza Fransson), rientri invece nella competenza del diritto dell'Unione europea, autorizzando pertanto la considerazione di un accoglimento, laddove il ricorso sia incentrato su tali profili di censura.

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