Possesso e lancio "particolarmente tenui" di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive

20 Gennaio 2016

Il possesso e il lancio di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive possono essere (e a quali condizioni) dichiarati non punibili per la particolare tenuità del fatto?
Massima

Non è punibile ex art. 131-bis c.p. colui che accende una torcia durante una partita di calcio e la getta immediatamente a terra, data la modalità non allarmante e particolarmente tenute della condotta e l'esiguità del pericolo discendente da tale gesto.

Il caso

Tizio è stato tratto dinanzi al tribunale di Milano per rispondere dei reati di cui agli artt. 6-bis e 6-ter della l. 13 dicembre 1989, n. 401, in quanto, durante l'incontro di calcio tra F.C. Internazionale e F.C. Rubin Kazan, svoltosi presso lo Stadio Meazza di Milano il 20 settembre 2012, in occasione del primo goal della squadra, si spostava dalla sua postazione, salendo la scalinata degli spalti, ove accendeva una torcia illuminante, con emissione di fumo e gas visibile all'interno dell'impianto sportivo, che successivamente gettava a terra e poi spostava verso la sua sinistra.

La questione

La questione in esame è la seguente: il possesso e il lancio di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive possono essere (e a quali condizioni) dichiarati non punibili per la particolare tenuità del fatto?

Le soluzioni giuridiche

Il tribunale di Milano ritiene che anche l'autore dei reati previsti dagli artt. 6-bis e 6-ter l. 401/1989 possa andare esente da pena ai sensi dell'art. 131-bis c.p. quando il fatto presenta connotati di speciale tenuità.

Nel caso di specie i requisiti della causa di non punibilità sono stati individuati, in primo luogo, nelle modalità non allarmanti e particolarmente tenui della condotta, in quanto la torcia è stata gettata a terra immediatamente dopo l'accensione.

Inoltre, il giudice meneghino ha valorizzato anche il pericolo assai modesto che è derivato dalla condotta dell'imputato.

Ha infine giocato un ruolo decisivo nell'applicazione della causa di non punibilità il carattere isolato del fatto, commesso da un soggetto incensurato, elementi che hanno indotto il giudicante ad escludere l'abitualità del comportamento.

Deve rilevarsi che non constano precedenti editi sul tema e che la pronuncia in esame suscita alcune riflessione di più ampio raggio.

Osservazioni

L'istituto della particolare tenuità del fatto è lo strumento con il quale il legislatore ha inteso realizzare una depenalizzazione in concreto. A differenza di quella in astratto, che implica la riqualificazione di un fatto da illecito penale a illecito punitivo (civile o amministrativo), nella depenalizzazione in concreto il legislatore mantiene ferma la qualificazione del fatto come reato, attribuendo tuttavia al giudice il potere discrezionale, da esercitare secondo prestabiliti parametri normativi, di valutare il fatto concreto come particolarmente tenue, con la conseguenza di non applicare la pena prevista.

L'art. 131-bis c.p., introdotto con il d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, stabilisce, al primo comma, che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, c.p., l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

I presupposti per applicare la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto sono quindi tre: 1) un reato punito in astratto con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni; 2) un'offesa particolarmente tenue; 3) un comportamento non abituale.

Il secondo presupposto risulta a sua volta ancorato a due requisiti: a) le modalità della condotta; b) l'esiguità del danno o del pericolo.

Entrambi gli elementi devono essere accertati e valutati tenendo conto dei parametri che l'art. 133, comma 1, c.p. fissa per il giudizio sulla gravità del reato.

È evidente che il legislatore ha voluto ancorare il giudizio di particolare tenuità alla dimensione oggettiva dell'illecito, tralasciando ogni considerazione sulla personalità del reo. Tuttavia, il riferimento ai criteri dettati dal comma 1 dell'art. 133 c.p. consente di considerare l'intensità del dolo e il grado della colpa nella valutazione delle modalità della condotta. Infatti, come si legge nella relazione di accompagnamento del d.lgs. 28/2015, appare ovvio che l'indice-criterio delle “modalità della condotta” si presta a permettere una valutazione sia del grado della colpa, sul presupposto che la valutazione delle regole cautelari concorre ad integrare il modo di manifestarsi della tipicità della condotta; sia l'intensità del dolo, sul presupposto che spesso quest'ultima si traduce nell'adozione da parte dell'autore di determinate modalità esecutive della condotta.

L'istituto della particolare tenuità del fatto va poi tenuto nettamente distinto anche dal reato impossibile, sebbene le due norme, da un punto di vista linguistico, si esprimano con la medesima formulazione (la punibilità è esclusa …). Infatti, nell'art. 49, comma 2, c.p. la punibilità è esclusa per assenza di lesione o messa in pericolo del bene giuridico, dovuta all'inidoneità della condotta o all'inesistenza dell'oggetto della stessa, mentre nell'art. 131-bis c.p. l'esenzione da pena deriva dalla lievità della lesione o della messa in pericolo del bene protetto.

Nella gerarchia delle formule di proscioglimento, quindi, quella fondata sull'art. 49, comma 2, c.p., in quanto derivante dall'apprezzamento della mancanza o assoluta marginalità dell'offesa al bene tutelato, dovrebbe essere considerata prioritaria e prevalente rispetto a quella incentrata sul 131-bis c.p. che, invece, presuppone un fatto tipico, antigiuridico e colpevole ma ne esclude la punibilità per ragioni di opportunità

L'istituto in esame si colloca pertanto in una zona di confine fra il fatto inoffensivo (e quindi lecito perché atipico) e il fatto nella sua dimensione ordinaria (in quanto caratterizzato da una offesa non tenue). Nulla esclude, tuttavia, che per i fatti che esulano dalla sfera di applicazione dell'art. 131-bis c.p. (perché, ad esempio, integranti reati puniti con pene superiori ai limiti edittali fissati dal legislatore) l'esito assolutorio possa comunque essere conseguito se, nonostante la conformità al tipo, venga a mancare un'offesa non trascurabile al bene giuridico protetto, secondo gli insegnamenti della Corte costituzionale (si pensi, ad esempio, ad un furto aggravato o ad un peculato di un bene del valore di pochi centesimi di euro).

L'art. 6-bis, l. 401/1989, al primo comma, punisce chiunque lanci corpi contundenti o altri oggetti, compresi gli artifizi pirotecnici, in modo da creare un pericolo per le persone, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.

Si tratta di un delitto commissivo, a carattere istantaneo e di pericolo concreto per cui l'elemento costitutivo del reato potrà ritenersi verificato soltanto nel caso in cui le complessive modalità della condotta dimostrino che il lancio abbia creato una situazione di pericolo effettivo per le persone; d'altra parte, il requisito dell'effettiva pericolosità della situazione (la condotta deve avvenire in modo da creare un pericolo) fa sì che la relativa valutazione prescinda dall'intrinseca idoneità ad offendere dei singoli oggetti lanciati e dunque anche il lancio di cose innocue nella loro ordinaria funzionalità (ad es.: biglie, monete, ecc.) potrebbe integrare la fattispecie.

L'art. 6-ter l. 401/1989 punisce invece chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, venga trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali e petardi ovvero di altri strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile.

Si tratta di un reato di pericolo indiretto che anticipa la soglia di tutela rispetto al reato di lancio di materiale pericoloso previsto dall'art. 6-bis della medesima legge. L'ulteriore anticipazione di tutela è però temperata da una maggiore limitazione spaziale: infatti, mentre il reato di lancio pericoloso può essere commesso anche nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, il possesso di artifici pirotecnici è limitato ai soli luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive.

La causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. opera anche per i reati di pericolo (astratto o presunto e concreto), sia perché l'esiguità del pericolo è espressamente contemplata dall'art. 131-bis c.p., sia perché il concetto di pericolo non preclude una concreta valutazione del fatto storico nel suo complesso, che ben può condurre a ritenere l'offesa al bene giuridico sì presente, ma non meritevole di una sanzione. D'altro canto, come sottolineato da una parte della dottrina, l'offesa non va necessariamente interpretata come lesione o messa in peri-colo del bene giuridico ma come disvalore complessivo della fattispecie, che si apprezza in relazione allo scopo perseguito dalle norme. La stessa relazione al d.lgs. 274/2000, il cui art. 34 prevede un istituto affine a quello che si sta esaminando, afferma che l'improcedibilità per particolare tenuità del fatto può riguardare anche il disvalore della condotta nei reati sprovvisti di evento naturalistico o comunque caratterizzati dalla rilevanza delle modalità di lesione. Tali considerazioni presuppongono, però, la considerazione del fatto in senso globale, e non, semplicemente, del danno o del pericolo provocati.

Accertata l'operatività dell'art. 131-bis c.p. anche per i reati in commento, si tratta adesso di enucleare degli indici sintomatici dell'esiguità del fatto che possono essere valorizzati dall'interprete per mandare assolto l'autore del fatto.

Ciò che rileva principalmente è l'intensità del pericolo cerato con la condotta incriminata. Occorre infatti accertare che dalla condotta del reo sia derivato un danno o un pericolo per l'interesse protetto dalla norma (perché in caso contrario saremo di fronte ad un fatto atipico per difetto di offensività ai sensi dell'art. 49 c.p.) e che questo sia esiguo, ossia talmente modesto che, pur essendo penalmente rilevante, non merita neppure la risposta sanzionatoria più lieve prevista dall'ordinamento per quel fatto.

L'intensità del pericolo dipende in primo luogo dalla tipologia di strumento posseduto o lanciato, posto che un ordigno, in ragione delle dimensioni e delle modalità di funzionamento, può esprimere una potenzialità lesiva assai variegata (si pensi, ad esempio, ad una piccola torcia capace unicamente di emettere un modesta quantità di fumo, senza propulsioni, esplosioni, fiamme, ecc. capaci di proiettare schegge o parti dell'oggetto).

In secondo luogo, rileva la condotta tenuta dal possessore dell'ordigno, essendo evidentemente assai meno pericoloso lasciare cadere il dispositivo nel fossato che separa la curva della tifoseria dal terreno di gioco, rispetto a gettarlo in mezzo al campo.

Infine, può essere valorizzato l'atteggiamento tenuto nella contestualità dei fatti dall'imputato, il quale, ad esempio, si sia attivato per avvisare ed allontanare gli altri tifosi prima del lancio, in modo da “schermare” il pericolo creato.

Guida all'approfondimento

A. Trinci, La particolare tenuità del fatto, Giuffrè, 2016, in corso di pubblicazione.

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