Le norme attuative della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (Bruxelles, 29 maggio 2000)

Andrea Nocera
24 Maggio 2017

Con l'emanazione del decreto legislativo 5 aprile 2017 n. 52, pubblicato nella G.U. n. 97 del 27 aprile 2017, il nostro Legislatore, all'esito di un complesso iter deliberativo, ha dettato finalmente la disciplina attuativa della Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, adottata dal Consiglio dei Ministri della giustizia e degli affari interni degli Stati dell'Unione europea ....
Abstract

Con l'emanazione del decreto legislativo 5 aprile 2017, n. 52, pubblicato nella G.U. n. 97 del 27 aprile 2017, il nostro Legislatore, all'esito di un complesso iter deliberativo, ha dettato finalmente la disciplina attuativa della Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, adottata dal Consiglio dei Ministri della giustizia e degli affari interni degli Stati dell'Unione europea il 29 maggio del 2000, ratificata con la legge delega 21 luglio 2016, n. 149.

La Convenzione di Bruxelles si pone il duplice obiettivo di assicurare una più rapida ed efficace assistenza giudiziaria tra gli Stati membri, consentendo il dialogo diretto tra autorità giudiziarie, nel rispetto dei principi fondamentali del diritto interno degli stessi e garantire la tutela dei diritti individuali nonché dei principi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Le disposizioni della Convenzione non sostituiscono ma integrano, agevolandone l'applicazione, la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959. Tuttavia, la direttiva 2014/41/Ue sull'ordine europeo di indagine, di imminente approvazione, determinerà di fatto l'inefficacia delle disposizioni della Convenzione in tema di atti di indagine finalizzati alla acquisizione delle prove.

Le forme e modalità di assistenza giudiziaria in materia penale

La materia della cooperazione giudiziaria penale è tra quelle di competenza dell'Unione europea, prevista dal Titolo V (Spazio di libertà, sicurezza e giustizia) del Trattato di Lisbona del 1 dicembre 2009. In tal senso, la Convenzione partecipa al superamento del c.d. terzo pilastro e al potere del Consiglio di adottare misure e promuovere la cooperazione giudiziaria in materia penale, ai sensi dell'art. 34 del T.F.Ue.

In conformità al Titolo I della Convenzione di Bruxelles, la prima parte del d.lgs. 52 del 2017, fornisce le indicazioni e gli strumenti di carattere generale per uniformare le procedure e le formalità con cui deve svolgersi la cooperazione giudiziaria.

Il decreto attuativo recepisce l'ampia nozione di procedimento in materia penale dettata dalla Convenzione che, contrariamente a quanto previsto dalla Convenzione europea del 1959, prevede il ricorso a forme di assistenza giudiziaria anche per i procedimenti penali che sono di competenza di un'autorità amministrativa. L'art. 3 della Convenzione, infatti, prevede che la richiesta non possa essere rifiutata, in ragione della natura eventualmente amministrativa dell'illecito.

Nella specie, il Capo I del decreto legislativo introduce disposizioni specifiche per l'assistenza giudiziaria per il procedimenti di accertamento degli illeciti amministrativi e di irrogazione delle relative sanzioni, di cui all'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e prevede l'applicazione della disciplina sulle richieste di assistenza per le notificazioni al «procedimento penale o amministrativo».

Nei procedimenti per l'applicazione delle sanzioni amministrative (art. 3) viene introdotta una forma semplificata di assistenza giudiziaria. In sede di rogatoria attiva, l'Autorità amministrativa procedente è tenuta ad inoltrare, per il tramite del Ministro della giustizia, alla competente Autorità dello Stato Parte una richiesta di collaborazione per il compimento di atti di accertamento in ordine all'illecito, allegando gli atti del procedimento ove necessari. La norma non contempla una valutazione discrezionale del Ministro della giustizia sull'inoltro alla richiesta («dà corso»), salvo che non siano coinvolti interessi nazionali riguardanti la sovranità, la sicurezza o, comunque, essenziali per lo Stato.

Analogamente, in sede di rogatoria passiva (art. 4) la richiesta proveniente da altro Stato Parte deve essere indirizzata al Ministro della giustizia che, per il compimento degli atti richiesti, dispone la trasmissione al prefetto del luogo in cui gli stessi devono essere compiuti, che potrà avvalersi dei competenti organi delle singole amministrazioni pubbliche, in relazione alla natura del procedimento di accertamento delle sanzioni. La norma individua in via residuale la competenza del prefetto di Roma, ove non sia individuabile il luogo di esecuzione della richiesta.

Al fine di limitare al massimo le possibilità di diniego di assistenza, mutuando quanto previsto dalla Convenzione (art. 3), la norma, oltre a riprodurre il limite del pericolo di compromissione dell'interesse superiore statale, subordina l'esecuzione della rogatoria alla sola condizione che nei confronti della decisione possa venire proposto ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria e, dunque, garantita una piena tutela giurisdizionale.

In attuazione degli artt. 4 e 5 della Convenzione, il decreto legislativo detta una compiuta disciplina per le formalità e procedure concernenti le richieste di assistenza per le notificazioni di atti del procedimento amministrativo sanzionatorio o giudiziale.

Il Legislatore ha privilegiato il ricorso diretto al servizio postale o alle forme, ad essa equiparate, di notificazione in via telematica a mezzo pec, ove possibile, per l'invio e la consegna degli atti dei procedimento.

In via di eccezione, nei soli casi in cui l'indirizzo del destinatario sia sconosciuto, è previsto il ricorso alla richiesta di assistenza giudiziaria attiva per il tramite dell'autorità giudiziaria di altro Stato Parte, perché provveda alle ricerche del destinatario, consentendo così il ricorso ad altre modalità di notificazione.

È previsto l'obbligo, a garanzia del destinatario, di provvedere alla traduzione degli atti nella lingua dello Stato Parte richiesto e, nei casi in cui essa non sia comprensibile al destinatario, nella lingua da questi effettivamente conosciuta (art. 5).

Per il procedimento di richiesta presentata da altro Stato Parte, l'art. 6 individua quale autorità procedente il procuratore della Repubblica territorialmente competente in relazione al luogo di esecuzione della notificazione.

Quanto alle formalità di collegamento (art. 7) la norma attua il principio della comunicazione diretta tra autorità giudiziarie o amministrative. L'assistenza può, infatti, operare anche tra autorità non appartenenti allo stesso ordine.

Nella specie, la richiesta è inoltrata, ai fini della esecuzione, in via diretta (vi è solo un obbligo di mera comunicazione al Ministro della giustizia), con forme e mezzi che ne garantiscano l'autenticità – e, dunque, in forma scritta; deve essere disposta la traduzione dell'atto ove si proceda ai sensi dell'art. 143 c.p.c. ovvero ciò sia esplicitamente richiesto dallo Stato rogante; la notificazione deve contenere l'avviso al destinatario che ha facoltà di richiedere informazioni circa il procedimento all'autorità richiedente.

Per motivi di urgenza, le richieste possano essere inoltrate anche mediante l'Interpol o altri canali di cooperazione interforze.

Per l'Irlanda e il Regno Unito, le cui autorità giudiziarie non sono di regola competenti a dare esecuzione alle richieste dirette di assistenza giudiziaria, le richieste devono obbligatoriamente continuare a venire indirizzate alle rispettive autorità centrali, fino a quando tali Paesi non si avvalgano della trasmissione in via diretta.

Nel decreto legislativo in esame viene prevista una specifica disciplina per l'esecuzione di attività probatoria su richiesta di assistenza di uno Stato Parte (art. 8), quale forma particolare di cooperazione diretta tra autorità giudiziarie o amministrative.

Autorità incaricata dell'assistenza è il procuratore della Repubblica competente per territorio. La competenza territoriale può essere derogata, per effetto della previsione di specifici criteri alternativi e nel caso di conflitto, la norma rinvia alla disciplina di cui agli articoli 54, 54-bis e 54-ter c.p.p. per la risoluzione del contrasto positivo o negativo tra Uffici del pubblico ministero.

Il procuratore della Repubblica, investito della richiesta di assistenza diretta per l'esecuzione dell'attività di raccolta della prova, è tenuto a darne avviso al Ministro della giustizia, trasmettendo copia della richiesta inoltrata.

Il regime dell'atto di acquisizione probatoria da compiersi segue i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano: quando l'autorità richiedente abbia chiesto che l'atto sia compiuto dal giudice o si tratti di atto di competenza di questi, il procuratore della Repubblica è tenuto a presentare richiesta al giudice per le indagini preliminari, che provvede senza ritardo.

Nella scelta delle modalità di esecuzione della richiesta probatoria opera il principio secondo cui lo Stato membro cui viene richiesta l'assistenza è tenuto ad osservare le procedure indicate dallo Stato richiedente, con l'unico limite che queste siano conformi con i principi giuridici fondamentali dell'ordinamento interno dello Stato richiesto.

In casi di contrasto delle condizioni poste con le norme interne è previsto uno specifico obbligo di informazione all'Autorità richiedente circa l'impossibilità di compiere l'atto, che assume contenuto propositivo in quanto la comunicazione deve contenere l'indicazione delle condizioni alle quali la richiesta può essere soddisfatta. Analogo obbligo di informazione è previsto nel caso in cui non possa essere rispettato il termine per la esecuzione indicato nella richiesta o quando l'impossibilità di dare tempestivo riscontro alla richiesta probatoria derivi dal pericolo di pregiudizio alle indagini preliminari o ad un processo già in corso.

Al di là dei prescritti obblighi di informativa, in ordine ai procedimenti penali o amministrativi oggetto di richiesta, le autorità competenti degli Stati Parte possono scambiarsi direttamente ed in modo spontaneo informazioni utili, senza che tale flusso corrisponda ad una precisa richiesta di informazioni (art. 9). Si tratta di una forma di assistenza spontanea ed informale, ordinariamente derivante da pregresse richieste di assistenza, che concerne lo scambio di dati ed elementi complementari ritenuti utili a fini di istruttoria procedimentale. L'utilizzabilità di tali informazioni spontanee è, comunque, soggetta ai limiti indicati dall'autorità dello Stato Parte che le ha comunicate.

Le forme speciali di assistenza: il sequestro a fini di restituzione e l'estradizione temporanea

Il Titolo II del d.lgs. 52 del 2017, in corrispondenza con le disposizioni del Titolo II della Convenzione europea, è dedicato a speciali forme di assistenza ed alla disciplina di speciali tecniche di indagine.

L'art. 10, in particolare, disciplina il sequestro e la restituzione dei beni compendio di reato su richiesta di uno Stato Parte. Il procuratore della Repubblica provvede a disporre il sequestro di cose da restituire all'avente diritto, in accoglimento della richiesta di assistenza, quando non vi è dubbio sull'appartenenza delle cose e non vi siano ragioni per mantenere il sequestro a fini di prova o di confisca. La ratio della norma è quella di contemperare la tutela dei diritti del legittimo proprietario con quello degli eventuali terzi in buona fede, concedendo la facoltà – e non l'obbligo – allo Stato richiesto a mettere a disposizione dello Stato richiedente tempestivamente i beni ottenuti attraverso reati, al fine di restituirli al soggetto proprietario il cui diritto non sia controverso, salvi in ogni caso i diritti dei terzi in buona fede.

La materia è, tuttavia, già disciplinata dalla decisione quadro 2003/577/Gai, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, che è stata recepita con il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 35. Per effetto di tale direttiva l'autorità giudiziaria di uno Stato membro che intenda acquisire la disponibilità di un bene di cui conosca la localizzazione, previa individuazione della autorità competente per l'esecuzione del provvedimento, potrà richiedere il reciproco riconoscimento del provvedimento ablativo, superando le forme della assistenza previste dalla Convenzione.

Forme procedimentali speciali sono, inoltre, dettate per il trasferimento temporaneo, a fini di indagine, di persone che già si trovano in stato di detenzione in un altro Stato. Si tratta dei casi di estradizione processuale, già previsti dalla Convenzione di assistenza giudiziaria penale del 1959, per finalità di acquisizione probatoria.

La richiesta viene inoltrata necessariamente per il tramite del Ministro della giustizia, che trasmette la richiesta di trasferimento temporaneo al procuratore della Repubblica competente, salvo che la sua esecuzione non comprometta la sovranità, la sicurezza e gli interessi nazionali.

Si tratta di una forma di trasferimento temporaneo del detenuto, soggetta al consenso da questi formalmente prestato e documentato, le cui modalità concrete sono concordate tra il Procuratore della Repubblica, che dà esecuzione alla richiesta, e lo Stato rogante, che deve garantire il mantenimento dello stato di detenzione del soggetto e disciplinare le modalità di trasferimento temporaneo (nella casa circondariale del luogo di esecuzione della richiesta) ed il termine di rientro nello Stato richiedente.

Inderogabili limiti funzionali al ricorso allo strumento dell'estradizione temporanea sono quelli che impediscono che la persona detenuta possa essere sottoposta nello Stato Parte richiedente a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza ovvero assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore e diverso da quello per il quale il trasferimento temporaneo è stato disposto.

Analoghe modalità concordate di estradizione, nei richiamati limiti di attuazione (necessario consenso assistito del detenuto all'atto dell'esecuzione, pericolo di compromissione di interessi nazionali), sono previste per l'estradizione temporanea a fini investigativi di un soggetto detenuto in Italia.

Il termine per il rientro del detenuto in Italia deve essere concordato in funzione del rispetto dei termini massimi di custodia cautelare o del termine di cessazione della pena in esecuzione e l'esecuzione del trasferimento temporaneo è soggetto ad autorizzazione del giudice che procede o, nel caso di condannato o di internato, del magistrato di sorveglianza.

Viene, infine, espressamente stabilito che il periodo di detenzione trascorso presso lo Stato richiedente venga dedotto per il calcolo del fine pena.

Videoconferenza e audizione a distanza

Le disposizioni di cui agli artt. 13-15 del d.lgs. 52 del 2017 disciplinano le modalità esecutive della richiesta di audizione, mediante videoconferenza o mero collegamento telefonico, della persona sottoposta ad indagini, dell'imputato, del testimone, del consulente tecnico o del perito.

Si tratta di uno strumento di collaborazione investigativa alternativoal trasferimento temporaneo del soggetto da uno Stato all'altro, che sfruttano le più moderne tecniche dell'audizione attraverso video e tele conferenza, specie quando lo spostamento non sia possibile od opportuno, anche per ragioni di incolumità e sicurezza del detenuto.

Le disposizioni della Convenzione (art. 4, § 1) ribaltano il principio del locus regit actum adottato dalla Convenzione europea del 1959, prevedendo, in via tendenziale, che la richiesta di assistenza giudiziaria sia attuata in modo conforme alle formalità e procedure indicate dallo Stato Parte richiedente, al fine di «agevolare l'utilizzo delle informazioni raccolte mediante l'assistenza giudiziaria come prove nelle successive fasi del procedimento nello Stato membro richiedente».

Tale principio rimane però sulla sfondo, in quanto le concrete modalità di svolgimento delle audizioni sono sempre oggetto di accordo con l'autorità richiedente, anche con riferimento alle misure relative alla protezione delle persone sentite, ed è assicurata la presenza di un interprete.

La scelta di dare preferenza ad una modalità concordata di ascolto in videoconferenza si colloca nel solco della Convenzione di Palermo del dicembre 2000 (Convenzione delle Nazioni unite contro la criminalità organizzata transnazionale, art. 8, § 18), attuata con la legge 16 marzo 2006, n. 146, che, in forma sintetica, prevede la possibilità di accordarsi «perché l'audizione sia condotta da un'autorità giudiziaria dello Stato parte richiedente alla presenza di un'autorità giudiziaria dello Stato parte richiesto».

Nella specie, il decreto legislativo prevede che l'audizione sia condotta direttamente dall'autorità giudiziaria dello Stato Parte richiedente, in presenza del Procuratore della Repubblica richiesto.

L'audizione dell'indagato o dell'imputato può essere effettuata soltanto previo consenso, condizione non richiesta per i testimoni o i periti. La ratio della disposizione si coglie nella necessità che sia tutelato il diritto alla difesa e alla effettiva partecipazione all'attività processuale in cui si esplica, che potrebbero essere pregiudicate dalla partecipazione a distanza, pur attuata attraverso adeguati mezzi tecnici e specifiche garanzie procedurali.

Le modalità di collegamento devono, in ogni caso, garantire la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di un ascolto compiuto di ciò che avviene nei luoghi collegati a distanza, nonché l'immediata compartecipazione dialettica delle parti interessate al momento formativo della prova.

La persona da ascoltare può avvalersi della facoltà di non testimoniare nei casi previsti dalla legge italiana. In tal senso, l'art. 13, comma 5, richiama l'applicabilità delle norme incriminatrici dei delitti, tra gli altri, di falsa testimonianza, false informazioni al pubblico ministero e calunnia commessi nel corso dell'audizione in videoconferenza.

A garanzia del corretto svolgimento dell'audizione, l'autorità giudiziaria dello Stato membro richiesto redige al termine un processo verbale, che viene poi trasmesso allo Stato richiedente.

La richiesta di audizione a distanza in videoconferenza è formulata in via diretta all'autorità giudiziaria di un altro Stato Parte. Tale richiesta presuppone che il soggetto da sentire sia nel territorio dello Stato Parte richiesto dell'assistenza, anche se detenuto per diverso titolo, ovvero ancora sia soggetto a programmi o misure di protezione ex art. 147-bis disp. att. c.p.p., e che sussistano giustificati motivi che rendono non opportuna la sua presenza nel territorio nazionale

In via alternativa alla videoconferenza, secondo una prassi tratta dall'ordinamento svedese, l'audizione a distanza del testimone o del perito – non dell'imputato - può avvenire mediante conferenza telefonica (art. 15), su consenso dell'interessato, secondo modalità concordate tra le autorità procedenti. I verbali di dichiarazioni acquisite con le suddette modalità non possono essere in ogni caso utilizzati dall'autorità giudiziaria italiana.

Gli strumenti di cooperazione investigativa diretta

In attuazione degli artt. 12 e 14 della Convenzione europea in tema di assistenza giudiziaria il decreto legislativo disciplina talune tecniche investigative tipiche della cooperazione tra autorità inquirenti, già regolamentate nella Convenzione di assistenza reciproca tra autorità doganali del 18 dicembre 1997 (la c.d. Convenzione di "Napoli 2") e nell'art. 73 della Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen.

Si tratta dell'istituto delle c.d. consegne sorvegliate e delle operazioni di infiltrazione attraverso agenti sotto copertura.

Secondo le disposizioni della Convenzione, le consegne controllate sono eseguite nell'ambito di indagini penali relative a reati suscettibili di estradizione, su richiesta diretta di uno Stato Parte, mentre le operazioni di infiltrazione sono da ritenersi ammissibili in via generale nelle indagini relative a qualsiasi tipo di reato. In entrambi i casi il principio cardine è che devono sempre trovare applicazione le norme e le procedure nazionali dello Stato sul cui territorio si effettua l'operazione, che mantiene il diritto di iniziativa, la direzione e il controllo delle operazioni.

La norma di attuazione opera, sul punto, un generale rinvio alla disciplina introdotta dall'art. 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146 (come modificata con legge 13 agosto 2010, n. 136), legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione (Palermo, 2000) e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001.

In particolare, la nostra legislazione ha optato per un modello unitario di operazioni sotto copertura (art. 9 della legge 146 del 2006) che, nel quadro di insieme delle tecniche speciali di investigazione, prevede la possibilità del differimento degli atti d'indagine.

Le linee operative cui si conforma la disciplina delle operazioni sotto copertura e delle c.d. consegne controllate prevedono una riserva di applicazione delle scriminanti speciali per i soli soggetti qualificati in quanto appartenenti ad unità speciali. Si tratta di soggetti che operano in esecuzione di operazioni disposte da organismi di livello centrale, preposti istituzionalmente al contrasto del fenomeno criminale. Il citato art. 9 della l. 146 del 2006, sul punto, ha previsto per ciascuna tipologia di operazione tipizzata, la possibilità per l'ufficiale di polizia giudiziaria di avvalersi di ausiliari e di persone interposte.

Ulteriori limiti di applicabilità delle disposizioni derogatorie in esame riguardano la peculiare finalità di tali operazioni, che devono essere volte alla acquisizione di elementi di prova per taluni specifici delitti, e la necessità che sia data informazione preventiva o, quantomeno, contestuale al pubblico ministero delle operazioni da svolgersi.

La responsabilità penale, per quanto riguarda i reati che gli agenti operanti in altri Stati abbiano eventualmente subìto o commesso, è governata da un principio di assimilazione ai funzionari nazionali. In particolare, l'art. 17 del d.lgs. 52 del 2017 riconosce al funzionario dello Stato Parte che collabori ad operazioni di consegna controllata o agisca nell'ambito di operazioni di infiltrazione, agli effetti penali, la qualifica di pubblico ufficiale, nei cui confronti è operante la speciale causa di non punibilità di cui all'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146.

Lo Stato sul cui territorio si svolgono le operazioni speciali assume la responsabilità civile per i danni causati a terzi dagli agenti dello Stato richiedente che abbia preso parte alle attività investigative nel territorio nazionale, salvo il diritto di rivalsa nei confronti dello Stato Parte di nazionalità, sussistendo un obbligo a carico di questo di tenere indenne lo Stato richiesto delle somme eventualmente anticipate a titolo di risarcimento.

L'art. 13 della Convenzione europea disciplina la costituzione di squadre investigative comuni, composte da investigatori e/o magistrati di diversi Stati membri per la conduzione di un'inchiesta che interessi più Stati e richieda un'azione coordinata e concertata tra le autorità inquirenti degli stessi. La disposizione regolamenta le forme di collaborazione investigativa già previsto dall'art. 32 T.F.Ue. Le squadre investigative possono operare solo negli Stati membri che abbiano propri componenti in essa e, in ragione della salvaguardia dl principio di sovranità nazionale, sono soggette alla direzione dei rappresentanti dello Stato membro e agiscono in conformità con la legge nazionale dello Stato membro in cui si trova ad intervenire.

La norma di attuazione opera un generale rinvio alla disciplina prevista dal decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 34, recante norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/Gai del Consiglio, del 13 giugno 2002. In base alle modalità organizzative e operative descritte dall'articolo in esame, ciascuna squadra investigativa è costituita per uno scopo determinato e ha durata limitata nel tempo, che può essere prorogata con il consenso di tutti gli Stati interessati. Alle équipes possono partecipare anche soggetti diversi dai rappresentanti degli Stati membri presenti in essa, oltre che agenti di Stati terzi o di organismi internazionali, quali gli agenti di Europol, indicati dalla Convenzione con il termine rappresentanti di organismi istituiti ai sensi del trattato sull'Unione europea.

Le intercettazioni di telecomunicazioni

Il Titolo III (artt. da 19 a 23) del d. lgs. 52 del 2017 è interamente dedicato al tema delle operazioni di intercettazione delle telecomunicazioni. Nel decreto sono attuate le disposizioni di cui al Capo III della Convenzione, finalizzate a coniugare l'esigenza di eseguire le intercettazioni in maniera rapida ed efficace con un'adeguata tutela delle libertà individuali, tenendo conto della evoluzione delle tecnologie degli strumenti di comunicazione e di quelle di captazione. Infatti, per effetto della mobilità dei devices, l'intercettazione dei flussi e delle comunicazioni delle utenze telefoniche può essere effettuata o proseguita anche nel territorio di un altro Stato. Al contempo, l'autorità giudiziaria procedente potrebbe non essere in gardo di procedere in via autonoma alla intercettazione di comunicazioni che pure hanno origine a partire dal suo territorio, ma effettuate da utenza mobile di un operatore di altro Stato membro.

La Convenzione intende regolare le operazioni di intercettazioni che interessino, per le suindicate condizioni, più di uno Stato Parte, rispondendo alla necessità di garantire che tali operazioni possano giovarsi di forme di assistenza tecnica reciproca tra Stati Parte, nonché, nei casi in cui non si ravvisi tale esigenza di assistenza giudiziaria, assicurare che lo Stato che procede alla intercettazione dia sempre conto della presenza del soggetto intercettato all'interno del territorio di un altro Stato Parte.

Giova precisare che la Convenzione europea fa riferimento all'intercettazione di telecomunicazioni, che deve essere intesa in senso lato. La Convenzione, di contro, non ha ad oggetto la disciplina delle c.d. intercettazioni ambientali o di comunicazioni tra presenti, la cui esecuzione deve, dunque, costituire oggetto di una generica richiesta di assistenza, ai sensi dell'art. 1 della Convenzione europea.

Le disposizioni della Convenzione forniscono una soluzione ai dubbi avanzati dalla dottrina sulla legittimità delle intercettazioni mediante la procedura del c.d. istradamento, cioè il convogliamento delle chiamate partenti da una certa zona all'estero in un nodo posto in Italia. Tale tecnica consente, conoscendo il numero di una determinata utenza estera, di intercettare tutte le comunicazioni e conversazioni in uscita dal territorio nazionale, intestate ad utenze che vengono individuate solo successivamente, all'esito o nel corso delle operazioni di captazione. Sul punto, un consolidato indirizzo giurisprudenziale (da ultimo, Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2015, n. 9161) ritiene la legittimità dell'istradamento, allorquando l'attività di captazione e di registrazione del flusso comunicativo avvenga in Italia, prescindendo dal fatto che sia captata una utenza mobile italiana in uso all'estero ovvero una utenza mobile straniera in uso in Italia., in quanto la rogatoria si attua solo per l'intercettazione di comunicazioni transitanti unicamente su territorio straniero.

Quando il soggetto da sottoporre ad intercettazione non sia presente nel territorio dello Stato richiesto di effettuare la captazione (ma su quello di uno Stato terzo o dello stesso Stato richiedente), questa deve essere eseguita alla sola condizione del rispetto dei requisiti formali della domanda, nei termini previsti dalla Convenzione.

In tal caso, l'esecuzione dell'intercettazione si attua attraverso la procedura della richiesta di assistenza tecnica mediante l'emissione di un ordine all'operatore di rete e la trasmissione immediata dei flussi comunicativi intercettati.

Il procuratore della Repubblica richiesto di assistenza deve verificare le condizioni legittimanti la richiesta di intercettazione: nella specie, la conferma dell'emissione di un ordine o di un provvedimento legittimo di intercettazione con riferimento ad un'indagine penale; le informazioni per l'identificazione della persona sottoposta ad intercettazione; l'indicazione della condotta criminale soggetta all'indagine e la durata auspicata dell'intercettazione. Provvede, quindi, ad emettere un ordine di intercettazione all'operatore di rete nazionale, ai sensi dell'articolo 96 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, trasmettendo copia del provvedimento dell'autorità richiedente.

Ove, invece, il “bersaglio” dell'intercettazione si trovi nel territorio dello Stato richiesto, la richiesta di assistenza alle operazioni di intercettazione deve essere eseguita mediante autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, su richiesta del procuratore della Repubblica, salvo, nei casi di urgenza, l'esecuzione con decreto motivato di intercettazione, soggetto a successivo necessario provvedimento di convalida. La richiesta deve essere accompagnata da una "sintesi dei fatti" e l'esecuzione è subordinata alla condizione che la misura sia richiesta per uno dei reati per i quali è prevista dall'ordinamento nazionale. Il g.i.p. è tenuto a verificare, inoltre, la sussistenza dei medesimi requisiti formali richiesti per la domanda di assistenza tecnica attiva.

Come si rileva dalle disposizioni del d. lgs. 52 del 2017, la modalità ordinaria di attuazione delle operazioni di captazione è la trasmissione immediata dei flussi e dei dati allo Stato richiedente, che può procedere direttamente all'ascolto ed alla registrazione. L'unica deroga, per le ipotesi di intercettazioni eseguite sul territorio dello Stato, è prevista nel caso di acquisizione di comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, dovendo provvedersi agli adempimenti di cui all'articolo 270-bis del codice di procedura penale prima di trasmettere all'autorità richiedente i risultati delle operazioni di intercettazione.

In un'ulteriore ordine di casi, di contro, l'assistenza tecnica dello Stato può non rivelarsi necessaria ai fini di un'intercettazione disposta da un altro Stato Parte, anche se l'utente intercettato si trova all'interno del territorio nazionale. E' il caso dell'intercettazione disposta senza assistenza tecnica, che opera quando l'utenza seguita utilizzi il meccanismo del “roaming internazionale”. In tale ipotesi, è previsto un obbligo di notificazione delle operazioni all'Autorità sul cui territorio si svolgano le operazioni di intercettazione.

Nella specie, il procuratore della Repubblica, ove riceva notificazione delle operazioni svolte da autorità giudiziaria o amministrativa di altro Stato Parte, provvede a richiedere al Gip l'autorizzazione. Il giudice dispone con decreto l'esecuzione o la prosecuzione delle operazioni di intercettazione o, se le intercettazioni sono state disposte in riferimento a un reato per il quale, secondo l'ordinamento interno, non sono consentite, ne ordina l'immediata cessazione. Di tali provvedimenti è data tempestiva comunicazione all'autorità competente dello Stato Parte.

Forme procedurali analoghe sono previste per le ipotesi di richiesta da parte dell'autorità giudiziaria italiana di assistenza tecnica o di notifica delle operazioni di captazione compiute nel territorio di altro Stato Parte. L'art. 22 del d.lgs. 52 del 2017 indica gli elementi che deve contenere la domanda di assistenza tecnica (autorità procedente, titolo autorizzativo, dati tecnici e durata delle operazioni). L'art. 23 del medesimo d.lgs. dispone che il pubblico ministero, con le medesime forme di notificazione dia comunicazione dello svolgimento delle operazioni di intercettazione alla competente Autorità dello Stato Parte, quando ha notizia che il dispositivo controllato si trova sul territorio di questa. L'Autorità procedente è tenuta a disporre “immediatamente” la cessazione delle operazioni quando l'autorità competente dello Stato Parte dia comunicazione che non possono essere proseguite.

È vietato l'utilizzazione dei risultati delle intercettazioni di cui sia disposta la cessazione, per le quali si applica la disposizione sul divieto delle intercettazioni di sicurezza transfrontaliere di cui all'articolo 20, paragrafo 4, della Convenzione.

L'attuazione della Convenzione è soggetta alla clausola della invarianza finanziaria, per cui gli oneri dei costi sostenuti dagli operatori delle telecomunicazioni o dai fornitori di servizi per le attività di assistenza sono posti a carico dello Stato Parte richiedente.

La direttiva europea di indagine penale 2014/41/Ue completa il quadro normativo di riferimento in tema di intercettazioni transnazionali, dettando una specifica disciplina per l'esecuzione delle intercettazioni (artt. 30 e 31). Si tratta di disposizioni esecutive del nuovo strumento dell'Ordine europeo di indagine (OEI), collaterale alle richiamate forme di cooperazione ai fini del sequestro probatorio – quando il bene non sia localizzato – della istituzione delle squadre investigative comuni e di intercettazioni con trasmissione immediata delle comunicazioni. L'OEI assume natura strumentale per la esecuzione delle forme di cooperazione giudiziaria oggetto della Convenzione, consentendo la raccolta delle informazioni utili per l'identificazione della persona da captare e dei dati tecnici per la individuazione dell'obiettivo, nonché a stabilire la presumibile durata dell'intercettazione.

La protezione dei dati personali

In conformità alle disposizioni della Convenzione europea (Titolo IV, dedicato alla protezione dei dati personali oggetto di scambio), l'art. 25 del d. lgs. 52 del 2017 richiama le disposizioni contenute nel decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, per il trattamento dei dati personali. Tali dati sono direttamente utilizzabili da parte delle autorità dello Stato ricevente e ciò potrà avvenire, oltre che in relazione ai procedimenti (penali od amministrativi) cui la Convenzione è applicabile, anche nel quadro di qualsiasi procedimento giudiziario od amministrativo connesso al procedimento principale od ai fini della prevenzione di un pericolo grave ed immediato per la sicurezza pubblica.

Qualsiasi altra ipotesi di utilizzo è soggetta alla previa autorizzazione dello Stato trasmittente o al consenso della persona interessata.

In conclusione

Il decreto legislativo 52 del 2017, pur intervenuto a distanza di molti anni dalla Convenzione europea di Bruxelles del 29 maggio 2000, costituisce un indubitabile passo in avanti verso la semplificazione e una più immediata esecuzione delle forme di assistenza giudiziaria in materia penale.

Le nuove norme costituiscono un sicuro fattore di progresso all'interno di un quadro di cooperazione diretta tra autorità giudiziarie, che in qualche modo supera l'esigenza di armonizzazione tra gli ordinamenti nazionali, tanto sotto il profilo sostanziale che procedurale previsto dagli artt. 29 e 31 del Trattato Ue.

Le garanzie di sovranità e sicurezza dello Stato richiesto di assistenza restano salvaguardate dalla possibilità di rifiuto di assistenza (o di ordine di cessazione immediata) alle operazioni di intercettazione, di ricerche e sequestri, cui non si può procedere in assenza del requisito della doppia incriminazione. Più in generale, quanto alle modalità esecutive, un valido argine è costituito dal richiamo alla conformità delle forme e del contenuto dell'assistenza ai principi fondamentali del diritto nazionale, che assicurano una uniforme applicazione degli strumenti di cooperazione in materia penale. Espressione di tali principi è, ad esempio, la previsione di forme giurisdizionali di controllo sulle attività di intercettazione svolte sul territorio dello Stato, che siano oggetto di richiesta di assistenza o notificazione, che richiede il necessario l'intervento del Gip per l'autorizzazione alla loro esecuzione.

Particolarmente utile, al fine di consentire immediatezza e continuità nell'attività investigativa, potrà rivelarsi la disciplina di esecuzione delle tecniche di indagine di captazione di conversazioni o di flussi comunicativi. Il regime normativo contempera il potere di intercettazione dell'autorità dello Stato Parte, attuato attraverso l'ordine all'operatore di rete o l'autorizzazione del g.i.p. quando il soggetto intercettato si trovi sul territorio italiano, con l'interesse dello Stato a garantire comunque un intervento dell'autorità giudiziaria italiana per il caso in cui l'esecuzione delle intercettazioni sia operata dallo Stato membro senza richiesta di assistenza.

Il limite alla esecuzione o prosecuzione delle intercettazioni sul territorio di altro Stato costituito dalla sussistenza di un reato per il quale, secondo l'ordinamento interno, queste possano essere disposte, rappresenta un elemento di forte impulso verso una armonizzazione degli ordinamenti penali degli Stati membri.

Deve, tuttavia, rilevarsi che parte delle disposizioni attuative sono risultate superate da norme di attuazione di successive direttive europee di settore, come nel caso della possibilità di costituzione di squadre investigative nell'ambito dei rapporti di cooperazione disciplinati dalla convenzione, per le cui modalità attuative la norma rinvia alle disposizioni del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 34, attuativo della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, in tema di squadre investigative comuni; ovvero del reciproco riconoscimento dei provvedimenti giudiziari di blocco dei beni o di sequestro introdotto, di cui alla decisione quadro 2003/577/Gai, oggetto di recepimento con il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 35.

Le nuove disposizioni appaiono, infine, di breve respiro. Per effetto dell'art. 34 della citata direttiva 2014/41/UE sull'ordine europeo di indagine saranno sostituite «a decorrere dal 22 maggio 2017» le disposizioni, tra le altre, della Convenzione sull'assistenza giudiziaria per tutti gli atti di indagine finalizzati all'acquisizione di prove, salvo che per le attività realizzate mediante la costituzione di una squadra investigativa comune, di cui alla decisione quadro 2002/465/Gai.

Guida all'approfndirmento

T. BENE, Transnazionalità dei crimini nella società confessionale: i pericoli della tecnologia e del diritto, in Giur. It., 2016, 3, 717

L. SALAZAR, La nuova convenzione europea sull'assistenza giudiziaria in materia penale, in Dir. Pen. e Processo, 2000, 11, 1534-1664

M. MENNA, Mandato di ricerca della prova e sistemi probatori, in Dir. Pen. e Processo, 2011, 3, 370;

A. PANZAROLA, La notificazione degli atti giudiziari ed extragiudiziali negli Stati membri dell'Unione Europea, Nuove Leggi Civ. Comm., 2000, 6

B. PIATTOLI, Agenti provocatori, indagini “undercover” e diritto alla prova tra limiti di utilizzabilità interni e profili di internazionalizzazione, in Dir. Pen. e Processo, 2013, 5, 561

M. PISANI, Rogatorie internazionali e videoconferenza, in Riv. Dir. Proc., 2002, 4, 981

N. VENTURA, Regole e tecniche di intercettazione di comunicazioni telefoniche con utenti esteri, in Dir. Pen. e Processo, 2005, 2, 223

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