La natura processuale o extraprocessule della remissione della querela: ricadute in materia di stalking

Alessio Innocenti
27 Luglio 2015

È idonea ad estinguere il reato di atti persecutori anche la remissione di querela effettuata davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria e non solo quella ricevuta dall'autorità giudiziaria, atteso che l'art. 612-bis, comma 4, c.p., laddove fa riferimento alla remissione "processuale", evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli art. 152 c.p. e art. 340 c.p.p.
Massima

È idonea ad estinguere il reato di atti persecutori anche la remissione di querela effettuata davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria e non solo quella ricevuta dall'autorità giudiziaria, atteso che l'art. 612-bis, comma 4, c.p., laddove fa riferimento alla remissione "processuale", evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli art. 152 c.p. e art. 340 c.p.p.

Il caso

Il procuratore generale presso Corte d'appello di Trento impugnava con ricorso per cassazione la sentenza emessa dalla Corte territoriale di quella città in data 25 ottobre 2013 con cui – riformandosi quella di primo grado pronunciata dal tribunale di Rovereto – si dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato per intervenuta remissione della querela in ordine al reato di cui all'art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie, la persona offesa aveva rimesso la querela nei confronti dell'imputato mediante dichiarazione resa davanti a un ufficiale in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica del tribunale di Rovereto.

Sosteneva il procuratore generale ricorrente che una simile remissione fosse inefficace in quanto intervenuta successivamente all'entrata in vigore della l. 15 ottobre 2013, n. 119 (di conversione del d.l. 14 agosto 2013, n. 93), che aveva, per l'appunto, introdotto all'art. 612-bis, comma 4, un nuovo periodo, che recita: "La remissione della querela può essere soltanto processuale"; secondo il P.G. ricorrente, infatti, la remissione fatta davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria non poteva definirsi “processuale”, potendo così qualificarsi, a suo avviso, solo quella ricevuta dall'autorità nel corso del giudizio.

La Sezione V della S.C. rigettava il ricorso in conformità alle conclusioni rese dal procuratore generale della Corte di cassazione, Dr. Delehaye Enrico.

La questione

La S.C. nel giudicare le doglianze proposte dal procuratore generale ricorrente doveva affrontare e risolvere la quaestio relativa ai connotati propri della remissione processuale della querela e ai requisiti necessari per poter così qualificare la revoca dell'istanza di punizione.

In particolare doveva chiarire se per “remissione processuale di querela” dovesse intendersi:

a) la sola remissione intervenuta davanti al magistrato (giudice o pubblico ministero) ovvero anche quella proposta davanti alla polizia giudiziaria;

b) la sola remissione intervenuta in udienza, nella fase propria del giudizio, oppure anche quella avanzata nel contesto procedimentale, sebbene al di fuori dell'udienza in senso stretto.

Le soluzioni giuridiche

La S.C. ha affrontato agevolmente la quaestio sottesa al ricorso proposto dal procuratore generale di Trento, giungendo al rigetto dello stesso.

Questi in breve i passaggi più importanti del ragionamento logico-giuridico percorso dal Collegio:

  • la remissione processuale è disciplinata dall'art. 340 c.p., il quale dispone che "La remissione della querela è fatta e accettata personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione ricevuta dall'autorità procedente o da un ufficiale di polizia giudiziaria che deve trasmetterla immediatamente alla predetta autorità";
  • da tale disposizione emerge inequivocabilmente, stante il suo chiarissimo tenore letterale, che la remissione processuale non richiede affatto una sua prestazione direttamente al giudice o al pubblico ministero, durante lo svolgimento della fase processuale vera e propria, ma richiede unicamente che l'atto sia prestato davanti ad un'autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria, nel corso della più ampia fase procedimentale;
  • tali conclusioni non sarebbero in contrasto con la pronuncia delle Sezioni unite (Cass.pen., Sez. un., 30 ottobre 2008, n. 46088), citata dal procuratore a sostegno del proprio ricorso, essendo stata estrapolata una frase ("... la remissione processuale è espressa e può essere ricevuta solo dal giudice che procede") dal suo contesto, in cui a ben vedere si discuteva della possibilità di considerare come remissione tacita (dunque, extraprocessuale) la mancata comparizione del querelante in udienza; secondo i Supremi giudici, infatti, da una lettura attenta della citata sentenza, la stessa non conterrebbe alcuna affermazione specifica sul fatto che la remissione processuale ai sensi dell'art. 340 c.p.p. sia solo quella ricevuta direttamente in udienza dal giudice procedente;
  • tali conclusioni sarebbero valevoli, ovviamente, anche con riferimento al reato di atti persecutori, laddove prevede (in forza della novella disposta con d.l. n. 93/2013, conv. in l. 119/2013), che la remissione della querela sia soltanto processuale, optando così per un compromesso tra le opposte esigenze di rispettare la libertà della vittima del reato e di garantirle una tutela effettiva contro il rischio di essere sottoposta ad indebite pressioni da parte dell'autore del fatto.

Il ragionamento, quasi sillogistico, seguito dalla Suprema Corte nella sentenza in commento conduceva inevitabilmente al rigetto delle doglianze avanzate dal ricorrente ed alla affermazione del principio di diritto secondo cui: “ai sensi dell'art. 612-bis c.p., comma 4, la remissione della querela effettuata davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria deve considerarsi remissione processuale”.

Osservazioni

La S.C., con una motivazione chiara e concisa ha chiarito in un tempo:

a) la nozione generale di “remissione processuale della querela”;

b) le ricadute specifiche di tale nozione in materia di c.d. stalking.

Da un punto di vista generale, sotto il primo profilo, non può che condividersi la decisione della Suprema Corte e le motivazioni giuridiche poste a sostegno.

Non vi sono, infatti, ragioni giuridiche valide per sostenere che la remissione della querela processuale sia solo quella proposta dal querelante in udienza davanti al giudice.

Deve condividersi in toto la lettura data dalla Cassazione, secondo cui per remissione processuale deve intendersi la revoca della querela che intervenga nel corso del procedimento penale avanti ad uno dei soggetti individuati nell'art. 340 c.p., ovvero l'autorità giudiziaria procedente o un ufficiale di polizia giudiziaria (che, non a caso, è gravato da un obbligo di immediata comunicazione/trasmissione dei relativi atti alla predetta autorità giudiziaria).

In sostanza, deve sostenersi che la remissione processuale è tale non perché raccolta dal giudice in udienza bensì perché avanzata dalla persona offesa con le forme previste dal codice di procedura penale, nel corso del procedimento, avanti ad un'autorità giudiziaria o, in alternativa, ad un'autorità di polizia che sia tenuta per legge ad informare la magistratura della ritrattazione dell'istanza di punizione del colpevole.

Avverso tale conclusione non paiono potersi trarre argomenti dalla lettura della sentenza delle Sezioni unite citata dal Procuratore ricorrente (Cass.pen., Sez. un., 30 ottobre 2008, n. 46088): al di là della frase estrapolata, dalle motivazioni della citata pronuncia – resa peraltro in ordine ad un diverso aspetto, riguardante la remissione extraprocessuale - non si colgono valide ragioni giuridiche favorevoli alla lettura restrittiva sostenuta nel ricorso.

Anche con riferimento specifico al reato di stalking, ed in particolare alla novella dell'art. 612-bis, comma 4, c.p., (operata con d.l. n. 93/2013, conv. in l. 119/2013) per cui “la remissione della querela può essere soltanto processuale” – sebbene appaia intrigante il ragionamento sostenuto dal ricorrente, secondo cui il succedersi di riforme indicherebbe una volontà legislativa tesa a garantire un controllo giudiziale diretto sulla ritrattazione dell'istanza di punizione – deve condividersi in pieno l'approdo della Cassazione laddove sostiene: “la progressione normativa potrebbe avallare l'interpretazione del P.G. ricorrente, circa l'intenzione del legislatore di affidare al giudice il compito di svolgere una verifica effettiva sulla spontaneità della eventuale remissione della querela; pur tuttavia, non va dimenticato come, per il chiaro combinato disposto dell'art. 152 c.p. e art. 340 c.p.p., è certamente remissione processuale della querela anche quella resa davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Se lo strumento cui la novella si è affidata per prevenire eventuali illeciti condizionamenti sia o meno funzionale allo scopo, non è questione che possa essere dibattuta in questa sede, deputata unicamente all'applicazione della legge”.

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