Daspo: al Gip la decisione sulla richiesta di revoca o di modifica dell'obbligo di presentazione

25 Luglio 2016

In tema di turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive, sulla richiesta di revoca o di modifica del provvedimento impositivo dell'obbligo di presentazione di cui all'art. 6, comma 2, l. 13 dicembre 1989, n. 401 decide il giudice per le indagini preliminari già, a suo tempo, investito della convalida del provvedimento medesimo.
Massima

In tema di turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive, sulla richiesta di revoca o di modifica del provvedimento impositivo dell'obbligo di presentazione di cui all'art. 6, comma 2, l. 13 dicembre 1989, n. 401 decide il giudice per le indagini preliminari già, a suo tempo, investito della convalida del provvedimento medesimo.

Il caso

Con due differenti ordinanze il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze rigettava le istanze presentategli al fine di ottenere la revoca dell'obbligo di presentazione all'ufficio di polizia di cui all'art. 6, comma 2, l. 401 del 1989, prescrizione disposta unitamente al divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, sull'assunto che l'intervento dell'autorità giudiziaria è esplicitamente consentito dalla lettera della legge solo nella fase di convalida del decreto questorile, con la conseguenza che la procedura destinata ad ottenere la revoca o la modifica della misura de qua deve essere rivolta all'autorità amministrativa. A mezzo del proprio difensore, l'interessato proponeva ricorso per cassazione deducendo la violazione dell'art. 6, comma 5, l. 401/1989 ed, in subordine, invocando la questione di costituzionalità. L'argomentazione posta a sostegno di suddetta impugnazione si basa sulla circostanza che, trattandosi pacificamente di una misura di prevenzione, la revoca o la modifica dell'obbligo di presentazione, deve essere, al pari di quanto previsto per gli altri istituti ante delictum, sottoposta al vaglio del giudice. In caso contrario, infatti, ossia ritenendo possibile rivolgersi al questore, l'interessato sarebbe “ostaggio” dell'autorità di polizia anche per anni, in palese violazione di numerosi precetti costituzionali quali gli artt. 3, 13, 24, 25 e 102 Cost.

La questione

La questione in esame è la seguente: se debba essere il giudice per le indagini preliminari a decidere in ordine alla richiesta di revoca o di modifica dell'obbligo di presentazione di cui all'art. 6, comma 2, l. 401/1989, prescrizione accessoria al divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive, o il questore, così come sostenuto, fino ad ora dalla giurisprudenza di legittimità.

Le soluzioni giuridiche

La suprema Corte ritiene il ricorso fondato. Il percorso logico-argomentativo sviluppato si muove sulle seguenti considerazioni. L'art. 6, comma 5, l. 401/1989 consente di ottenere la revoca o la modifica della misura di interdizione ai luoghi ove si svolgono specificate manifestazioni sportive nonché dell'eventuale obbligo di comparizione presso l'ufficio o il comando di polizia nelle giornate in cui si svolgono le competizioni inibite, allorquando siano venute meno o siano mutate, anche per l'effetto di decisioni dell'Autorità giudiziaria, le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. Pur nel silenzio della legge, stante l'indiscussa capacità della prescrizione accessoria di cui all'art. 6, comma 2, l. 401/1989 di incidere sulla libertà personale, così come peraltro in diverse occasioni ribadito dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 512/2002, n. 144/1997 e n. 193/1996), l'organo che, a parere della suprema Corte, deve essere investito di siffatta richiesta non può che essere il giudice per le indagini preliminari, il quale, già nel momento applicativo, della misura è chiamato a convalidare il decreto questorile. L'orientamento interpretativo che ha fino ad ora prevalso (Cass. pen., Sez. III, 5 luglio 2013, n. 38851, inedita; Cass. pen., Sez. III, 22 maggio 2013, n. 26641, inedita; Cass. pen., Sez. III, 12 marzo 2009, n. 15261), il quale, seppur in assenza di un esplicito richiamo normativo, ritiene legittimata a decidere sul punto l'autorità di pubblica sicurezza, secondo i giudici di legittimità, deve essere del tutto superato. Da un lato, infatti, detta impostazione ermeneutica risulterebbe in contrasto con le tutele imposte dall'art. 13 Cost., trattandosi di un provvedimento incidente sulla libertà personale; dall'altro, con il principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., emergendo una insanabile discordanza con la disciplina prevista per le misure di prevenzione personali “tradizionali” di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia), per le quali anche nel caso di richiesta di revoca o di modifica è prevista la garanzia del controllo giurisdizionale.

Osservazioni

Il sistema di prevenzione di episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive contenuto nell'art. 6, l. 401 del 1989 ha, fin dalla sua entrata in vigore, sollevato seri dubbi di costituzionalità. La disciplina normativa lacunosa e frammentaria, da un lato, e l'interpretazione della giurisprudenza poco incline a riconoscere nel settore delle misure ante delictum le garanzie minime hanno contribuito a mantenere per lungo tempo pressoché inalterato siffatto meccanismo, in spregio ai diritti del prevenuto. La sentenza che si annota, invece, palesa una auspicata inversione di tendenza, già mostrata, invero, dalla suprema Corte per altri aspetti della controversa disciplina contenuta nella l. 401 del 1989 e contiene, altresì, interessanti spunti di riflessione per le solide argomentazioni, ivi sviluppate, a sostegno della soluzione proposta. Il punctum dolens riguarda l'individuazione dell'organo legittimato a pronunciarsi sulla richiesta di revoca o di modifica della misura di divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, aggravata dalla prescrizione dell'obbligo di comparizione personale, una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o nel comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le competizioni interdette (art. 6, commi 1 e 2, l. 401/1989). Le difficoltà interpretative sono determinate dalla carenza del precetto normativo che si limita ad indicare le condizioni in presenza delle quali poter richiedere la revoca o la modifica degli strumenti di cui all'art. 6, comma 5, l. 401/1989, tacendo sia in ordine alla indicazione dell'organo legittimato a pronunciarsi in merito sia in riferimento alla procedura da seguire. È necessario, tuttavia, distinguere due differenti ipotesi. Allorquando, infatti, debba essere modificato o revocato il decreto che inibisce all'interessato l'accesso a determinati luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, appare corretto ritenere che esso deve essere disposto dall'autorità di pubblica sicurezza ossia il medesimo organo legittimato ad applicarlo. A ciò consegue, che, in caso di rigetto o di inerzia dell'autorità di pubblica sicurezza, il soggetto debba rivolgersi ai giudici amministrativi, seppur, invero, con i limiti legati alla sindacabilità dei provvedimenti in detta sede. Più complessa è, invece, come emerge anche dalla lettura della decisione in analisi, l'ipotesi in cui alla misura interdittiva di cui all'art. 6, comma 1, l. 401/1989 si aggiunga la prescrizione di comparizione personale di cui all'art. 6, comma 2, l. 401/1989. Quest'ultima, infatti, è una misura capace di incidere sulla libertà personale del destinatario, cosicché essa è circondata nella stessa l. 401 del 1989 da particolari garanzie che si completano con la fase di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari ed il possibile ricorso per cassazione avverso la relativa ordinanza (Corte cost. 12 giugno 1996, n. 193). Se, dunque, ai fini della convalida, il Legislatore ha previsto regole che riecheggiano le cadenze dettate dall'art. 13 Cost., in ragione proprio dell'incidenza della prescrizione di cui al comma 2 dell'art. 6, l. 401/1989 sulla libertà personale del prevenuto, nessuna disposizione, come accennato, è presente allorquando ne è richiesta la revoca o la modifica. L'indirizzo interpretativo prevalente, nel ritenere legittimato a decidere sulle istanze de quibus il questore, che ha emesso il provvedimento interdittivo, ha, fino ad oggi, privilegiato una impostazione ermeneutica che contrasta, in primo luogo, con la riserva di giurisdizione di cui all'art. 13 Cost. ma anche con l'art. 3 Cost., accedendo ad una lettura che pone tali strumenti di prevenzione in una posizione di ingiustificata atipicità rispetto a quelli tradizionali (quali la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza) disciplinati nel d.lgs. 159 del 2011. Tale riflessione sviluppata dalla suprema Corte nella decisione in epigrafe costituisce una base argomentativa imprescindibile. Da un lato, infatti, sarebbe del tutto incomprensibile ed ingiustificato riconoscere al giudice per le indagini preliminari un potere di controllo nella fase genetica di adozione del provvedimento in discorso, potere di controllo che, in virtù della novella del 2014, è oltremodo rafforzato dalla possibilità di incidere sul contenuto del decreto questorile modificandone le prescrizioni (art. 6, comma 3, l. 401 del 1989) ed, invece, non consentirlo successivamente, quando, anche a notevole distanza di tempo dalla sua applicazione, è necessario verificare la permanenza dei presupposti originari. La soluzione prospettata dai giudici consente, inoltre, di armonizzare il sistema di prevenzione penale. L'art. 11, d.lgs. 159 del 2011 prescrive, infatti, per la revoca o la modifica delle misure di prevenzione, ivi disciplinate, una procedura analoga a quella applicativa ossia lo svolgimento di una udienza davanti al tribunale della prevenzione. Alla luce della soluzione ermeneutica offerta dai giudici di legittimità, ineccepibile per coerenza e chiarezza dogmatica ed espositiva, la richiesta di revoca o di modifica dell'obbligo di comparizione personale di cui all'art. 6, comma 2, l. 401 del 1989, deve essere presentata al giudice per le indagini preliminari che ha disposto la convalida. Il controllo si realizza con la garanzia di un mero contraddittorio cartolare e la successiva ordinanza può essere oggetto di ricorso per cassazione per tutti i motivi di cui all'art. 606 c.p.p. L'inviolabilità della libertà dell'individuo sollecita, però, una ulteriore esigenza. Su temi così delicati, che involgono beni e garanzie protette dalle fonti sovraordinate, non deve essere affidato alla giurisprudenza il compito di indicare le regole da seguire. Il legislatore non può permettersi di abdicare dal suo ruolo. È necessaria, dunque, una completa rivisitazione della materia che segua, però, le linee in tal modo tracciate.

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