Il procedimento “diverso” ex art. 270 c.p.p. ovvero la portata del divieto di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche

17 Marzo 2016

Quale è la nozione di "procedimento diverso" di cui all'art. 270 c.p.p. rilevante al fine di escludere l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte in altro procedimento, soprattutto quando dal contenuto delle intercettazioni si acquisiscano ulteriori notizie di reato.
Massima

Ai sensi dell'art. 270 c.p.p., i procedimenti penali devono considerarsi diversi, con conseguente inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte in altro procedimento, quando esiste tra i due fatti-reato (storicamente differenti) un collegamento meramente occasionale, senza che invece tra le due notitiae criminis sussista alcun nesso derivante dalla connessione (art. 12 c.p.p.) o dal collegamento investigativo ex art. 371-bis c.p.p., con l'eccezione del collegamento probatorio rilevante ai (soli) fini dell'art. 371, comma 2, lettera c) c.p.p., ossia quando la prova di diversi reati derivi dalle risultanze delle stesse intercettazioni. Deve, dunque, essere considerato diverso il procedimento che non abbia alcun intimo collegamento di tipo oggettivo, probatorio o finalistico, con quello in cui le intercettazioni sono state disposte.

Il caso

Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ricorre alla suprema Corte invocando l'annullamento dell'ordinanza emessa in sede di appello cautelare dal tribunale del riesame, il quale ha rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare formulata in relazione ad alcuni soggetti, indagati in un procedimento per frode sportiva, ritenendo inutilizzabili nei confronti di questi ultimi i risultati delle intercettazioni telefoniche disposte in un diverso procedimento, iscritto a carico di ignoti per il delitto di tentata estorsione, commesso in danno di alcuni dei predetti indagati.

Nel caso di specie, a seguito della ricezione di una busta minatoria contenente due proiettili e due riproduzioni fotografiche raffiguranti le persone offese, presidente e amministratore delegato di una nota squadra di calcio, l'Autorità giudiziaria aveva disposto sull'utenza di uno dei predetti soggetti l'attività captativa, finalizzata a raccogliere elementi investigativi utili all'individuazione degli autori della condotta minatoria.

Nel corso dell'attività di ascolto erano emersi elementi che avevano condotto la procura della Repubblica a ritenere esistente ed operante un'associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di un programma criminoso indeterminato ed un numero indefinito di delitti di frode nelle competizioni sportive in cui era impegnata la nota Società di calcio, che aveva mostrato uno scarso rendimento e che, come già detto, era presieduta dalla persona offesa, destinataria dell'attività di captazione.

Dopo quindici giorni dalla acquisizione della predetta notitia criminis, il pubblico ministero procedente aveva provveduto, dunque, sia ad iscrivere nel registro di cui al mod. 21 il nome di alcuni soggetti, tra cui erano annoverati anche le persone offese del delitto di tentata estorsione – in relazione al quale era stato iscritto il procedimento a carico di ignoti – sia a richiedere l'autorizzazione alle intercettazioni telefoniche sull'utenza di tutti gli indagati. A giudizio della pubblica accusa i predetti procedimenti dovevano considerarsi solo formalmente distinti, in quanto i fatti di reato avevano avuto origine da un'unica matrice (scarso rendimento della squadra di calcio ed intimidazioni ricevute dalla dirigenza della stessa) e, per questo motivo, il tribunale del riesame avrebbe dovuto conseguentemente considerare pienamente utilizzabili nel procedimento per frode sportiva le intercettazioni telefoniche disposte in data antecedente all'iscrizione nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. (mod. 21).

Si mostrava di diverso avviso, invece, il tribunale del riesame, il quale considerava il secondo procedimento diverso, autonomo e non legato a quello contro ignoti da un medesimo filone investigativo e, sulla scorta del predetto assunto, considerava inutilizzabili, nel procedimento per frode sportiva, i risultati dell'attività tecnica di captazione svolta nei quindici giorni antecedenti l'iscrizione nel registro delle notizie di reato dei presunti autori della condotta fraudolenta, con conseguente ridimensionamento del quadro indiziario relativo alle partite di calcio disputate prima della suddetta iscrizione.

La questione

La questione sottoposta allo scrutinio di legittimità è la seguente: quale sia la nozione di procedimento diverso rilevante al fine di escludere l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte in altro procedimento, soprattutto quando dal contenuto delle intercettazioni si acquisiscano ulteriori notizie di reato.

Le soluzioni giuridiche

La suprema Corte, nel confermare un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e sposato anche dalle Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 26 giugno 2014, n. 32697) ha affermato che la nozione di identico procedimento, che esclude l'operatività del divieto di utilizzazione previsto dall'art. 270 c.p.p., prescinde da elementi formali come il numero di iscrizione al registro delle notizie di reato ed impone una valutazione sostanziale. Il procedimento è, infatti, considerato identico, con conseguente legittimità della trasmigrazione dei risultati dell'attività di captazione, quando tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, alla base dell'autorizzazione, e quello dei reati per cui si procede vi sia una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico.

Nella sentenza in chiosa il supremo Consesso ha, altresì, precisato che i risultati dell'intercettazione possono essere utilizzati in un diverso procedimento solo quando tra le notitiae criminis sussista (anche alternativamente) un nesso oggettivo derivante dalla connessione ex art. 12, lettera a) e b) c.p.p., un nesso finalistico di cui all'art. 12 lett. c) e 371, comma 2, lett. b), prima parte del codice di rito, o un collegamento investigativo ex art. 371-bis c.p.p., con l'eccezione del collegamento probatorio rilevante ai (soli) fini dell'art. 371, comma 2, lett. c) c.p.p., ossia quando la prova di diversi reati derivi dalle risultanze delle stesse intercettazioni. La Corte di cassazione ha quindi osservato come il pubblico ministero abbia ritenuto l'unitarietà del procedimento sulla base di una intuizione investigativa magari ex post verosimile, ma probatoriamente inconsistente e, sulla scorta del predetto assunto, ha escluso l'utilizzabilità delle intercettazioni disposte aliunde, sussistendo tra i due fatti-reato (storicamente differenti) un collegamento meramente occasionale.

Osservazioni

Come è noto l'art. 270 c.p.p. stabilisce la regola dell'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali il mezzo di ricerca della prova è stato disposto, salvo che i predetti risultati siano indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Detta norma è stata introdotta nel codice di rito per contemperare l'esigenza di reprimere i reati, attribuendo valore probatorio al contenuto delle comunicazioni intercettate, con la necessità di tutelare le libertà fondamentali, ai sensi degli artt. 2, 3 e 15 Cost., il quale garantisce il diritto alla segretezza delle comunicazioni.

La “libera” trasmigrazione probatoria delle risultanze dell'attività di captazione – fuori dai casi contemplati dall'art. 270 c.p.p. – comporterebbe, infatti, senza dubbio alcuno la violazione della riserva di giurisdizione, prevista dall'art. 15 Cost., con riferimento all'intercettazione confluita nel procedimento ad quem. Quest'ultima verrebbe utilizzata, invero, in assenza di qualsiasi controllo ad opera del giudice procedente in merito alla sussistenza dei presupposti necessari per autorizzare l'attività di captazione, rappresentati dai gravi indizi di reato e dalla circostanza che l'intercettazione possa essere considerata assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini.

Aderendo all'orientamento ormai maggioritario della suprema Corte, sposato anche dalle Sezioni unite (Cass.pen., Sez. un., 26 giugno 2014, n. 32697, cit.), la decisione in commento affronta in modo specifico l'esegesi del significato di procedimento diverso, ritenendo che non possa considerarsi tale il procedimento legato a quello in cui erano state richieste e autorizzate le intercettazioni di comunicazioni da un intimo collegamento di tipo oggettivo, probatorio o finalistico (in questo senso cfr. anche Cass., Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 20910; Cass., Sez. VI, 16 marzo 2004, n. 30372; Cass., Sez. VI, 7 gennaio 1997, n. 7; negli stessi termini Cass., Sez. III, 14 aprile 1998, n. 1208; Cass., Sez. VI, 16 ottobre 1995 n. 1626; Cass., Sez. I, 17 novembre 1999, n. 14595; Cass., Sez. VI, 14 agosto 1998, Venturini ed altro, in Cass. pen., 2000, 701). In ossequio al disposto di cui all'art. 270 c.p.p. il divieto di utilizzabilità – che colpisce l'idoneità della prova a produrre risultati conoscitivi valutabili dal giudice nella formazione del suo libero convincimento – deve essere parimenti affermato anche quando si è in presenza di un'unità formale del procedimento in seno al quale, in realtà, convivano procedimenti tra loro privi di collegamento reale.

Nella decisione in disamina la suprema Corte ha dichiarato l'inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso proposto dal pubblico ministero ed escluso l'utilizzabilità delle intercettazioni, poiché ha ritenuto che non risultasse in maniera piena e concreta il nesso investigativo unitario e, dunque, la connessione delle indagini, ed ha considerato insufficiente ed inidonea la circostanza, puramente estrinseca, dell'emersione dei fatti di frode sportiva in occasione delle indagini contro ignoti per tentata estorsione. Né, del resto, le predette intercettazioni, unitamente al supporto che le contiene, potevano considerarsi corpo del reato, con conseguente utilizzabilità nel procedimento per frode sportiva, giacché le Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 26 giugno 2014, n. 32697, cit.) hanno chiarito che non può costituire corpo del reato una comunicazione o conversazione che si riferisca a una condotta criminosa o che ne integri un frammento, quando la commissione del reato viene portata a compimento mediante ulteriori condotte rispetto alle quali l'elemento comunicativo assuma carattere meramente descrittivo. A ciò consegue che i risultati dell'attività di captazione disposta nel procedimento per tentata estorsione non potranno essere utilizzati a fini probatori nel procedimento per frode sportiva e non assumeranno perciò alcun peso nella bilancia del giudizio.

Con la decisione testé richiamata (Cass., Sez. un., 26 giugno 2014, n. 32697, cit.) il cupremo Consesso nella sua massima composizione ha, altresì, precisato che la inutilizzabilità delle intercettazioni in ambito processuale non ne esclude la funzione di notizia di reato, come tale utilizzabile dalla pubblica accusa per l'espletamento delle necessarie indagini volte all'acquisizione di elementi di prova sulla cui base potrà successivamente esercitare l'azione penale. La Corte costituzionale, con decisione 23 luglio 1991, n. 366, richiamata anche da Cass. Sez. II, 23 aprile 2010, n. 19699, ha peraltro chiarito che, nell'ipotesi sopra richiamata, la magistratura requirente potrà esercitare l'azione penale solo dopo aver compiuto accertamenti che abbiano consentito di acquisire elementi di prova ulteriori rispetto alle risultanze derivanti dall'attività di captazione. Come affermato anche nella decisione in commento, quando dall'intercettazione risultino prove di un fatto diverso da quello per cui l'autorizzazione fu concessa, il pubblico ministero deve di regola procedere immediatamente, nello stesso o in altro procedimento, ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato. I risultati dell'attività di captazione, in altri termini, acquisiranno valore a fini investigativi e potranno essere utilizzati quale fatto storico propedeutico e strumentale all'esercizio dell'azione penale.

Ci pare, però, che detta soluzione ermeneutica – fuori dai casi in cui i risultati delle intercettazioni telefoniche non risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza – non sia del tutto in sintonia né con la rubrica dell'art. 270 c.p.p., Utilizzazione in altri procedimenti, né con la stessa dicitura procedimenti diversi inserita nel corpo del testo della medesima norma, che offrono lumi in merito all'estensione del divieto alla fase delle indagini preliminari. Il difensore, dunque, potrà sempre eccepire l'inutilizzabilità dei risultati dell'attività di captazione che, ai sensi dell'art. 191, comma 2 c.p.p., è rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.

Guida all'approfondimento

CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, Milano, 1996;

CHELO, Intercettazioni telefoniche e divieto di utilizzabilità: quale significato alla nozione di diverso procedimento, in Dir. pen. e proc., 2015, 11, 1418 ss.;

DIOTALLEVI, Le condizioni di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche realizzate in un diverso procedimento: le Sezioni Unite valorizzano un'interpretazioni “responsabile” delle norme processuali, nota a Cass., Sez. Un., 17 novembre 2004, n. 45189, P.M. in proc. Esposito, in Cass. pen., 2005, 2294;

FILIPPI, L'intercettazione di comunicazioni, Milano, 1997; ID., Le Sezioni Unite contraddicono la Consulta (e accentuano il monopolio del p.m. in materia di intercettazioni), in Dir. pen. e proc., 2005, 5, 565;

GALANTINI, L'inutilizzabilità della prova nel processo penale, Padova, 1992,

LA MUSCATELLA, La Suprema Corte ritorna sull'utilizzabilità delle intercettazioni: il presupposto della diversità dei procedimenti va verificato su un piano sostanziale, nota a Cass., Sez. III, 8 aprile 2015, n. 33598, in Dir. & Giust., 2015, 30, 146.

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