L'interrogatorio delegato non ha efficacia interruttiva della prescrizione

25 Luglio 2016

L'art. 160 c.p. elenca taluni atti processuali che interrompono il corso della prescrizione, di talchè le modifiche al codice di procedura penale, segnatamente, per quel che qui interessa, quelle inerenti l'art. 370 c.p.p. in tema di atti delegabili alla polizia giudiziaria, hanno posto degli interrogativi in ordine ai loro riflessi sulla norma del codice penale. Mutato sul finire degli anni '80 del secolo scorso il codice di rito, si pose la necessità di riformare l'elenco degli atti processuali che, a mente dell'art. 160 c.p., interrompevano la prescrizione. In particolare ...
Abstract

L'art. 160 c.p. elenca taluni atti processuali che interrompono il corso della prescrizione, di talchè le modifiche al codice di procedura penale, segnatamente, per quel che qui interessa, quelle inerenti l'art. 370 c.p.p. in tema di atti delegabili alla polizia giudiziaria, hanno posto degli interrogativi in ordine ai loro riflessi sulla norma del codice penale.

L'evoluzione dell'art. 160 c.p. e quella dell'art. 370 c.p.p.

Mutato sul finire degli anni '80 del secolo scorso il codice di rito, si pose la necessità di riformare l'elenco degli atti processuali che, a mente dell'art. 160 c.p., interrompevano la prescrizione.

In particolare, per ciò che qui rileva, il previgente capoverso della disposizione citata, secondo cui interrompeva la prescrizione l'interrogatorio reso dinanzi l'Autorità giudiziaria, è stato sostituito, ad opera dell'art. 239 disp. coord. del nuovo codice di rito, nel senso che interrompono pure la prescrizione [...] l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice, nonché l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio.

La nuova disposizione non pose alcun problema in ordine all'efficacia interruttiva dell'interrogatorio delegato alla polizia giudiziaria e ciò per la semplice ragione che il testo originario dell'art. 370 c.p.p. escludeva espressamente tra gli atti di indagine delegabili dal pubblico ministero l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini.

Tuttavia, al fine di rendere più elastica e funzionale l'attività d'indagine (cfr. la Relazione al disegno di legge di conversione del d.l. 306/1992), il Legislatore del 1992 riformò la disposizione del codice di rito, rendendo delegabile l'interrogatorio del prevenuto.

Epperò la riforma de qua non incise in alcun modo sul testo dell'art. 160 c.p., sicché, pur a fronte della riforma dell'art. 370 c.p.p., il codice penale non prevede, tra gli atti interruttivi del corso della prescrizione, né l'interrogatorio delegato dell'indagato, né l'invito a costui a presentarsi alla polizia giudiziaria per rendere l'atto menzionato.

La tesi dell'interpretazione adeguatrice

Nondimeno, talune pronunce della suprema Corte, in considerazione del disposto dell'art. 370, comma 2, c.p.p. secondo cui nel caso degli atti delegati si applicano le garanzie difensive previste per gli atti medesimi quando compiuti personalmente dal pubblico ministero, nonché del disposto dell' art. 513 stesso codice, che rende acquisibili al dibattimento, mediante lettura, le dichiarazioni contenute nei verbali di interrogatorio resi dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega di questi, hanno rilevato l'assoluta mancanza di tratti differenziali nella natura e funzione tra l'atto compiuto dal pubblico ministero e quello da lui delegato (Cass. pen., Sez. VI, 12 gennaio 1999, n. 144, nonché Cass. pen., Sez. V, 6 febbraio 2001, n. 8817).

Sulla scorta di tale asserzione si è ritenuto che il Legislatore del 1992 fosse incorso in un'ipotesi di difettoso coordinamento di norme, sicché l'espressione "davanti al pubblico ministero" di cui all'art. 160 non può più essere intesa nel senso che, per produrre l'effetto interruttivo della prescrizione, l'interrogatorio debba materialmente essere reso innanzi al pubblico ministero, rilevando piuttosto che l'interrogatorio sia stato voluto e disposto dall'organo inquirente, direttamente o avvalendosi della polizia giudiziaria quale sua longa manus(ibidem).

L'esegesi prescelta sarebbe peraltro resa possibile dal Giudice delle leggi che nel dichiarare, con sentenza 16.10.1998, n. 412, manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 160 comma 2 cod. pen., […] nella parte in cui non prevede, fra gli atti interruttivi della prescrizione l'interrogatorio reso alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero, ha tuttavia avuto cura, in motivazione, di segnalare che è compito del giudice ricercare e prescegliere una interpretazione adeguatrice secundum constitutionem (Cass. pen 8817/2001, cit.).

Dunque la tesi propugnata dalle pronunce di legittimità prima richiamate costituirebbe una mera interpretazione adeguatrice, rispettosa del divieto di analogia in malam partem, che presidia le norme penali. Infatti nel caso di specie non si creerebbe una nuova dispositio, cui sarebbe sottesa la eadem ratio dell'art. 160 c.p. ma si introdurrebbe semplicemente una differente lettura della locuzione "interrogatorio davanti al pubblico ministero", nel senso di interrogatorio disposto dal pubblico ministero (in dottrina, a sostegno dell'iter argomentativo fin qui illustrato, MACCHIA).

L'indirizzo avverso

Tuttavia altro arresto giurisprudenziale privilegiò una soluzione diametralmente opposta.

Infatti talune pronunce rilevarono come l'art. 160 c.p. autorizzasse a ritenere che soltanto gli atti compiuti dall'Autorità giudiziaria avessero efficacia interruttiva del corso della prescrizione e che pertanto nessuna valenza in tal senso potessero rivestire atti compiuti dalla polizia giudiziaria, financo se delegati (Cass. pen., Sez. VI, 12 gennaio 1999, Dogali, nonché Cass. pen., Sez. II, 11 gennaio 2001,n. 5173).

Ma soprattutto, tale indirizzo pose un problema nodale: se davvero il Legislatore del 1992, nel riformulare l'art. 370 c.p.p., era incorso in una dimenticanza, l'opposta tesi, colmando tale svista, finiva per sostituirsi al potere legislativo, in spregio al principio di separazione dei poteri (Cass. pen., Sez. II, 5173/2001 cit.), vieppiù che nel caso di specie al giudice era precluso il ricorso all'analogia.

L'intervento delle Sezioni unite: una consapevole scelta da parte del Legislatore e non un difetto di coordinamento.

Il contrasto giurisprudenziale, antea menzionato, venne composto nel 2001 dall'intervento delle Sezioni unite.

Il massimo consesso della Corte rilevò in primis che sia tutto da dimostrare, in assenza di alcun indizio ermeneutico, l'assunto per il quale l'omesso aggiornamento del catalogo di cui al secondo comma dell'art. 160 c.p.[…] sia frutto di "imperfetto coordinamento" con il novellato art. 370 c.p.p. e non piuttosto di una consapevole scelta da parte del Legislatore, vieppiù che la novella del 1992 ha apportato anche modifiche al codice penale.

Peraltro, che la mancata riforma dell'art. 160 c.p. sia il frutto di una consapevole scelta sarebbe testimoniato anche dalla circostanza che in altri ambiti normativi (id est in tema di reati fiscali e di competenza penale del giudice di pace) il Legislatore ha richiamato gli atti interruttivi di cui alla citata disposizione, affiancandovene ulteriori, senza mai però menzionare l'interrogatorio delegato. Analogo rilievo si accorda al silenzio serbato dal Legislatore a fronte del reiterato rifiuto da parte della Corte costituzionale di una pronuncia additiva in malam partem, volta ad integrare la serie degli atti interruttivi della prescrizione (Cass. pen., Sez. un., 11 luglio 2001, n. 33543).

Ma in ogni caso, per il massimo consesso del giudice di legittimità, a ben guardare la dinamica assimilatoria tra i due interrogatori, che ha condotto la Corte costituzionale a parificarne l'utilizzabilità ai fini della lettura (Corte cost. 24 febbraio 1995, n.60), finisce per confermare la differenza ontologica tra gli stessi: tanto che l'interrogatorio delegato della polizia giudiziaria – a differenza di quello da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, pure delegato dal titolare delle indagini al pubblico ministero presso il tribunale del luogo (art. 370.3 c.p.p.) –, proprio perché non espletato davanti all'autorità giudiziaria, resta circoscritto alla persona dell'indagato "che si trovi in stato di libertà" e pretende l'assistenza "necessaria" del difensore ai sensi dell'art. 370.1 c.p.p., secondo una più accentuata disciplina garantistica rispetto al medesimo atto che si svolge davanti al pubblico ministero (Cassazione penale, sez. un., cit.)

In ogni caso considerata la natura sostanziale della prescrizione, il suo effetto estintivo rispetto alla potestà punitiva e la tassatività dell'elencazione normativa degli atti interruttivi del suo corso, può fondatamente sostenersi che il principio di legalità e la garanzia di determinatezza della fattispecie di cui all'art. 25 cpv. Cost., da un lato, nonché il divieto di analogia nell'applicazione delle leggi penali ex art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, dall'altro, precludono qualsiasi operazione interpretativa di tipo additivo o manipolativo (ibidem).

L'effetto dell'invito per rendere interrogatorio

Dopo l'intervento delle Sezioni unite dovrebbe escludersi ogni valenza interruttiva anche dell'invito a presentarsi innanzi alla polizia giudiziaria per rendere l'interrogatorio delegato.

Invero, per quanto l'invito possa essere sottoscritto dall'Autorità giudiziaria, l'art. 160 c.p. riconosce efficacia interruttiva al solo invito a presentarsi innanzi al pubblico ministero.

Ed invero tale approdo esegetico è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. pen., Sez. V, 30 maggio 2000, n. 938; Cass. pen., Sez. II, 11 ottobre 2005,n. 39903, nonché Corte app. Palermo, Sez. I, 11 marzo 2014, n. 754).

Si registra tuttavia un isolato precedente in cui la suprema Corte, in accoglimento di una censura della pubblica accusa. inerente l'efficacia interruttiva dell'invito a presentarsi alla P.G. per rendere l'interrogatorio su delega, ha accolto il ricorso, rilevando che il predetto invito è sicuramente rappresentativo della "rottura" dell'inerzia che sta a fondamento della causa estintiva (Cass. pen., Sez. V, 16 dicembre 2005,n. 2787). Epperò non si può fare a meno di notare che in parte motiva la suprema Corte ha considerato che si vertesse nella ipotesi di invito a presentarsi davanti al P.M.

Né sembra infine smentire le superiori conclusioni altra pronuncia della Corte di cassazione, secondo cui l'invito a presentarsi innanzi al pubblico ministero ha efficacia interruttiva anche se poi all'interrogatorio abbia proceduto un ufficiale di polizia giudiziaria (Cass. pen., Sez. III, 8 maggio 2014, n. 18919). Infatti è evidente che in tal caso l'invito sia perfettamente conforme a quello menzionato dall'art. 160 c.p.

In conclusione

Il numerus clausus di atti richiamati dall'articolo 160 c.p. è verosimilmente meritevole di un complessivo ripensamento e ciò anche al di là di quanto fin qui illustrato. Al riguardo appare singolare che la norma in questione consideri quale atto interruttivo della prescrizione il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per decidere sull'archiviazione, anche lì dove esso non manifesti la volontà dell'autorità giudiziaria di contestare alcunché, come nel caso di fissazione di udienza consequenziale all'opposizione della persona offesa; lì dove invece nessuna efficacia interruttiva è assegnata all'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., che invece contiene un pre addebito.

Ciò che è certo è che tale ripensamento non può certamente realizzarsi con interventi suppletivi della magistratura.

Guida all'approfondimento

MACCHIA, Gli atti interruttivi della prescrizione: un elenco forse da aggiornare, in Cass. pen.1999 pag. 1086 e ss.;

TRABACCHI, sub art. 161, in Dolcini e Gatta (diretto da) Codice penale commentato, IV ed.

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