Stalking. Quanti episodi servono per integrare gli “atti persecutori”?

Redazione Scientifica
18 Maggio 2017

Integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte tra quelle descritte dall'art. 612-bis c.p., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice. Invece, un solo episodio, per quanto grave e da solo anche capace, in linea teorica, di determinare il grave e persistente stato d'ansia e di paura che è indicato come l'evento naturalistico del reato, non è sufficiente a determinare la lesione del bene giuridcio protetto ...

Confermando il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (v. Sez. V, 5 giugno 2013, n. 46331; Sez. V, 24 settembre 2014, 48391; Sez. V, 16 maggio 2015, n. 33563), la quinta Sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 22194 (depositata l'8 maggio 2017), ha ribadito i seguenti principi in materia di atti persecutori:

« Integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte tra quelle descritte dall'art. 612-bis c.p., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice. Invece, un solo episodio, per quanto grave e da solo anche capace, in linea teorica, di determinare il grave e persistente stato d'ansia e di paura che è indicato come l'evento naturalistico del reato, non è sufficiente a determinare la lesione del bene giuridico protetto dalla norma in esame, potendolo essere, invece, alla stregua di precetti diversi: e ciò in aderenza alla volontà del legislatore il quale, infatti, non ha lasciato spazio alla configurazione di una fattispecie solo ‘eventualmente' abituale.

Il delitto, inoltre, è configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice ».

La Corte precisa inoltre che con l'introduzione dell'art. 612-bis c.p. il Legislatore ha colmato un vuoto di tutela rispetto a condotte non violente ma idonee a recare un apprezzabile turbamento nella vittima. In particolare, si è preso atto che la violenza spesso è l'esito di una pregressa condotta persecutoria e si è voluto in qualche modo anticipare la tutela della libertà personale e dell'incolumità fisio-psichica attraverso l'incriminazione di condotte che, precedentemente, potevano sembrare sostanzialmente inoffensive e quindi non sussumibili in alcuna fattispecie penalmente rilevante o in fattispecie “minori” come la minaccia o la molestia alle persone.

Nel reato punito dall'art. 612-bis c.p. è dunque l'atteggiamento persecutorio ad assumere specifica autonoma offensività ed è la condotta persecutoria nel suo complesso che deve guardarsi per valutarne la tipicità, anche sotto il profilo della produzione dell'evento richiesto per la sussistenza del reato.

Ne consegue che « il fatto che tale evento si sia in ipotesi manifestato in più occasioni e a seguito della consumazione di singoli atti persecutori è non solo non discriminante, ma addirittura connaturato al fenomeno criminologico alla cui repressione la norma incriminatrice è finalizzata, giacché alla reiterazione degli atti corrisponde nella vittima un progressivo accumulo del disagio che questi provocano, fino a che tale disagio degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi nelle forme descritte nell'art. 612-bis c.p. »

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