La successione di leggi penali nel tempo nel delitto di scambio elettorale politico-mafioso

Gaetano Bonifacio
22 Novembre 2016

La sentenza in commento analizza la problematica attinente alla continuità normativa tra le due formulazioni, ante e post riforma, della fattispecie di cui all'art. 416-ter c.p. La suprema Corte prendendo in esame il ricorso, evidenzia innanzi tutto quali siano i poteri del giudice dell'esecuzione sul giudicato penale divenuto irrevocabile, sottolineando come il giudizio instaurato non abbia il carattere dell'impugnazione ...
Massima

Sussiste continuità normativa tra la nuova formulazione dell'art. 416-ter c.p., cosi come introdotta dall'art. 1 l. 17 aprile 2014 n. 62 e l'ipotesi contenuta nella norma ante riforma, nel caso in cui lo scambio elettorale politico mafioso si basi sulla consapevolezza da parte di chi accetta la promessa, che i voti verranno procacciati attraverso i metodi tipicamente “mafiosi” decritti nell'art. 416-bis, comma 3, c.p.

Il caso

La decisione in commento traeva origine dal gravame posto avverso una sentenza della Corte di assise di appello di Palermo che si pronunciava come giudice dell'esecuzione, su una sentenza di condanna già passata in giudicato della Corte di appello di Palermo.

Le lagnanze poste a fondamento del ricorso, si basavano principalmente sull'ipotesi dell'abolitio criminis apportata dalla novella normativa contenuta nella legge 17 aprile 2014, n. 62, introduttiva di una nuova formulazione dell'art. 416-ter c.p., dalla quale sarebbe derivato, ad avviso del ricorrente, il diritto all'applicazione dell'art. 2 c.p., per abrogazione parziale della fattispecie incriminatrice sulla quale si basava la sentenza di condanna.

Contro la decisione della Corte di assise di appello di Palermo che respingeva la domanda, veniva proposto ricorso alla Corte di cassazione.

La questione

La sentenza in commento analizza la problematica attinente alla continuità normativa tra le due formulazioni, ante e post riforma, della fattispecie di cui all'art. 416-ter c.p.

La suprema Corte prendendo in esame il ricorso, evidenzia innanzi tutto quali siano i poteri del giudice dell'esecuzione sul giudicato penale divenuto irrevocabile, sottolineando come il giudizio instaurato non abbia il carattere dell'impugnazione, non potendosi quindi entrare nel merito dei fatti posti a fondamento della sentenza impugnata ormai passati in giudicato ma abbia il potere di effettuare un analisi comparativa in astratto tra le due fattispecie per cui si evidenzia la ricorrenza della successione di leggi penali nel tempo.

In particolare l'analisi del giudice dell'esecuzione si deve basare sugli elementi strutturali di fattispecie, evidenziando, ove vi siano, differenze determinate dall'introduzione di elementi nuovi e magari specializzanti contenuti nella nuova formulazione, in maniera tale da poter ritenere la nuova fattispecie di reato sostanzialmente diversa da quella previgente.

L'analisi comparativa tra le due fattispecie di cui all'art. 416-ter c.p., ha permesso di evidenziare come nella nuova formulazione si possa notare la presenza di elementi che prima non erano richiesti ai fini della perfezione del reato.

Un primo elemento di differenziazione consiste nel fatto procurare voti attraverso le modalità descritte nell'art. 416-bis c.p., elemento non specificato nella fattispecie previgente.

In realtà, come osservato dai giudici della suprema Corte, tale elemento specializzante, è classificabile come novità lessicale più che come elemento nuovo prima non richiesto ai fini della perfezione del reato, in quanto veniva già considerato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione come elemento richiesto ai fini dell'integrazione del reato durante la vigenza della fattispecie ante riforma.

A presenza delle modalità di procacciamento dei voti descritte nell'art. 416-bis, comma 3, c.p., erano state prese in esame già dai giudici della Corte di assise di appello di Palermo, come elemento di determinazione della pronuncia di condanna del ricorrente.

Il fatto che la legislazione successiva lo abbia esplicitato direttamente nella formulazione della norma, è sintomo del recepimento di tale orientamento giurisprudenziale da parte del Legislatore, strumentale al fine di rendere la norma più specifica in relazione alla puntualizzazione riguardo ai metodi tipicamente “mafiosi” di procacciamento dei voti, in tal modo rendendone il campo di applicazione definito entro limiti più tassativi, in ossequio al disposto di cui all'art. 1 c.p.

La norma di ultima formulazione, seppur recante in se elementi nuovi, non integra quindi ad avviso dei supremi giudici, un motivo di possibile revoca della precedente condanna, in quanto tali nuovi elementi di specializzazione, erano già stati considerati nelle motivazioni poste a base della sentenza di condanna, essendo stato analizzato il fatto come sussistente anche dal punto di vista della consapevolezza da parte del ricorrente, dei metodi “tipicamente mafiosi” con i quali “i voti”, sarebbero stati procacciati, accertamento che veniva esperito in ossequio all'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, anche se al momento in cui la condotta veniva posta in essere non erano specificamente richiesti come elemento di fattispecie.

Le soluzioni giuridiche

Come noto la legge 17 aprile 2014, n. 62 (Gazz. uff. 17 aprile 2014, n. 90), entrata in vigore il 18 aprile 2014, ha novellato il testo dell'art. 416-ter del codice penale, rubricato scambio elettorale politico-mafioso.

Nella formulazione odierna, la fattispecie è rimodulata in termini ampiamente innovativi, sia per quanto riguarda la condotta di chi accetta la promessa di voti riconducibili all'attività di organizzazioni di tipo mafioso, sia per l'introduzione di una nuova figura di illecito penale con riferimento alla condotta di chi promette di procurare voti con modalità di tipo mafioso.

Una breve disamina dell'iter normativo che ha originato la fattispecie odierna, è utile per una sua migliore comprensione. L'intervento legislativo infatti, basa la sua ragion d'essere sul fatto che la previgente formulazione, richiedeva come controprestazione del soggetto che otteneva la promessa di voti da parte di organizzazioni mafiose la dazione di denaro, quando, invece, in realtà si evidenziava come spesso il soggetto aiutato nell'ottenimento dei voti ricambia le organizzazioni mafiose con la concessione di favori diversi dal denaro, come potevano essere per esempio l'ottenimento di appalti ecc.

Ciò rendeva l'effettivo ambito di applicazione della vecchia fattispecie normativa alquanto ristretto, a tal punto da renderne la presenza quasi inutile per l'applicazione pratica.
A tale inconveniente si è cercato di porre rimedio con un testo che amplia le condotte penalmente rilevanti, la cui compiuta definizione sarà agevolata anche dalle elaborazioni che la dottrina e la giurisprudenza potranno operare nel corso del tempo.

La difficoltà delle questioni che si sono dovute affrontare nel corso dei lavori parlamentari, del resto è intuibile dall'analisi dell'excursus storico che ha avuto la proposta di legge che, dopo essere stata approvata con modifiche dalla Camera dei Deputati il 16 luglio 2013, è stata poi approvata con ulteriori modifiche dal Senato il 28 gennaio 2014, quindi ancora approvata con nuove modifiche dalla Camera il 3 aprile 2014, ed infine, definitivamente approvata dal Senato il 16 aprile 2014.

Per quanto riguarda la formulazione sostanziale del "nuovo" art. 416-ter c.p., lo stesso prevede, due distinte fattispecie incriminatici.
Al primo comma, è descritta la condotta di chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'art. 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità, per la quale è prevista la pena della reclusione da quattro a dieci anni.
Nel secondo comma invece, pur essendo prevista la stessa sanzione penale, è descritta la condotta di chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.
La lettura del primo comma, permette di evidenziare come soggetto attivo del reato possa essere chiunque, quindi sia il diretto interessato alla ricezione dei voti per la competizione elettorale, sia il dirigente di una coalizione politica, che non ricerca voti per se ma per altri.
L'elemento oggettivo consiste nella condotta dell'accettare la promessa di procurare voti mediante le modalità descritte al terzo comma dell'art. 416-bis c.p. in cambio della erogazione o della promessa di erogazione di denaro o altre utilità, assumendo rilievo ai fini perfezionativi del reato, la stipulazione di un patto costruito sul modello civilistico delle prestazioni corrispettive, sulla base di quanto si può ricavare dalla locuzione in cambio, prestazioni il cui adempimento è ininfluente ai fini perfezionativi della fattispecie, rilavato che la condotta consiste nella semplice accettazione della promessa.

Si può subito notare che da un lato la nuova disposizione richiede la promessa di procurare voti, dall'altro, pone su un piano di equivalenza l'erogazione e la promessa di erogazione di denaro o altra utilità.

Nel caso di promessa di procurare voti, la norma non prende poi in considerazione le vicende successive a quest'accordo, ovvero tutte le condotte che possono essere poste in essere per attuare tale intento, rilevato anche che la norma pone sulle stesso piano le diverse condotte di erogazione e di promessa di erogazione.

Osservazioni

Il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo e quindi l'abolitio criminis come ipotesi di sua integrazione, trova regolamentazione sostanziale nell'art. 2, comma 2, c.p., ove si stabilisce che nel caso in cui vi sia stata condanna, ne cessi l'esecuzione ed ogni effetto penale.

L'attuazione processuale di tale assunto è poi regolamentata nell'art. 673 c.p.p., dove si stabilisce che in caso di abolitio criminis, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza di condanna dichiarando che il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Tale assunto non può pero trovare applicazione nel caso in cui si tratti di abrogazione parziale di fattispecie, caso nel quale il giudice investito del giudizio di cui all'art. 673 c.p., ha il dovere di verificare se la condanna di cui si chiede la revoca, sia derivata anche dall'analisi degli elementi di mera “specificazione lessicale”, già presti in considerazione dal Giudice al fine di irrogare la sentenza di condanna di cui si chiede la revoca.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.