Attuali equilibri fra poteri del Gip e funzioni del magistrato inquirente in tema di indagini coatte e imputazione coatta

29 Settembre 2015

Secondo l'art. 112 della Carta costituzionale “il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale”. Tale obbligo, tuttavia, non vuole significare che a ogni iscrizione di notitia criminis debba corrispondere l'instaurazione del processo, il pubblico ministero, infatti, deve esercitare l'azione penale allorquando ritenga fondata la notizia di reato, quando cioè gli elementi raccolti nella fase delle indagini preliminari siano idonei a sostenere l'accusa in giudizio.
Abstract

Secondo l'art. 112 della Carta costituzionale “il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale”. Tale obbligo, tuttavia, non vuole significare che a ogni iscrizione di notitia criminis debba corrispondere l'instaurazione del processo, il pubblico ministero, infatti, deve esercitare l'azione penale allorquando ritenga fondata la notizia di reato, quando cioè gli elementi raccolti nella fase delle indagini preliminari siano idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

Nonostante l'esercizio dell'azione penale sia di esclusiva competenza del magistrato requirente, l'ordinamento ha previsto dei meccanismi volti a evitare l'elusione del principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale. Siffatti meccanismi sono previsti all'art. 409 c.p.p. che si occupa di disciplinare i provvedimenti del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero. In tali occasioni devono trovare bilanciamento due esigenze contrapposte, da un lato la necessità che il giudice non travalichi le sue funzioni incidendo sulle competenze riservate al pubblico ministero e, dall'altro, che quest'ultimo adempia correttamente all'obbligo su di lui gravante.

Le indagini coatte. Il limiti al potere del giudice

L'art. 409 c.p.p. disciplina i provvedimenti del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta di archiviazione formulata dal magistrato del pubblico ministero.

Nel caso in cui il giudice per le indagini preliminari ritenga di non accogliere la richiesta del pubblico ministero e qualora l'opposizione formulata dalla persona offesa dal reato ex art. 410 c.p.p. non sia inammissibile, il giudice provvede a fissare la data dell'udienza in camera di consiglio ex art. 409, comma 2, c.p.p.

All'esito dell'udienza sopracitata il giudice per le indagini preliminari può:

  • accogliere la richiesta del pubblico ministero, pronunciando l'archiviazione del procedimento con ordinanza;
  • può disporre, sempre con ordinanza, che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l'imputazione con l'esercizio dell'azione penale (c.d. imputazione coatta);
  • può pronunciare ordinanza con cui dispone che il pubblico ministero svolga ulteriori indagini che indica puntualmente assieme con il termine indispensabile entro il quale devono essere svolte (art. 409, comma 4, c.p.p.).

È quest'ultima l'ipotesi delle c.d. indagini coatte con la quale il legislatore ha voluto proteggere l'ordinamento dalle ipotesi in cui, a causa della “pigrizia” del pubblico ministero che abbia rinunciato ad agire - non avendo compiutamente valutato la fondatezza della notizia di reato -, venga aggirato il principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale previsto all'art. 112 Cost.

Stante la vaghezza del testo della disposizione in esame, i commentatori si sono interrogati circa i limiti entro i quali il giudice per le indagini preliminari possa spingersi nell'ordinare al pubblico ministero di compiere le indagini suppletive e circa il livello di vincolatività dell'ordinanza medesima rispetto all'attività del pubblico ministero.

Per quanto riguarda la prima problematica, un'indicazione eccessivamente puntuale degli atti d'indagine che il pubblico ministero debba compiere sembra configurare un'ipotesi di intrusione del magistrato giudicante in un'attività legislativamente riservata al solo magistrato inquirente.

Difatti, così come statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 253 del 6 giugno 1991, “… se, da un lato, il pubblico ministero ha l'obbligo di compiere le indagini indicate dal giudice a norma dell'art. 409, quarto comma, c.p.p., tale obbligo non è avulso né autonomo rispetto a quello di compiere ogni attività necessaria per assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (art. 358 in relazione all'art. 326 c.p.p.), di talché l'indicazione del giudice opera come devoluzione di un tema di indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari ai fini suddetti”. Ne segue, quindi, che, nonostante l'impulso all'attività d'indagine provenga dal giudice per le indagini preliminari, al pubblico ministero rimane totale autonomia di gestione.

A proposito della seconda problematica, sul grado di vincolatività dell'ordinanza ex 409, comma 4, c.p.p., essa pone l'attenzione sul rapporto tra l'esigenza che il giudice non si appropri di funzioni che non gli competono e la necessità che il pubblico ministero osservi il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. In particolare, ci si chiede se il pubblico ministero possa formulare la richiesta di rinvio a giudizio senza aver preventivamente svolto le indagini indicategli dal giudice o avendo svolto indagini diverse.

Tale interrogativo è strettamente legato alla natura che si riconosce all'ordinanza del giudice ex 409, comma 4, c.p.p.

Infatti, se si ritiene che tale ordinanza abbia natura interlocutoria, allora il giudice, dopo aver disposto le “indagini coatte”, potrà fissare una nuova udienza ove nuovamente valuterà se disporre l'archiviazione, o, alternativamente, la c.d. imputazione coatta, oppure ulteriori indagini, pronunciandosi così sull'originaria richiesta del pubblico ministero.

Viceversa, se si ritiene che l'ordinanza abbia natura conclusiva e definitiva, allora, una volta compiute le indagini, il pubblico ministero sarà libero di esercitare le sue determinazioni e, quindi, di chiedere nuovamente l'archiviazione o di esercitare l'azione penale.

La risposta circa la questione della natura dell'ordinanza ex 409, comma 4, c.p.p. è stata fornita dalle Sezioni unite della corte di cassazione che, con la sentenza delle Sezioni unite n. 22909 del 2005 (Minervini), hanno ritenuto abnorme, e pertanto ricorribile in cassazione, la statuizione con cui il giudice per le indagini preliminari, dopo aver disposto le “indagini coatte”, abbia fissato un'altra udienza camerale di rinvio per l'ulteriore corso del procedimento. Infatti, secondo i giudici di legittimità, la fissazione dell'ulteriore udienza crea un vincolo capace di incidere sull'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero e sulle sue valutazioni conclusive circa l'idoneità o meno degli elementi raccolti a sostenere l'accusa in giudizio.

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L'imputazione coatta. Ratio e limiti alla libertà del P.M.

Come sopra visto, uno dei possibili esiti dell'udienza camerale ex art. 409, comma 2, c.p.p. è costituito dall'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari, non accogliendo la richiesta di archiviazione, dispone che il pubblico ministero, entro dieci giorni, formuli l'imputazione.

Tale disposizione ha lo scopo di evitare possibili elusioni del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, infatti, se, esaurita la fase investigativa, il giudice non potesse ordinare al pubblico ministero di esercitare l'azione penale, si verrebbe a verificare una vera e propria situazione di stallo.

Tuttavia, anche il comma 5 dell'art. 409 c.p.p. sembra avere una formulazione alquanto generica che lascia spazio a dubbi interpretativi oggetto di esame da parte della giurisprudenza.

In particolare, stante la più volte richiamata separazione tra le funzioni dell'organo giudicante e le funzioni dell'organo requirente, ci si è chiesti se il pubblico ministero, dinnanzi all'ordinanza che dispone la c.d. imputazione coatta, sia libero di autodeterminarsi o sia vincolato alle indicazioni del giudice per le indagini preliminari.

A tal proposito la Corte costituzionale ha riconosciuto che “al Giudice per le indagini preliminari è demandato solo l'atto d'impulso, che non fuoriesce dalla funzione di controllo, mentre il concreto promovimento dell'azione, che si esplica nella formulazione dell'imputazione, resta di competenza del P.M.”. Secondo i giudici delle leggi, infatti, la funzione di controllo svolta dal giudice per le indagini preliminari “non sta nell'individuazione dell'imputazione, bensì nell'accertamento della necessità di procedere” (Corte cost., 12 giugno 1991, n. 263).

Nondimeno, nella medesima pronuncia, la Corte costituzionale ha chiarito che il pubblico ministero non gode di illimitata libertà di autodeterminarsi in merito all'esercizio dell'azione penale, poiché viene da sé che l'ordinanza ex art. 409, comma 5, c.p.p., in quanto motivata, debba contenere “l'indicazione degli elementi di fatto e delle ragioni giuridiche in base alle quali il Giudice per le indagini preliminari ritiene che l'azione penale deve essere instaurata”.

Ne consegue che il pubblico ministero dovrà tenere conto nell'esercizio delle sue funzioni del contenuto dell'ordinanza emanata da giudice per le indagini preliminari.

Tale osservazione conduce, quindi, ad un ulteriore interrogativo, se l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero debba essere limitato ai soggetti e alle notizie di reato contenuti nell'originaria richiesta di archiviazione o possa estendersi a nuovi soggetti e nuove ipotesi di reato.

Le pronunce delle Sezioni unite

La risposta a tale quesito è stata fornita da due pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Con la prima pronuncia la Corte ha stabilito che non è abnorme l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari, all'esito dell'udienza camerale fissata in seguito all'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, ordini l'iscrizione nel registro delle notizie di reato di altri soggetti, mai prima indagati e per i quali il pubblico ministero non abbia formulato alcuna richiesta, disponendo, inoltre, la prosecuzione delle indagini (Sez. un., 31 maggio 2005, n. 22909).

Tale sentenza è stata criticata nella parte in cui permette al giudice per le indagini preliminari di ordinare al pubblico ministero, oltre alla c.d. imputazione coatta, di svolgere indagini nei confronti di quei soggetti il cui nome è stato iscritto nel registro delle notizie di reato per iniziativa del giudice stesso.

Innanzitutto tale ordine appare superfluo in quanto, ogniqualvolta il pubblico ministero iscriva una qualsiasi notizia nel registro delle notizie di reato, ha il conseguente obbligo di svolgere le opportune indagini.

Inoltre, e questa costituisce certamente la maggiore preoccupazione, si corre il rischio che l'ordine proveniente dal giudice possa costituire un'indebita intrusione nella sfera di competenza del pubblico ministero.

Difatti, così come previsto dal comma 4 della disposizione in oggetto, l'ordine ad investigare deve contenere l'indicazione dei temi d'indagine che non erano stati debitamente approfonditi dal magistrato inquirente.

Orbene, nel caso di specie, le indagini non possono definirsi ulteriori poiché i soggetti a cui si riferiscono non erano già iscritti nel registro delle notizie di reato, il pubblico ministero, infatti, si trova per la prima volta ad investigare su di loro.

Ne consegue che l'indicazione da parte del giudice per le indagini preliminari dei temi d'indagine pare limitare le competenze e le funzioni del pubblico ministero che, dopo aver iscritto i nuovi soggetti nel registro delle notizie di reato, dovrebbe essere libero di svolgere le indagini come meglio ritiene.

Con la successiva pronuncia (Cass. pen., Sez. un., 28 novembre 2013, n. 4319) la Corte si è occupata di stabilire se sia abnorme o meno il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione, ravvisando anche altri fatti costituenti reato a carico del medesimo indagato o di altri soggetti, ordini al pubblico ministero di formulare l'imputazione ex art. 409, comma 5, c.p.p. Le Sezioni unite sottolineano come le disposizioni di cui all'art. 409, commi 4 e 5, c.p.p., concernenti i poteri di intervento del giudice per le indagini preliminari sull'esercizio dell'azione penale, debbano formare oggetto di interpretazione estremamente rigorosa, al fine di evitare qualsiasi ingerenza dell'organo giudicante nella sfera di autonomia della pubblica accusa.

Quindi, dopo aver ribadito il principio espresso da consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari emette l'ordine di “imputazione coatta” nei confronti di soggetti non indagati, le Sezioni Unite si sono espresse nel senso che è parimenti abnorme il provvedimento col quale il giudice emette ordine di “imputazione coatta” nei confronti dell'indagato per fatti diversi da quelli per i quali il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione.

Piuttosto, in tali casi, il giudice per le indagini preliminari può legittimamente ordinare che il pubblico ministero iscriva la nuova notizia di reato e, quindi, svolga le relative indagini.

La sentenza 31912 del 2015

La Corte di Cassazione, sezione II, è recentemente tornata a pronunciarsi sui poteri del giudice per le indagini preliminari richiesto dell'archiviazione con la sentenza n. 31912 del luglio 2015.

Il ricorso è stato presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli il quale si era visto rigettare la richiesta di archiviazione dal giudice per le indagini preliminari competente. Quest'ultimo aveva disposto che il pubblico ministero formulasse a carico del soggetto indagato l'imputazione per il reato di insolvenza fraudolenta anziché per il reato di truffa originariamente iscritto.

Il pubblico ministero aveva, quindi, proposto ricorso, sostenendo che la summenzionata ordinanza fosse abnorme in quanto esorbiterebbe dai poteri del giudice per le indagini preliminari disporre l'“imputazione coatta” nei confronti del medesimo indagato ma per un titolo di reato diverso da quello per il quale il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione.

I giudici aditi hanno innanzitutto osservato che il problema affrontato dalle Sezioni unite del 2013 sopracitate (Sezioni unite, 28 novembre 2013, n. 4319) non era quello oggetto del ricorso portato al loro esame, il quale differentemente ineriva al potere del giudice per le indagini preliminari di dare al medesimo fatto di cui il pubblico ministero chiedeva l'archiviazione una diversa qualificazione giuridica.

Difatti, nella pronuncia in esame, la Corte Suprema evidenzia come in giurisprudenza non si sia mai dubitato del potere del giudice di qualificare diversamente i fatti oggetto della richiesta di archiviazione e di disporre, quindi, l'“imputazione coatta” per il diverso titolo di reato.

In conclusione

L'unico profilo dibattuto, che le Sezioni Unite individuano pur senza fornire una soluzione, è quello che riguarda il profilo dell'accoglimento o meno della richiesta di archiviazione.

Infatti, mentre la maggior parte delle pronunce ritiene che il giudice per le indagini preliminari possa ordinare l'“imputazione coatta” per un diverso titolo di reato solo quando abbia rigettato la richiesta di archiviazione (si veda a tal proposito Cass., 19447/2006), vi è giurisprudenza che, invece, ritiene che il giudice possa ordinare l'“imputazione coatta” anche dopo aver accolto la richiesta formulata dal pubblico ministero.

In effetti, stante il tenore letterale dell'art. 409, comma 5, c.p.p., sembrerebbe corretta la prima interpretazione giurisprudenziale che attribuisce al giudice per le indagini preliminari il potere di disporre l'imputazione allorché abbia respinto la richiesta di archiviazione.

In ogni caso la Cassazione, come poc'anzi detto, non scioglie il nodo interpretativo, limitandosi a dichiarare inammissibile il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, dopo aver rigettato la richiesta di archiviazione, aveva disposto l'“imputazione coatta” nei confronti dell'indagato per il medesimo fatto, ma in relazione ad altro titolo di reato.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: BERNARDI A., Commento al nuovo codice di procedura penale, Chiavaro (coordinato da), Vol. IV, sub art. 409, Utet, 1990, 533 ss.; CAPRIOLI F., L'archiviazione, Jovenne, 1994, 522 ss.; CASSIBBA F., Sui poteri del G.i.p. ex art. 409 commi IV e V c.p.p., in Cass. pen., fasc. 10, 2005, 2868; CONSO - ILLUMINATI, Commentario breve al Codice di procedura penale, Cedam, 2015; CONTI C., Archiviazione, in Trattato di procedura penale, Spangher (diretto da), Vol. III (Le indagini preliminari e l'udienza preliminare), Garuti (a cura di), 2008, 793; CORDERO F., Codice di procedura penale commentato, Vol. II, Giuffrè, 1992, 489; ID., Procedura penale, Giuffrè, 2003, 431; DEAN G., L'impromovibilità dell'azione penale, Giuffrè, 1996, 124; DEAN - FONTI, Archiviazione (voce), in Digesto pen., Vol. I, 2005, 36; DOMINIONI O., Chiusura delle indagini preliminari e udienza preliminare, in Aa.Vv., Il nuovo processo penale dalle indagini preliminari al dibattimento, Giuffrè, 1989, 58; DRAGONE S., Le indagini e l'udienza preliminare, in Aa.Vv., Nuovo manuale pratico del processo penale, Cedam, 2002, 705; GARUTI G., Chiusura delle indagini e archiviazione, Aimonetto (coordinato da), Indagini preliminari ed instaurazione del processo, Torino, Utet, 428; GIOSTRA G., L'archiviazione. Lineamenti sistematici e questioni interpretative,Giappichelli, 1994, 74; GREVI V., Archiviazione per “inidoneità probatoria” ed obbligatorietà dell'azione penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1990, 1274 ss.; NOBILI M., La nuova procedura penale, Clueb, 1989, 13; SAMMARCO A., La richiesta di archiviazione, Giuffrè, 1993, 303; SPANGHER G., L'imputazione coatta: controllo o esercizio dell'azione penale?, Aa.Vv., Le riforme complementari: il nuovo processo minorile e l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario, 1991, Cedam, 154; TONINI P., Manuale di procedura penale, Giuffrè, 2015, 559 ss.

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