Configurabilità del concorso di reati tra bancarotta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

19 Maggio 2016

La Cassazione è stata chiamata a chiarire nel caso di specie se si possa o meno configurare il concorso formale tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ed il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Massima

È configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento per bancarotta fraudolenta per distrazione e per fraudolenta sottrazione al pagamento delle imposte veniva disposto sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni sottratti alla fallita società Tecnogeo S.R.L.

L'interessato proponeva riesame evidenziando come il provvedimento cautelare basandosi su un titolo, la fattispecie di fraudolenta sottrazione al pagamento delle imposte, che non può concorrere ma è assorbita dalla diversa fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, dovesse essere annullato.

Il tribunale di Udine rigettava l'istanza di riesame.

Avverso tale provvedimento l'imputato proponeva ricorso per Cassazione.

Secondo il ricorrente il tribunale di Udine era incorso in una violazione di legge in quanto aveva confermato il provvedimento sul presupposto, asseritamente errato o quantomeno controverso (tanto da giustificare una rimessione della questione alle Sezioni unite), della configurabilità di un concorso formale tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte previsto dall'art. 11 d.lgs. 74/2000 ed il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale previsto dall'art. 216, comma 1, n. 1, della legge fallimentare.

La questione

La Cassazione è stata chiamata a chiarire nel caso di specie se si possa o meno configurare il concorso formale tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte previsto dall'art. 11 d.lgs. 74/2000 ed il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale previsto dall'art. 216, comma 1, n. 1, della legge fallimentare.

Le soluzioni giuridiche

All'esito di una articolata disamina della questione la Corte ha concluso affermando che: è configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Osservazioni

La questione affrontata dalla Corte non è pacifica in giurisprudenza.

Secondo un primo orientamento, richiamato anche dal ricorrente la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte – che sanziona chiunque alieni simultaneamente o compia atti fraudolenti su beni al fine di sottrarsi al versamento delle imposte – integra una condotta che ben può inserirsi in una complessiva strategia distrattiva, intesa consapevolmente a danneggiare colui che sui beni sottratti ha titolo per soddisfarsi; ne deriva che ove tale condotta sia finalizzata al fallimento, ovvero posta in essere in vista di esso, o da questo seguita, la distrazione operata in danno del fisco non assume connotazione autonoma ma è riconducibile al paradigma punitivo dell'art. 216 comma 1 l. fall., le cui condotte di distrazione, occultamento, distruzione, dissipazione sono comprensive delle condotte di simulazione o integranti atti fraudolenti di cui all'art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, di guisa che, in tal caso, si applica il principio di specialità di cui all'art. 15 c.p., in virtù del quale resta integrato il solo reato di bancarotta fraudolenta – trattandosi di più grave reato – e si esclude la configurabilità del concorso tra i due delitti in relazione allo stesso fatto (Cass. pen., Sez. V, 10 novembre 2011, n. 1843; Cass. pen., Sez. V, 16 novembre 2011, n. 42156).

Secondo un diverso orientamento (Cass. pen., Sez. V, 29 settembre 2011, n. 42156) , cui aderisce la Corte nel caso di specie, invece, non sarebbe configurabile il concorso formale tra le due fattispecie contestate.

Essa perviene a tale conclusione sulla base di una serie articolata di argomentazioni.

In primis la Corte non nega che i fatti contestati al ricorrente nei due procedimenti siano gli stessi e neppure il fatto che le norme incriminatrici siano entrambe speciali e quindi intercorra tra di esse un rapporto di specialità bilaterale.

Nondimeno ritiene che esse non regolino la stessa materia giacché mentre la norma fiscale è preposta a sanzionare condotte che pregiudicano l'interesse fiscale al buon esito della riscossione coattiva, quella fallimentare mira a tutelare l'interesse del ceto creditorio di massa al soddisfacimento dei propri singoli diritti. Di tal che la prima previsione incriminatrice finisce per connotarsi per la maggiore specialità.

Non solo.

A conferma del fatto che le due fattispecie non disciplinano la stessa materia depongono diversi fattori: la diversa struttura delle due fattispecie astratte, di pericolo quella fiscale, di danno quella fallimentare, le diversità sul piano dell'elemento soggettivo, dolo specifico la prima, dolo generico la seconda, nonché le profonde differenze sotto il profilo della soggettività attiva, più ristretta nel reato di bancarotta fraudolenta (l'imprenditore dichiarato fallito o per estensione gli organi amministrativi delle imprese societarie), più ampia in quello fiscale ( essendo astrattamente riferibile ad ogni contribuente, ancorché non imprenditore).

Ma a far ritenere alla Corte che tra le due fattispecie si concretizzi non un'ipotesi di concorso apparente di norme, bensì la diversa ipotesi del concorso formale di reati di cui all'art.81 c.p., è, in definitiva, la considerazione che i due reati sono posti a tutela di differenti beni giuridici, il che rende la norma penale tributaria specialissima ed impedisce il suo assorbimento in quella fallimentare la quale è ‘meno speciale' sia sul piano oggettivo sia sul piano soggettivo. Né può valere a superare tale conclusione la clausola di riserva salvo che il fatto costituisca più grave reato contenuta nella originaria disposizione incriminatrice fiscale giacché essa è proprio destinata ad operare solo se entrambe le fattispecie siano poste a tutela dello stesso bene giuridico (Cass. pen., Sez. II, 15 maggio 2015, n. 25363).

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