La nuova disciplina dell'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio e le implicazioni neglette dal Legislatore

Gianluca Bergamaschi
28 Giugno 2017

La Riforma penale del 2017, con l'introduzione del comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., ha inteso risolvere l'annosa questione degli avvocati d'ufficio nominati domiciliatari a loro insaputa e coscritti a fare da “buca delle lettere” senza avere effettivi contatti ...
Abstract

La Riforma penale del 2017, con l'introduzione del comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., ha inteso risolvere l'annosa questione degli avvocati d'ufficio nominati domiciliatari a loro insaputa e coscritti a fare da “buca delle lettere” senza avere effettivi contatti con l'assistito e, tuttavia, potenzialmente esposti alle relative responsabilità; a cui fa da contraltare un cliente sostanzialmente inconsapevole delle reali implicazioni della sua scelta e destinato ad ignorare il procedimento ed a subire un processo in assenza.

La situazione anteriore alla Riforma

Anteriormente alla Riforma, infatti, era andata consolidandosi la cattiva abitudine di “consentire”, specie in sede d'identificazione, che gli imputati eleggessero domicilio presso il difensore d'ufficio senza che costui ne sapesse nulla e senza l'effettivo rispetto dall'art. 62 disp. att. c.p.p., il quale prescrive che il domiciliante indichi anche le generalità del domiciliatario, giacché tale conoscenza in capo al primo, lascia intendere un certo e particolare rapporto con il secondo, umano o professionale che sia.

Questa linea di condotta comportava delle notevoli problematiche al legale nominato d'ufficio, giacché restava preso tra l'alternativa di assumersi una responsabilità non propriamente sua, ossia quella di cercare di raggiungere il domiciliante per ritrasmettergli gli atti notificati, ovvero di rinunciare al ruolo di domiciliatario, stante la non obbligatorietà dello stesso (Cass. pen., Sez. II, 2 giugno 1992; Cass. pen., Sez. I, 3 luglio 2003, n. 32284; Cass. pen., Sez. III, 22 marzo 2007, n. 15566; Cass. pen., Sez. IV, 20 maggio 2010, n. 31658 e Cass. pen., Sez. I, 21 settembre 2012, n. 45566).

Laddove il legale avesse, poi, deciso per la rinuncia, l'A.G. procedente, in qualche raro caso, esperiva la procedura della prima notifica all'imputato non detenuto, ex art. 157 c.p.p. e, se del caso, disponeva le ricerche ex art. 159 c.p.p., che, se infruttuose, erano seguite dalla dichiarazione di irreperibilità e dalla notifica al difensore (operando, così, almeno un vero tentativo di reperire ed informare effettivamente l'interessato e sgravando, pure, il difensore d'ufficio da ogni impropria responsabilità di ulteriori ricerche e rinotifiche); più frequentemente, però, in base alla mera considerazione della sopravvenuta inidoneità del domicilio eletto, l'atto era direttamente notificato al difensore ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p., giacché l'A.G. procedente, facendo aggio su una compiacente giurisprudenza di legittimità, era indisponibile a considerare la rinuncia del domiciliatario difensore d'ufficio alla stregua di un “caso fortuito”, ossia un evento ignorato dal domiciliante che, dunque, non poteva realizzare la necessità di comunicare il luogo di un nuovo domicilio dichiarato o eletto per le notifiche, con la conseguente necessità giuridica di procedere ex artt. 161, comma 4, ultimo periodo, c.p.p., che rinvia agli artt. 157 e 159 c.p.p. e non ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p..

Con il risultato finale e definitivo del moltiplicarsi dei processi in contumacia, prima, ed in assenza oggi, stante il nuovo disposto dell'art. 420-bis, comma 2, c.p.p., e dell'istituzionalizzarsi della trasformazione della “conoscenza legale” del procedimento in mera “finzione giuridica”, mille miglia lontana dal canone di ragionevolezza che, secondo la Corte europea, la rende compatibile con l'art. 6 della Cedu.

La novità normativa

La modifica normativa introdotta dal comma 24 dell'art. 1 della Riforma, che ha modificato l'art. 162 c.p.p., aggiungendovi il comma 4-bis, così recita: «L'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio non ha effetto se l'autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l'assenso del difensore domiciliatario».

La norma, invero assai laconica, condiziona, dunque, l'efficacia della dichiarazione di elezione del domicilio presso il difensore nominato d'ufficio, al fatto che essa sia accompagnata da una qualsivoglia manifestazione di adesione alla stessa da parte del legale onerato della difesa officiosa.

L'intervento normativo appare chiaramente finalizzato ad ovviare alla prassi supra descritta, tant'è che è limitato alla sola difesa d'ufficio benché, dal punto di vista giuridico-sistematico, non vi sia alcuna differenza formale rispetto al difensore di fiducia, in entrambi i casi, infatti, l'elezione di domicilio rappresenta un negozio giuridico costitutivo recettizio che, in quanto tale, presuppone l'esistenza di un rapporto fiduciario fra il domiciliatario e l'imputato (Cass. pen., Sez. unite, 17 ottobre 2006, n. 41280; Cass. pen., Sez. IV, 20 maggio 2010, n. 31658; Cass. pen., Sez. I, 21 settembre 2012, n. 45566 e Cass. pen., Sez. II, 14 febbraio 2016, n. 15903), da cui l'esigenza dell'effettivo consenso di entrambi i soggetti, ora formalmente, sebbene solo parzialmente, sancita anche dal Legislatore.

Resta da capire, però, se la norma, così come formulata, sia effettivamente idonea a stroncare completamente tale cattiva prassi e ad ovviare ai possibili inconvenienti derivanti dalle implicazioni dovute anche alla sua stessa estrema brevità ed incompletezza.

Le implicazioni

È da notare, intanto, il riferimento alla autorità che procede, il che implica necessariamente che ogni tipo di autorità, che si troverà a raccogliere l'elezione di domicilio, sarà tenuta a raccogliere anche l'adempimento prescritto, ossia tanto l'Autorità di polizia quanto quella giudiziaria, laddove nessuno abbia provveduto in precedenza ovvero l'indagato/imputato voglia provvedervi in via di modifica di quanto già dichiarato.

Il fatto, però, che la norma imponga espressamente solo la ricezione dell'assenso, comporta unicamente che la predetta autorità debba pretendere che il domiciliante esibisca prova dell'assenso del difensore d'ufficio domiciliatario ma non impone, né vieta, che possa provvedere direttamente a sollecitarlo e/o raccoglierlo, consultando il secondo, specie se presente all'atto.

D'altro canto la Riforma non ha recepito il suggerimento di certuni di prevedere la forma scritta dell'assenso, magari trasmessa per le brevi (fax, e-mail, ecc.), né ha espressamente imposto le formalità di cui al primo comma, ossia una «dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata […]»; cosicché potrà essere solo la prassi giurisprudenziale a dirci cosa sarà ritenuto formalmente necessario e sufficiente a significare l'effettiva ricorrenza dell'assenso del domiciliatario, con tutti rischi del caso.

Anche circa le conseguenze del mancato rispetto del precetto, la norma è estremamente sommaria e anodina, limitandosi lapalissianamente a sanzionare il tutto con la inefficacia dell'elezione, senza, tuttavia, prendere nessuna posizione circa le conseguenze procedimentali si tale inefficacia, delegandole totalmente al diritto materiale, ossia rinviando tutto e tutti alle conclusioni concrete cui giungerà la giurisprudenza sul punto.

Intanto, però, non è chiaro cosa debba fare la autorità che procede a fronte di un'elezione di domicilio priva della prova dell'assenso del domiciliatario: dovrà comunque prenderne atto a verbale, demandando al altri il compito di trarre le conseguenze circa l'inefficacia della stessa, o dovrà rappresentare all'aspirante domiciliato la necessità di procurarsi l'assenso del domiciliatario, rifiutandosi di verbalizzare un'elezione priva di assenso, ovvero, infine, attivarsi direttamente per verificare la disponibilità del difensore nominato d'ufficio, del che dando atto a verbale?

Laddove, poi, l'elezione di domicilio, priva di assenso, venga in ogni caso verbalizzata ovvero l'assenso venga successivamente riconosciuto inesistente o invalido, le conseguenze dell'inefficacia dell'elezione di domicilio possono essere due, entrambe, in fondo, compatibili con il tenore letterale della norma.

È possibile, infatti, ritenere la sanzione della inefficacia limitata all'elezione in senso stretto, di talché essa sarà semplicemente tamquam non esset, ossia potrà essere trattata alla stregua di un'inidoneità, originaria o sopravvenuta, del domicilio dichiarato o eletto, con la possibilità di effettuare le notifiche al difensore ex art. 161, comma 4, secondo periodo, c.p.p., e salva la ricorrenza del caso fortuito, di cui al comma 4, ultimo periodo; con il che, se fosse, ben pochi passi avanti sarebbero stati percorsi, stante l'altissimo rischio del persistere di prassi sbagliate e tendenti ad evitare di svolgere effettivamente tutte le attività possibili per fornire un'effettiva informazione del procedimento all'interessato.

Il significato e la portata del cambiamento, sarebbero, invece, ben diversi se la sanzione fosse concepita in modo più radicale, ossia come l'inefficacia/inesistenza dell'intera operazione di dichiarazione/elezione del domicilio, con la conseguente impossibilità di avvalersi dell'art. 161 c.p.p. e la necessità di ripetere completamente l'operazione ovvero affrontare le successive notifiche ex art. 157 c.p.p. (Prima notificazione all'imputato non detenuto) ed eventualmente ex art. 159 c.p.p. (Notificazioni all'imputato in caso di irreperibilità), con il che, quand'anche non si riuscisse effettivamente a raggiungere l'interessato con l'informazione effettiva, la successiva conoscenza legale, che se ne determinerebbe, sarebbe sufficientemente conforme al canone di ragionevolezza, supra ricordato.

La questione della rinuncia del domiciliatario difensore d'ufficio

La novella normativa, oltre a prefigurare uno scenario piuttosto incerto e troppo largamente demandato al completamento giurisprudenziale, non entra minimamente e, dunque, non risolve la questione della rinuncia del difensore d'ufficio al ruolo di domiciliatario, senza l'effettiva possibilità di informare l'assistito officioso.

Invero, quandanche la Riforma dovesse completamente eliminare le elezioni forzose, l'iniziale assenso eventualmente fornito, non comporterebbe automaticamente che il difensore d'ufficio riesca perennemente a mantenere i contatti con il difeso, che, specie se straniero, tenderà sempre a dimenticare di essere indagato o imputato, in ciò favorito anche dai tempi processuali biblici, e a far perdere traccia di sé, dal che potrà benissimo riproporsi la necessità di rinunciare al ruolo di domiciliatario, benché inizialmente accettato, dato che la novella in nessun modo può essere interpretata come produttiva di un vincolo perenne incombente sul difensore che abbia assentito.

Purtroppo il Legislatore ha perso l'occasione di dare un assetto chiaro ed equo anche a tale evenienza, cosicché la giurisprudenza prevalente continuerà a considerare la rinuncia come una mera impossibilità sopravvenuta del domicilio eletto e continuerà a provvedere semplicisticamente con la notifica al medesimo difensore d'ufficio ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p., anzi, paradossalmente, il contenuto, ma soprattutto il vuoto, del nuovo comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., potrebbe rafforzarla nella sua ostinazione a non volerlo considerare per quello che effettivamente è, ossia un caso fortuito, ignorato dal domiciliante, che, dunque, è impossibilitato a realizzare la necessità di comunicare il luogo di un nuovo domicilio dichiarato o eletto per le notifiche, con la relativa necessità di procedere ex artt. 161, comma 4, ultimo periodo, 157 e 159 c.p.p. e non ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p.

In conclusione

Appare paradossale, in sede di consuntivo del commento ad una nuova norma, dover fare delle considerazioni ed esprimere degli auspici de iure condendo ma l'approssimazione tecnica e la sciatteria metodologica del nostro Legislatore, rendono ciò spesso inevitabile.

In effetti, in conclusione, non si può non augurarsi, oltre che delle congrue interpretazioni giurisprudenziali, anche un ulteriore intervento normativo tendente a precisare esattamente le forme dell'espressione e della ricezione dell'assenso (meglio, tra l'atro, sarebbe dire consenso, stante la natura negoziale dell'operazione) e le conseguenze ultime della sua mancanza o della sua invalidità, nonché, infine, determinato ad attribuire esplicitamente il valore di caso fortuito alla rinuncia al ruolo di domiciliatario del difensore d'ufficio, laddove ciò sia dovuto alla dichiarata impossibilità di tenere i contatti con l'assistito e da questi ignorata, con la conseguente ed espressa necessità di operare le successive notifiche attraverso la procedura della prima notifica all'imputato non detenuto, ex art. 157 c.p.p., e, se del caso, delle ricerche ex art. 159 c.p.p., giacché, anche in tal caso, vale l'idea che, quand'anche non si riuscisse effettivamente a raggiungere l'interessato con l'informazione effettiva, la successiva conoscenza legale sarà almeno sufficientemente conforme al canone di ragionevolezza, già più volte menzionato.

Guida all'approfondimento

BERGAMASCHI, Elezione di domicilio presso l'ignaro difensore d'ufficio e rifiuto di costui del ruolo e delle notifiche.

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