Confisca per equivalente del profitto del reato tributario e commisurazione all'importo delle sanzioni tributarie

Corrado Sanvito
27 Giugno 2017

La sentenza in commento affronta la questione della possibilità di ritenere profitto del reato tributario la (anche la) sanzione amministrativa tributaria. Presupposto della questione è la confisca obbligatoria del profitto del reato tributario; quindi la confisca dello stesso per equivalente valore.
Massima

In tema di profitto del reato tributario, le sanzioni tributarie concorrono a determinare il valore del profitto confiscabile solo nel caso in cui la condotta attenga la sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposta. In tal caso e solo in tal caso si può assumere che la sanzione sia parte di un profitto che il reo consegue appunto negando all'Erario possibilità di esecuzione del debito sui propri beni; non più limitato al debito erariale bensì riferibile a tutti gli accessori in quel momento già esigibili dal fisco (quindi imposta e inoltre interessi e sanzioni). Diversamente, quanto alle ipotesi di reati dichiarativi caratterizzati dall'evasione d'imposta, la sanzione, rappresentando il costo del reato stesso, originato dalla sua commissione, dunque necessariamente successivo a essa, non può rientrare nel concetto di profitto del reato.

Il caso

L'utilizzo di fatture per simulati lavori di ristrutturazione edilizia di beni aziendali ai fini d'evasione d'imposta è il fatto sottoposto all'attenzione del Gup di Genova, donde la condanna, per uso di fatture per operazioni inesistenti di cui all'articolo 2 d.lgs. 74/2000, anche alla confisca per equivalente del profitto del reato.

La Corte d'appello conferma la sentenza ritendo che anche le sanzioni irrogate a seguito di intervenuta conciliazione siano da includere nella nozione di profitto del reato tributario oggetto di confisca ai sensi, allora, del comma 143 dell'articolo 1 della legge 244/2007 e oggi dell'articolo 12-bis comma 1 del d.lgs. 74/2000.

Avverso questa sentenza gli amministratori della società proponevano ricorso.

I motivi del ricorso.

«Con un secondo motivo i ricorrenti, imputati rispettivamente, l'uno, quale legale rappresentante, e l'altro quale amministratore di fatto della società Giani Leone & C spa, lamentano che la confisca per equivalente sia stata commisurata all'importo delle sanzioni dalla sentenza impugnata, in luogo dell'importo, individuato invece dal Tribunale, pari all'imposta ritenuta in accusa evasa. Rilevano che, anche a voler considerare le sanzioni quali parte del profitto, nei casi affrontati dalla giurisprudenza si trattava di sanzioni relative ad un'evasione d'imposta mentre, nel caso in oggetto, si tratterebbe di sanzioni relative ad un comportamento illecito in sede di dichiarazione dei redditi ma non aventi alcuna attinenza con una evasione d'imposta, come del resto ritenuto dalla stessa Agenzia delle entrate».

La questione

La sentenza in commento affronta la questione della possibilità di ritenere profitto del reato tributario la (anche la) sanzione amministrativa tributaria.

Presupposto della questione è la confisca obbligatoria del profitto del reato tributario; quindi la confisca dello stesso per equivalente valore.

Il riferimento normativo è la previsione dell'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000.

Profitto del reato tributario è il risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale a seguito del mancato pagamento d'imposta; pur, dunque, in assenza di accrescimento patrimoniale, l'evasione d'imposta genera un profitto, che quanto illecito, ai sensi dell'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000, è oggetto di confisca anche per equivalente. Così, quantomeno, si esprime l'opinione giurisprudenziale prevalente che ritiene profitto del reato anche il risparmio di spesa che l'evasione fiscale consente.

Profitto del reato tributario è, dunque, l'imposta evasa; ma sono anche gli interesse maturati sul debito inevaso e così pure la relativa sanzione tributaria: a determinare, quindi, momento quantificativo dell'importo del profitto da sottoporre a confisca anche quello relativo la sanzione amministrativa. Così vorrebbe taluna giurisprudenza che, peraltro, secondo la sentenza in commento, errerebbe: nell'assumere a presupposto dell'operare della confisca quanto alla determinazione del profitto una condizione propria esclusivamente del fatto di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposta.

Le soluzioni giuridiche

Il profitto del reato tributario è oggetto, ai sensi dell'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000, di confisca: obbligatoria in quanto sia intervenuta sentenza di condanna o di applicazione pena su richiesta delle parti; diretta, sui beni che ne costituiscono il profitto, e in caso di profitto in denaro, sulle somme di denaro di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità (Cass. pen. Sez. un., n. 31617/2015, Lucci, secondo cui, «tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato») e quando così essa non sia possibile, fin anche per equivalente valore su altri beni di cui il reo abbia la disponibilità.

Il risparmio d'imposta si assume integri il profitto del reato tributario (tra le tante Cass. pen., Sez. V n. 1843/2011, Mazzieri; Cass. pen., Sez. III, n. 9578/2013, Tanghetti e Cass. pen., Sez. III n. 1199/2011, Galiffo).

Carente di definizione legislativa, il profitto del reato è un vantaggio economico (Cass. pen., Sez. un., n. 9149/1996, Chabni), distinto dall'utile netto o reddito, ricavato in via immediata e diretta a costituire un beneficio aggiunto di tipo patrimoniale, di diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente, quindi pertinente il fatto di reato (Cass. pen., Sez. Un. n. 29951 e 29952/2004, Focarelli e Romagnoli); pur reimpiegato (Cass. pen., Sez. un., n. 10280/2007 Miragliotta), il bene acquisito in modo diretto con il reinvestimento delle somme non versate alll'Erario (Cass. pen., Sez. un., n. 10561/2014, Gubert), locuzione la cui ampia latitudine semantica induce necessità interpretativa in ragione della fattispecie in cui è inserito (Cass. pen. sez. Un. n. 26654/2008, Fisia Italimpianti), è elemento dell'insieme provento del reato cui partecipano prezzo, prodotto e, appunto, il profitto stesso (Cass. pen., Sez. un., n. 9/1999), profitto che, specificatamente quanto al reato tributario, è il vantaggio economico conseguente alla evasione fiscale, «nozione di più ampio respiro che include anche vantaggi mediati non necessariamente coincidenti con la tradizionale nozione di profitto desumibile dall'art. 240 c.p.» (Cass. pen., Sez. un., n. 38961/2009, Caruso), dunque anche risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all'accertamento del debito tributario (Cass. pen., Sez. un. n. 18374/2013, Adami).

L'ammontare del profitto del reato tributario è dunque il vantaggio economico che il risparmio d'imposta, beneficio aggiunto di tipo patrimoniale, produce quanto pertinente il fatto di reato.

La somma algebrica dell'imposta evasa, degli interessi maturati e delle sanzioni amministrative tributarie contestate, costituisce il vantaggio economico derivante dal risparmio d'imposta (Cass. pen., Sez. III 11836/2012, n. 45849/2012 e Sez. IV, n. 4567/2015); non sempre peraltro, ma solo quando la condotta cui il profitto pertiene, dunque è legato da diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente, sia concretamente produttiva del vantaggio economico, come nel caso di sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposta (Cass. pen., Sez. III, 28047/2017 in commento, non unica, si veda anche la già citata Cass. pen., Sez. V, n. 1843/2011, Mazzieri), cui pure la natura di reato di pericolo, emerso il riscontro di effettività di danno all'Erario, non rileva a negare profitto (Cass. pen., Sez. un., n. 18374/2013, Adami).

Osservazioni

Ricordi il penalista d'opporre l'erroneità della confisca e, ancor prima del sequestro a essa finalizzato, del profitto del reato tributario quanto alla quota parte che sia determinata in ragione dell'ammontare delle sanzioni tributarie; sempre e purché non abbia a presupposto la commissione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposta: in tal caso, infatti, come afferma e ricorda la Suprema Corte in commento, il profitto sarà integrato anche da quelle sanzioni amministrative che già esigibili dall'Erario, non trovino concreta applicazione con l'esecuzione del credito sul patrimonio del contribuente in quanto fraudolentemente sottratto all'esecuzione dell'Erario medesimo. A chiare lettere, si può affermare, un principio fumoso è esplicitato nella misura che gli è propria: a costituire profitto del reato è quanto pertiene il comportamento che nella sua concreta estrinsecazione assuma rilevanza penale; diversamente la sanzione amministrativa applicata con riferimento ai reati dichiarativi caratterizzati da evasione fiscale, essendo generata dalla sua commissione, dunque necessariamente successiva a essa, non potrà integrare profitto del reato medesimo.

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