Prescrizione e confisca di cose costituenti prezzo o profitto del reato

Donatella Perna
18 Settembre 2015

Il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare la confisca del prezzo o del profitto del reato, sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna.
Massime

1. Il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare, a norma dell'art. 240, comma 2, n. 1 c.p., la confisca del prezzo del reato e, a norma dell'art. 322-ter c.p., la confisca del prezzo o del profitto del reato, sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell'imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato.

2. Qualora il prezzo o il profitto del reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere qualificata come confisca diretta; in tal caso, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato.

Il caso

L'imputato, funzionario pubblico, era stato condannato in primo grado per concussione; la Corte d'appello, riqualificato il fatto come corruzione, dichiarava l'estinzione del reato per prescrizione, e disponeva – ai sensi degli artt. 240, comma 2, e 322-ter c.p. – la confisca delle somme sequestrate nei conti di pertinenza del condannato, fino all'importo per il quale era stata raggiunta prova sufficiente che si trattasse di tangente corrisposta in forza del patto corruttivo.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso l'imputato e la Sesta sezione penale, investita del ricorso medesimo, rimetteva gli atti alle Sezioni unite, rilevando l'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità circa la possibilità di disporre la confisca obbligatoria del prezzo del reato anche in caso di intervenuta prescrizione; e osservando che, anche quando la si ammette, si distingue ulteriormente tra confisca diretta e confisca per equivalente, ritenendo applicabile la prima ma non la seconda.

Le questioni

Le questioni poste all'attenzione della Corte sono due.

La prima: se, ed eventualmente entro quali limiti, possa essere disposta, in base all'art. 240, comma 2, n. 1 c.p., ovvero – o anche – ai sensi dell'art. 322-ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato nel caso in cui il processo si concluda con una sentenza dichiarativa di estinzione del reato per prescrizione.

La seconda: se, nel caso in cui il prezzo od il profitto del reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia la disponibilità debba essere qualificata come confisca per equivalente ovvero come confisca diretta e, ove si ritenga che si tratti di confisca diretta, se debba ricercarsi il nesso pertinenziale tra reato e denaro.

Le soluzioni giuridiche

Ricostruita l'evoluzione dell'istituto, anche alla luce delle recenti decisioni della Corte Edu (Sez. II, 20 gennaio 2009, Sud Fondi s.r.l. ed altri c. Italia; Sez. II, 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia) e della Corte costituzionale (sent. n. 49/2015), le S.U., nella sentenza 26 giugno 2015, n. 31617 hanno affermato che la confisca del prezzo del reato non è una sanzione ma una misura di sicurezza, poiché il patrimonio dell'imputato non viene intaccato in misura eccedente il pretium sceleris direttamente desunto dal fatto illecito (rispetto al quale l'interessato non avrebbe neppure titolo civilistico alla ripetizione) e la res da confiscare, rappresentando la retribuzione dell'illecito, non è mai legalmente entrata a far parte del patrimonio del reo. Ne consegue che può essere applicata anche in caso di estinzione del reato per prescrizione, purché la responsabilità dell'imputato sia stata precedentemente accertata con una sentenza di condanna.

In motivazione, la Corte di cassazione ha in particolare osservato che, dovendo escludersi “che la confisca del prezzo del reato si atteggi alla stregua di una pena, ne esce rafforzata l'idea che la stessa non presupponga un giudicato formale di condanna, quale unica fonte idonea a fungere da titolo esecutivo, dal momento che, ciò che risulta convenzionalmente imposto, alla luce delle richiamate pronunce della Corte Edu, e costituzionalmente compatibile, in ragione delle linee-guida tracciate dalla Corte costituzionale, in particolare nella già esaminata sentenza n. 49 del 2015, è che la responsabilità sia stata accertata con una sentenza di condanna, anche se il processo è stato definito con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione”.

Tali principi valgono anche per l'ipotesi di confisca speciale obbligatoria del prezzo o del profitto del reato (inteso come il vantaggio economico ottenuto in via diretta ed immediata dalla commissione di esso) prevista dall'art. 322-ter c.p. nella forma diretta, poiché “la confisca diretta del profitto desunto dal reato non presenta, nel caso disciplinato dall'art. 322-ter c.p., natura giuridica diversa dalla confisca del prezzo del reato”.

Ove il prezzo o il profitto del reato sia rappresentato da una somma di denaro, questa – nel momento stesso in cui entra a far parte delle disponibilità economiche dell'autore del fatto – si confonde automaticamente con esse e perde la sua identificabilità fisica, sicché non avrebbe alcun senso accertare se sia stata spesa, occultata o investita: “ciò che rileva è che le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell'interesse del reo”.

In tale prospettiva, la confisca di una somma di denaro costituente il prezzo o il profitto del reato è sempre in forma diretta e non occorre ricercare il nesso di pertinenzialità con il reato: l'ablazione della somma non è subordinata alla verifica che la stessa provenga da delitto e che sia confluita nella effettiva disponibilità dell'indagato.

Le stesse conclusioni non possono invece applicarsi al caso, pure previsto dall'art. 322-ter c.p., della confisca speciale per equivalente, da considerarsi sanzione penale a tutti gli effetti: “la confisca per equivalente, infatti, viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza”.

Osservazioni

Con la sentenza in esame le Sezioni unite tornano sull'annosa questione della possibilità di applicare la confisca in caso di prescrizione del reato.

La decisione interviene dopo quella della Corte Edu in materia di confisca urbanistica, parsa a molti e anche autorevoli interpreti (si veda l'ordinanza n. 20636/2014 con cui la Terza sezione penale della Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/2001) un inaccettabile balzo in avanti in un territorio particolarmente insidioso in cui, sull'altare di un esasperato garantismo, si rischia di sacrificare valori altrettanto rilevanti per l'ordinamento interno di quelli relativi ai diritti dell'imputato e della parte privata in genere.

Nel caso esaminato dalla Corte di Strasburgo era stata applicata la confisca urbanistica (art. 44, comma 2, d.P.R. 380/2001) ad un soggetto imputato di lottizzazione abusiva, all'esito di un travagliato iter processuale nel corso del quale erano intervenute più sentenze di condanna ed altrettanti annullamenti da parte della S.C.; da ultimo, la Corte d'appello aveva pronunciato l'estinzione del reato per prescrizione, disponendo la confisca dei terreni lottizzati e delle opere su di essi edificate.

I giudici europei hanno affermato che la confisca urbanistica è una pena, e “la punizione di un imputato il cui processo non si è concluso con una condanna” non può conciliarsi con l'articolo 7 della Convenzione, norma che esplicita il principio di legalità nel diritto penale.

Con la sentenza qui in commento, le S.U. sembrano attente da un lato a non entrare in rotta di collisione con i giudici di Strasburgo; dall'altro, a rispettare i controlimiti implicitamente imposti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 49/2015 alla opposta interpretazione, che condizioni non solo l'applicazione della pena ma anche quella della confisca/misura di sicurezza ad un giudicato formale di condanna: il criterio dirimente è stabilire se la confisca del prezzo del reato sia qualificabile come sanzione penale, e la risposta delle S.U. è negativa, poiché la ratio dell'ablazione sta nella sua finalità di ripristinare l'equilibrio alterato dal reato e le sono estranee finalità repressive e punitive.

Ne consegue che sarà possibile disporla anche in caso di declaratoria di prescrizione, purché la responsabilità dell'imputato sia stata accertata da una precedente sentenza di condanna.

Nonostante il dictum delle Sezioni unite, permangono le anomalie che caratterizzano l'istituto della confisca, evidentemente legate alla sua natura proteiforme, ora di misura di sicurezza, ora di sanzione, penale o amministrativa.

Si pensi infatti alla confisca per equivalente ex art. 322-ter c.p., applicabile quando non sia più possibile la confisca in forma diretta (pure prevista dalla medesima norma) ma che – a differenza di questa – è considerata una pena, essendo la sua ratio quella di privare l'autore dell'illecito del beneficio che ha tratto dal reato, ove fisicamente non più rintracciabile in quanto alienato, trasformato o disperso.

Si potrebbe arrivare al paradosso che, in presenza di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (e purché vi sia stata una precedente condanna), la confisca sarà possibile se si rinvengono disponibilità monetarie nel patrimonio del'imputato (confisca diretta/misura di sicurezza); non sarà possibile ove tali disponibilità manchino, pur essendo presenti altri beni (confisca per equivalente/sanzione penale).

Guida all'approfondimento

I. BORASI, Le confische penali, in Rivista penale, 2/2011;

V. MANES, La confisca “punitiva” tra Corte costituzionale e CEDU: sipario sulla “truffa delle etichette”, in Cassazione penale, n. 2/2011.

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