Prime applicazioni della sentenza Scurato

Redazione Scientifica
18 Luglio 2016

La Corte di cassazione, Sez. VI, a pochi giorni di distanza dalla sentenza Scurato, fa applicazione dei principi di diritto ivi espressi. Chiamata a pronunciarsi sul un ricorso nel quale si lamentava l'errata applicazione della disciplina sulle intercettazioni ambientali in un procedimento per 416-bis c.p. la Cassazione si è espressa nel senso che nel caso di reati di criminalità organizzata, in ossequio al disposto del d.l. 152 del 1991, art. 13, l'utilizzo di intrusore informatico è sempre legittimo, a prescindere dalla specificazione del luogo in cui la captazione avviene.

La Corte di cassazione, Sez. VI, a pochi giorni di distanza dalla sentenza Scurato, fa applicazione dei principi di diritto ivi espressi.

Chiamata a pronunciarsi sul un ricorso nel quale si lamentava l'errata applicazione della disciplina sulle intercettazioni ambientali in un procedimento per 416-bis c.p. la Cassazione si è espressa nel senso che nel caso di reati di criminalità organizzata, in ossequio al disposto del d.l. 152 del 1991, art. 13, l'utilizzo di intrusore informatico è sempre legittimo, a prescindere dalla specificazione del luogo in cui la captazione avviene, mentre in tutti gli altri casi tale metodica non può essere utilizzata, in quanto non consente di determinare preventivamente il luogo della captazione, a fronte del limite dettato dall'art. 266 c.p.p., comma 2, secondo cui le intercettazioni ambientali possono essere effettuate in luogo di privata dimora solo se sia ivi incorso l'attività criminosa.

In relazione poi alla specifica censura relativa alla mancata indicazione nel decreto ex art. 267 c.p.p. dei luoghi in cui l'intercettazione ambientale avrebbe dovuto effettuarsi, i giudici di legittimità chiariscono che l'indicazione del luogo nel provvedimento che dispone le operazioni di intercettazione è correlata soprattutto al profilo esecutivo, in ragione della necessità di predisporre, dal punto di vista tecnico, gli strumenti che consentano la captazione di conversazioni. Pertanto, vista la dinamicità intrinseca nelle operazioni di intercettazione per mezzo di virus informatico, tale esigenza non si presenta: la captazione infatti avviene da remoto per mezzo di un dispositivo informatico che può essere trasportato in luoghi diversi senza alcun impatto dal punto di vista tecnico e quindi senza la necessità di alcun tipo di adattamento del dispositivo come, invece, avverrebbe, nel caso di collocazione di microspie.

La suprema Corte chiarisce infine che il fatto che le operazioni di captazione fossero state motivate con l'esigenza di monitorare i colloqui di un soggetto, poi arrestato, e fossero continuate per captare le conversazioni di altri, che si trovavano nei pressi del dispositivo informatico, non comporta profili di inutilizzabilità. Nelle intercettazioni tra presenti è necessario indicare la ragione del ricorso allo strumento di captazione e la funzione probatoria delle conversazioni monitorate. L'ambito di operatività dell'autorizzazione deve essere commisurato alla pertinenza dello strumento in funzione della prova del reato associativo, risultando irrilevante che possano risultare coinvolti dall'attività di captazione anche soggetti non indagati.

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