Le operazioni di intercettazione. Caratteristiche degli impianti e utilizzabilità degli elementi acquisiti

20 Novembre 2015

Oggetto di acceso dibattito è stata l'esegesi dell'art. 268, comma 3, c.p.p. nella parte in cui stabilisce che le operazioni di intercettazione possono essere compiute esclusivamente attraverso gli impianti installati presso la procura della Repubblica, a pena di inutilizzabilità degli elementi acquisiti ai sensi dell'art. 271, comma 1, c.p.p.
Abstract

Oggetto di acceso dibattito è stata l'esegesi dell'art. 268, comma 3, c.p.p. nella parte in cui stabilisce che le operazioni di intercettazione possono essere compiute esclusivamente attraverso gli impianti installati presso la procura della Repubblica, a pena di inutilizzabilità degli elementi acquisiti ai sensi dell'art. 271, comma 1, c.p.p.

Connessa a tale problematica è poi quella relativa ai presupposti in presenza dei quali deve, per l'insufficienza ed inidoneità degli impianti sopra indicati e in presenza di eccezionali ragioni di urgenza, farsi ricorso ad impianti esterni e la portata dell'onere motivazionale del pubblico ministero in questi casi.

I suddetti temi sono stati oggetto di numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità che hanno spesso reso necessari interventi della stessa suprema Corte di cassazione a Sezioni unite.

Le diverse pronunce possono inscriversi essenzialmente in due orientamenti, l'uno caratterizzato da una rigorosa applicazione della sanzione delle inutilizzabilità e l'altro teso a salvaguardare l'efficacia del mezzo di ricerca della prova in argomento.

Il momento caratterizzante l'intercettazione

Al fine di delineare la portata applicativa dell'obbligo sancito dal primo periodo della previsione dell'art. 268, comma 3, c.p.p. occorre richiamare l'interpretazione delle norme codicistiche in materia di captazione delle conversazioni, resa dalla giurisprudenza di legittimità.

Secondo il supremo Collegio – che, nel dare l'esegesi della disciplina attualmente vigente in materia di intercettazioni, ha tenuto in debito conto le modalità tecniche mediante le quali oggi l'attività di intercettazione si svolge – il momento decisivo, al fine della ritualità delle captazioni, è quello della registrazione, ed è a tale segmento – della più complessa attività di intercettazione – che il legislatore ha inteso riferirsi laddove ha stabilito che le operazioni possono compiersi esclusivamente «per mezzo» degli impianti installati nella procura della Repubblica” (Cass.pen., Sez. un., 26 giugno 2008, n. 36359).

Ed invero sarà presso le compagnie telefoniche che avverrà la captazione delle conversazioni, mentre in procura – a cui fa riferimento la normativa – si effettuerà la registrazione.

Ciò in quanto l'evoluzione tecnologica consente oggi la scissione delle fase di registrazione e di ascolto, permettendo che l'ascolto sia deviato presso altre sedi, tra le quali gli uffici della polizia giudiziaria.

Nei suddetti luoghi sarà poi possibile effettuare un'ulteriore registrazione e la memorizzazione dei dati su supporti informatici.

Giova puntualizzare che questi supporti costituiranno una mera copia dell'originale registrazione contenuta nella memoria degli impianti presenti in Procura.

L'art. 268 c.p.p., infatti, sostanzialmente oper[a] una segmentazione dell'attività di intercettazione in frammenti che assumono anche autonoma e diversa rilevanza sul piano giuridico: captazione, registrazione, ascolto, verbalizzazione (ivi); ed è soltanto all'attività di registrazione che deve riferirsi il disposto del comma terzo della norma testé citata allorché specifica le modalità cui le operazioni devono uniformarsi e gli impianti che all'uopo devono esser impiegati. Sono, cioè, le operazioni di «registrazione» che, in forza dell'art. 268 c.p.p., comma 3, parte prima, debbono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica; ed esse oggi consistono nella immissione dei dati (captati presso la centrale dell'operatore telefonico e trasmessi agli impianti in procura) nella memoria informatica centralizzata (c.d. server) che si trova nei locali della procura della Repubblica a ciò destinati. I menzionati apparati permettono [a loro volta] di «remotizzare» agevolmente (attraverso il sistema c.d. client-server) l'ascolto – nonché, volendo, anche una registrazione (ovviamente derivata da quella effettuata in procura, e da non potersi a questa sostituire) deviando il flusso in entrata anche verso molteplici punti di ricezione, collocabili in qualsiasi luogo (e dunque anche all'esterno degli uffici di procura) e collegati con il sistema centrale verso cui l'operatore telefonico ha trasmesso il flusso di dati captati […] Per qualsiasi altra operazione, in quanto estranea alla nozione di registrazione così definita, non assume alcun rilievo, ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni, il luogo dove la stessa è avvenuta (ivi).

Nonostante la ricostruzione sopra esposta, in alcuni casi si è persino richiesto, al fine di scongiurare l'inutilizzabilità dei risultati della captazione, che anche le operazioni di registrazione dei dati all'interno di un supporto magnetico (diverse ed ulteriori rispetto a quelle di immissione dei medesimi dati nella memoria informatica centralizzata dei server delle procure) dovessero avvenire presso i locali di queste ultime (Cass. pen., Sez. VI, 6, 16 gennaio 2008 n. 20058).

La dotazione degli impianti

È ormai principio consolidato che, in tema di intercettazioni, l'osservanza della regola ordinaria di esecuzione, per la quale le operazioni devono essere compiute per mezzo degli impianti installati nella Procura della Repubblica, è assicurata ogni qual volta dette operazioni si svolgano […] nell'ufficio giudiziario, a nulla rilevando l'eventualità che le apparecchiature utilizzate siano acquisite per l'occasione, anche mediante noleggio presso imprese private (Cass.pen, Sez. IV, 15 giugno 2010, n. 33645, che richiama Id., Cass. pen., Sez. VI, 1 dicembre 2003, n. 2845).

Regole analoghe valgono altresì nel caso in cui, in applicazione della deroga concessa dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 268 c.p.p., le operazioni di intercettazione avvengano per il tramite di impianti in dotazione alla polizia giudiziaria.

Ed invero, anche in questo caso, non rileva il titolo in base al quale la polizia giudiziaria abbia in uso il materiale tecnico, essendo sufficiente una disponibilità precaria conseguente ad un noleggio o ad altro contratto stipulato con privati (Cass. pen., Sez. un.,29 novembre 2005,n. 2737).

La mera acquisizione in uso di apparecchi privati da parte del pubblico ministero e della polizia giudiziaria non integra l'ipotesi di operazioni effettuate mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria di cui all'art. 268, comma 3, ultima parte, del codice di rito, con la conseguenza che, in tal caso, il pubblico ministero non ha l'obbligo di attestare con proprio provvedimento motivato né la ricorrenza di eccezionali ragioni di urgenza né l'insufficienza o l'inidoneità degli impianti preesistenti.

La deroga a favore di impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria

Secondo la dizione dell'art. 268, comma 3, c.p.p. quando gli impianti esistenti presso la procura della Repubblica siano insufficienti (ad es. perché tutte le attrezzature sono occupate per lo svolgimento di altre operazioni) o inidonei (perché guasti, o anche non corrispondenti per caratteristiche tecniche alle peculiarità del caso concreto) e sussistano eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può autorizzare l'uso di impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.

Oggetto di dibattito è ancora oggi la portata della motivazione del decreto del pubblico ministero che autorizza l'uso di impianti diversi da quelli installati nei locali delle procure e, conseguentemente, in quali casi operi la sanzione dell'inutilizzabilità.

Negli ultimi anni si è registrata la tendenza da parte della giurisprudenza di legittimità verso un'interpretazione sempre più rigorosa del regime delle inutilizzabilità in materia di intercettazioni.

In questo senso si richiede che il provvedimento adottato dal pubblico ministero ex art. 268, comma 3, c.p.p. rechi una adeguata motivazione, la quale non può limitarsi alla indicazione generica dei presupposti indicati nella norma ma deve contenere l'indicazione della situazione oggettiva ricorrente nel caso concreto e delle ragioni che hanno giustificato il provvedimento (Cass. pen., Sez. un., 12 luglio 2007 n. 30347).

Sul versante opposto si collocano invece quelle pronunce che, in taluni casi, hanno ritenuto non esigibile da parte dell'autorità inquirente la specifica motivazione delle cause della carenza e della inidoneità delle attrezzature (Cass. pen., Sez. II, 5 maggio 2000, n. 2539; conf. Cass. pen., Sez. IV, 25 marzo 2003 n. 25414), potendo al fine bastare la menzione dell'insufficienza o dell'inidoneità degli impianti contenuta nel decreto reso ai sensi dell'art. 268, comma terzo, c.p.p. (Cass. pen., Sez. II, 13 febbraio 2013, n. 21644) o, altre volte, hanno affermato che si tratta di requisiti la cui effettiva ricorrenza alla data del provvedimento può essere vagliata dal giudice, indipendentemente dal contenuto della motivazione del decreto del pubblico ministero (Cass. pen., Sez. V, 12 aprile 2006, n. 16956).

Un maggiore apertura si registra, invece, circa l'onere di motivazione relativo alle eccezionali ragioni di urgenza richiamate dalla norma di legge in esame.

Si ritiene infatti che tale requisito possa costituire oggetto di motivazioni implicite desumibili dagli atti (in quanto, ad esempio, manifestato dal complesso della motivazione del provvedimento autorizzativo e dalle ravvicinate e concitate cadenze procedimentali: cfr. Cass.pen., Sez. II, 6 novembre 2002 n. 42161), in considerazione della particolare natura dello strumento utilizzato e della stessa tipologia di reato per cui si procede.

Nel tentativo di mitigare le conseguenze dell'eventuale deficit di motivazione del decreto giustificativo della deroga e, pertanto, di circoscrivere l'operatività della sanzione della inutilizzabilità conseguente al difetto o all'insufficienza di essa, è stata ammessa la possibilità di correggere l'originario difetto di motivazione, sebbene entro un ristretto arco temporale.

Ed invero, come ritenuto dalla suprema Corte di cassazione, a Sezioni unite, la motivazione del provvedimento del pubblico ministero può essere integrata fino a quando non abbiano inizio le operazioni di captazione (Cass. pen., Sez. un, 29 novembre 2005, n. 2737), sebbene in pronunce coeve detto termine venisse spostato sino al momento di utilizzazione della prova (Cass. pen., Sez. VI, 9 febbraio 2005, n. 10104).

Infine, va evidenziato come l'art. 268, comma 3, c.p.p. riservi al pubblico ministero il potere di stabilire le modalità esecutive delle intercettazioni, sia che vengano disposte d'urgenza e poi convalidate, sia che vengano autorizzate dal giudice; ed i provvedimenti che quest'ultimo rende sono finalizzati solo a vagliare la sussistenza dei presupposti di legge perché si dia corso all'ascolto o esso prosegua (nel caso di convalida nonché nell'ipotesi in cui venga concessa una proroga ex art. 267, comma 3, c.p.p.), non anche a verificarne il modus, che l'organo inquirente può determinare senza che occorra sul punto qualsivoglia provvedimento giurisdizionale (si vedano, sul punto, Cass.pen., Sez. V, 6 ottobre 2003, n. 957, secondo cui in tema di intercettazioni ambientali regolarmente autorizzate dal giudice per le indagini preliminari, tutto ciò che attiene alle modalità esecutive dell'operazione di captazione è rimesso all'esclusivo controllo del pubblico ministero; e Cass. pen., Sez. II, 11 febbraio 2003, n. 20104, con la quale si è chiarito che il decreto con cui il pubblico ministero, a norma dell'art. 268, comma 3, c.p.p., dispone il compimento delle operazioni di intercettazione mediante impianti diversi da quelli esistenti presso gli uffici della procura della Repubblica non è soggetto alla convalida del giudice, in quanto non riguarda i presupposti e le forme del provvedimento, ma soltanto le modalità esecutive dell'operazione).

L'uso degli impianti siti nella procura della Repubblica per le operazioni di intercettazione ambientale

Molto dibattuto è stato poi il tema concernente l'estensibilità della disciplina di cui all'art. 268, comma 3, c.p.p. anche alle intercettazioni ambientali.

La principale obiezione all'applicazione in esame si fondava in passato sul fatto che tale tipologia di intercettazione, per le sue caratteristiche tecniche, richiedeva che la ricezione del segnale e la conseguente registrazione avvenissero in prossimità dei luoghi in cui era collocato lo strumento di captazione, sicché si riteneva che fosse addirittura inapplicabile il terzo comma del citato articolo alle intercettazioni ambientali.

Ne conseguiva la superfluità di un provvedimento motivato del pubblico ministero con il quale legittimare la captazione in sedi diversi dagli uffici della procura della Repubblica.

Con l'evoluzione tecnologica, che permette oggi di prescindere dalla vicinanza degli apparecchi di registrazione alla fonte sonora, si è in seguito ritenuta applicabile anche alle intercettazioni tra presenti la disciplina in discorso (Cass. pen., Sez. un., 31 ottobre 2001, n. 42792), sebbene non siano mancate opinioni di segno contrario per il caso di intercettazioni all'interno di un'autovettura (Cass. pen., Sez. VI, 25 giugno 2002, n. 1281).

È interessante al riguardo notare come l'applicazione della specifica previsione normativa del comma terzo dell'art. 268 del codice di rito alle intercettazioni ambientali e l'inutilizzabilità che determinerebbe la sua inosservanza siano state rimesse anche alla valutazione della Corte Costituzionale.

Tuttavia non si è giunti ad una pronuncia nel merito da parte del giudice delle leggi, data la declaratoria di manifesta inammissibilità con la quale è stata definita la questione di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 472 del 2002).

È esplicitamente prevista invece la possibilità di ricorrere ad impianti appartenenti a privati per le intercettazioni informatiche (art. 268, comma 3-bis, c.p.p.).

In conclusione

Volendo sintetizzare i princìpi che rilevano sui temi in oggetto, si può affermare:

  • qualora la registrazione delle conversazioni intercettate sia stata eseguita presso gli uffici della procura della Repubblica, non ha alcun rilievo, ai fini dell'utilizzabilità di quanto captato, l'eventuale contestuale ascolto o la registrazione in altra sede (e segnatamente presso luoghi nella disponibilità della polizia giudiziaria operante);
  • quando l'ascolto avvenga, in ossequio alla regola contemplata dall'art. 268, comma 3, c.p.p., negli uffici della procura, non ha alcuna rilevanza processuale la proprietà degli apparecchi impiegati ed il titolo in forza del quale sono stati utilizzati;
  • le modalità esecutive della captazioni sono determinate dal pubblico ministero e non rientrano nell'oggetto dei provvedimenti di autorizzazione, convalida, proroga resi dal giudice, il quale non deve essere investito neppure della modifica di dette modalità, ed i risultati della captazione sono utilizzabili se tali modalità sono state legittimamente determinate dal pubblico ministero;
  • in considerazione dello stato attuale dell'evoluzione tecnologica, non vi è ragione per applicare una disciplina differenziata alle intercettazioni ambientali per quanto attiene agli impianti con i quali eseguire le operazioni di intercettazione;
  • sono inutilizzabili le intercettazioni eseguite con impianti di pubblico servizio o in dotazione della polizia giudiziaria sui cui presupposti, anche di fatto, il pubblico ministero non abbia adeguatamente motivato.

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