Attualità della pericolosità sociale e presunzioni

24 Febbraio 2016

Le misure preventive sono giustificate solo in presenza di persone pericolose e attualmente pericolose; in assenza di un rigoroso accertamento di questi presupposti non può essere applicata una misura privativa (secondo la definizione della Corte europea) della libertà personale che, altrimenti rischierebbe di assumere carattere sanzionatorio.
Abstract

Il rispetto dei principi costituzionali e della Cedu non consente l'utilizzo di presunzioni nell'accertamento dei presupposti delle misure di prevenzione personale, non solo nell'individuazione della pericolosità sociale ma anche della sua attualità. Le misure preventive, infatti, sono giustificate solo in presenza di persone pericolose e attualmente pericolose; in assenza di un rigoroso accertamento di questi presupposti non può essere applicata una misura privativa (secondo la definizione della Corte europea) della libertà personale che, altrimenti rischierebbe di assumere carattere sanzionatorio.

Per gli indiziati di mafia la giurisprudenza sta gradualmente applicando questi principi, allontanandosi dalla precedente consolidata interpretazione di “presunzione” di attualità.

La pericolosità sociale e la sua attualità

È noto che tre sono i presupposti di applicabilità delle misure personali:

a) la riconducibilità della persona a una delle categorie di pericolosità delineate dal legislatore, oggi delineate dall'art. 4, comma 1, d.lgs. 159/2011:

  1. pericolosità qualificata, rappresentata dalle persone indiziate di partecipazione ad associazione mafiosa o della commissione di gravi delitti in materia di mafia (di cui agli artt. art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e art. 12-quinquies d.l. 306/1992, conv. dalla l. 356/1992);
  2. pericolosità comune, costituita dalle persone che vivono anche in parte di traffici delittuosi e del provento di delitti ovvero che, con continuità, sono aduse a realizzare condotte riferibili a delitti;
  3. pericolosità diretta a prevenire fenomeni sovversivi o di terrorismo;
  4. pericolosità diretta a prevenire la violenza nelle manifestazioni sportive.

b) la pericolosità sociale della persona, richiamata dall'art. 6, comma 1, d.lgs. cit. (Alle persone indicate nell'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica può essere applicata…). Pericolosità intesa “in senso lato”, comprendente l'accertata predisposizione al delitto, anche nei confronti di persona nei cui confronti non si sia raggiunta la prova di reità (Cass. pen., Sez. VI, 6 febbraio 2001, n. 12511; Cass. pen, Sez. V, 11 luglio 2006, n. 40731).

c) l'attualità della pericolosità, non potenziale ma, concreta e specifica, desunta da comportamenti in atto nel momento in cui la misura di prevenzione deve essere applicata (Cass. pen, Sez. I, 10 marzo 2010 n. 17932; Cass. pen., Sez. I, 11 febbraio 2014, n. 23641).

Dei tre presupposti ora indicati, l'attualità della pericolosità presenta uno specifico rilievo. Se la pericolosità, pur in precedenza esistente, è cessata, non vi è nulla da prevenire, non occorre alcuno specifico controllo, e la misura, di conseguenza non ha ragion d'essere e, se applicata, va revocata ex nunc (art. 11, comma 2, d.lgs. 159/2011; art. 7, comma 2, l. 1423/1956 previgente).

L'attualità della pericolosità deve essere individuato nel momento in cui viene emessa la decisione di primo grado, sicché è irrilevante che gli elementi sintomatici o rivelatori della pericolosità del soggetto risultino lontani nel tempo al momento del procedimento di appello o di legittimità (Cass. pen.,Ssez. VI, 13 ottobre 2010, n. 38471; Cass. pen, Sez. I, 11 febbraio 2014, n. 23641).

L'attualità della pericolosità sociale, proprio perché rappresenta un presupposto di concreta applicabilità, se venuta meno non impedisce di irrogare la misura patrimoniale in presenza dei primi due presupposti: appartenenza a una categoria di pericolosità, pericolosità sociale a una certa data (c.d. principio di applicazione disgiunta di cui all'art. 18 d.lgs. cit.), previo accertamento incidentale della loro sussistenza (Cass. pen., Sez. I, 17 maggio 2013, n. 39204).

Attualità della pericolosità e presunzioni: l'orientamento tradizionale

Non si dubita della necessità di accertare l'attualità della pericolosità sociale per le categorie di c.d. pericolosità comune (Cass. pen., Sez. VI, 13 ottobre 2010, n. 38471; Cass. pen., Sez. I, 7 gennaio 2011, n. 5838).

Anche per le categorie dirette a prevenire fenomeni sovversivi si esclude ogni presunzione di attualità della pericolosità sociale (Cass. pen., Sez. I, 24 giugno 1980, n. 2024).

Per gli indiziati di gravi delitti “in materia di mafia” talvolta si è esclusa l'operatività della presunzione (Trib. Napoli, 9 dicembre 2010), pur se la giurisprudenza di legittimità richiama la presunzione relativa agli indiziati di mafia che sarà ora esposta (Cass. pen., Sez. I, 27 marzo 2013, n. 21191; Cass. pen., Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 33223).

Per gli indiziati di appartenenza alla mafia la giurisprudenza di legittimità afferma, sostanzialmente, una presunzione di attualità attraverso posizioni più o meno rigorose sull'onere probatorio e di motivazione.

La prevalente giurisprudenza parla di onere affievolito di motivazione in presenza di «una presunzione di perdurante pericolosità» che non richiede alcuna particolare motivazione, tranne che non ricorrano diversi elementi, quali il decorso del tempo – di per sé non decisivo – il recesso dal sodalizio o la disarticolazione di questo. Si pone a carico del proposto l'onere di provare l'esistenza di elementi tali da escludere l'attualità della pericolosità e il recesso dall'associazione, delineando una presunzione assimilabile a quella prevista per le misure cautelari dall'art. 275, comma 3, c.p.p., per le persone gravemente indiziate di alcuni delitti, tra cui l'art. 416 bis c.p. (Cass. pen., Sez. II, 16 dicembre 2005, n. 1023; Cass. pen., Sez. V, 10 gennaio 2014, n. 17067; Cass. pen., Sez. VI, 14 luglio 2014, n. 33224).

Maggior rigore motivazionale si coglie nelle sentenze in cui la Corte tenta di attenuare l'onere a carico del proposto, in particolare in presenza di elementi rivelatori dell'inserimento nei sodalizi lontani nel tempo rispetto al momento del giudizio; in tali casi «il giudice di merito deve procedere ai necessari accertamenti, fornendo giustificazione adeguata sulla persistenza della pericolosità al momento della formulazione del giudizio sulla prevenzione, pericolosità che assume valore di vero e proprio presupposto dell'applicabilità di tali misure» (Cass. pen., sez. V, 22 settembre 2006, n. 34150, Cass. Pen., Sez. II, 3 giugno 2014, n. 39057).

Verso l'imprescindibile accertamento dell'attualità

L'orientamento relativo alla presunzione dell'attualità ora descritto è criticato da quella giurisprudenza secondo cui la proposizione semel mafioso semper mafioso trasforma un'osservazione di natura prettamente sociologica in massima d'esperienza e quindi, impropriamente, in una regola iuris, con un'operazione non convincente anche perché il ricorso alle presunzioni in un procedimento che incide sui diritti di libertà è ammissibile negli stretti limiti in cui esse si prestino a essere contraddette da prova contraria; vanno verificati, dunque, in concreto il ruolo e il contributo partecipativo dell'associato, la possibilità di svolgere un ruolo nel sodalizio, i comportamenti tenuti nel periodo intercorrente dall'ultima manifestazione di pericolosità; il tempo trascorso dal fatto, pur se non basta da solo a escludere l'appartenenza, rileva in quanto la sua durata si proietta sul giudizio: tanto maggiore è il lasso temporale, tanto minore è il valore indiziario della presunzione di appartenenza al sodalizio, ed esso scema in proporzione diretta al protrarsi dell'assenza di manifestazioni concrete che diano conferma della perduranza del vincolo o alla presenza di comportamenti di tutt'altro tipo e portata (Cass. pen.,Ssez. I, 10 marzo 2010, n. 17932).

Il percorso verso l'abbandono della presunzione prosegue con le sentenze che la escludono nel caso del concorrente esterno (Cass. pen., Sez. I, 18 luglio 2013, n. 44327), fino ad affermare che in tale ipotesi il requisito della attualità sfugge ad ogni presunzione, integrandosi, in caso contrario, una fattispecie inammissibile sul piano processuale di sospetto di permanenza del sospetto svincolato da ogni garanzia, peraltro incidente assai pesantemente sulla sfera di libertà della persona. Si richiede che risultino, comunque, dati e circostanze idonee a far presumere, ancorché nelle forme della semplice prova indiziaria, l'attualità e la continuità nel tempo di quella contiguità dalla quale legittimamente dedurre, per caratteristiche e natura, la pericolosità del proposto rilevante ai fini del provvedimento di prevenzione (Cass. pen., Sez. I, 10 aprile 2014, n. 20384).

Infine, la Corte di cassazione sta proponendo (pur se non mancano sentenze che continuano a seguire l'orientamento tradizionale) l'abbandono di qualsivoglia presunzione attraverso uno stringente ragionamento in cui si valorizza, preliminarmente, l'art. 1, comma 3, della legge-delega n. 136/2010 che imponeva al legislatore delegato (che, poi, emanava il d.lgs. 159/2011) la definizione in modo organico dei destinatari delle misure di prevenzione ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti […] e, per le sole misure personali, anche alla sussistenza del requisito della pericolosità del soggetto. Conferma del principio secondo cui la pericolosità attuale del soggetto è presupposto applicativo generale per ogni categoria di pericolosità si trae dalla sentenza della Corte costituzionale 2 dicembre 2013, n. 291 ove è ribadita la necessità della persistenza della pericolosità sociale tanto al momento della decisione che al momento dell'esecuzione della misura di prevenzione personale, senza operatività di meccanismi presuntivi (Cass. pen., Sez. I, 11 febbraio 2014, n. 23641; Cass. pen., Sez. II, 21 maggio 2015, n. 33757).

La Corte, pur confermando l'abbandono di logiche presuntive, approfondisce il tema dell'onere motivazionale dell'attualità della pericolosità sociale sottolineando che la particolare gravità della condotta accertata in sede penale (anche in riferimento al pregresso inserimento in contesti relazionali di tipo associativo) può legittimamente riflettersi sulla formulazione della prognosi di pericolosità, ma lì dove l'accertamento della condotta risalga ad anni addietro (nel caso in esame più di cinque) il giudice della prevenzione ha l'obbligo di considerare e valutare, in assenza di altri sintomi, se la condotta antisociale sia in concreto riproducibile da parte del proposto. Ciò vale anche nelle ipotesi di constatato inserimento in gruppi organizzati aventi caratteristiche di mafiosità o in quelle di agevolazione di tali organismi criminali o, ancora, in rapporto a condanne in sede penale per il delitto di organizzazione finalizzata al traffico di stupefacenti (Cass. pen., Sez. I, 11 febbraio 2014, n. 23641, cit.). si precisa, condivisibilmente, che la valutazione dell'attualità della pericolosità, in presenza di un apprezzabile intervallo temporale tra condotta accertata in sede penale e giudizio di pericolosità attuale, va operata, secondo alcuni criteri che assumono mero valore orientativo:

a) il livello di coinvolgimento del proposto nelle pregresse attività del gruppo criminoso, essendo ben diversa la potenzialità criminale espressa da un soggetto di vertice rispetto a quella di chi ha posto in essere condotte di mero ausilio operativo o di episodica contiguità finalistica;

b) la tendenza del gruppo di riferimento a mantenere intatta la sua capacità operativa nonostante le mutevoli composizioni soggettive correlate ad azioni repressive da parte dell'autorità giudiziaria, posto che solo in detta ipotesi può ragionevolmente ipotizzarsi una nuova attrazione del soggetto nel circuito relazionale illecito;

c) l'avvenuta o meno manifestazione, in tale intervallo temporale, da parte del proposto di comportamenti denotanti l'abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise.

Presunzioni e Cedu

Il rispetto dei principi della Convenzione richiede di evitare presunzioni nell'accertamento dei presupposti delle misure personali (diversa è la conclusione per le misure patrimoniali disciplinate da altri principi), sia nell'individuazione della pericolosità sociale, sia nella verifica della sua attualità.

La Corte ha più volte affermato la compatibilità con la Cedu delle misure di prevenzione, ritenute limitative e non privative della libertà personale, perciò compatibili con l'art. 2 del protocollo n. 4, rispondendo ai criteri ivi previsti: previsione della legge; necessità di assicurare la tutela degli interessi elencati nello stesso art. 2 al § 3; proporzionalità tra il loro contenuto e gli interessi da tutelare, in particolare la prevenzione dei reati (cfr. Corte europea diritti dell'uomo 6 gennaio 1980, Guzzardi c. Italia; 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia).

Le misure preventive sono giustificate solo in presenza di persone pericolose e attualmente pericolose; in assenza di un rigoroso accertamento di questi presupposti non può essere applicata una misura privativa (secondo la definizione della Corte europea) della libertà personale che, altrimenti rischierebbe di assumere carattere sanzionatorio.

Non va dimenticato, infatti, che la Corte europea ha riconosciuto la compatibilità delle misure di prevenzione personali con la Cedu ritenendole misure limitative della libertà personalepreviste dall'art. 2 del protocollo addizionale n. 4 che tutela la liberta di circolazione attraverso una protezione condizionata, consentendo alle autorità statali di porre in essere talune restrizioni purché: a) previste dalla legge; b) necessarie ad assicurare la tutela degli interessi elencati nello stesso art. 2 al § 3: sicurezza nazionale, pubblica sicurezza, ordine pubblico, prevenzione dei reati, protezione della salute e della morale o protezione dei diritti e liberta altrui; c) proporzionate. Una volta riscontrata nel caso concreto un'interferenza con la sfera di tutela dell'art. 2 cit., la Corte deve operare un bilanciamento tra il rispetto del diritto garantito dalla norma e le esigenze della collettività.

Le presunzioni comporterebbero la violazione del principio di proporzionalità verificato con grande attenzione dalla Corte di Strasburgo.

In conclusione

La piena giurisdizionalizzazione delle misure di prevenzione personali e il riconoscimento delle garanzie dovute nel caso di adozione di provvedimenti limitativi della libertà personale impongono interpretazioni costituzionalmente e convenzionalmente orientate. Questa la ragione per cui non sono consentite presunzioni nell'accertamento dei presupposti delle misure personali.

Attenuazioni dell'onere probatorio sono consentite nell'accertamento dei presupposti delle misure patrimoniali (sequestro e confisca) perché viene in rilievo la tutela della proprietà e dell'impresa, ma quando si limitano i diritti di libertà non sono ammesse scorciatoie probatorie.

Del resto, la Corte costituzionale ha sempre ritenuto violati i parametri costituzionali nel caso di presunzioni di pericolosità della persona non derivanti da valutazioni già espresse dal giudice (recentemente Corte cost. 25 febbraio 2015, n. 48).

Guida all'approfondimento

BALSAMO, Voce Codice antimafia, in Digesto delle Discipline Penalistiche, Torino 2014, 72 ss;

MAIELLO, Le misure di prevenzione. Profili sostanziali, in La legislazione penale in materia di criminalità organizzata, misure di prevenzione e armi, Bologna, 2015, 341 ss;

MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, La confisca ex art. 12 sexies l. n. 356/92, Milano, 2012, 88 ss, 92 ss;

ID, L'attualità della pericolosità sociale va accertata, senza presunzioni, anche per gli indiziati di mafia, in Dir. Pen. Cont.

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