Prescrizione e frodi Iva. Quando è il giudice a dover far rispettare il diritto dell'Unione

Redazione Scientifica
22 Gennaio 2016

La Corte di cassazione fa propri i principi espressi dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza Taricco e, pertanto, ritiene non doversi applicare quanto stabilito dall'ultima parte del comma 3 dell'art. 160 c.p. e dal comma 2 dell'art. 161 in tema di prescrizione.

La Corte di cassazione, con sentenza n. 2210 depositata il 20 gennaio 2016, fa propri i principi espressi dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza Taricco (vedi M. Gioia, Frodi Iva, se una prescrizione troppo breve pregiudica gli obblighi verso l'Ue. La sentenza Taricco) e, pertanto, ritiene non doversi applicare quanto stabilito dall'ultima parte del comma 3 dell'art. 160 c.p. e dal comma 2 dell'art. 161 in tema di prescrizione.

Dato il primato del diritto dell'Unione europea e considerato che l'attuale disciplina interna impedisce allo Stato italiano di adempiere agli obblighi di tutela effettiva degli interessi finanziari dell'Unione imposti dall'art. 325 T.F.Ue, secondo i Giudici di Piazza Cavour è dovere del Giudice di merito condannare l'imputato del reato di cui all'art. 2 d.lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti), senza tenere conto dell'eventuale decorso del termine prescrizionale calcolato sulla base dei citati artt. 160 e 161 c.p.

I Giudici della terza Sezione penale affermano che la disapplicazione di una norma del codice penale in materia di prescrizione contraria al diritto Ue e con effetti sfavorevoli all'imputato non integra alcuna violazione del principio di legalità in materia penale: non sussiste per l'individuo, così si legge nella infatti nella motivazione, un affidamento meritevole di tutela a che le norme sulla durata, il decorso e l'interruzione della prescrizione debbano necessariamente orientarsi sempre alle disposizioni di legge in vigore al momento della commissione del reato. La materia della prescrizione del reato, infatti, attiene alle condizioni di procedibilità del reato e, di conseguenza, non è coperta dalla garanzia del nullum crimen. Per tali motivi, si spiega nelle motivazioni, non vi è alcuna necessità di sollevare una questione di legittimità costituzionale, essendo pacifico per lo stesso giudice delle leggi che le disposizioni contenute negli articoli 160 e 161 c.p. non rientrano nella tutela costituzionale dell'art. 25 (v. Corte cost. 236/2011).

A seguito della pronuncia Taricco, precisa la Cassazione, non si richiede la disapplicazione tout court dell'art. 157 c.p. e nemmeno dell'art. 160 c.p. nella parte in cui disciplina in linea generale gli atti interruttivi e i loro effetti in quanto a violare gli obblighi Ue è solo la disposizione secondo cui in nessun caso i termini stabiliti nell'art. 157 possono essere prolungati oltre il termine di cui all'art. 161, comma 2, fatta eccezione per i reati di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.

In conclusione, per i reati non ancora estinti che hanno ad oggetto gravi frodi di Iva, può distinguersi: laddove la futura dichiarazione di prescrizione dipenda dall'art. 157 c.p., nulla quaestio al riguardo rimanendo tale norma al di fuori della pronuncia della C.G.Ue; diversamente, laddove la futura dichiarazione di estinzione dipenda dal combinato disposto degli artt. 160, comma 3, e 161 comma 2 c.p., quest'ultime norme dovranno disapplicarsi.

Su questa sentenza vedi anche G. Gambogi, Per le frodi fiscali in materia di Iva vi è una nuova prescrizione

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