La cooperazione investigativa transazionale: le squadre investigative comuni

20 Aprile 2016

Il recente d.lgs. 34/2016 disciplina le squadre investigative comuni (c.d. Sic). Il provvedimento si colloca all'interno di una più vasta, recente, produzione normativa da parte del legislatore che, sulla base della c.d. legge di delegazione europea 2014, ha recepito una serie di decisioni-quadro.
Abstract

Il recente d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34, pubblicato in Gazzetta ufficiale (Serie generale n. 58), disciplina le squadre investigative comuni (c.d. Sic).

Il ricorso a tale innovativo strumento di cooperazione investigativa, già contemplato in diversi testi di diritto internazionale, dà attuazione alla decisione quadro 2002/465/Gai del Consiglio del 13 giugno 2002.

Il provvedimento si colloca all'interno di una più vasta, recente, produzione normativa da parte del legislatore che, sulla base della c.d. legge di delegazione europea 2014 (l. 114/2015), recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea, ha recepito una serie di decisioni-quadro.

Verosimilmente, essendo già scaduto il termine ultimo (1° gennaio 2003) per il recepimento di alcune decisioni quadro, l'Italia rischia di subire una procedura di infrazione, posto che da tempo (1° dicembre 2014) non è più in vigore il regime transitorio relativo ai meccanismi di tutela giurisdizionale con riferimento agli atti intergovernativi di ex terzo pilastro dell'Unione europea di cui all'art. 10 del protocollo n. 36 allegato al Tue e al T.F.Ue, per cui la Corte di giustizia può censurare gli Stati membri che non ottemperino agli obblighi di attuazione del diritto europeo anche con riferimento al settore della cooperazione giudiziaria in materia penale.

Il ricorso alle Sic nasce dalla consolidata consapevolezza che la moderna criminalità organizzata si muove ed agisce sulla scorta di sofisticate forme di cooperazione transnazionale e si rafforza ed è avvantaggiata dal tradizionale frazionamento delle attività e operazioni investigative svolte – ordinariamente – dall'autorità giudiziaria nell'ambito statuale di appartenenza. Per quanto, nel corso delle attività di indagine, si sviluppino forme del tutto informali di collaborazione, da tempo si è avvertita la necessità di contemplare, al di là dei dispendiosi (economicamente e temporalmente) meccanismi tradizionali, una diretta partecipazione degli organi titolari dell'azione penale all'azione investigativa da svolgere sul territorio dello Stato estero.

L'attuazione delle Sic si segnala, infatti, per il superamento dei tradizionali limiti della cooperazione investigativa e giudiziaria, tanto sul versante oggettivo quanto soggettivo, specialmente nell'ambito della lotta al terrorismo internazionale e alle altre forme gravi di criminalità. Il testo si caratterizza per il fatto di mediare diversi bisogni quali l'esigenza di facilitare la costituzione del gruppo; attuare il coordinamento investigativo interno in vista della cooperazione sovranazionale e tutelare, anche, la sovranità territoriale.

Le squadre investigative comuni

La costituzione ed il funzionamento delle Sic si caratterizza, in primo luogo, sul piano soggettivo per il fatto che esse si fondano sull'iniziativa degli organi inquirenti italiani ovvero dell' autorità di altro Stato membro cui l'Italia sia invitata a partecipare. Le indagini, peraltro, si sviluppano su uno specifico ambito di azione comune che consenta di operare fra i diversi Stati direttamente e in tempi reali, senza – come si vedrà – ostacoli di carattere formale.

Come premesso, il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34 inaugura, quindi, una nuova figura di cooperazione investigativa e di polizia non più rogatoriale o intergovernativa ma capace di consentire direttamente la formazione di un gruppo investigativo internazionale che agisce nell'ambito di un obiettivo comune, operando simultaneamente nei vari Stati membri interessati dalle indagini. Tale modalità operativa dovrebbe realizzare una maggiore efficacia repressiva nei confronti di quei crimini (in particolare, traffico di droga, terrorismo, tratta di esseri umani, pedopornografia, criminalità informatica) che agiscono sempre più su scala internazionale, con conseguente frazionamento della fattispecie criminosa tra i vari Stati membri che, caratterizzandosi per normative penali talora assai difformi, determinano seri ostacoli alle attività investigative e repressive.

Il testo normativo italiano si divide in due parti: una prima parte riguarda la procedura di costituzione di una Sic su iniziativa dell'autorità requirente italiana, la seconda regola l'ipotesi in cui sia l'autorità di altro Stato membro ad invitare il suo corrispondente italiano a formare una Sic, per indagare su una determinata fattispecie criminosa di interesse comune.

L'istituzione delle squadre investigative comuni su iniziativa dell'autorità italiana

Quanto alla costituzione di una Sic da parte dell'autorità italiana, una volta assegnata la titolarità al procuratore della Repubblica, si prevede che una o più Sic comuni possono essere costituite quando si procede alle indagini relative ai delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o a delitti per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni: in tal caso, le condotte criminose gravi vengono individuate in astratto in ragione dei limiti edittali normativamente previsti. La natura e qualità dei reati viene ritenuta, di per sè, circostanza sufficiente a giustificare il ricorso alla costituzione di una Sic.

Una seconda fattispecie "aperta" ammette, invece, l'istituzione di una Sic, anche in assenza delle condizioni menzionate, quando il procuratore della Repubblica ritenga, sulla scorta di specifiche valutazioni di efficienza, che ricorra l'esigenza di compiere indagini particolarmente complesse sul territorio di più Stati membri o di assicurarne il coordinamento. In conformità con quanto previsto dalla decisione quadro 2002/465/GAI – che non contempla alcuna limitazione quanto alla tipologia dei reati perseguibili – il legislatore allarga, dunque, il novero delle ipotesi per le quali è ammessa l'istituzione delle Sic. Il dato per quanto condivisibile sul versante formale desta, tuttavia, qualche perplessità considerato il vasto e incontrollato (e incontrollabile) raggio d'azione dell'attività dei procuratori della Repubblica anche in ambito sovranazionale.

Si prevede, inoltre, che quando diversi uffici del P.M. procedono a indagini collegate, la richiesta è formulata d'intesa far loro. In questo caso si prevede che il P.M. sotto la cui direzione opera la squadra investigativa venga indicato nell'atto costitutivo.

Considerata la natura dell'attività, la richiesta di istituzione della Sic è trasmessa alla autorità competente dello Stato membro o degli Stati membri con cui si intende istituire una Sic. Inoltre il coordinamento tra i vari uffici della procura della Repubblica, è assicurato stabilendo a carico del pubblico ministero che istituisce la Sic comune, l'onere di darne informazione al procuratore generale presso la Corte d'appello ovvero se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

La partecipazione dell'Italia a squadre investigative comuni su iniziativa di altro Stato membro

Può accadere, al contrario, che la formazione della Sic comune deriva da una richiesta trasmessa direttamente all'autorità competente di altro Stato membro (o Stati membri) al procuratore della Repubblica legittimato alle indagini che esigono un'azione coordinata e concertata con quelle condotte all'esterno o al procuratore della Repubblica del luogo in cui gli atti di indagine della Sic devono essere compiuti.

Il procuratore della Repubblica che riceve la richiesta, se ritiene che essa interessi altro ufficio del pubblico ministero, la trasmette immediatamente a quest'ultimo – affinché la richiesta giunga all'ufficio del pubblico ministero titolare delle indagini che richiedono un'azione concertata con lo Stato estero richiedente, senza subire eccessivi ritardi – dandone avviso all'autorità straniera richiedente. Anche in questo caso al fine d'assicurare il coordinamento investigativo si prevede che il procuratore della Repubblica informa della richiesta proveniente dall'autorità competente di altro Stato membro il procuratore generale presso la Corte d'appello o se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e comma 3-quater c.p.p., al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

In tal caso, tuttavia, se la richiesta di costituzione della Sic comune prevede il compimento di atti espressamente vietati dalla legge o contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, il procuratore della Repubblica dopo aver sentito il procuratore generale presso la Corte d'appello o se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e comma 3-quater c.p.p., il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, non dà corso alla richiesta, dandone tempestiva comunicazione all'autorità richiedente e al Ministro della Giustizia: come si comprende, il coinvolgimento del massimo organo di giustizia si giustifica in quanto il rifiuto si sostanzia in un atto che potrebbe compromettere la collaborazione e i rapporti sul piano transnazionale.

L'accordo per composizione della squadra.

Uno degli aspetti certamente più delicati e complessi della disciplina delle Sic concerne la redazione dell'accordo costitutivo (art. 4) da parte dei rappresentanti degli Stati partecipanti. Mediante tale accordo, infatti, vengono disciplinati alcuni aspetti essenziali riguardanti la composizione e il funzionamento della Sic.

L'istituzione della Sic comune avviene, infatti, con la sottoscrizione di un atto costitutivo ad opera del procuratore della Repubblica e dell'autorità competente dello Stato membro o degli Stati membri coinvolti.

L'art. 4, comma 2, lett. a) del d.lgs. 34/2016 prevede che l'atto costitutivo debba indicare i componenti della Sic, distinguibili in membri nazionali (agenti e ufficiali di polizia giudiziaria dello Stato membro di intervento, nonché uno o più magistrati dell'ufficio del pubblico ministero che ha sottoscritto l'atto costitutivo) e membri distaccati (i «componenti della squadra appartenenti ad altri Stati membri» designati in base alla normativa nazionale).

L'accordo istitutivo della Sic comune dovrà indicare il soggetto preposto a dirigerla: sotto tale aspetto va evidenziato che se la decisione quadro 2002/465/Gai si mostra coerente al principio della lex loci (secondo cui – come noto – la Sic opera conformemente al diritto nazionale dello Stato membro in cui interviene), stabilendo che la direzione della squadra debba spettare al rappresentante dello Stato membro nel quale di volta in volta essa interviene, il testo italiano stabilisce che esso venga individuato fra i suoi componenti. Verosimilmente comprese le criticità che discendono dalla circostanza che il capo della squadra debba mutare ogni volta in cui l'indagine si sposti da uno Stato membro ad un altro, con possibili ricadute negative sull'efficienza organizzativa della squadra, si prevede che la designazione del direttore della squadra avvenga in via convenzionale in sede di redazione dell'atto costitutivo. Peraltro, se fra questi vi sono dei magistrati del pubblico ministero, la direzione spetta a quest'ultimi. Ancora, quando la Sic opera sul territorio italiano, in conformità all'art. 327 c.p.p. la direzione sembrerebbe spettare al pubblico ministero italiano. Parrebbe, dunque, che qualora il direttore della squadra, nominato nell'accordo costitutivo, non appartenga all'autorità giudiziaria italiana e le indagini si spostino nel nostro Paese – la guida della squadra debba necessariamente mutare in favore del membro italiano. È

chiaro che si dovranno attendere le prime esperienze concrete per verificare la validità di siffatta soluzione, evidentemente tesa a valorizzare il dogma della sovranità nazionale.

L'accordo costitutivo: oggetto, finalità e durata delle indagini

L'atto costitutivo della Sic comune deve contenere l'indicazione dell'oggetto, della finalità delle indagini e la loro durata: trattasi di dati suscettibili di modifica nel corso delle svolgimento dell'indagine, coerentemente con il sopravvenire di nuove e diverse esigenze investigative ed organizzative. Le modifiche pretendono, a loro volta, un atto sottoscritto, da parte delle autorità che hanno costituito la Sic. Si prevede, infatti, che i membri della Sic – in sede di redazione dell'accordo costitutivo – stabiliscano in via convenzionale un termine entro cui ragionevolmente le attività investigative dovrebbero concludersi, salva la possibilità di proroga ai sensi dell'art. 4, comma 4, che – si badi – non necessita di autorizzazione da parte di un'autorità giudiziaria. Mentre, nel caso di sopravvenute esigenze, anche investigative – come premesso – la composizione della Sic comune può essere modificata con l'aggiunta o la sostituzione dei membri sia nazionali che distaccati.

All'accordo è allegato il piano operativo contenente le misure organizzative e l'indicazione delle modalità di conduzione delle attività investigative.

L'utilizzabilità delle informazioni e degli atti di indagine

È pacifico che la concreta efficacia dell'istituto delle Sic e l'idoneità a porsi come valida alternativa agli strumenti rogatoriali dipende strettamente dalle regole in materia di circolazione ed utilizzazione delle informazioni, raccolte dai membri della squadra.

Premesso che agli atti di indagini compiuti dalla Sic non sembrano potersi applicare le norme ed i principi giurisprudenziali elaborati in tema di rogatoria, stante la grande diversità dei due istituti, sotto tale aspetto il d.lgs. 34/2016 stabilisce, innanzitutto, il principio della lex loci (art. 1, comma 3, della decisione quadro 2002/465/Gai) o della c.d. equipollenza, per cui quando la Sic comune opera sul territorio nazionale l'attività va espletata in conformità alla legge italiana.

Si prevede, poi, che gli atti compiuti all'estero dalla Sic hanno la stessa efficacia degli atti corrispondenti compiuti secondo le disposizioni del codice di rito e sono utilizzabili secondo la legge italiana e che i verbali degli atti non ripetibili posti in essere dalla Sic comune vanno inseriti nel fascicolo del dibattimento ex art. 413 c.p.p.

Quanto alle informazioni legittimamente ottenute dai componenti della Sic comune e non altrimenti ripetibili per le autorità dello Stato membro interessate, ergo, per le autorità italiane si dispone che esse possono essere utilizzate per una serie di finalità prestabilite tra cui:

a) quelle pattuite in sede di redazione dell'accordo costitutivo;

b) quella di individuare, indagare e perseguire altri reati, in tal caso, previo consenso dello Stato membro nel quale sono state assunte il quale può rifiutarne l'impiego solo nel caso in cui ciò possa pregiudicare gravemente le indagini da esso stesso condotte o quando questo possa rifiutare l'assistenza giudiziaria ai fini di tale uso;

c) per scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica, fermo restando quanto previsto dalla lett. b), in caso di successivo avvio di un'indagine penale;

d) per altri scopi concordemente stabiliti dagli Stati costituenti la Sic. È evidente come tale ultima disposizione che funge da clausola di chiusura, consentendo – di fatto – ampia libertà agli Stati partecipanti alla Sic suscita non poche perplessità circa la conformità dell'impiego di tali informazioni rispetto alla legge. L'art. 6, comma 5, autorizza, poi, il procuratore della Repubblica che ha sottoscritto l'accordo costitutivo a chiedere all'autorità competente degli altri Stati membri coinvolti nella Sic comune di ritardare l'utilizzazione delle informazioni ottenute dalla squadra, per un periodo massimo di sei mesi, al fine di non pregiudicare indagini in corso in Italia, l'utilizzazione delle informazioni ottenute dai componenti della squadra e non altrimenti disponibili.

È palese che le disposizioni appena citate adoperano un concetto assai vago di utilizzabilità e trascurano l'aspetto centrale della questione, afferente all'utilizzabilità processuale, nel nostro ordinamento, degli atti di indagine compiuti all'estero dai membri della Sic comune. Pur nella consapevolezza dell'assoluta necessità di favorire la libera circolazione della prova penale nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, non si può prescindere dal rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento nonché dall'osservanza di alcune regole cardine in materia di raccolta e formazione della prova, con particolare riferimento a quelle volte a tutelare i diritti fondamentali dei soggetti coinvolti nel procedimento penale.

Qualifica, responsabilità civile e penale dei membri che operano nella Sic comune

Quanto alla responsabilità civile dei membri della Sic comune, la legge prevede, in generale, l'obbligo di risarcire i danni causati a terzi nel corso delle attività investigative, conformemente al diritto dello Stato membro di intervento. In linea con le indicazioni fornite dalla decisione quadro, il nostro legislatore ammette che sia l'Italia a risarcire il danno verificatosi nel proprio territorio, quand'anche provocato da un membro distaccato, salvo il diritto di rivalsa sullo Stato di provenienza dello stesso. Tale regola vale, mutatis mutandis, quando a causare danni all'estero sia il componente italiano della squadra.

Sul piano della responsabilità penale il d.lgs. 34 del 2016, prevede, invece, che i membri distaccati della Sic assumano lo status di pubblico ufficiale, con contestuale attribuzione delle funzioni di polizia giudiziaria, quando svolgono attività di indagine nel nostro Paese. Il pubblico ministero può escludere i membri distaccati dal compimento di singoli atti investigativi nel territorio italiano. Tale possibilità è contemplata anche dall'art. 1, comma 5, della decisione quadro, benché strettamente limitata a ragioni particolari. Il legislatore italiano ha rinunciato a predisporre un elenco, anche solo esemplificativo, di tali ragioni, preferendo lasciare ampia discrezionalità in capo all'organo requirente, con il solo limite di motivare la sua decisione. È certo che si auspica un uso il più ristretto possibile di questa facoltà, a fronte della finalità dell'istituto in esame, volto alla massima collaborazione e alla piena circolazione di informazioni e competenze all'interno della squadra.

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