Misure interdittive: sul termine di durata il giudice deve motivare

Redazione Scientifica
19 Gennaio 2016

La V Sezione penale della Corte di cassazione (sentenza n. 1325 del 14 gennaio 2016) ha affermato che il termine di durata delle misure interdittive (fissato dall'art. 308 c.p.p. – come modificato dalla l. n. 47 del 2015 - in misura non superiore nel massimo a dodici mesi) va, in concreto, determinato discrezionalmente dal giudice.

La V Sezione penale della Corte di cassazione (sentenza n. 1325 del 14 gennaio 2016) ha affermato che il termine di durata delle misure interdittive (fissato dall'art. 308 c.p.p. – come modificato dalla l. 47 del 2015 - in misura non superiore nel massimo a dodici mesi) va, in concreto, determinato discrezionalmente dal giudice: la relativa valutazione deve, peraltro, essere sorretta da un'idonea motivazione che dia conto delle ragioni considerate, anche in riferimento alle ritenute esigenze cautelari. In applicazione del principio, è stata annullata (con rinvio) l'ordinanza del tribunale del riesame confermativa di un'ordinanza coercitiva che aveva fissato il termine di durata di una misura interdittiva (applicata per i reati di cui agli artt. 479 e 476, comma 2, c.p.) nella misura massima, limitandosi ad evidenziare che la misura interdittiva costituiva l'unica idonea e proporzionata, senza esporre le ragioni per le quali riteneva l'adeguatezza del termine fissato in relazione alle esigenze cautelari da salvaguardare.

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