Una prima pronuncia di incostituzionalità per la messa alla prova

29 Luglio 2016

Il tribunale di Savona solleva la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 460 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l'avviso all'imputato della facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all'atto di opposizione.
Massima

È illegittimo l'art. 460, comma 1, lett. e) c.p.p. nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna contenga l'avviso della facoltà dell'imputato di chiedere, mediante l'opposizione, la sospensione del procedimento con messa alla prova.

Il caso

Nei confronti dell'imputato veniva emesso decreto penale di condanna, al quale si opponeva l'interessato senza, tuttavia, richiedere alcun rito alternativo. Alla prima udienza, l'imputato chiedeva personalmente di accedere al rito della sospensione del processo con messa alla prova; richiesta che doveva essere considerata inammissibile poiché tardiva, essendo spirato il termine perentorio delineato dall'art. 464-bis,comma 2, c.p.p.

Il tribunale di Savona rilevava un vulnus legislativo, in quanto la novella introduttiva dell'istituto della sospensione del processo con messa alla prova (l. 67/2014) nell'individuare i termini perentori entro cui effettuare la richiesta, ometteva di integrare l'art. 460, comma 1, c.p.p., non prevedendo l'avviso all'interessato della facoltà di richiedere tale istituto con l'atto di opposizione al decreto penale di condanna. Il giudice a quo sollevava la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 460, comma 1, c.p.p., in quanto il mancato avviso avrebbe determinato un pregiudizio irreparabile per l'imputato; sarebbe stato, infatti, menomato il diritto di difesa, con conseguente nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lettera c), c.p.p. e disparità di trattamento tra situazioni analoghe.

Invero osserva il Tribunale che, in relazione alla scelta del rito, il legislatore non ha individuato un parametro di informazione unitario, ma ha preferito modulare le forme di esercizio del diritto di difesa in base alle caratteristiche dei singoli riti; pertanto, nel caso di opposizione al decreto penale di condanna appare indispensabile l'avviso per esercitare il diritto alla scelta del rito.

Sullo sfondo dell'ordinanza di remissione, si intravede anche la necessità di parificare la messa alla prova agli altri riti speciali, essendo il nuovo rito disciplinato sia dal codice penale (artt. 168-bis e ss. c.p.), sia dal codice di rito, collocato proprio nel Libro VI (artt. 464-bis e ss. c.p.p.).

La questione

Con l'ordinanza del 3 giugno2015, il tribunale di Savona solleva la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 460 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l'avviso all'imputato della facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all'atto di opposizione: l'assenza integrerebbe un vulnus capace di violare gli artt. 3 e 24 Cost.

Il principio di uguaglianza risulterebbe violato dal fatto che l'omissione di tale avvertimento determinerebbe un pregiudizio irreparabile, potendo indurre erroneamente l'imputato a non richiedere, con l'atto di opposizione, la sospensione del procedimento con messa alla prova, non ritrovando tale scelta tra i riti tassativamente ed espressamente indicati (giudizio immediato, giudizio abbreviato e applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.). Infatti l'imputato viene avvisato a pena di nullità della facoltà di poter richiedere, con l'atto di opposizione, tutti i riti alternativi, eccezion fatta per la facoltà di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova,

Infine, l'assenza di avviso si tradurrebbe in una compressione del diritto di difesa dell'imputato che non può determinarsi correttamente delle sue scelte difensive e vede spirare il termine stabilito tassativamente dalla legge per la scelta del rito.

Le soluzioni giuridiche

Il primo aspetto analizzato dal giudice delle leggi, attiene all'inquadramento procedurale della messa alla prova. Questa, alternativa al giudizio e finalizzata a produrre un effetto deflattivo, si configura come un nuovo procedimento speciale, nel corso del quale il giudice è chiamato a pronunciarsi sulla richiesta. Immediato il richiamo ad altra sentenza della Consulta che, pochi mesi fa, si era già pronunciata sull'istituto relativamente alla sua applicabilità ai procedimenti in corso e che ha approfondito proprio la dimensione processuale della messa alla prova (sentenza n. 250/2015).

Va rilevato che la parificazione del nuovo istituto ai preesistenti riti speciali rappresenta uno degli aspetti più interessanti della pronuncia in esame che estende, di fatto, tutte le facoltà difensive - già elaborate dalla giurisprudenza costituzionale per la richiesta dei riti speciali – anche al nuovo procedimento di messa alla prova.

In relazione al giudizio immediato, infatti, era stato sancito che l'effettivo esercizio della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una delle più incisive forme di intervento dell'imputato, nonché una partecipazione attiva alle vicende processuali e una delle modalità di esercizio del diritto di difesa, con la conseguenza che ogni illegittima menomazione di tale facoltà si risolve nella violazione del diritto sancito dall'art. 24 Cost. (Corte cost. sentenza n. 148/2014).

In particolare, se l'avviso all'imputato di richiedere i riti alternativi costituisce una garanzia per il godimento dei diritti di difesa, la sua omissione non può non integrare la nullità ex art. 178, comma 1, lettera c) c.p.p. Tale principio si sostanzia su una duplice valutazione: l'assenza dell'avviso determina una perdita irrimediabile della facoltà di accedere al rito nelle ipotesi in cui il termine per la richiesta spira prima della fase dibattimentale (come nel caso di specie); il mancato avviso integra una violazione di una norma processuale.

Fa eccezione l'ipotesi in cui il termine ultimo per avanzare la richiesta di rito alternativo cade all'interno dell'udienza, nel corso della quale l'imputato è obbligatoriamente assistito da un difensore
Il quadro normativo e giurisprudenziale fin qui delineato conduce la Consulta a ritenere sussistente nel nostro ordinamento processualpenalistico un principio, fondato sull'art. 24 Cost., secondo cui la scelta delle alternative procedimentali al giudizio dibattimentale ordinario, quando debba essere compiuta entro brevi termini di scadenza che maturino fuori udienza o in limine alla stessa, deve essere preceduta da uno specifico avviso. Pertanto, in relazione alla messa alla prova il legislatore non ha introdotto alcun specifico avviso laddove la scelta debba essere compiuta al di fuori dell'udienza, come avviene nel caso di opposizione a decreto penale di condanna, e tale vulnus è da ritenersi incostituzionale.

Osservazioni

L'istituto della messa alla prova per adulti, a due anni dalla sua introduzione, ha già interessato per ben due volte la Consulta (oltre alla sentenza in commento si segnala anche Corte cost. sent. n. 240/2015). Plurime questioni di illegittimità costituzionale risultano sollevate dal tribunale di Firenze (sull'incompatibilità del giudice che ha respinto la richiesta di sospensione con messa alla prova), dal tribunale di Prato (sulla mancata previsione di un termine massimo di durata del lavoro di pubblica utilità) e dal tribunale di Grosseto (sulla indeterminatezza delle sanzioni previste dall'art. 168-bis c.p.; sulla mancata previsione di acquisizione degli atti di indagine da parte del giudice ai fini della decisione; sulla mancata previsione del consenso dell'imputato alle modifiche o integrazioni del programma di trattamento e sulla irrogazioni di sanzioni penali conseguenti a un reato per il quale non risulta pronunciata sentenza di condanna).

Inoltre, sono numerosissimi gli interventi del giudice di legittimità, ivi comprese le Sezioni unite, che hanno interessato l'istituto, ciò a riprova del fatto che la l. 67 del 2014 che ha introdotto il nuovo rito ha, lasciato aperte non poche questioni tanto sostanziali, quanto procedurali.

Tuttavia, la sentenza in esame offre alcuni spunti interessanti, relativi alla parificazione della messa alla prova a tutti gli altri riti speciali. Il principio sembra consolidarsi: l'istituto disciplinato dagli artt. 168-bis e ss c.p. e artt. 464-bis e ss c.p.p. consiste in un nuovo procedimento speciale, -nalternativo al giudizio, destinato ad avere un effetto deflattivo.

Viene, pertanto, da chiedersi se tale equiparazione comporti una estensione automatica anche di altri principi già sanciti per i riti speciali e compatibili con quello in esame: si pensi alla possibilità di richiedere al giudice del dibattimento il rito speciale relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione, ovvero in caso di contestazione in dibattimento di circostanze aggravanti (Corte cost. 26 ottobre 2012, n. 237, in tema di giudizio abbreviato e Corte cost. 25 giugno 2014, n. 184, in tema di c.d. patteggiamento); alla possibilità di messa alla prova in continuazione, qualora si proceda per reati sottoposti a distinti e separati procedimenti ma uniti dal vincolo della continuazione (si veda in tema di c.d. patteggiamento in continuazione, ex plurimis, Cass. Sez. II, 5 ottobre 2011, n. 38550); ovvero alla possibilità di accoglimento di una richiesta parziale di messa alla prova (sul punto, in tema di patteggiamento, pur ricorrendo orientamenti contrastanti, v. Cass. pen., Sez. III, 13 luglio 2011, n.34915).

Le plurime questioni, ancora aperte sull'istituto in esame, lasciano intuire nuovi e futuri interventi tanto dei giudici di legittimità, quanto del giudice delle leggi.

Guida all'approfondimento
DELLA TORRE, I dubbi sulla legittimità costituzionale del probation processuale: molteplici le ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale, in Dir. pen. cont.; MARANDOLA, La messa alla prova dell'imputato adulto: ombre e luci di un nuovo rito speciale per una diversa politica criminale, in Dir. pen. proc., 2014, p. 677; MARANDOLA, Le “nuove” alternative al processo penale ordinario, in AA. VV., Scritti in memoria di Giuseppe De Gennaro, Bari, 2014, pp. 135-150; MARANDOLA, Prime oscillazioni interpretative sulla determinazione del criterio quantitativo per la messa alla prova, in questa rivista; MURRO, Messa alla prova per l'imputato adulto: prime riflessioni sulla L. 67/2014, in Studium Iuris, 2014, fasc. 11, pag. 1264; VENTURA, Niente sospensione con messa alla prova nei procedimenti con dibattimento aperto prima della legge 67/2014, in questa rivista.

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