Messa alla prova: incostituzionale la mancata previsione di incompatibilità per il giudice che ha respinto la richiesta?

23 Febbraio 2017

Con ordinanza del 9 maggio 2015, il tribunale di Firenze, ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui
Massima

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p., in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice del dibattimento, o del giudizio abbreviato, del giudice che abbia respinto la richiesta dell'imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p.

L'inammissibilità deriva dalla circostanza che l'ordinanza di rimessione si presenta del tutto priva di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza.

Il caso

Il tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p., in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice del dibattimento, o del giudizio abbreviato, del giudice che abbia respinto la richiesta dell'imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p.

Nel caso di specie, il giudice a quo – investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di guida in stato di ebbrezza – respingeva l'istanza dell'imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p. concernenti la gravità del fatto e i precedenti penali dell'imputato, il quale era già stato condannato in precedenza per lo stesso reato.

La difesa chiedeva che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p. per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a procedere al dibattimento (ovvero al giudizio abbreviato) per il giudice che abbia precedentemente respinto la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p.

Il tribunale, nel ritenere che il giudizio non potesse essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione prospettata dalla difesa, e che questa risulterebbe, altresì, non manifestamente infondata, attesi i dubbi interpretativi sollevati in sede di applicazione della norma, solleva la questione alla Corte costituzionale. Inoltre, il giudice rimettente rilevava che la problematica, anche alla luce della recentissima entrata in vigore della norma e delle differenze sostanziali con l'analogo istituto della messa alla prova nell'ambito del procedimento minorile, apparirebbe di interesse, se non altro nell'ambito della eventuale futura valutazione delle questioni da altri sollevate in relazione all'art. 168-bis c.p., come introdotto dall'art. 3 legge 67/2014.

Correttamente, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che la questione fosse dichiarata inammissibile sotto un duplice profilo: da un lato, per totale difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, essendosi il rimettente limitato a richiamare le argomentazioni della difesa dell'imputato, senza tuttavia riprodurle e vagliarle criticamente; dall'altro, per il carattere ipotetico del quesito, la cui rilevanza resterebbe legata – nella prospettazione del giudice a quo – all'instaurazione, futura ed eventuale, di giudizi di legittimità costituzionale sull'art. 168-bis c.p.

La questione

Con ordinanza del 9 maggio 2015, il tribunale di Firenze, ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice del dibattimento, o del giudizio abbreviato, del giudice che abbia respinto la richiesta dell'imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p. Tale vuoto normativo genererebbe una violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.

Tuttavia, l'ordinanza di remissione non si è addentrata sulla fondatezza della questione, né il giudice remittente ha delineato e motivato le censure di incostituzionalità dell'art. 34 comma 2 c.p.p, in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67; pertanto, la Consulta non si è pronunciata sulla specifica questione ma ha sancito la sola inammissibilità della stessa.

La questione, di conseguenza, rimane irrisolta ed aperta, apparendo suscettibile di un'ulteriore remissione alla Corte costituzionale.

Le soluzioni giuridiche

La Consulta non si addentra nella questione. Invero, l'ordinanza di rimessione si presentava priva di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza poiché il rimettente si limitava a richiamare genericamente l'eccezione formulata dal difensore dell'imputato e ad evocarne i parametri, affermando di ritenere la questione non manifestamente infondata attesi i dubbi interpretativi sollevati in sede di applicazione della norma.

Come noto, nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale non è ammessa la cosiddetta motivazione per relationem, stante il principio di autosufficienza dell'ordinanza di rimessione; pertanto il giudice a quo avrebbe dovuto rendere esplicite le ragioni per le quali riteneva la questione non manifestamente infondata, facendole proprie, senza potersi limitare al mero rinvio a quelle evidenziate dalle parti in corso di giudizio (ex plurimis, sentenze n. 22 del 2015 e n. 7 del 2014, ordinanze n. 20 del 2014 e n. 175 del 2013).

Osservazioni

La manifesta inammissibilità della questione si traduce, purtroppo, in un'occasione persa, in quanto la problematica appare rilevante sotto plurimi aspetti e sembrano sussistere, allo stato, le violazioni degli artt. 3, 24 e 111 Cost.

È noto che, a seguito della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova, si attiva un'inevitabile procedura giurisdizionale di cognizione penale a contraddittorio necessario allargato. Infatti, nell'ipotesi in cui l'imputato richieda la sospensione del processo con messa alla prova, il giudice inevitabilmente effettua alcune valutazioni, quantomeno in ordine alla sussistenza (o meno) delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p., nonché valutazioni in ordine ai parametri di cui all'art. 133 c.p. e alla idoneità del programma di trattamento (rispetto al fatto e grado di colpa).

Inoltre, per valutare l'ammissione alla prova il giudice deve necessariamente sentire le parti e la persona offesa se compare (art. 464-quater, comma 1, c.p.p.) e può emettere eventuali provvedimenti istruttori con cui acquisisce , tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato (art. 464-bis, comma 5, c.p.p.).

Chiaramente la problematica relativa all'incompatibilità del giudice non coinvolge solo l'ipotesi in cui questi abbia respinto la richiesta, ma anche quella in cui l'esito della messa alla prova sia negativo, in quanto, in tale ultima circostanza, il giudice, per esprimersi, oltre alle valutazioni già effettuate, deve aver anche preso visione della relazione conclusiva dell'ufficio di esecuzione penale esterna che ha preso in carico l'imputato (art. 464-septies, comma 1, c.p.p.).

Pertanto, al fine di tutelare il libero convincimento del giudice, nonché la sua imparzialità rispetto al fatto e alla colpevolezza dell'imputato, il processo dovrebbe proseguire innanzi ad altro giudicante, alla stregua di quanto accade nell'ipotesi di rigetto dell'istanza ex art. 444 c.p.p.

Invero, di regola, il giudice del dibattimento non conosce il fatto, né esprime valutazioni ex art. 133 c.p. prima di iniziare l'attività istruttoria, né sente informalmente le parti, né valuta una proporzione tra il fatto di reato e il programma di trattamento, pertanto si deve rilevare che la prosecuzione del giudizio innanzi allo stesso giudice che ha rigetto la richiesta di messa alla prova potrebbe porsi in violazione dell'art. 3 Cost.

Ugualmente risulterebbero violati gli artt. 24 e 111 Cost. nei confronti di quell'imputato che, soltanto per aver effettuato una scelta difensiva, optando per il rito premiale della messa alla prova, vede pronunciata nei suoi confronti una prima valutazione negativa (rigetto della richiesta sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p.p., ovvero esito negativo della stessa) e, successivamente, vede proseguire il processo innanzi al medesimo giudice.

La problematica fin qui esposta si intreccia con un'altra questione sollevata innanzi alla Consulta dal tribunale di Grosseto, con ordinanza del 6 marzo 2015, attinente alla legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 111 comma 6, 25, comma 2, e 27, comma 2, Cost., della disposizione ex art. 464-quater, comma 1, c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice, ai fini di ogni decisione di merito da assumere nel procedimento speciale di messa alla prova, proceda alla acquisizione e valutazione degli atti delle indagini preliminari di cui già altrimenti non disponga, restituendoli per l'ulteriore corso nel caso di esito negativo della pronuncia sulla concessione o sull'esito della messa alla prova. Nel caso suddetto, il giudice rimettente ha ritenuto che nessun giudizio potesse essere emesso in ordine alla idoneità o meno del programma di trattamento se lo stesso giudice non abbia preso visione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, al fine di calibrare e proporzionare il suddetto programma al grado di colpa e alla necessità di soddisfare le esigenze preventive e rieducative.

Chiaramente la presa visione degli atti, alla stregua di quanto accade nell'ipotesi di cui all'art. 444 c.p.p., renderebbe quel giudice incompatibile alla prosecuzione del processo innanzi a sé.

La questione, pertanto, appare tutt'altro che conclusa.

Guida all'approfondimento

DELLA TORRE, I dubbi sulla legittimità costituzionale del probation processuale: molteplici le ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale, in Dir. pen. cont.;

MARANDOLA, La messa alla prova dell'imputato adulto: ombre e luci di un nuovo rito speciale per una diversa politica criminale, in Dir. pen. proc., 2014, p. 677;

MARANDOLA, Le “nuove” alternative al processo penale ordinario, in AA. VV., Scritti in memoria di Giuseppe De Gennaro, Bari, 2014, pp. 135-150;

MARANDOLA, Prime oscillazioni interpretative sulla determinazione del criterio quantitativo per la messa alla prova, in questa rivista;

MURRO, Una prima pronuncia di incostituzionalità per la messa alla prova, in questa rivista.

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