Limitazioni alla corrispondenza e “carcere duro”

Pasquale Bronzo
29 Aprile 2016

Non sussiste un divieto generale ed assoluto per il detenuto, ristretto nel regime speciale di cui all'art. 41-bis, l. 26 luglio 1975, n. 354, di intrattenere corrispondenza con altri soggetti detenuti sottoposti al medesimo trattamento differenziato, ospitati in istituti penitenziari diversi.
Massima

Non sussiste un divieto generale ed assoluto per il detenuto, ristretto nel regime speciale di cui all'art. 41-bis, l. 26 luglio 1975, n. 354, di intrattenere corrispondenza con altri soggetti detenuti sottoposti al medesimo trattamento differenziato, ospitati in istituti penitenziari diversi. Limitazioni al diritto alla corrispondenza possono essere stabilite – ai sensi dell'art. 18-ter, della medesima legge – in forza di un provvedimento dell'autorità giudiziaria.

Il caso

Un detenuto sottoposto al regime di cui all'art. 41-bis ord. pen., propone un reclamo ex art. 35-bis ord. pen., avverso la decisione della direzione penitenziaria che gli ha negato l'autorizzazione ad intrattenere corrispondenza con un detenuto, sottoposto al medesimo regime differenziato, ospitato in altro istituto di pena, sulla base di una recente circolare del dipartimento dell'mmministrazione penitenziaria (circolare n. 14761del 27 aprile 2015) che vieta la corrispondenza epistolare tra detenuti sottoposti al regime detentivo speciale, salvo si tratti di stretti familiari.

La questione

Il detenuto reclamante rileva che il decreto di proroga del regime speciale nei propri confronti non faccia alcuna menzione del divieto, lamentando un pregiudizio grave ed attuale del proprio diritto, costituzionalmente protetto alla corrispondenza (art. 15 Cost.), e chiede perciò al magistrato di sorveglianza di disapplicare la circolare in discorso.

In via generale, il diritto alla corrispondenza dei detenuti è disciplinato dall'art. 18-ter ord. pen., il quale consente, per limitati periodi di tempo, limitazioni della corrispondenza e la sua sottoposizione al c.d. visto di controllo, sulla base di un decreto motivato dell'autorità giudiziaria, su iniziativa del pubblico ministero procedente o del direttore dell'istituto, per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione di reato, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto. In questi casi viene apposto sulla corrispondenza un segno idoneo a comprovare l'avvenuto controllo.

Sebbene in riferimento ai detenuti assoggettati al regime detentivo speciale di cui all'art. 41-bis, il comma 2-quater, lett. e) ord. pen. di tale disposizione, dedicato alla corrispondenza, non menzioni limitazioni alla stessa ma solo la possibilità di sottoposizione a visto, né contempla espressamente un provvedimento giudiziario, la giurisprudenza, leggendo la norma in modo costituzionalmente orientato, ha sempre ritenuto che per questa categoria di detenuti le limitazioni (possibili anche in forma diversa dal visto) fossero in ogni caso bisognose di un provvedimento dell'autorità giudiziaria.

La circolare summenzionata, sulla base del disposto dell'art. 41-bis, comma 2-quater lett. a) e f), laddove si prevedono, rispettivamente, l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate e l'adozione di tutte le misure di sicurezza, […], volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, ritiene che debba essere vietata, a fortiori, la comunicazione mediante lo scambio di corrispondenza tra detenuti sottoposti al regime di cui all'art. 41-bis ord. pen. con persone sottoposte al medesimo regime, detenute in altri istituti.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza è divisa. Secondo un'impostazione il divieto troverebbe fondamento (non già dalla circolare ma) nella legge, poiché il termine generico usato nell'art. 41-bis, comma 2-quater lett. a) ord. pen. a proposito dell'esigenza di impedire contatti con l'organizzazione nell'art. 41-bis di appartenenza e la menzione, nella lett. f), de la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità consentirebbero di impedire non solo i contatti fisici ma ogni comunicazione: siccome messaggi in codice, criptici o convenzionali possono sfuggire anche al censore più attento e avveduto, la disposizione appresterebbe una tutela anticipata rispetto a quella fornita dall'art. 18-ter ord. pen (Mag. Sorv. Sassari, ord. 2 ottobre 2015, in www.archiviopenale.it.).

Secondo un diverso orientamento, invece, le riserve di legge e di giurisdizione previste dalla Costituzione in materia impongono di leggere l'art. 41-bis ord. pen. insieme all'art. 18-ter , cosicché – anche nell'ipotesi in cui il detenuto sia sottoposto al regime detentivo speciale – limitazioni e controlli sulla corrispondenza vanno effettuati nei casi e alle condizioni previste da quest'ultima disposizione, ed in particolare in virtù di un provvedimento dell'autorità giudiziaria (Mag. Sorv. Spoleto, ord. 25 agosto 2015). Nello stesso ordine di idee, la giurisprudenza di legittimità ha negato che l'autorità amministrativa abbia il potere di limitare in via generale la corrispondenza dei detenuti al regime differenziato (Cass. pen., Sez. I, 21 novembre 2012, n. 48365) ed ha anzi evidenziato come i provvedimenti – giurisdizionali – che dispongano tali limitazione debbano essere accuratamente motivati, anche a seconda che la corrispondenza sia "in uscita" o "in entrata" (nel primo caso il soggetto controllato è lo stesso autore della corrispondenza ed è sufficiente rappresentare le esigenze che giustificano la limitazione in concreto, nel secondo caso il detenuto è il destinatario, e perciò anche se non deve essere analiticamente esplicitato il contenuto della corrispondenza, questo deve comunque essere richiamato, così bilanciando il diritto del detenuto a conoscere le ragioni della limitazione e le finalità di pubblico interesse volte a salvaguardare le esigenze investigative (Cass. pen., Sez. I, 20 giugno 2014, n. 43522)

Osservazioni

Premesso che la detenzione non può comportare il disconoscimento di diritti e l'assoggettamento del detenuto alla discrezionalità dell'amministrazione penitenziaria, come costantemente affermato dalla nostra giurisprudenza costituzionale, nella decisione in commento viene fatto notare come il diritto alla corrispondenza goda di un apparato articolato di garanzie. A parte l'art. 8 Cedu (che vieta interferenza pubbliche salvo quelle che, in base a legge, siano necessarie per la sicurezza nazionale, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti o delle libertà degli altri) viene in rilievo l'art. 15 Cost.: la doppia riserva di legge e di giurisdizione affida al Parlamento il bilanciamento dei valori in gioco, al giudice la valutazione della concreta necessità della restrizione.

L'autorità amministrativa può solo disporre, nei casi previsti dalla legge, provvedimenti temporanei di trattenimento (art. 18-ter, comma 5, ord. pen.) della corrispondenza epistolare (tranne che tra soggetti tra loro stretti congiunti), nell'immediatezza della situazione che genera il sospetto sul contenuto della missiva (FIORENTIN - MARCHESIELLI). Pare discutibile l'opinione secondo cui la previsione del trattenimento "cautelare" (art. 38, comma 6, d.P.R. 230 del 2000) risulti oggi implicitamente abrogata (così, tra gli altri, PULVIRENTI), dato che la novella che ha riscritto l'art. 41-bis non ha regolato la materia in modo incompatibile con la disciplina del citato art. 38 comma 6 (critico su tale ultimo istituto NAPOLI).

In ogni caso, per quanto riguarda il visto di censura, la circolare in questione, come – condivisibilmente – nota la decisione, ha l'effetto di sottrarre le limitazioni alla corrispondenza al controllo giurisdizionale che – in ossequio alle direttive costituzionali e sovranazionali – viene imposto dalla normativa penitenziaria e alle delicate valutazioni in ordine alla situazione concreta e a quel detenuto, che quelle garanzie richiedono di effettuare in sede di imposizione del vincolo.

Dunque: violazione delle riserva di legge, per la creazione amministrativa della limitazione, e per lo stesso motivo violazione delle riserva di giurisdizione.

Peraltro, ove si ritenesse legittima la circolare la disciplina di cui all'art. 41-bis comma 2-quater risulterebbe più severa di quella dell'art. 18-ter, ord. penit. che almeno passa attraverso un vaglio in concreto del magistrato, senza alcuna copertura normativa; la disciplina di cui all'art. 18-ter resterebbe applicabile ai detenuti di 41-bis solo con riferimento alla corrispondenza epistolare tra stretti congiunti sottoposti tutti a regime detentivo speciale.

Deve al contrario ritenersi che il visto di censura, pur ove previsto dal decreto ministeriale che applica il regime speciale, diviene operativo soltanto in seguito all'adozione del provvedimento giurisdizionale di cui all'art. 18-ter ord.penit. di competenza del magistrato di sorveglianza o per gli imputati, del giudice che procede. Per lo stesso motivo, non è configurabile un divieto generalizzato di corrispondenza tra detenuti sottoposti al regime speciale, poiché la limitazione verrebbe imposta senza alcun provvedimento giudiziale che possa valutare, in concreto, che il vincolo assolva effettivamente alle esigenze preventive connesse ad una particolare pericolosità dei detenuti e che rispetti principio generale di proporzionalità dell'azione amministrativa (cfr. Corte Edu, 15 novembre 1996, Diana c./Italia, in Dir. pen. e proc., 1997, p. 162).

E va rimarcato che solo una simile impostazione è in grado di assicurare la compatibilità della disciplina sui controlli di corrispondenza dei detenuti in carcere duro con i principi costituzionali (Corte cost. 28 luglio 1993 n. 349) e convenzionali (Corte Edu, Grande Chambre, 1 marzo 2000, Labita c. Italia, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, p. 189, con nota di ESPOSITO).

Guida all'approfondimento

ESPOSITO, La sentenza Labita era inevitabile? Riflessioni sulla titolarità delle garanzie dei diritti dell'uomo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, p. 189;

FIORENTIN - MARCHESIELLI, L'ordinamento penitenziario, Giuffrè, 2005, p. 60;

NAPOLI, Il principio di legalità dell'azione amministrativa nell'esecuzione penitenziaria, in www.archiviopenale.it, fasc. 1, 2016;

PULVIRENTI, Nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti, in Leg. pen., 2004, p. 77.

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