La scelta della misura cautelare tra esigenze cautelari e tutela del minore

Giovanni Sofia
18 Settembre 2015

La decisione in esame si inserisce in maniera coerente nel solco interpretativo delle recenti novità in tema di esigenze cautelari. Essa affronta anche argomenti di particolare valore sociale, già oggetto di altre decisioni, che investono, secondo il principio del bilanciamento degli interessi, la tutela del minore e le esigenze cautelari personali.
Abstract

La decisione in esame (Cass. pen., Sez. VI, 1 settembre 2015, n. 35806) si inserisce in maniera coerente nel solco interpretativo delle recenti novità in tema di esigenze cautelari.

Essa affronta anche argomenti di particolare valore sociale, già oggetto di altre decisioni, che investono, secondo il principio del bilanciamento degli interessi, la tutela del minore e le esigenze cautelari personali.

La sentenza del massimo consesso interviene inoltre in maniera puntuale sul metodo di valutazione del valore probatorio della perizia non solo quale contributo obiettivo, ma soprattutto come spunto di riflessione da confrontare con altri elementi e circostanze, tra cui i valori morali e familiari che possono prevalere in ordine alla previsione e necessità dell'applicazione di una misura personale meno afflittiva.

La vicenda processuale

Questa in sintesi, la vicenda processuale portata all' attenzione della Suprema Corte:

Il Tribunale, con riferimento alla richiesta di applicazione dell'art. 275, comma 4, c.p.p., giustificata dall'impossibilità della moglie dell'indagato di prestare l'assistenza e cura alla figlia minore, di età inferiore ad anni sei, rigettava l'appello sulla base della perizia medica, che aveva concluso per la insussistenza della assoluta impossibilità a prestare assistenza sufficientemente accettabile ai figli e, in particolare, alla minore S., di età inferiore ad anni sei.

Avverso il rigetto dell'impugnazione da parte del Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell'appello cautelare de libertate, ricorreva in Cassazione l'indagato.

La Corte di Cassazione ha ritenuto di poter accogliere il ricorso sotto il profilo della mancanza di motivazione.

Il bilanciamento di interessi: esigenze cautelari e tutela del minore

Orbene, la sentenza in commento ribadisce, innanzitutto, che la disposizione di cui al comma 4 dell'art. 275 c.p.p. prevale su quella prevista al comma 3 dello stesso articolo - per la quale è imposta la custodia cautelare in carcere qualora si proceda per determinati reati – escludendo l'applicabilità della custodia cautelare in carcere nei confronti di chi versi nelle particolari condizioni, tassativamente indicate, sempre che non ricorrano esigenze di eccezionale rilevanza, ravvisabili là dove il pericolo di recidiva sia elevatissimo e tale da consentire di formulare una prognosi di sostanziale certezza che l'indagato, se sottoposto a misure di carattere extramurale, continuerebbe a commettere delitti.

La ratio della norma è chiara, è individuabile nella necessità di salvaguardare “l'integrità psicofisica di soggetti in tenera età, dando prevalenza alle esigenze genitoriali ed educative su quelle cautelari” ed è il frutto di una scelta del legislatore ben precisa, volta a far prevalere gli interessi sottesi alla disposizione di cui al quarto comma rispetto all'esigenza processuale della coercizione intramurale.

In sentenza si pone l'accento sul fatto che l'“assoluta impossibilità”, cui fa riferimento il quarto comma dell'art. 275 c.p.p., va letta ed interpretata nel senso che essa non riguarda solo il soggetto chiamato a provvedere a dare assistenza, ma anche e soprattutto i destinatari di essa, cioè i figli di età inferiore ai sei anni, nei cui confronti il deficit potrebbe compromettere in termini irreversibili il processo evolutivo-educativo, dovuto alla mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori.

A sostegno di tale interpretazione, vengono richiamate alcune decisioni giurisprudenziali, in base alle quali il divieto della custodia cautelare in carcere per il padre sussiste anche nel caso in cui i minori possano essere affidati a congiunti disponibili o a strutture pubbliche ( Sez. VI, 30 aprile 2014, dep. 4 luglio 2014, n. 29355) o nel caso in cui la madre sia impossibilitata a dare assistenza al bambino perché versa in precarie condizioni di salute e deve provvedere anche alle necessità di altro figlio minorenne, portatore di una grave malattia (Sez. I, 12 dicembre 2013, dep. 31 gennaio 2014, n. 4748).

Il valore processuale della perizia

L'altro aspetto di rilievo è quello che riguarda il valore processuale della perizia, con la quale, nel caso di specie, si concludeva per la insussistenza della impossibilità assoluta.

La Corte ribadisce quanto più volte già affermato, ossia che anche nel caso in cui il giudice accolga le conclusioni del perito, pur se non tenuto a dimostrarne l'esattezza, dalla motivazione del provvedimento adottato deve emergere un' adesione non acritica e passiva, bensì una riflessione frutto di attento e ragionato studio della fattispecie normativa e della situazione concreta cui essa fa riferimento.

Secondo la Corte gli aspetti della vicenda concreta sui quali il Tribunale non si sarebbe soffermato erano posti in rilievo nelle stesse conclusioni della perizia.

Due gli aspetti significativi, ad avviso della Corte.

Innanzitutto il fatto che la moglie dell'imputato fosse ”…molto provata sul versante psicologico dagli aspetti clinico-prognostici della patologia oncologica, tenuto conto comunque che l'ultima PET-TAC del 20 giugno u.s. non ha evidenziato recidive della malattia che rimane pertanto in una fase di remissione…”; in secondo luogo il fatto che alcuni “…accadimenti successivi…”, avessero “… ulteriormente messo a dura prova la sua già precaria condizione psicologica…”.

Di non secondaria importanza, infine, sempre secondo la Corte, sarebbero i riferimenti agli interventi di sostegno dei familiari e delle strutture pubbliche - che potrebbero mettere in crisi il principio già affermato circa la ritenuta ininfluenza, ai fini del divieto della custodia cautelare in carcere, dell'intervento dei terzi ( strutture pubbliche e famigliari) – per i quali il Tribunale avrebbe dovuto chiarire in che termini fossero “decisivi” o meno per la conclusione raggiunta dalla perizia e acriticamente accettata dal collegio.

In conclusione

Secondo quanto affermato dalla Corte, dunque, con la sentenza in commento, è l'interesse dei minori ( cfr. art. 2, 3 e 30 Cost., artt.147 e 315-bis c.c.) la chiave di lettura della disposizione di cui al quarto comma, oltre ad un' obiettiva valutazione circa le situazioni di concreto ed attuale pericolo che non devono essere desunte solo dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede. Tale circostanze devono essere esaminate e valutate caso per caso, dal giudice, senza scadere in applicazioni di mera forma preconfezionata, così da restituire al giudice il ruolo di “mediatore sociale” tra l'applicazione della legge nel rispetto delle regole e le altre esigenze, viste ed esaminate a secondo dei vari profili, tra cui la personalità dell'indagato ed i valori sociali, quali gli interessi familiari.

Inoltre, a completare questa filosofia dell'intervento normativo sta pure la previsione di un onere specifico di motivazione dell'applicazione della misura inframuraria sia da parte del giudice, che ordina la misura, con il superamento della possibilità della motivazione per relationem (art. 292, comma 2, lett c-bis) c.p.p.) sia da parte del Tribunale della Libertà con l'individuazione di un preciso potere di annullamento ex art. 309, comma 9.c.p.p.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.