La Cedu delinea le linee applicative del ne bis in idem per le violazioni di natura tributaria

Andrea Nocera
22 Novembre 2016

La Grande Camera della Corte Edu, con sentenza del 15 novembre 2016, nelle cause n. 24130/11 e 29758/2011, A. e B. contro Norvegia, ha fissato i limiti e le condizioni di legittimazione del regime del doppio binario sanzionatorio alla luce del divieto di ne bis in idem sancito dall'art. 4, Protocollo n. 7 della Convenzione EDU.

La Grande Camera della Corte Edu, con sentenza del 15 novembre 2016, nelle cause n. 24130/11 e 29758/2011, A. e B. contro Norvegia, ha fissato i limiti e le condizioni di legittimazione del regime del doppio binario sanzionatorio alla luce del divieto di ne bis in idem sancito dall'art. 4, Protocollo n. 7 della Convenzione Edu.

La decisione interviene nelle more della soluzione della questione rimessa in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza Sez. trib., n. 20675 del 20 settembre 2016, con cui è stata sollecitata una interpretazione armonica dell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali della Ue con l'art. 4, Paragrafo n. 7 della Convenzione Edu, nel contrasto tra le regole interne e la normativa unionale in tema di divieto di secondo giudizio, ostativo alla celebrazione di un procedimento amministrativo per un fatto per il quale il medesimo soggetto abbia già riportato condanna penale irrevocabile.

Il caso posto all'attenzione della Corte di Strasburgo riguarda il ricorso proposto da due cittadini norvegesi, titolari di una società di diritto lussemburghese, registrata a Samoa, condannati entrambi, in procedimenti separati, a pene detentive per il reato di frode fiscale aggravata, consistita nell'acquisto di azioni di un'altra società e nella successiva rivendita delle stesse a breve termine ad un prezzo notevolmente più alto, il cui ricavato veniva trasferito ad una società registrata a Gibilterra, di cui era unico azionista. Per effetto di tale condotte veniva contestato agli imputati il reato fiscale di omessa dichiarazione delle entrate derivanti da operazioni di cessione societaria, con conseguente evasione di imposta per un totale di circa 32,5 milioni di corone norvegesi (circa 3,6 milioni di euro). Nei confronti degli stessi soggetti l'autorità fiscale norvegese notificava un avviso di accertamento per violazione del Tax Assessment Act del 1980, intimando il pagamento della imposta straordinaria e della sanzione tributaria del 30% della tassa dovuta in relazione all'ammontare non dichiarato. Nella sentenza di condanna il Tribunale distrettuale, nel quantificare la pena irrogata, teneva in esplicito conto il fatto che agli imputati era già stata irrogata una sanzione di rilevante importo sotto forma di sanzione tributaria amministrativa.

Nel respingere il ricorso per la violazione dell'articolo 4 del Protocollo n. 7 Cedu la Corte di Strasburgo ha escluso che nel caso concreto vi sia stata una duplicazione della pena per lo stesso reato, non rinvenendo nella disposizione alcun motivo ostativo alle scelte del Legislatore norvegese di regolare la condotta socialmente dannosa di mancato pagamento delle imposte secondo un doppio processo integrato (penale/amministrativo), né residuando dubbi sulla possibilità per le autorità norvegesi di avviare separatamente ed in modo parallelo i procedimenti penale ed amministrativo, con la possibilità di una combinazione di sanzioni diverse, ovvero di dare priorità nella trattazione al più grave e socialmente riprovevole aspetto concernente la frode. In concreto, l'esclusione del lamentato pregiudizio o ingiustizia sproporzionati si fonda sul trattamento giuridico integrato della duplicità dei procedimenti relativi alla omessa dichiarazione di una parte dei redditi.

La sentenza riaccende il grande fermento interpretativo sul tema del doppio binario sanzionatorio nell'ordinamento italiano, che riguarda ogni settore ritenuto di particolare rilievo – ed in particolare per i reati tributari e per le condotte di abuso del mercato (185 e ss. Tuf) – nell'affermazione della insussistenza di previsioni di carattere generale che escludano a priori la discrezionale scelta legislativa tra la comminatoria di una sanzione penale, di una sanzione amministrativa o di entrambe.

La decisione si colloca nell'alveo della giurisprudenza della Corte Edu, espresso da Cedu, sentenza 4 marzo 2014, caso Grande Stevens ed altri c. Italia, che individua nell'art. 4, par. 1, Protocollo n. 7 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo, la norma fondante il divieto di duplicazione di giudizi penali e amministrativi e, di conseguenza, delle sanzioni, quando queste si qualifichino come penali, in ragione del loro rilievo afflittivo, dell'importo in sé considerato e delle ripercussioni sugli interessi del condannato. La Corte, sul punto, richiama i c.d. Engel criteria, legati alla natura della violazione o natura, scopo o gravità della sanzione, dettati dalla sentenza 8 giugno 1976, sul caso Engel e altri c. Paesi Bassi, serie A, n. 22, e ribaditi con la sentenza Cedu, IV Sezione, del 20 maggio 2014, nella causa Nykanen contro Finlandia.

L'elemento di novità della decisione del 15 novembre 2016 è rappresentato dalla complessiva rivalutazione e definizione dei confini entro i quali possono essere ritenute legittime le scelte normative dei singoli Stati in tema di doppio binario sanzionatorio.

In via generale, infatti, la Corte di Strasburgo ritiene non suscettibile di sindacato la scelta del Legislatore di prevedere un duplice binario processuale, penale ed amministrativo, per la medesima condotta illecita, inteso come stesso fatto secondo l'interpretazione della giurisprudenza della Corte Edu nelle sentenze Cedu V Sezione, del 27 novembre 2014, nella causa Lucky Dev contro Svezia, e Cedu, Grande Camera, del 10 febbraio 2009, nella causa Sergey Zolotukin c. Russia.

Del resto, è insito in ciascun sistema processuale la previsione di separati piani sanzionatori e della possibilità di avvio di procedimenti diversi, cui può conseguire l'applicazione, anche cumulativa, di sanzioni di differente natura. La previsione di due separati giudizi per un medesimo fatto illecito costituisce circostanza del tutto prevedibile per il contribuente.

Pur non potendosi ritenere preclusa la possibilità che il sistema di diritto interno preveda una trattazione separata del processo penale rispetto al procedimento amministrativo irrogativo di sanzioni tributarie, tuttavia la Corte richiama la necessità che i procedimenti si svolgano parallelamente e siano tra loro connessi, nel senso che debba essere previsto un meccanismo di integrazione procedimentale per il quale i fatti accertati in un procedimento siano considerati nell'altro procedimento. In sostanza i due procedimenti devono essere valorizzati come facenti parte di un unico regime generale sanzionatorio. Nel caso di specie, le disposizioni sostanziali e processuali dell'ordinamento norvegese per l'ipotesi di omessa dichiarazione di redditi a fini fiscali hanno consentito di realizzare una stretta interconnessione nella trattazione dei due giudizi da parte delle competenti Autorità ed una sintonia cronologica e sostanziale tra la decisione di irrogare la sanzione tributaria amministrativa e la conseguente condanna penale.

Da quanto sopra discende, secondo la Corte Edu, che la previsione di un doppio binario sanzionatorio, caratterizzato da duplicità di sanzioni all'esito di procedimenti diversi, non è ex se violativo del divieto di ne bis in idem quando in concreto si realizzi una connessione tra le procedure, sia nell'identificazione del medesimo fatto sia nello sviluppo cronologico, tale che le sanzioni irrogate possono essere considerate come facenti parte di un complesso sistema sanzionatorio previsto dal diritto interno.

Solo a tali condizioni può ritenersi garantito il rispetto del criterio di proporzionalità relativamente alla sanzione complessivamente inflitta, ossia che la pena inflitta nel processo penale tenga conto della sanzione tributaria amministrativa, o viceversa.

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