Elemento psicologico del reato di calunnia

29 Settembre 2015

In tema di calunnia, ai fini dell'integrazione dell'elemento psicologico non assume rilievo la forma del dolo eventuale, in quanto la formula normativa "taluno che egli sa innocente" risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato.
Massima

In tema di calunnia, ai fini dell'integrazione dell'elemento psicologico non assume rilievo la forma del dolo eventuale, in quanto la formula normativa "taluno che egli sa innocente" risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato.

Il caso

Tizio presentava denuncia alla polizia locale perché si accertasse se Caio, in assenza di titolo autorizzativo, avesse iniziato a sostituire i vecchi travi portanti e le lamiere di copertura con nuovi materiale di una vecchia baracca. All'esito degli accertamenti, Caio era diffidato dal continuare i lavori e veniva instaurato procedimento penale per violazione urbanistica. Successivamente Tizio presentava denuncia al Sindaco ed al comando dei vigili urbani, segnalando ulteriore intervento costruttivo, sollecitando nuovi accertamenti. Nel corso degli accertamenti era effettivamente emersa la presenza dell'indagato sul luogo e ciò avrebbe potuto ragionevolmente indurre Tizio a sospettare la prosecuzione dei lavori non autorizzati. La corte d'appello infatti, riteneva che la situazione fosse realmente tale da lasciar sorgere dubbi circa la prosecuzione dei lavori non autorizzati e dunque tale da indurre a richiedere ulteriori verifiche. Ciò per la corte d'appello escludeva la certezza dell'innocenza dell'incolpato e, dunque, la certezza della consapevolezza dell'illecito, implicando pertanto l'assoluzione dal delitto di calunnia perché il fatto non costituisce reato.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso Caio lamentando vizio di motivazione della sentenza della Corte d'appello che, in termini assertivi ed in disaccordo con il giudice di primo grado, dava per pacifica la presenza di Caio sul luogo della vecchia baracca pur in presenza di elementi discordanti che, in effetti, avevano portato il giudice di primo grado a ritenere la consapevolezza di Tizio della innocenza di Caio quanto alla prosecuzione dei lavori non autorizzati. Lamentava il ricorrente che non vi sia stata motivazione della Corte su questo punto.

In motivazione la suprema Corte statuiva che:

Come noto, affinché si configuri il dolo di calunnia è necessario che il soggetto agisca intenzionalmente e con la certezza dell'innocenza dell'incolpato. L'intenzionalità della incolpazione e la sicura conoscenza dell'innocenza dell'incolpato sono elementi distinti che devono ricorrere entrambi ai fini della sussistenza del dolo del delitto di calunnia. Va qui, dunque, ribadito che, ai fini dell'integrazione dell'elemento psicologico del reato di calunnia, non assume alcun rilievo la forma del dolo eventuale, in quanto la formula normativa "taluno che egli sa innocente" risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato (Sez. VI, 8 febbraio 2009, dep. 17 aprile 2009, n. 16645; id. 16 dicembre 2008, dep. 21 gennaio 2009, n. 2750).

Nel caso di specie la corte d'appello, secondo la suprema Corte, ha esposto in termini coerenti il dissenso rispetto alle conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado che, invece, sul presupposto che Tizio stesse monitorando i lavori di Caio, aveva ritenuto che non potesse equivocare su quello che stava accadendo. Tizio, in altri termini, ha voluto solo rappresentare una richiesta volta a consentire ulteriori sviluppi investigativi, senza aver voluto, con precisa determinazione, accusare persona che lui sapeva innocente.

La questione

La questione in esame è la seguente: il dolo del delitto di calunnia deve ritenersi sufficientemente integrato nel caso di un soggetto che, pur se affidandosi a fatti frutto di personale e distorta percezione, si limiti ad incolpare taluno temerariamente, senza avere la intenzione di accusare una persona innocente?

Le soluzioni giuridiche

Il dolo della calunnia non è integrato solo dalla coscienza e volontà della denuncia, ma richiede l'immanente consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato.

È evidente dunque che non può ravvisarsi questo dolo nel caso in cui l'autore della condotta sia assolutamente certo della colpevolezza dell'incolpato. Ancora: il dolo va escluso anche nel caso di dubbio o errore ragionevole sulla colpevolezza (Cass. pen., Sez. VI, n. 6990 del 12 aprile 1995).

Ne consegue che è sufficiente ad escludere l'illiceità della condotta un quadro probatorio di oggettiva o soggettiva, seppur ragionevole, incertezza circa la sussistenza delle circostanze da cui l'autore della condotta materiale calunniosa abbia dedotto la colpevolezza dell'incolpato.

Osservazioni

La coerenza con cui la giurisprudenza ha sempre ribadito la necessità che l'elemento psicologico del delitto di calunnia è integrato dall'agire intenzionalmente e con la certezza dell'innocenza dell'incolpato, impone grande cautela nell'accertamento della sussistenza pacifica di entrambi questi elementi nell'autore dei fatti. In passato la suprema corte aveva escluso il dolo della calunnia nella condotta di un imputato che temerariamente aveva denunciato fatti non personalmente percepiti ma riferiti dalle parti private e non valutati (Cass. pen., Sez. VI, 16 dicembre 2008, dep. 21 gennaio 2009, n. 2750) ovvero nel caso di imputati che, nel formulare una dichiarazione di ricusazione, avevano delineato una falsa accusa a carico di un magistrato nella soggettiva, anche se oggettivamente infondata, convinzione di avere subito gli effetti negativi di una irregolare gestione della procedura esecutiva di cui erano parti (Cass. pen., Sez. VI, 7 marzo 2007, n. 34881).

In questi casi viene meno l'illiceità penale del fatto a cagione del dubbio sulla consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato. Ma vi è di più: proseguendo nel ragionamento, ne deriva che se l'equivocità irrisolvibile circa la sussistenza della coscienza e volontà di recare offesa all'interesse tutelato esclude l'illiceità della condotta materialmente calunniosa, viene meno anche la possibilità di ritenere colpevole colui che, consapevolmente, in qualità di concorrente, partecipe - istigatore, abbia compartecipato alla condotta in questione perché "tale partecipazione anche soggettiva può risultare apprezzabile penalmente soltanto ove coincidente con analogo stato soggettivo di colui che è stato l'autore del fatto - reato previsto dall'art. 368 c.p."

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.