La delega di funzioni nella sicurezza sul lavoro

18 Aprile 2016

L'art. 16 d.lgs. 81/2008 attribuisce un esplicito riconoscimento normativo all'istituto della c.d. delega di funzioni, descrivendone condizioni e limiti di operatività. Il dibattito sorto attorno a tale istituto è tutt'ora acceso, stante il difficile bilanciamento tra la necessità di rendere più agevole la gestione della prevenzione del rischio nei luoghi di lavoro e l'esigenza di arginare il pericolo di una responsabilità di posizione.
Abstract

Una delle novità di maggiore interesse offerte dal d.lgs. 81 del 2008 è rappresentata certamente dall'art. 16 che attribuisce per la prima volta nell'ordinamento, a seguito di una pluridecennale attività di supplenza giudiziaria, un esplicito riconoscimento normativo all'istituto della c.d. delega di funzioni, descrivendone condizioni e limiti di operatività. Il dibattito sorto attorno a tale istituto, testimoniato da molteplici interventi dottrinali e giurisprudenziali di diverso tenore, è tutt'ora acceso e lungi dall'esaurirsi, stante il difficile bilanciamento tra la necessità di rendere più agevole la gestione della prevenzione del rischio nei luoghi di lavoro e l'esigenza di arginare il pericolo di una responsabilità di posizione.

Natura della delega di funzioni

Ai sensi dell'art. 2087 c.c., destinatario principale dell'obbligo di sicurezza è il datore di lavoro e non solo l'imprenditore sia perché ciò che conta è la signoria sulle fonti di rischio, sia perché la ratio della norma postula la sua applicabilità a qualunque prestazione di lavoro che necessiti di particolari cautele per il suo svolgimento. Difatti, la normativa di settore, nell'individuare meccanismi devolutivi di tale obbligo, opera in sostanza una quadripartizione dei soggetti obbligati, vale a dire il datore di lavoro, il dirigente, il preposto e, in modo marginale, il lavoratore (resta però sempre fermo il principio generale enunciato dall'art. 5, comma 3, della direttiva Cee 89/391 secondo cui gli obblighi dei lavoratori nel settore della sicurezza e della salute non intaccano il principio di responsabilità del datore di lavoro).

Occorre, tuttavia, considerare come la maggior parte delle strutture imprenditoriali siano sempre più articolate e fortemente gerarchizzate, sicché è impensabile che il soggetto posto all'apice dell'impresa possa provvedere personalmente all'adempimento di tutti gli obblighi a lui spettanti in materia di sicurezza sul lavoro e prevenzione degli infortuni. È sorta, di conseguenza, la necessità di individuare il soggetto realmente tenuto a rispondere della violazione degli obblighi predetti, in ossequio al principio della personalità della responsabilità penale (art. 27 Cost.), venendo in rilievo la questione dell'applicabilità della delega di funzioni in materia di sicurezza del lavoro, istituto dapprima riconosciuto dal d.lgs. 626/1994 e successivamente ripreso dal testo unico del 2008.

In via generale, la delega consiste in un negozio giuridico bilaterale con cui un soggetto (c.d. delegante) trasferisce poteri o funzioni di sua esclusiva spettanza ad altro soggetto (c.d. delegato) che ne assume la temporanea titolarità ed il rischio relativo.

Con particolare riguardo al settore che ci occupa, una parte della dottrina definisce la delega di funzioni come un atto unilaterale e recettizio, tramite il quale il datore di lavoro – originariamente soggetto all'obbligo di sicurezza ai sensi dell'art. 2087 c.c. – decide di trasferire a determinati soggetti taluni compiti in materia di prevenzione degli infortuni, ottenendo così la liberazione dalla responsabilità penale, nell'ambito dei compiti oggetto di delega, per il mancato rispetto della normativa posta a tutela delle condizioni di lavoro.

Prima di esaminare le conseguenze che l'istituto è in grado di determinare, appare opportuno precisare che la delega non deve essere confusa con altri istituti. Anzitutto, come evidenziato dalla dottrina, non è possibile parlare di delega nei casi di cessione aziendale: in tal caso, infatti, il cedente trasferisce a terzi l'attività d'impresa, attribuendo loro esclusiva responsabilità in ordine ai fatti lesivi che possono scaturire dal complesso produttivo ceduto.

Diversa è, altresì, la delega in esecuzione, caratterizzata dall'affidamento a terzi di soli compiti esecutivi, mantenendo intatta l'originaria posizione di garanzia del delegante, il quale può essere ritenuto responsabile del danno prodotto, quantomeno per non aver osservato l'obbligo di sorveglianza di cui all'art. 40, cpv., c.p. A differenza della delega di funzioni vera e propria, la delega in esecuzione non determina nuovi obblighi giuridici in capo al soggetto incaricato, il quale, in quanto mero esecutore, potrà, tutt'al più rispondere a titolo di concorso quale estraneo nel reato dell'intraneo, qualora sia naturalmente configurabile un'ipotesi di concorso di persone nel reato.

Il dibattito dottrinale sul piano di efficacia dell'istituto

Prima di analizzare gli elementi che caratterizzano la delega, giova preliminarmente soffermarsi sulle posizioni dottrinali emerse nel tempo sui limiti entro i quali possa essere esercitato il potere di delega e i suoi effetti: questione da considerarsi tutt'ora aperta, giacché la formulazione dell'art. 16 del d.lgs. 81 del 2008 non chiarisce, quanto meno esplicitamente, se la delega operi su un piano oggettivo, trasferendo gli obblighi penalmente rilevanti sul delegato e/o liberando il delegante dagli stessi, oppure se la stessa si limiti ad operare sul piano soggettivo, sotto il profilo della colpevolezza, escludendo, ove ricorrano i relativi requisiti, la possibilità di muovere un giudizio di rimproverabilità al delegante.

Volendo ricostruire sinteticamente il dibattito, è possibile, anzitutto, affermare come l'orientamento che non riteneva configurabile un effetto traslativo della responsabilità penale in forza di un atto di autonomia privata – in quanto in contrasto col principio di legalità – sia da considerarsi ormai minoritario. In dottrina è, difatti, pacifico ritenere l'ammissibilità dell'istituto della delega di funzioni da parte del datore di lavoro: essa, da un lato, assicura una più ampia partecipazione all'attività d'impresa e, dall'altro, mira ad impedire che le più alte figure gerarchiche restino esposte ad una inaccettabile responsabilità da posizione.

Ciò detto, veniamo alle singole tesi.

1) Secondo la c.d. teoria formalistica pura, la posizione di garanzia permane in capo al datore di lavoro e la delega di funzioni deve essere apprezzata sul piano soggettivo della colpevolezza, al fine di escludere, eventualmente, il dolo o la colpa, mentre essa potrà determinare il coinvolgimento del delegato a titolo di concorso nel fatto obiettivamente riferibile al datore di lavoro. In base a tale impostazione, quindi, la delega non determina alcun risultato costitutivo, rimanendo ben salda in capo al delegante la posizione tipica dell'obbligo; a quest'ultimo saranno, difatti, ascrivibili le violazioni prevedibili ed evitabili, in relazione alle dimensioni dell'impresa ed alla ragionevolezza dell'affidamento, commesse dal delegato.

Il limite di questa teoria è presto detto: non consente un efficace controllo di tutte le fonti di pericolo esistenti in un certa realtà imprenditoriale, con il rischio di sconfinare in una forma di responsabilità oggettiva, derivante dalla posizione rivestita.

2) A conclusioni opposte perviene, invece, la dottrina che abbraccia una concezione funzionalistica della delega di funzioni (c.d. teoria funzionalista), secondo cui, ai fini della titolarità degli obblighi penalmente rilevanti e delle responsabilità conseguenti alla loro violazione, ciò che conta sarebbe l'esercizio effettivo della funzione cui l'obbligo si riferisce. Chiamato a rispondere della realizzazione dell'evento sarebbe, pertanto, il solo delegato, in quanto il delegante trasferisce le funzioni e la qualifica soggettiva di cui, in origine, è titolare.

In tal modo, la delega agirebbe sul piano obiettivo trasferendo la titolarità della posizione soggettiva richiesta dalla fattispecie, cosicché intraneo al reato proprio risulterebbe colui che esercita attualmente la funzione avente rilievo penalistico, mentre estraneo sarebbe da considerarsi il datore di lavoro delegante. Per taluni esponenti della teoria in esame, in capo al delegante residuerebbe, tuttavia, un'ipotesi di responsabilità, a titolo concorsuale, qualora questi venisse a conoscenza, seppur casualmente, di inadempienze del delegato e non intervenisse.

Secondo alcuni, anche la teoria funzionalistica presterebbe il fianco ad alcuni rilievi critici, rappresentati segnatamente: a) dal favorire la concentrazione della responsabilità penale verso il basso, lasciando impuniti i soggetti posti in posizione apicale; b) dal contrasto con il principio di tassatività attraverso l'estensione della norma incriminatrice anche ai soggetti da essa non contemplati; c) dalla possibile lesione del principio di personalità, in tutti i casi in cui la condotta del singolo possa essere inquadrata nel contesto di una più ampia politica d'impresa a carattere illecito.

3) Al fine di superare i limiti presenti in entrambe le impostazioni sopra illustrate, un'altra parte della dottrina ha elaborato una teoria intermedia, la quale ha in comune con la teoria formale l'assunto secondo cui il delegante non viene liberato, per mezzo della delega, degli obblighi su di lui gravanti. E si compone di un dato innovativo, consistente nel ritenere mutato l'originario obbligo giuridico di garanzia del delegante in un obbligo di vigilanza e controllo sull'operato altrui. Secondo tale orientamento, il delegato assume in via negoziale una posizione di garanzia ulteriore, aggiuntiva, derivata, e può essere chiamato a rispondere a titolo esclusivo delle proprie violazioni; il delegante, invece, rimane titolare della posizione di garanzia originaria ed è responsabile degli eventi lesivi prodotti dal delegato ove non abbia osservato correttamente i propri residui obblighi di garanzia.

4) Altra e diversa teoria, riconduce gli effetti della delega nell'alveo del c.d. principio di affidamento, dando richiamo all'affidamento che il datore di lavoro ripone nella corretta condotta sei dirigenti e dei preposti. In particolare, il delegante sarebbe esente da responsabilità, potendo egli confidare sul fatto che i delegati osservino e rispettino le norme organizzative interne dell'impresa; tuttavia, tale efficacia liberatoria opererebbe solo fino a quando non venisse a conoscenza, o fosse nelle condizioni di accorgersi, dell'inadempimento del delegato.

5) Per completezza di esposizione, occorre, infine, dare atto di un'altra opzione interpretativa, seppure minoritaria, secondo la quale ferma la inderogabilità della posizione di garanzia prevista dall'ordinamento con riguardo al datore di lavoro, il ricorso alla delega costituirebbe un corretto modo di adempimento dell'obbligazione di sicurezza e comporterebbe la costituzione di nuove posizioni di garanzia, tanto più numerose quanti sono i soggetti a cui vengono demandati i relativi compiti, con una ‘‘gemmazione'' della qualifica datoriale propria del delegante e la configurazione di un datore di lavoro diffuso.

Le posizioni della giurisprudenza e l'art. 16 del d.lgs. 81 del 2008: condizioni e limiti di operatività

In diverse occasioni, la giurisprudenza ha affrontato la questione relativa alla ripartizione di obblighi e responsabilità penali tra i soggetti operanti all'interno dell'impresa e, dopo un atteggiamento iniziale di netta chiusura, ha riconosciuto l'ammissibilità della delega di funzioni, subordinandone validità ed efficacia ad una serie di requisiti e condizioni, tracciando, di fatto, un modello pratico di delega di funzioni, oggi sostanzialmente recepito dall'art. 16, d.lgs. 81/2008.

Neppure tale intervento normativo pare, tuttavia, aver risolto i problemi evidenziati dalla dottrina, in quanto non ha tenuto interamente conto delle condizioni di validità che erano state accolte di recente dalla giurisprudenza e così riassumibili:

a) la delega non deve riguardare le attività di carattere organizzativo dell'impresa (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 12 ottobre 2007, n. 37610);

b) l'impresa deve essere caratterizzata da una struttura di notevoli dimensioni o, quantomeno, vi deve essere un'organizzazione aziendale complessa (cfr. Cass. pen., Sez.IV, 6 ottobre 2005, n. 11358);

c) il delegato deve essere dotato di una specifica competenza tecnico-professionale e deve accettare l'incarico conferito (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 19 giugno 2006, n. 38425);

d) il delegato deve poter decidere in piena autonomia, impiegando tutti i poteri e i mezzi necessari per l'espletamento delle sue funzioni (cfr. Cass. pen., Sez. III, 13 marzo 2003, n. 22931);

e) la delega deve essere espressa, inequivoca nel contenuto e certa (cfr. Cass. pen., Sez. III, 10 luglio 2007, n. 26708).

In particolare, l'art. 16 d.lgs. 81/2008 sancisce il principio generale della delegabilità delle funzioni in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, con l'espressa eccezione relativa alla predisposizione del documento di valutazione dei rischi e alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che restano affidati esclusivamente al datore di lavoro, e dunque sono indelegabili (art. 17 d.lgs. 81/2008). Come chiarito dalla giurisprudenza più recente, il trasferimento delle funzioni può avvenire anche riguardo a soggetti esterni all'impresa, non essendoci alcun impedimento normativo a tal riguardo (Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 66133; Cass. pen., Sez. IV, 27 febbraio 2008, n. 8620).

Viene ribadita la necessità che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate e che la delega attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, nonché l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate (art. 16, lett. b), c) e d), del d.lgs. 81/2008).

La presenza dell'atto formale, comunque necessario, non esclude in capo al giudice, la necessità del controllo sull'effettività della delega. Per la giurisprudenza più recente, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, il che non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 28 febbraio 2014, n. 22246; in senso conforme, Cass. pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343; Cass. pen., sez. IV, 6 maggio 2015, n. 24462). Pertanto, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesain ordine alla messa in sicurezza dell' ambiente di lavoro, indipendentemente dal contenuto formale della nomina (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 15 ottobre 2013, n. 44482). In particolare, tale delega se rilasciata a soggetto privo di una particolare competenza in materia antinfortunistica e non accompagnata dalla dotazione del medesimo di mezzi finanziari idonei a consentirgli di fare fronte in piena autonomia alle esigenze di prevenzione degli infortuni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dai propri obblighi in materia e a liberarlo dalla responsabilità per l'infortunio conseguito alla mancata predisposizione dei necessari presidi di sicurezza (cfr. fra le tante: Cass. pen., Sez. V, 18 gennaio 2013, n. 39158; Cass. pen., Sez. IV, 13 novembre 2007, n. 7709; Cass. pen., Sez. V, 19 giugno 2006, n. 38425).

Con riferimento ai requisiti di cui alle lettere c) e d), la suprema Corte ha sottolineato come il datore di lavoro, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità allorché le carenze nella disciplina antinfortunistica attengano a scelte di carattere generale della politica aziendaleovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa attribuirsi al delegato della sicurezza, come nel caso in cui si tratti dello svolgimento di attività lavorative pericolose, foriere di produrre inquinamento o di porsi come (con)cause efficienti di malattie professionali (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 20 aprile 2011 n. 28779). I giudici di legittimità hanno, inoltre, precisato che la nozione di autonomia di spesa va intesa in maniera ampia, non ritenendosi esclusa, ad esempio, qualora il delegato sia tenuto comunque ad informare l'ufficio acquisti dell'azienda, poiché tale onere non gli impedirebbe di esercitare comunque le funzioni delegate (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 20 febbraio 2008, n. 7736).

Sorgono, invece, maggiori perplessità in merito alla mancata riproduzione nel dettato normativo del requisito delle notevoli dimensioni dell'impresa e con riferimento alla scelta di ammettere la delega a condizione che essa risulti da atto scritto recante data certa e che sia accettata dal delegato per iscritto (art. 16, lett. a) e e) d.lgs. 81/2008) e che alla stessa venga data adeguata e tempestiva pubblicità (art. 16, comma 2, cit.).

Per quanto riguarda il primo profilo di analisi, è possibile ritenere che la delega di funzioni possa trovare applicazione anche in contesti produttivi di non rilevanti dimensioni; del resto, la giurisprudenza ha mostrato di aver recepito le critiche della dottrina, attribuendo rilievo non al mero dato quantitativo, bensì alla difficoltà degli adempimenti che competono al datore di lavoro (cfr. Cass. pen., Sez. III, 12 aprile 2005, n. 26122; Cass. pen., Sez, III, 13 marzo 2003, n. 22931, secondo cui altre ragioni possono giustificare il conferimento della delega, per esempio la titolarità di altre piccole aziende in capo al rappresentante legale, ovvero la particolare professionalità di un dirigente in un settore ad alto tasso tecnico).

Circa il secondo profilo, in giurisprudenza non si sono registrate posizioni univoche. Per un primo orientamento l'atto di delega deve essere conferito per iscritto, in modo espresso, inequivoco e certo, per consentire la verifica dei poteri attribuiti e dei relativi limiti (cfr. Cass. pen., Sez. III, 17 ottobre 2012, n. 16452; Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2011, n. 6872; Cass. pen., Sez. IV, 3 ottobre 2007, n. 36121; Cass. pen., Sez. III, 3 dicembre 1999, n. 422)

Secondo un diverso orientamento, invece, la delega di funzioni può desumersi anche dalle dimensioni della struttura aziendale qualora sussista un'organizzazione altamente complessa ed esista una comprovata ed appropriata strutturazione della gerarchia delle responsabilità al livello delle posizioni di vertice e di quelle esecutive (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 23 ottobre 2014, n. 49670; Cass., Sez. IV, 29 febbraio 2008, n. 16465). Seguendo tale linea, si è affermato come ai fini della validità della delega non sia essenziale la forma scritta e neppure la prova scritta del trasferimento di funzioni (cfr. Cass. pen., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 11835; Cass. pen., Sez. IV, 07 febbraio 2007, n. 12800; Cass. pen., Sez. II, 17 novembre 2005, n. 2592; Cass. pen., Sez. III, 13 luglio 2004, n. 39268; Cass. pen., Sez. III, 13 marzo 2003, n. 22931; Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 1998, n. 4304). La Cassazione ha specificato, inoltre, che la delega può essere conferita oralmente dal titolare dell'impresa, non essendo richiesta per la sua validità la forma scritta né ad substantiamad probationem, posto che l'efficacia devolutiva dell'atto di delega è subordinata all'esistenza di un atto traslativo della funzioni delegate connotato unicamente dal requisito della certezza che prescinde dalla forma impiegata» (cfr. Cass. pen., Sez. III, 6 giugno 2007, n. 32014).

Gli esiti a cui perviene tale giurisprudenza appaiono condivisibili nella misura in cui stemperano la rigidità del formalismo richiesto dalla lett. a) dell'art. 16 d.lgs. 81/2008 che sembra considerare la forma scritta come requisito ad substantiam attraverso la previsione di un trasferimento documentato quanto a presupposti, contenuti e limiti e con data certa al fine di evitare deleghe surrettizie. Ciò svela, peraltro, la preoccupazione di salvaguardare il canone di effettività che rappresenta il leitmotiv dell'elaborazione giurisprudenziale in materia di distribuzione della responsabilità penale nel settore della sicurezza sul lavoro.

La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite; tale obbligo va distinto da quello del delegato: esso riguarda precipuamente la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle lavorazioni (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 1 febbraio 2012, n. 10702).

È interessante notare come l'obbligo di vigilanza si intenda assolto con l'adozione del sistema di controllo, inserito nel modello di organizzazione e gestione, previsto dall'art. 30, comma 4, del d.lgs. 81/2008, a patto, però, che vi sia una sua efficace attuazione. Quest'ultima previsione induce a ritenere la presunzione normativa come semplice, sottoposta cioè alla verifica in concreto delle misure di sicurezza e prevenzione. In particolare, il sistema di controllo di cui al comma 4 dell'art. 30 del d.lgs. 81/2008 ha per oggetto l'attuazione del modello e il mantenimento nel tempo delle misure adottate, con possibilità di riesame in costanza di violazioni significative delle norme o in occasione di mutamenti organizzativi o dell'attività, anche in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

Il d.lgs. 106 del 2009 ha introdotto il comma 3-bis, che prevede la facoltà di sub-delega, riconosciuta al delegato. Rispetto alla delega, di cui al comma precedente, la possibilità di sub-delega è limitata a specifiche funzioni. Ne consegue che il delegante non possa spogliarsi integralmente degli obblighi trasferitigli dal datore di lavoro. Per essere valida ed efficace nei confronti del delegato originario, così da liberarlo dai relativi obblighi prevenzionistici, la sub-delega deve essere concessa previa intesacon il datore di lavoro. Anche per il delegante vale il principio dell'obbligo di vigilanza nei confronti del sub-delegato. Diversamente, tuttavia, da quanto accade per il datore di lavoro, nel caso di sub-delega non è prevista la presunzione di adempimento dell'obbligo conseguente all' adozione ed efficace attuazione dei sistemi di controllo di cui all'art. 30, comma 4, d.lgs. 81/2008.

Per quanto riguarda le conseguenze degli inadempimenti posti in essere dal sub-delegato, la previa intesa tra delegante e datore di lavoro induce a ritenere che la responsabilità di quest'ultimo si limiti alla definizione del contenuto e delle modalità della sub-delega, senza ulteriori oneri di vigilanza.

In conclusione

In conclusione, occorre mettere in luce come la disciplina introdotta dall'art. 16 del Tu solleciti perplessità e dubbi in ordine al ruolo da assegnare alla previsione ivi contenuta, e ciò soprattutto alla luce di un'interpretazione di carattere sistematico.

La norma in esame, formalizzando i requisiti di rilevanza delle delega, pare infatti porsi in contraddizione con l'accezione “sostanziale” delle qualifiche di datore di lavoro, dirigente e preposto di cui all'art. 2 e, in particolar modo, dal disposto dell'art. 299 del d.lgs. 81/2008, che estende le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'art. 2, comma 1, lettere b), d) ed e) anche a colui che, pur provvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferii a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

L'art. 299 d.lgs. 81/2008 conferma la circostanza secondo cui, indipendentemente dalla presenza delle condizioni cui l'art. 16 subordina l'ammissibilità della delega di funzioni, il delegato si trova investito di una posizione di garanzia corrispondente ai poteri (di datore id lavoro, dirigente o preposto) che allo stesso risultino effettivamente attribuiti (c.d. principio di effettività).

Sotto il profilo costitutivo della responsabilità, quindi, non potrà assumere alcuna rilevanza la mancanza di un atto scritto recante data certa o la mancanza accettazione per riscritto oppure la tempestiva pubblicità, così come l'assenza dei requisiti di professionalità ed esperienza. Tuttavia, l'aporia fra le due norme appare superabile ove si consideri che, in realtà, la delega, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, non sembra operare con efficacia costitutiva della posizione di garanzia del delegato, in quanto dirigenti e preposti risultano già titolari iure proprio di obblighi penalmente rilevanti.

Nella prospettiva del soggetto delegante, invece, negare qualsiasi rilievo a deleghe che, pur se effettive, manchino dei requisiti richiesti dall'art. 16 d.lgs. 81/2008, significherebbe escludere in via generale ed arbitraria la possibilità per il datore di lavoro di fare affidamento sull'adempimento degli obblighi gravanti su soggetti cui lo stesso ordinamento assegna posizioni di garanzia, col rischio che venga addebitato al datore di lavoro un fatto altrui (derivante cioè dalle inadempienze di dirigenti e preposti), in violazione del principio di colpevolezza di cui all'art. 27, comma 1, Cost.

Guida all'approfondimento

ALDROVANDI, La delega di funzioni nella sicurezza sul lavoro, in Bellantoni-Vigoni (a cura di), Studi in onore di Mario Pisani, III, p. 601 ss.;

D'ALESSANDRO, La delega di funzioni nell'ambito della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, alla luce del decreto correttivo n. 106/2009, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p. 1125 ss.;

FIORELLA, Il trasferimento di funzioni nel diritto penale dell'impresa, Firenze, 1985, p. 21 ss.;

LANZI, D.Lgs. n. 81/2008 Titolo XII. Disposizioni in materia penale e di procedura penale, in ISL, 2008, n. 6 p. 342 ss.;

LANZI- PUTINATI, Istituzioni di diritto penale dell'economia, Milano, 2012, p. 84 ss;

LANZI, Taluni aspetti della responsabilità dell'ente in relazione ai reati che riguardano la sicurezza nel lavoro, in Curi (a cura di), Sicurezza nel lavoro. Colpa di organizzazione e impresa, Bologna, 2009, p. 41;

MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2007, p. 115 ss.;

MONGILLO, Il trasferimento di posizioni di garanzia nell'impresa tra diritto penale e processo, in Cass. pen., 2005, 1658 ss.;

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PISANI, Posizioni di garanzia e colpa di organizzazione nel diritto penale del lavoro, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2009, p. 137 ss;

VENEZIANI, La responsabilità penale per omesso impedimento di infortuni sul lavoro, in Dir. pen. proc., 1998, p. 1143;

VITARELLI, Profili penali della delega di funzioni, Milano, 2008.

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