Le motivazioni della Cassazione sul caso Garlasco: colpevolezza dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio

Redazione Scientifica
23 Giugno 2016

La quinta Sezione della Cassazione ha depositato il 21 giugno 2016 le motivazioni della sentenza n. 25799 sul noto caso dell'omicidio di Garlasco. La Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dall'imputato, confermando così la condanna emessa in appello a seguito di un annullamento con rinvio.

La quinta Sezione della Cassazione ha depositato il 21 giugno 2016 le motivazioni della sentenza n. 25799 sul noto caso dell'omicidio di Garlasco.

La Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dall'imputato, confermando così la condanna emessa con la sentenza in appello a seguito di un annullamento con rinvio.

Ineccepibili e, pertanto, non censurabili, le valutazioni dei giudici della Corte d'appello in merito alla ricostruzione del caso e alla responsabilità dell'imputato.

La sentenza impugnata si è attenuta al protocollo valutativo della prova indiziaria, come indicato nella sentenza di annullamento. I giudici d'appello, dopo aver disposto plurime rinnovazioni istruttorie, hanno analizzato le emergenze già acquisite nei precedenti giudizi, oltre ovviamente a quelle risultanti dalle disposte rinnovazioni istruttorie, effettuando un'attenta valutazione di ciascuna di esse e nel loro insieme, attraverso un organico ragionamento probatorio che si presenta, ad avviso del Collegio, esaustivo in rapporto a tutto il materiale acquisito e plausibile in rapporto in rapporto alla logica lettura operatane, non disgiunto dalla valutazione delle ipotesi alternative ventilate dalla difesa dell'imputato, queste sì ritenute fantasiose e, comunque, del tutto prive di riscontri, con congrua e convincente motivazione.

I giudici del rinvio hanno quindi ottemperato al dictum della sentenza di rinvio, valutando i singoli elementi indiziari, saggiandone l'intriseca valenza dimostrativa e procedendo poi all'esame globale degli elementi certi, all'esito accertando che la relativa ambiguità di ciascuno di essi isolatamente considerato consente, viceversa , in una visione unitaria l'attribuzione del reato all'imputato con un alto grado di credibilità razionale

Dalla motivazione della sentenza impugnata non emergono dubbi in merito all'illustrazione degli elementi a carico dell'imputato in ordine al reato ascrittogli.

Ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d'insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi, oltre ogni ragionevole dubbio.

Un simile quadro, ribadisce la Cassazione nelle sue motivazioni, non lascia alcuno spazio alle versioni alternative della vicenda ipotizzate dalla difesa dell'imputato.

Opinabile e anomala invecela scelta di non sequestrare la bicicletta nera da donna , o quantomeno fotografarla: la sua mancata acquisizione costituisce un anello mancante nell'attività di indagine compiuta che però non intacca il restante quadro probatorio a carico dell'imputato.

Del tutto irrilevante anche la considerazione della difesa per cui il movente dell'omicidio non è stato individuato: la mancata individuazione di uno specifico movente, ossia la ragione precisa scatenante l'impeto omicida di Stasi, non incide in alcun modo sul complessivo quadro indiziario a suo carico, né appare necessaria la sua individuazione nel caso di omicidio d'impeto. L'individuazione di un adeguato movente dell'azione omicidiaria perde qualsiasi rilevanza, ai fini dell'affermazione della responsabilità, allorché vi sia comunque la prova dell'attribuibilità di detta azione all'imputato, attenuandosi in misura proporzionale alla ritenuta gravità, precisione e concordanza degli indizi e quindi alla loro complessiva efficienza probatoria.

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