Il concorso eventuale nei reati associativi tra Corti italiane e giurisprudenza della Corte Edu

Stefano Emanuele Giordano
28 Giugno 2016

Mentre sembra essere stato risolto il contrasto giurisprudenziale sulla configurabilità del concorso esterno con riferimento all'associazione di tipo mafioso, a partire dalla sentenza Demitry del 1994 della Corte di cassazione, pur permanendo i problemi in ordine alla punibilità di condotte verificatesi prima di tale pronuncia, evidenziati in occasione del caso Contrada c. Italia dinnanzi la Corte Edu, rimane, invece, un problema aperto con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 416 c.p.
Abstract

Prendendo spunto dalla recente rimessione alle Sezioni unite della Corte di Cassazione della questione concernente la configurabilità del concorso nell'associazione semplice, nel presente contributo ci si sofferma sul problema concernente la configurabilità del concorso eventuale nei reati associativi di cui agli artt. 416 e 416-bis c.p. L'esame è condotto partendo dall'interpretazione di partecipazione all'associazione e evidenziando il contrasto dottrinario e giurisprudenziale scaturito a riguardo. Si è visto che tale contrasto mentre è stato risolto definitivamente con riferimento all'associazione di tipo mafioso a partire dalla sentenza Demitry del 1994 della Corte di cassazione, pur permanendo i problemi in ordine alla punibilità di condotte verificatesi prima di tale pronuncia, evidenziati in occasione del caso Contrada c. Italia dinnanzi la Corte Edu, sembrerebbe rimanere, invece, un problema aperto con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 416 c.p. In conclusione sono stati evidenziati i possibili risvolti che potrebbero scaturire dalla pronuncia delle Sezioni unite in seguito alla citata ordinanza di rimessione.

La nozione di “partecipazione all'associazione”

La configurabilità del concorso eventuale nel reato di associazione per delinquere e di associazione di stampo mafioso ha assunto particolare importanza negli ultimi decenni al fine di punire condotte che, se pur idonee a provocare una lesione del bene giuridico tutelato, non sembrano integrare pienamente la nozione di partecipazione all'associazione richiesta per l'applicazione degli artt. 416 e 416-bis c.p.

Per quanto concerne la possibilità di punire a titolo di concorso eventuale ex artt. 110 e 416 c.p. talune forme di condotte che ledano il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di associazione per delinquere, occorre sottolineare che ciò nella prassi è dipeso dall'esegesi della nozione di partecipazione all'associazione richiesta dalla norma incriminatrice.

In particolare, sono state fornite due differenti interpretazioni di partecipazione.

Da un lato, vi è chi ha ritenuto che la nozione vada identificata nel mero contributo causale al perdurare dell'associazione e al raggiungimento dei suoi scopi e, dunque, non troverebbe spazio la configurabilità del concorso eventuale, poiché già una mera condotta causale integrerebbe il reato di associazione per delinquere di cui all'art. 416 c.p. (Cfr. MUSCATIELLO; DE VERO; INSOLERA; MANNA).

Dall'altro, vi è, invece, chi ritiene di attribuire al termine partecipazione un significato diverso, facendovi rientrare soltanto la condotta di chi sia stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell'associazione e considerando, di conseguenza, punibile a titolo di concorso eventuale ex artt.110 e 416 c.p. il soggetto, che rimanendo formalmente estraneo alla struttura organica del sodalizio criminoso, si sia limitato a prestazioni occasionali (Cfr. SPAGNOLO; DE LIGUORI; GROSSO; VISCONTI).

Il problema della configurabilità del concorso eventuale nel reato di cui all'art. 416 c.p. si è posto nei medesimi termini anche con riferimento al reato di cui all'art. 416-bis c.p. Anche in questo caso la configurabilità del concorso eventuale è dipesa dal significato attributo al termine partecipazione. A tal proposito, occorre evidenziare che nella giurisprudenza anteriore al 1994 si registravano entrambi gli orientamenti interpretativi già evidenziati intorno alla nozione di partecipazione con rifermento alla fattispecie di cui all'art. 416 c.p., se pur con una timida prevalenza per l'orientamento che ritiene di punire determinate condotte non soltanto a titolo di associazione per delinquere, ma anche a titolo di concorso.

Il contrasto venne composto in seguito alla sentenza Demitry del 1994 (Cass. pen., Sez. un., 5 ottobre 1994, n. 16, Demitry, in Cass. Pen. , 1995, 842 ss.) con la quale le Sezioni unite della Corte di Cassazione ritennero di riconoscere definitivamente nel nostro ordinamento la configurabilità del concorso esterno nel reato di associazione mafiosa.

Tale orientamento, tranne che in un caso isolato, ossia la sentenza Villecco del 2000 (Cass. pen., Sez. VI, 21 settembre 2000, Villecco, in Cass. pen., 2001, 2064 ss., con nota di; nonché in Dir. form., 2001, 33 ss., con nota di GENOVESE) e se pur con un “rimodellamento” delle note costitutive, sarà ribadito nelle successive sentenze Carnevale del 2002 (Cass. pen., Sez. un., 30 ottobre 2002, Carnevale, in Cass. pen., 2003, 3276 ss.) e Mannino del 2005 (Cass., Sez. un., 12 luglio 2005, Mannino, in Guida Dir., 2005, 39, 88 ss., con nota di GIORDANO; v. altresì MOROSINI; BORRELLI).

A partire dal 1994, dunque, il delitto di concorso è definitivamente riconosciuto dalla giurisprudenza della suprema Corte ed assume un minimum di “chiarezza”, con l'identificazione degli elementi tipici e il conseguente rispetto del principio di legalità in materia penale, nonché con l'individuazione di una norma che sia relativamente accessibile nel contesto normativo di riferimento, così da porre l'autore della condotta nella condizione di conoscere le conseguenze del suo comportamento.

L'intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo: il caso Contrada

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha avuto modo di esprimersi riguardo la configurabilità del concorso eventuale nel reato associativo di cui all'art. 416-bis c.p. in occasione del caso Contrada (Corte Edu, Sez. IV, 14 aprile 2015, Contrada c. Italia). In tale sentenza i giudici di Strasburgo hanno esaminato i rapporti tra la configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa e il rispetto del principio di legalità sancito all'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu), al fine di stabilire se il delitto di concorso trovasse un'adeguata base legale nell'ordinamento italiano.

Occorre evidenziare, innanzitutto, che il termine law dell'art. 7 della Cedu, non fa riferimento soltanto al concetto di legge formale ma comprende pure il diritto di origine giurisprudenziale, tenendo così conto anche delle peculiarità degli ordinamenti di common law. La base legale di una norma, dunque, secondo la Cedu, può trovare fondamento sia nel diritto di origine legislativa in senso stretto sia in quello giurisprudenziale, che devono possedere entrambi i requisiti dell'accessibilità e delle prevedibilità (Cfr. Corte Edu Kokkinakis c. Grecia §§ 40-41, Cantoni c. Francia § 29, Coëme e altri c. Belgio § 145, E.K. c. Turchia § 51).

Nel caso Contrada, la Corte Edu si è chiesta se all'epoca dei fatti contestati al ricorrente, la legge applicabile definisse chiaramente il reato di concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso […] [esaminando] se, a partire dalla dizione letterale delle disposizioni pertinenti e con l'aiuto dell'interpretazione della legge fornita dalle giurisdizioni interne, il ricorrente fosse nelle condizioni di conoscere le conseguenze giuridiche delle sue azioni da un punto di vista penalistico (§ 64). La Corte Edu analizza l'elaborazione giurisprudenziale dell'istituto e individua così un momento in cui la fattispecie è normativamente delineata in modo chiaro e preciso dall'attività nomofilattica della suprema Corte; tale momento è individuato dai giudici di Strasburgo a partire dalla sentenza Demitry del 1994, soltanto da lì in poi la norma può ritenersi vincolante e fungere da norma di comportamento tale da orientare le condotte dei consociati e, dunque, il concorso eventuale nel reato di cui all'art. 416-bis c.p. non sarà configurabile per fatti anteriori al 1994.

In particolare, la Corte afferma che soltanto nella sentenza Demitry a Sezioni unite che, per la prima volta, la Corte di cassazione riconosce definitivamente la configurabilità giuridica del concorso esterno in associazione di tipo mafioso all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale (§ 69). Di conseguenza, rileva che la nozione di concorso esterno in associazione mafiosa a cui fa riferimento la Corte d'appello di Palermo nella sentenza del 25 febbraio 2006 (decisione con la quale Bruno Contrada fu condannato per il reato di concorso esterno) è quella ricavabile dalle sentenze Demitry, Carnevale e Mannino, tutte posteriori ai fatti contestati al ricorrente, risalenti al periodo compreso fra il 1979 e il 1988 (§ 72) e che la doglianza, eccepita dal ricorrente durante tutti i gradi del giudizio, circa la violazione del principio di retroattività e della prevedibilità della legge penale non è stata fatta oggetto di un esame approfondito da parte dei giudici interni, che si sono limitati ad analizzare in dettaglio l'esistenza stessa del reato di concorso esterno di tipo mafioso all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale, senza tuttavia rispondere al problema di comprendere se una tale norma fosse conoscibile […] all'epoca dei fatti che gli sono stati contestati (§ 73). La Corte ha ritenuto, dunque, che essendo i fatti contestati al Contrada pregressi alla sentenza Demitry del 1994, tale applicazione retroattiva della norma penale incriminatrice violasse l'art. 7 Cedu, per mancanza di una base legale al concorso esterno in associazione mafiosa prima di tale momento. (Sul punto sia consentito il rinvio a GIORDANO S.).

La giurisprudenza della suprema Corte e la recente rimessione alle Sezioni unite sulla configurabilità del concorso eventuale nel reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p.

La configurabilità del concorso esterno nel reato di associazione per delinquere, a differenza di ciò che si è verificato con riferimento alla fattispecie di associazione di stampo mafioso, definitivamente delineato nei suoi caratteri tipici, come già detto, con la sentenza Demitry del 1994, risulta ancora oggi una questione aperta.

Anche in tal caso la giurisprudenza, che si e espressa a proposito soprattutto negli anni ‘90, ha tenuto un atteggiamento oscillante.

In alcune pronunce ha ritenuto che fosse punibile ex artt. 110 e 416 c.p. colui che non vuole fare parte dell'associazione e che l'associazione chiama a “fare parte”, ma al quale si rivolge sia per colmare temporanei vuoti in un determinato ruolo, sia per superare, proprio attraverso il contributo temporaneo e limitato dell'esterno, un momento difficile della vita associativa (Cass. pen., Sez. VI, 7 marzo 1997, n. 967) e che, dunque, fosse configurabile il concorso eventuale di persone nel reato di partecipazione ad associazione per delinquere nel caso in cui taluno contribuisca al pregiudizio che l'associazione reca all'ordine pubblico, mediante un contributo materiale o morale al vincolo dei partecipi, senza che egli sia stato a sua volta vincolato (Cass. pen., Sez. V, 10 novembre 1995, n. 12591) e tali orientamenti favorevoli alla configurabilità del concorso esterno nel reato associativo semplice sono stati accolti anche da alcune decisioni più recenti (Cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. II, 29 novembre 2012, n. 47602; Cass. pen., Sez. I, 22 aprile 2009, n. 19335 e Cass. pen., Sez. III, 9 luglio 2008, n. 38430).

In un'altra pronuncia, ancorché risalente, invece i giudici della Corte di cassazione hanno escluso che potesse configurarsi il concorso, poiché affinché una condotta sia ritenuta punibile a titolo di concorso in un determinato reato, ai sensi dell'art. 110 c.p., sono necessari un contributo causale (materiale o semplicemente morale o psichico) e il dolo richiesti per il reato medesimo. Ne consegue che quando tali condizioni si siano verificati in relazione al delitto di associazione per delinquere sono integrati gli estremi della partecipazione a detta associazione; mentre allorché le dette condizioni non si siano verificate, il fatto potrà integrare gli estremi di altri reati (corruzione, favoreggiamento o altro), ma non quello di concorso in associazione (Cass. pen., Sez. I, 18 maggio 1994 n. 2343, in Cass. pen., 1994, 2685 ss.).

Il problema sembra, tuttavia, avviarsi verso una soluzione definitiva; la prima Sezione penale della Suprema Corte di cassazione, infatti, nell'udienza del 3 maggio 2016, ha rimesso alle Sezioni unite della Corte la questione circa la configurabilità del concorso esterno nel delitto di associazione per delinquere di cui all'art. 416 c.p.

I giudici delle Sezioni unite avranno, dunque, finalmente la possibilità di esprimersi sul punto e risolvere definitivamente il contrasto giurisprudenziale che ha caratterizzato le pronunce in merito fino ad oggi; potranno fissare, così come è avvenuto in occasione del caso Demitry e nelle successive pronunce sul concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso, gli elementi tipici, allorquando dovessero risolvere in senso positivo alla configurabilità, che caratterizzano il concorso esterno oppure, escludere che tale concorso sia ammissibile nel nostro ordinamento, con tutte le conseguenze che potrebbero derivare per coloro i quali siano stati in precedenza puniti ex. artt. 110 e 416 c.p.

In conclusione

La questione concernente la configurabilità del concorso eventuale nei reati di associazione per delinquere e di associazione di tipo mafioso, come si è visto, ha comportato in passato notevoli problemi, scaturiti dalle differenti interpretazioni fornite alla nozione di partecipazione dalla dottrina e della giurisprudenza. Se pur, tuttavia, la questione sembra risolta con riferimento al reato di associazione di stampo mafioso per tutte le condotte verificatesi in seguito all'intervento della Corte di cassazione con il caso Demitry del 1994, in cui i giudici di Piazza Cavour hanno per la prima volta fissato un minimun, ancorché non univoco, di elementi tassativi che integrano la fattispecie criminosa affinché l'autore della condotta sia posto di fatto in grado di conoscere le conseguenze derivanti dal proprio comportamento, divenendo così la norma prevedibile e accessibile, la questione rimane ancora aperta riguardo, invece, il concorso eventuale nel reato di associazione semplice ex art. 416 c.p.

Si è visto, tuttavia, che permangono problemi in ordine a tutte le condanne per concorso esterno in associazione mafiosa per fatti antecedenti alla sentenza Demitry del 1994, in quanto prima di tal momento non è possibile individuare un'adeguata base legale della norma incriminatrice e quindi la fattispecie di concorso risulta in violazione del principio di legalità; tale violazione è stata riscontrata pure dai giudici della Corte Edu, che chiamati a pronunciarsi nel caso Contrada c. Italia, hanno condannato l'Italia per violazione dell'art. 7 della Cedu per tutte le condanne intervenute con riferimento a fatti antecedenti al 1994.

Per quanto concerne, invece, la questione riguardante il concorso esterno nel reato di cui all'art. 416 c.p. sembrerebbe, finalmente, avviarsi verso una soluzione definitiva in seguito alla rimessione alle Sezioni unite della Corte di cassazione; non resta, dunque, che rimanere in attesa dell'ordinanza di rimessione e della sentenza da parte della suprema Corte, sperando che i giudici colgano l'occasione per risolvere definitivamente il contrasto de quo, o nel senso di escludere definitivamente la configurabilità del concorso associativo nel nostro ordinamento oppure fissando, sulla falsariga del caso Demitry, gli elementi tipici che integrano la fattispecie criminosa. È logico chiedersi a questo punto se la rimessione alle Sezioni unite della suddetta questione non sia da considerarsi un effetto indiretto e paradosso della sentenza Contrada della Corte Edu, giacché in verità il contrasto giurisprudenziale sul punto della configurabilità del concorso esterno nel reato associativo semplice, tema pur a lungo dibattuto in dottrina, il contrasto è stato più “virtuale”, che “reale”, dal momento che l'unico precedente contrario in materia è, come già detto, costituito da un'unica pronuncia assai risalente nel tempo, che dunque probabilmente non necessitava dell'intervento nomofilattico della suprema Corte nel suo più ampio e illustre consesso. Sarà, dunque, fondamentale dare lettura – allorquando verrà pubblicata – all'ordinanza di rimessione della prima Sezione penale, per verificare se la problematica del concorso esterno nell'associazione semplice verrà affrontata dal punto di vista prospettato dalla Corte Edu nella conoscibilità/accessibilità del precetto (anche ai sensi della nozione affermatene nella sentenza Corte cost. n. 364/1988), o piuttosto si porranno ulteriori dubbi, recentemente evidenziati sotto nuova veste da autorevole dottrina, circa eventuali gap di tipicità dello stesso delitto di concorso eventuale nel reato associativo (sul punto Cfr. il recentissimo contributo di DONINI).

Dubbi che in verità potrebbero refluire sulla più dibattuta questione del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa, ribaltando l'orientamento consolidato in tal senso con le sentenze Demitry, Carnevale e Mannino. Nella specie, la Cassazione, nel suo supremo consesso, avrà la possibilità di sciogliere le problematiche circa l'essenza della condotta tipica del concorrente eventuale nel reato associativo semplice; in che cosa consisterà, se esiste, la frazione di condotta che renderà punibile a questo titolo un'eventuale contributo d'ausilio alla condotta tipizzata ex art. 416 c.p? Quali sono i limiti e confini tra il partecipe all'associazione semplice ed il concorrente esterno a detta associazione? Ci auguriamo che la suprema Corte, al di là degli effetti “paradossi” della sentenza Contrada, possa dare concreta risposta a questo ed altri quesiti che affollano le menti dei penalisti e degli operatori del diritto.

Guida all'approfondimento

BORRELLI, Tipizzazione della condotta e nesso di causalità nel delitto di “concorso in associazione mafiosa”, in Cass. Pen., 2005, 372 ss.;

DE LIGUORI, Concorso e continuità nell'associazione mafiosa, Milano, 1996, 13 ss.;

DE VERO, Il concorso esterno in associazione mafiosa tra incessante travaglio giurisprudenziale e perdurante afasia legislativa, in Dir. Pen. Proc., 2003, 1325 ss.;

DONINI, Il diritto giurisprudenziale penale (collisioni vere e apparenti con la legalità e sanzioni dell'illecito interpretativo), in Dir. pen. cont.;

GENOVESE, In materia di ammissibilità del concorso esterno o eventuale nel reato associativo, in Dir. form., 2001, 33 ss.

GIORDANO, Il contributo individuale dell'“esterno” deve interagire con le azioni della cosca,in Guida Dir., 2005, 39, 88 ss;

GIORDANO S., Il “concorso esterno” al vaglio della Corte Edu: Prime riflessioni sulla sentenza Contrada contro Italia, in Arch. Pen., 2, 2015;

GROSSO, La contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione e irrilevanza penale, in Riv. It. Dir. Proc. pen, 1993, 1185 ss.;

IACOVELLO, Concorso esterno in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato in Cass. pen., 2001, 2064 ss.;

INSOLERA, Il concorso esterno nei delitti associativi: la ragione di Stato e gli inganni della dogmatica, in Foro it., 1995, II, 429;

MANNA, L'ammissibilità di un c.d. concorso “esterno” nei reati associativi, tra esigenze di politica criminale e principio di legalità, 1994, 1870 ss.

MOROSINI, La difficile tipizzazione giurisprudenziale del “concorso esterno” in associazione in Dir. pen. e Proc., 2006, 585 ss.;

MUSCATIELLO, Per una caratterizzazione semantica del concorso esterno, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1999, 184 ss.;

SPAGNOLO, L'associazione di tipo mafioso, Padova, 1993, 130 ss;

VISCONTI, Il tormentato camminodel concorso esterno nel reato associativo, in Foro it., 1994, II, cc. 561 e ss..

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