Quando la riqualificazione del fatto di reato integra violazione del divieto di reformatio in pejus

Redazione Scientifica
18 Ottobre 2016

In assenza di impugnazione da parte del P.M., la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice del gravame dà luogo ad una violazione del divieto di reformatio in pejus allorquando, per effetto di tale operazione ermeneutica, venga ad essere ritenuto configurabile un delitto procedibile d'ufficio, escluso dal primo giudice in luogo di uno punibile a querela.

In assenza di impugnazione da parte del P.M., la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice del gravame dà luogo ad una violazione del divieto di reformatio in pejus allorquando, per effetto di tale operazione ermeneutica, venga ad essere ritenuto configurabile un delitto procedibile d'ufficio, escluso dal primo giudice in luogo di uno punibile a querela.

In questi termini la Corte di cassazione, Sez. V, sentenza n. 42577, depositata il 7 ottobre 2016 ha dichiarato fondato il motivo di gravame proposto dalla ricorrente, la quale aveva contestato come la più grave qualificazione giuridica del fatto – avvenuta in appello – abbia inciso sulla stessa procedibilità dell'azione penale e quindi in senso peggiorativo nei confronti dell'imputata, ove ha riqualificato un reato procedibile a querela di parte riconducendolo ad una fattispecie procedibile d'ufficio.

Nel caso di specie la Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha riqualificato nella originaria imputazione di violenza privata il fatto inquadrato dal tribunale di Viterbo nella fattispecie di cui all'art. 392 c.p., Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, condannando l'imputata alla pena di giustizia per aver parcheggiato la propria autovettura davanti al garage di un immobile altrui, impedendo al relativo proprietario l'accesso e l'utilizzo del proprio garage.

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