Valido il principio del ne bis in idem per l'omesso versamento Iva

Redazione Scientifica
23 Maggio 2016

È del 20 maggio scorso l'ordinanza di rimissione, n. 112 depositata il 20 maggio 2016, con la quale la Corte Costituzionale ordina la restituzione agli atti al Tribunale di Bologna, che ha sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'art. 649 del c.p.p. in relazione all'art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui all'imputato sia già stata applicata, per il medesimo fatto nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione EDU e dei relativi Protocolli.

È del 20 maggio scorso l'ordinanza di rimissione, n. 112 depositata il 20 maggio 2016, con la quale la Corte Costituzionale ordina la restituzione agli atti al tribunale di Bologna, che ha sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'art. 649 del c.p.p. in relazione all'art. 10-ter del d.lgs. 74/2000, nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui all'imputato sia già stata applicata, per il medesimo fatto nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione Edu e dei relativi Protocolli.

Davanti al tribunale rimettente era convenuto il legale rappresentante della società contribuente per il reato di omesso versamento Iva. L'imputato, al momento del processo, aveva già provveduto al pagamento delle somme dovute a titolo di imposta non versata, sanzioni amministrative e interessi, ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. 471/1997. A parere del giudice a quo, troverebbe applicazione il principio del ne bis in idem: la Corte di Strasburgo, infatti, ha sancito che le sanzioni amministrative di cui all'art. 13 del d.lgs. cit. avrebbero natura penale, di tal che dovrebbe applicarsi il divieto del bis in idem stabilito dalla Convenzione.

In materia tributaria, infatti, l'eventuale cumulo tra illeciti amministrativi e penali è governato dal principio di specialità (lex specialis derogat generali) enunciato dall'art. 19 d.lgs. 74/2000: sul punto anche le Sezioni unite si sono espresse, con la sentenza 28 marzo 2013, n. 37424, specificando che l'illecito amministrativo di cui all'art. 13 cit. e il reato di cui all'art. 10-ter cit. non si pongono in un vero e proprio rapporto di specialità ma di progressione illecita, con conseguente sussistenza di un doppio binario sanzionatorio (amministrativo e penale) in relazione al quale il possibile cumulo delle sanzioni è regolato soltanto da un meccanismo di sospensione della riscossione della sanzione amministrativa sino alla definizione del giudizio penale, quale previsto dall'art. 21 del d.lgs. 74 del 2000.

Tutto ciò premesso, la riforma del sistema sanzionatorio attuata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ha modificato alcune delle disposizioni della causa in oggetto, introducendo fra l'altro una causa di non punibilità per il caso del pagamento dell'imposta dovuta e delle sanzioni amministrative.

I giudici della Corte costituzionale dispongono per l'effetto la restituzione degli atti al giudice rimettente perché rivaluti la rilevanza della questione alla luce del novum normativo.

Fonte: ilTributario.it

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