Sulla necessità di una puntuale motivazione da parte del giudicante in caso di diniego di concessione delle attenuanti generiche

17 Dicembre 2015

Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.
Massima

Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.

Il caso

La Corte di appello di Torino riformava parzialmente la condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Novara, riducendo la pena detentiva irrogata nei confronti dell'imputato, confermando per il resto la sua penale responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 609-bis c.p., aggravato ex art. 609-ter, comma 1, n. 1, c.p.

L'uomo si era reso infatti protagonista di plurime condotte, legate dal vincolo di continuazione, mediante le quali aveva costretto con violenza due giovani vittime a subire atti sessuali contro la loro volontà.

Nello specifico, le due ragazze si erano recate presso l'esercizio commerciale gestito dall'accusato, al fine di trovare un lavoro per la stagione estiva: l'uomo si era mostrato estremamente accondiscendente e, con la scusa di fare vedere loro tutti i locali del ristorante, le aveva condotte nelle zone più appartate. Lì le aveva toccate nelle parti intime e si era strofinato sui loro corpi, minacciando di negare loro il lavoro se si fossero ritratte o avessero espresso un rifiuto alle sue richieste. La più giovane delle due – di età inferiore ai quattordici anni, circostanza questa idonea ad aggravare il delitto, ai sensi dell'art. 609-ter, comma 1, n. 1, c.p. e a renderlo procedibile d'ufficio, ex art. 609-septies, comma 4, n. 1, c.p. – era stata addirittura condotta nel locale cantina, dove le venivano sfilati senza il suo consenso i pantaloni, finché, impaurita, si divincolava e si allontanava, correndo a denunciare l'accaduto ai genitori.

Avverso la condanna ricevuta nei gradi di giudizio precedenti, fondata quasi esclusivamente sulle dichiarazioni delle persone offese, l'imputato adiva la suprema Corte, tramite un ricorso depositato dal difensore di fiducia, nel quale proponeva tre motivi di gravame. Dei primi due – di natura processuale e succintamente decisi dall'organo giudicante – non ci occuperemo in questa sede poiché ci preme porre l'attenzione sul terzo, con il quale il ricorrente lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero ridotto la sanzione irrogatagli. La tesi difensiva si basava su un vizio di motivazione della sentenza impugnata, dal momento che i giudici di merito non avrebbero preso in debita considerazione numerosi indici fattuali, tra i quali l'incensuratezza, la modesta invasività del comportamento attribuito e la mancanza di episodi successivi contestati. Se tali circostanze fossero correttamente valutate e applicate al caso di specie tramite il meccanismo di cui all'art. 62-bis c.p., il ricorrente avrebbe ricevuto un trattamento sanzionatorio più benevolo e adeguato all'effettivo disvalore della propria condotta.

La questione

La questione in esame è la seguente: può considerarsi legittimo il diniego di concessione delle attenuanti generiche qualora i giudici di merito non abbiano motivato su tutte le particolari situazioni prospettate dalla difesa?

Le soluzioni giuridiche

La Corte dà una risposta affermativa al quesito. I giudici di legittimità, nel dichiarare il motivo di ricorso manifestamente infondato, sottolineano come sia in primo che in secondo grado la problematica è stata affrontata puntualmente. Le circostanze attenuanti generiche, infatti, consentono un adeguamento sanzionatorio alle peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto tipico che del carattere del soggetto agente; la meritevolezza di tale adeguamento tuttavia non può mai essere presunta poiché, al contrario, sull'organo giudicante grava sempre l'obbligo di motivare attentamente sul punto (così Cass.pen., Sez. V, 17 gennaio 2013, n. 7562; conforme Cass.pen., Sez. II, 2 dicembre 2008, n. 2769. Contra Cass.pen., Sez. II, 10 luglio 2009, n. 38383, secondo la quale l'obbligo di motivazione sussiste solamente in caso di concessione delle attenuanti generiche e non nell'ipotesi opposta di diniego delle stesse).

È ben vero che, nel caso in esame, la Corte territoriale non si è soffermata su tutti i particolari elementi favorevoli evidenziati nel ricorso difensivo, tuttavia ha fatto riferimento ad altri e decisivi parametri, tali da disattendere quanto prospettato dall'imputato (cfr. Cass.pen., Sez. III, 19 marzo 2014, n. 28535; conforme Cass., Sez. VI, 24 settembre 2008, n. 42688, Caridi, Rv. 242419, ai sensi della quale non è sindacabile in sede di legittimità una decisione, purché non contraddittoria, che difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato). Così è stata data rilevanza alle modalità dell'azione (art. 131, comma 1, n. 1, c.p.) e alla negativa personalità dell'agente, che non solo ha approfittato della condizione di debolezza in cui si trovavano le giovani vittime dinnanzi al loro potenziale datore di lavoro ma ha anche reiterato i propri comportamenti molesti e lesivi in un breve lasso di tempo, senza dimostrare alcun segno di ravvedimento per tali condotte delittuose.

Alla luce di quanto affermato, i giudici della Sezione III non censurano la motivazione della Corte d'appello torinese, che ha correttamente valorizzato il temperamento ostile del ricorrente, rendendo quindi irrilevante il fatto che quest'ultimo fosse incensurato e che si fosse astenuto dal porre in essere ulteriori episodi criminosi dopo la condanna ricevuta in primo grado.

Osservazioni

Sebbene abbia esaminato il motivo di gravame in poche battute, la soluzione offerta dalla suprema Corte nella pronuncia n. 47036 del 7 ottobre 2015 deve essere condivisa, dal momento che ribadisce ancora una volta come il giudice debba motivare adeguatamente in merito alla concessione o al diniego delle circostanze attenuanti generiche (tra le tante, Cass.pen., Sez. V, 17 gennaio 2013, n. 7562; Cass.pen., Sez. II, 2 dicembre 2008, n. 2769; Cass. pen., Sez. VI, 4 febbraio 2003, n. 9681).

La sentenza in commento, inoltre, si colloca in linea con quanto già affermato dalla giurisprudenza assolutamente maggioritaria sull'art. 62-bis c.p., ai sensi della quale non è necessaria una puntuale analisi di tutti gli elementi favorevoli dedotti dalla difesa dell'imputato, essendo sufficiente a negare l'applicazione delle circostanze un richiamo anche a diversi parametri, desumibili – esplicitamente o implicitamente – dall'art. 133 c.p. (Cass.pen., Sez. III, 19 marzo 2014, n. 28535; Cass.pen., Sez. VI, 16 giugno 2010, n. 34364; Cass.pen., Sez. II, 22 febbraio 2007, n. 8413; Cass.pen., Sez. II, 11 ottobre 2004, n. 2285).

Per ciò che concerne l'asserita incensuratezza dell'imputato, messa in luce dal difensore nel motivo di gravame, giova qui ricordare come – a seguito del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni nella l. 24 luglio 2008, n. 125, che ha aggiunto un nuovo comma 3 all'art. 62-bis c.p. – l'assenza di precedenti condanne non possa più essere posta, per ciò solo, a fondamento della concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Guida all'approfondimento

Sul versante dottrinale, una delle prime e più importanti opere dedicate all'istituto disciplinato dall'art. 62-bis c.p. è quella di M. Massa, Le attenuanti generiche, Napoli, 1959, al pari di A. Malinverni, voce Circostanze del reato, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, in particolare 93 ss.

L'articolo sopra citato è stato modificato dalla c.d. legge ex Cirielli del 5 dicembre 2005, con la quale si è stabilita una forte limitazione nella concessione delle generiche ai recidivi reiterati autori dei gravi delitti inseriti nel “catalogo” di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. (in argomento si veda E. Rosi, Effetti della recidiva reiterata su attenuanti generiche e comparazione, in Aa.Vv., Nuove norme su prescrizione del reato e recidiva. Analisi della legge 5 dicembre 2005, n. 251, Padova, 2006, 5 ss.). La Corte costituzionale è intervenuta, dichiarando l'illegittimità di tale rigido automatismo sanzionatorio nella parte in cui il giudice non può tener conto della condotta del reo susseguente al reato (Corte cost., sent. 10 giugno 2011, n. 183, in Dir. pen. proc., 2011, 811, con nota di G. Di Chiara, Attenuanti generiche, condotta susseguente al reato e rigidi automatismi).

Sul nuovo terzo comma dell'art. 62-bis c.p., introdotto dal già citato “pacchetto sicurezza” del 2008 si veda G.L. Gatta, Modifiche in tema di circostanze del reato, in Aa.Vv., “Decreto sicurezza”: tutte le novità, Milano, 2008, 41 ss.

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