Sulla validità del risultato fornito dall'etilometro in caso di “volume insufficiente”

29 Settembre 2016

La sentenza che si annota offre l'occasione per tornare sul noto tema del funzionamento dell'etilometro, sull'affidabilità delle misurazioni del tasso alcolemico, sul corretto procedimento di utilizzo dell'apparecchio e sulla validità delle risultanze che, nella stragrande maggioranza dei casi, giocano un ruolo fondamentale nel giudizio.
Massima

Ai fini della configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza, qualora lo scontrino dell'alcoltest, oltre a riportare l'indicazione del tasso alcolemico, contenga la dicitura volume insufficiente è necessario accertare, attraverso una compiuta verifica delle modalità di funzionamento della macchina, se l'insufficienza del volume abbia o meno inficiato il risultato del test espresso dai parametri numerici.

Il caso

La polizia stradale aveva effettuato un controllo sullo stato di ebbrezza di un conducente di autovettura il quale, secondo gli agenti operanti, procedeva nella marcia in maniera non rettilinea, zigzagando vistosamente. Il conducente veniva sottoposto all'esame dell'alcolemia mediante etilometro, senza tuttavia raggiungere con l'insufflazione il quantitativo minimo d'aria richiesto dall'apparecchio. L'esito, riportato nell'apposito scontrino emesso dallo stesso etilometro, segnalava il volume insufficiente dell'espirato, seppure in entrambe le misurazioni venissero riportati i valori di alcolemia, evidentemente misurati, rispettivamente di i 1,15 g/l e di 1,12 g/l.

Gli agenti operanti riscontravano altresì alito vinoso nel conducente, procedendo alla denuncia per guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l, con riferimento all'art. 186, comma 2, lett. b) d.lgs. 285/1992 (la sentenza della suprema Corte riporta, evidentemente per mero refuso, in considerazione della misurazione effettuata, la lettera c) dell'articolo citato).

La questione

La questione centrale che è stata posta all'attenzione della Cassazione, peraltro non certo connotata da novità assoluta, riguarda, in buona sostanza giuridica, la valenza da attribuire alla misurazione del grado di alcolemia, effettuata tramite etilometro, in caso di insufficienza del volume d'aria espirato.

Le soluzioni giuridiche

Come la motivazione della sentenza riassume in maniera impeccabile, la giurisprudenza di legittimità, fino ad ora, non ha espresso un orientamento univoco. Vediamo di riassumere brevemente le posizioni espresse e riprese magistralmente, per chiarezza e brevità espositiva, dalla sentenza in commento.

Un primo orientamento tende ad escludere che il risultato fornito dall'etilometro, in caso di volume d'aria insufficiente, possa comunque essere ritenuto valido: il fatto ostativo, ovviamente, risiede nell'assenza di una misurazione valida, posto che sussiste un'evidente incompatibilità logica tra una misurazione non validamente effettuata e il suo risultato (Cass. pen., Sez. IV, 13 giugno 2013, n. 35303).

Un secondo orientamento tende viceversa a ritenere che, in presenza di uno scontrino emesso dall'etilometro con una misurazione, il volume insufficiente di aria non possa essere considerato un elemento tale da inficiare il risultato il quale, di conseguenza, può essere valutato dall'organo giudicante ai fini di una condanna per guida in stato di ebbrezza (Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 22239). A margine di tale presa di posizione interpretativa, deve essere sottolineato che la giurisprudenza di legittimità accompagna la tesi dell'attendibilità del risultato dell'etilometro, seppure con volume di espirato non sufficiente, con l'osservazione che, in assenza di patologie specifiche, la collaborazione del conducente sarebbe venuta meno durante il controllo. A tale proposito, appare emblematico quanto espresso in una motivazione della Cassazione, in occasione di un ricorso presentato dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Cuneo, relativo alla valenza del caso in discorso: l'espirazione è atto volontario e non coercibile, il quale presuppone la disponibilità del soggetto a espirare volumi sufficienti e idonei a un valido controllo. Rileva che l'imputato, pur dichiarandosi disponibile a sottoporsi a controllo del tasso etilico, non aveva espirato volumi indicati dall'apparecchio come sufficienti. Correttamente, pertanto, si sarebbero dovuti ritenere attendibili i valori emersi in sede di esame tecnico, palesandosi unica utile alternativa l'accertamento della indisponibilità del soggetto a sottoporsi al test (Cass. pen., Sez. IV, 6 febbraio 2013, n. 11499). Non appare certo complesso individuare una logica sottesa all'assunto, che indica una compromissione dei parametri di giudizio.

Infatti, l'eventualità che il soggetto controllato avesse o meno disatteso l'obbligo di espirare con continuità e fino a fornire il volume d'aria sufficiente, non comporta una minore o maggiore attendibilità della misurazione. L'impressione è che l'aspetto scientifico relativo alla valenza della misurazione rimanga in ombra, disatteso o ignorato.

I due orientamenti si sono avvicendati con alterne fortune, anche nella giurisprudenza di legittimità, e la sentenza in commento cerca una sintesi tra le due visioni, anche con un sincretismo degno di nota.

La sintesi che opera la suprema Corte in ordine ai due distinti orientamenti è di una pregevole pulizia logica e, soprattutto, indica la soluzione della problematica, che trova il suo appianamento sul solido terreno della motivazione.

La motivazione della sentenza ritorna appieno nella sua centralità e risolve la questione dei due orientamenti. Solo il percorso logico, esplicato e giustificato, è idoneo a dare ragione della decisione.

L'affermazione acritica, di per sé, sull'affidabilità o meno della misurazione non vale a supportare l'attendibilità del dato scientifico. D'altro canto – ci teniamo ad aggiungere – non caso il Legislatore ha ritenuto di prevedere espressamente, nell'art. 379 del d.P.R. 495/1992 che resta fermo in ogni caso il compito dei verbalizzanti di indicare nella notizia di reato, ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale, le circostanze sintomatiche dell'esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili in particolare dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida.

Osservazioni

Se la sentenza in commento rappresenta un pregevole modello argomentativo, corollario imprescindibile della stessa e è che il giudicante sia in grado di valutare l'affidabilità delle risultanze dell'etilometro, in quanto una qualunque motivazione logica decisionale, che si poggi su un determinato dato, difficilmente potrà essere completa laddove non vi sia la coscienza, quantomeno implicita, dell'affidabilità del dato medesimo.

Anche se ci rendiamo conto che l'affermazione può apparire decisamente stringente e vincolante, è sufficiente un ragionamento non eccessivamente complesso per rendersi conto che la logica non solo consiglia ma impone una valutazione sulla certezza delle risultanze. Da qui, crediamo, deriva la necessità di sapere almeno in linea generale, come funziona l'etilometro. In primo luogo, è necessario sottolineare che tale apparecchio non misura direttamente il livello di alcolemia nel sangue ma lo ricava dall'espirato del conducente sottoposto a controllo. La conseguenza, più che evidente, è che il risultato della misurazione sarà tanto più affidabile quanto il processo sarà scientificamente fondato e allineato con le fonti normative. Possiamo proprio partire da queste ultime che ritroviamo, in relazione al funzionamento dell'etilometro, nel d.P.R. 196/1990. In tale atto normativo sono contenute le specifiche tecniche di funzionamento, quasi mai citate nelle motivazioni delle sentenze che si sono occupate del problema. La domanda, che ci pare legittima, in relazione al pregiato intervento della Cassazione da cui traggono spunto le presenti riflessioni, è se sia prevista una misurazione del tasso alcolemico in caso di non raggiungimento del volume di espirato previsto. Una normazione specifica, in tal senso, non esiste.

Tuttavia, riteniamo che ci sia spazio per delle riflessioni in merito all'allegato tecnico del citato d.P.R. 196/1990 e precisamente sul punto 3.5.1, che si riporta integralmente per comodità di lettura: Lo strumento deve indicare soltanto il risultato definitivo della misurazione, espresso in g/1 o mg/100 ml, nel modo normale di funzionamento. Quando la misurazione porta a un risultato nullo, deve essere possibile non confondere tale risultato con l'indicazione dello zero di prima della misurazione. Sono utilizzati messaggi di servizio.

Poiché l'allegato tecnico costituisce parte integrante del decreto, ci si può interrogare sulla valenza della previsione: si può intendere il primo periodo nel senso che qualunque risultanza debba necessariamente presupporre una procedura corretta e completa di misurazione?

Oppure, diversamente, la norma va intesa che il risultato non può essere visualizzato progressivamente, bensì solo al termine del processo, anche laddove sia incompleto, ed una misurazione visualizzata possa essere considerata un messaggio “di servizio”?

In realtà, scorrendo l'allegato tecnico e soffermandosi sul precedente punto 2.5, l'interprete ha la possibilità di rendersi conto che, secondo una logica di interpretazione sistematica, la risposta affermativa alla prima domanda costituisce l'ipotesi più lineare e sostenibile.

Infatti, il prefato punto 2.5 (Modo normale di funzionamento), recita: Modo di utilizzazione che corrisponde al programma di funzionamento definito per gli strumenti in servizio. In particolare, nel modo normale di funzionamento, lo strumento indica soltanto il risultato definitivo della misura e solo in questo modo di funzionamento lo esprime in grammi di alcool per litro di sangue.

Ora, se le conclusioni a cui siamo giunti sono corrette, viene da chiedersi come mai l'etilometro fornisca una misura in contrasto con il provvedimento normativo in discorso. Se si procede oltre, nell'analisi del predetto allegato tecnico, al punto 6.1.7, secondo periodo, si legge: nel caso di volume espirato non inferiore a 0,8 1 e tempo di espirazione non inferiore a 3 s, deve essere possibile la effettuazione della misura con la esposizione di apposito messaggio di servizio. L'interprete giunge, alfine, al reperimento della fonte normativa, tuttavia senza rinvenire una qualche spiegazione sull'attendibilità della misurazione e con qualche dubbio derivante dal fatto che non è chiara la valenza di tale misurazione.

Ciò che manca, evidentemente, è l'affidabilità scientifica di una misurazione effettuata con un volume di espirato inferiore al minimo; minimo che dovrebbe, appunto, definire un parametro al di sotto del quale viene meno l'affidabilità della misurazione, pena un'evidente contraddizione logica. Tra l'altro, ci sia consentito rilevare in questa sede che non sempre appare chiaro, sia nelle motivazioni delle sentenze, sia nei commenti dottrinali, che l'etilometro non misura l'alcol nel sangue bensì, cosa ben diversa, ne effettua una approssimazione.

Per meglio chiarire questo passaggio, che riteniamo fondamentale, è opportuno partire dalla relazione che esiste tra le molecole di alcol presenti nell'espirato del conducente sottoposto a controllo e il livello di alcolemia effettivo, cioè la quantità di sostanza presente nel flusso ematico. Si tratta del cosiddetto fattore di conversione il quale tuttavia, non è costituito da un parametro fisso.

Tale parametro, infatti, varia da persona a persona sulla base di una serie di condizioni fisiche che partono dal sesso, coinvolgono lo stato di salute del soggetto, la sua corporatura, lo stile di vita e l'età; inoltre, il parametro può variare anche nel medesimo soggetto nell'arco della giornata. Conseguentemente, trattandosi di un calcolo approssimativo, seppure effettuato con i rigori del caso, e non di una misurazione diretta, è utile per l'interprete sapere quale algoritmo governa il calcolo.

Una volta terminata l'insufflazione dell'espirato da parete del controllando, l'etilometro esegue una stima del quantitativo di alcol presente e lo moltiplica per 2.300, ottenendo il valore in grammi/litro dell'alcolemia. Come abbiamo visto, poiché il fattore di conversione non possiede un valore preciso valido per tutti i soggetti, lo stesso ha un valore convenzionale, ottenuto con un calcolo di media ponderale. Ci si potrebbe attendere che tale fattore, seppure approssimativo, sia condiviso in modo pressoché unanime; viceversa, un breve e semplice indagine conduce a concludere che in Italia l'algoritmo di misurazione ponga in una situazione di sfavore il conducente sottoposto a controllo. Infatti, in altri Stati europei il fattore di conversione è pari a 2100 e, nella rigorosa legislazione stradale svizzera, addirittura 2.000.

Cosa significa, in termini pratici?

Significa che il medesimo conducente, in situazioni identiche, potrebbe essere considerato sobrio in Francia ed ebbro a Ventimiglia. E le situazioni a maggior rischio sono proprio quelle relative a misurazioni vicine alle diverse fasce di ebrietà. Proviamo a chiarire con un esempio: due determinazioni concordanti, effettuate nel rispetto delle procedura, pari rispettivamente a 0,87 e 0,86 g/l porrebbero il conducente nell'alveo dell'illiceità penale, sul territorio italiano. Ma la medesima alcolemia misurata secondo i parametri vigenti in Francia, varrebbe (secondo la legislazione italiana) un mero illecito amministrativo. E a maggior ragione se la misurazione avvenisse in Svizzera. E senza far menzione di quelle situazioni che dovrebbero addirittura andare esenti da qualsivoglia sanzione, in quanti rientranti nell'ambito della liceità.

Il commento potrebbe essere letto in una chiave destabilizzante: infatti, mettere in dubbio, con coerenza scientifica, le risultanze degli etilometri può generare effetti deleteri sul piano della prevenzione generale e speciale della guida in stato di ebbrezza. Ma, in realtà, la prospettiva corretta è tutt'altra e concerne la legalità della fattispecie. Infatti, a seguito dell'introduzione delle soglie alcolemiche, la misurazione del tasso ematico di alcol è divenuto fondamentale nell'ottico del principio del libero convincimento del giudice. Uno dei pericoli che pensiamo possano incidere sui casi trattati nelle aule di giustizia, è costituito dall'accettazione acritica (Cass. pen., Sez. IV, 20 luglio 2016, n. 31233, ove si legge … il dato sintomatico perde rilievo dirimente in presenza del dato strumentale) di un valore che è parametrato su basi medie a livello statistico, con differenziazioni notevoli nei diversi Paesi, e dove l'Italia utilizza l'algoritmo più severo, inteso quale valore matematico del fattore di conversione. Un maggiore approfondimento sulla scientificità del dato e della sua approssimazione rispetto alla quantità di alcol presente nel sangue, consentirebbe riflessioni più consapevoli sui riscontri forniti dall'etilometro, segnando la strada per motivazioni sempre più strutturate, per meglio fondare il libero convincimento del giudice.

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