Omesso versamento Iva e art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997: il giudice non può applicare il ne bis in idem ma deve sollevare Q.L.C.

Redazione Scientifica
24 Giugno 2016

Il giudice di legittimità ha affermato che tra il reato di omesso versamento Iva di cui all'art. 10-ter d.lgs. 74/2000 e l'art. 13, comma 1 d.lgs. 471/1997, il quale punisce con sanzione amministrativa la periodica omissione del versamento dell'Iva entro il mese successivo a quello di maturazione del debito d'imposta, sussiste un rapporto di progressione e non di specialità, con la conseguenza che al trasgressore devono applicarsi entrambe le sanzioni.

Il giudice di legittimità ha affermato che tra il reato di omesso versamento Iva di cui all'art. 10-ter d.lgs. 74/2000 e l'art. 13, comma 1 d.lgs. 471/1997, il quale punisce con sanzione amministrativa la periodica omissione del versamento dell'Iva entro il mese successivo a quello di maturazione del debito d'imposta, sussiste un rapporto di progressione e non di specialità, con la conseguenza che al trasgressore devono applicarsi entrambe le sanzioni.

Relativamente alla duplicazione sanzionatoria dell'illecito di omesso versamento Iva, il giudice non può pertanto dare attuazione al principio del ne bis in idem: l'unica via da lui percorribile è quella di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 4, prot. 7, Cedu.

Con tali motivazioni la III Sezione penale della Corte di cassazione ha accolto il ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Torino contro la decisione del tribunale di Asti che dichiarava il non doversi procedere ai sensi degli artt. 529 e 649 c.p.p., interpretato alla luce dell'art. 4, par. 7, Cedu, data l'irrogazione di sanzioni amministrative per gli stessi fatti oggetto del procedimento penale.

Nella sentenza n. 25815, depositata il 22 giugno 2016, si legge che tale applicazione dell'art. 649 c.p.p. è erronea: il giudice nazionale deve preventivamente interpretare la norma interna in senso conforme alla norma convenzionale, ricorrendo a tutti i normali parametri di ermeneutica giuridica e, nel caso in cui tale opzione interpretativa risulti impraticabile (come nel caso di specie), egli, nell'impossibilità di disapplicare la norma interna contrastante, deve denunciare la rilevata incompatibilità proponendo questione di legittimità costituzionale.

Ricordano, infine, i giudici di legittimità che presupposto per l'applicazione dell'art. 649 c.p.p. è l'intervenuta irrevocabilità della sentenza. Posto che, nel caso oggetto di ricorso, manca la prova della definitività dell'accertamento, non è stato possibile sollevare, d'ufficio, la questione di legittimità costituzionale.

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