La direttiva anti terrorismo 2017/541 del 15 marzo 2017

Ludovica Giovedì
31 Maggio 2017

La direttiva Ue 541 del 15 marzo 2017 del Parlamento europeo e del Consiglio ha sostituito la decisione quadro 475 del 13 giugno 2002, intitolata Sulla lotta contro il terrorismo e definita dalla stessa direttiva « pietra angolare della risposta della giustizia penale degli Stati membri per combattere il terrorismo » (considerando n. 3). Con essa, viene chiesto per la prima volta agli Stati membri di armonizzare le rispettive discipline legislative in materia di contrasto al terrorismo.
Abstract

La direttiva Ue 541 del 15 marzo 2017 del Parlamento europeo e del Consiglio ha sostituito la decisione quadro 475 del 13 giugno 2002, intitolata Sulla lotta contro il terrorismo e definita dalla stessa direttiva « pietra angolare della risposta della giustizia penale degli Stati membri per combattere il terrorismo » (considerando n. 3). Con essa, viene chiesto per la prima volta agli Stati membri di armonizzare le rispettive discipline legislative in materia di contrasto al terrorismo ma soprattutto di adottare una definizione comune di reato terroristico e di organizzazione terroristica, evidentemente nella prospettiva di favorire la cooperazione giudiziaria e di sicurezza nello spazio europeo. La direttiva 2017/541 assume la sostanza di un documento di sintesi degli obblighi di incriminazione previsti in capo agli Stati membri dal 2002 ad oggi, riproducendo tendenzialmente quanto già previsto nelle decisioni quadro del 2002/475/Gai e 2008/919/Gai, nonché nella risoluzione Onu 2178/2014. Si segnala infine l'introduzione di nuovi reati considerati terroristici: l'interferenza illecita nei sistemi di informazione e quella relativa ai dati informatici, di cui alla direttiva 2013/40/Ue. Gli Stati membri sono chiamati a recepire la direttiva entro l'8 settembre 2018.

I riferimenti normativi

A partire dal 2002, a livello nazionale, il Legislatore si è visto impegnato in una importante opera di trasposizione sul piano interno di figure delittuose elaborate nello spazio europeo e volte a tutelare gli Stati dalla minaccia terroristica. È possibile richiamare sul punto il d.l. 144/2005 convertito in legge 155/2005; il d.l. 7/2015 convertito in legge 43/2015 e, recentemente, la legge 153 del 28 luglio 2016. Si tratta delle disposizioni che hanno scandito il processo di adeguamento del sistema interno alle istanze di tutela avanzate oltre i confini nazionali, alle quali è stato concesso ampio spazio all'interno del Titolo I Libro II del codice penale in cui si tratta dei delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato. Un processo di armonizzazione che ha visto susseguirsi una molteplicità di figure delittuose mediante cui il Legislatore ha tentato di riunire l'insieme delle condotte attraverso le quali il fenomeno terroristico si esprime. Tuttavia, in tale operazione ha agito in disarmonia con le stesse indicazioni europee che vincolano la definizione di reato terroristico ad una serie ben definita di reati, caratterizzati dalla particolare gravità negli effetti e non solo dal fine specifico di destabilizzare le istituzioni. Così alle condotte di associazione (art.270-bis c.p.), assistenza (art. 270-ter c.p.), arruolamento (art. 270-quater c.p.) ed addestramento (art. 270-quinquies c.p.) con finalità di terrorismo introdotte nel 2005, si sono aggiunte: nel 2015 quelle volte a perseguire penalmente il soggetto che si auto-addestra (art. 270-quinquies c.p.), l'arruolato (art. 270-quater, comma 2, c.p.) e colui che organizza, propaganda o finanzia trasferimenti all'estero con finalità di terrorismo (art. 270-quater.1 c.p.); e nel 2016, con la l. 153/2016, il finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (art. 270-quinquies.1 c.p.), la sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro (art. 270-quinquies.2 c.p.) e gli atti di terrorismo nucleare (art. 280-ter c.p.). All'ampio catalogo appena richiamato si aggiungono le ipotesi di confisca obbligatoria (art. 270-septies c.p.) e le numerose decisioni e direttive con le quali si è posta in risalto la necessità di strutturare, sul piano della cooperazione tra Stati, meccanismi in grado di favorire le indagini e la circolazione delle informazioni tra autorità di sicurezza e giudiziarie. Con riferimento a tale ultimo aspetto meritano una breve menzione, come peraltro fa la stessa direttiva 541/2017 nelle sue premesse, le più importanti decisioni prese dal Consiglio, in particolare la decisione quadro 2006/960/Gai, le decisioni 2008/615/Gai e 2005/671/Gai nonché 2002/584/Gai (sul mandato d'arresto europeo, recepita dall'Italia con l. 69 del 22 aprile 2005), 2002/465/Gai e 2007/533/Gai; il regolamento 603/2013 e le direttive (Ue) n. 2015/849 e 2016/681, queste ultime ancora in fase di attuazione. I provvedimenti europei richiamati concernono lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici e sono stati recepiti solo in tempi recenti sul piano nazionale. Il riferimento è al d.lgs. 54 del 23 aprile 2015 (attuativo della decisione quadro 2006/960/Gai), nonché al regolamento emanato con decreto del d.P.R. 87 del 7 aprile 2016, in esecuzione dell'art. 16, legge 85 del 30 giugno 2009 (che fa riferimento alla decisione 2008/615/Gai); e ancora, alla direttiva 2002/465/Gai alla quale il Legislatore ha dato attuazione con il d.lgs. 34 del 15 febbraio 2016 (legge di delegazione europea 114/2015) volto a disciplinare l'attività delle squadre investigative comuni; infine, il regolamento n. 603/2013 istitutivo dell'Eurodac strumentale al confronto delle impronte digitali nell'ambito di applicazione della Convenzione di Dublino. Si tratta di un quadro frammentario in cui si trova da un lato, la risposta europea al fenomeno terroristico, sviluppata con costanza a partire dal 2002 e proseguita sino ad oggi attraverso strumenti normativi diversi tra loro soprattutto in punto di efficacia (direttive, regolamenti, decisioni e decisioni quadro); dall'altro, il legislatore italiano impegnato a coniugare la richiesta sovranazionale con il sistema di diritto interno. Sotto un profilo squisitamente sostanziale, punto di partenza ma in fondo anche di approdo, rimane la decisione quadro 475 del 2002.

La decisione quadro 475 del 13 giugno 2002: il reato terroristico

Il reato definito terroristico a livello sovranazionale coincide con una serie circoscritta di condotte che il Legislatore europeo identifica in specifici reati considerati particolarmente gravi anche nei singoli ordinamenti nazionali. Vengono richiamate le fattispecie di attentato alla vita o all'integrità fisica di un individuo, sequestro di persona, distruzione di strutture pubbliche o sistemi di trasporto, informatici, che siano in grado di generare un pericolo per la vita umana o causare perdite economiche considerevoli; il sequestro di mezzi di trasporto collettivi, come gli aereomobili o le navi, utilizzati per lo spostamento di individui o merci; i reati che concernono le armi e le sostanze pericolose ma anche le azioni di manomissione o interruzione delle forniture di risorse naturali, purché in grado di generare pericolo per le vite umane. La decisione richiede espressamente (art. 1) che i reati richiamati per la loro natura o contesto devono poter arrecare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale e devono essere commessi con il fine specifico di intimidire gravemente la popolazione o costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, oppure destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese o un'organizzazione internazionale. Nel 2002, in Europa, si tenta di delineare il profilo del reato terroristico circoscrivendone la portata in termini oggettivi e soggettivi. La componente soggettiva è abbastanza intuitiva; più arduo è arginare l'aspetto materiale del fenomeno. Non potendo pre-stabilire una specifica condotta passibile di essere definita terroristica, il legislatore sovranazionale preferisce rinviare ad un elenco tassativo di reati, selezionati tra quelli considerati particolarmente lesivi per l'individuo e per lo Stato. Ma non solo. Le fattispecie richiamate oltre ad essere caratterizzate dal fine terroristico devono essere effettivamente in grado, per natura o contesto, di arrecare un grave danno ad un paese o ad un'organizzazione internazionale. È in tale ultimo frammento descrittivo che emerge l'aspetto caratterizzante il reato terroristico ed è per ciò stesso che il delitto commesso con finalità di terrorismo guadagna un posto all'interno di quel complesso di disposizioni poste a presidio della personalità dello Stato. Con la medesima decisione quadro viene introdotto, inoltre, il riferimento alla organizzazione terroristica termine con il quale si rinvia ad una « associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici » (art. 2 decisione quadro del 13 giugno 2002). Una definizione elaborata tenendo conto dei differenti sistemi giuridici che compongono l'Europa e che trova un antecedente nella Convenzione di Palermo del 2000 in cui si distingue tra gruppo criminale organizzato, ovvero « un gruppo strutturato esistente per un periodo di tempo, composto da tre o più persone che agiscono di concerto al fine di commettere uno o più reati gravi o reati stabiliti dalla presente Convenzione, al fine di ottenere, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale », e gruppo strutturato, definizione con cui si « indica un gruppo che non si è costituito fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata » (art. 2 della Conv. di Palermo). Nella decisione quadro viene mutuata dalla Convenzione di Palermo la definizione di “gruppo strutturato” che il legislatore europeo rinomina “associazione strutturata”. Si tratta di termini equivalenti, che non dovrebbero dare adito ad interpretazioni fuorvianti da parte della giurisprudenza interna (v. Cass. pen., Sez. unite., 31 gennaio 2013, n. 18374). Per contro, in punto di numero dei partecipanti la descrizione dell'organizzazione terroristica non coincide perfettamente con il gruppo criminale organizzato: più di due persone per la prima, tre o più persone per il secondo. Perché possa parlarsi di organizzazione terroristica, è bene precisare, non viene richiesta l'idoneità della struttura organizzativa rispetto agli scopi perseguiti.

Il reato terroristico nel sistema interno

Il Legislatore italiano ha preferito non limitare il delitto terroristico ad un elenco tassativo di reati. In fase attuativa del disposto europeo si è optato per una definizione più ampia, in termini di azione tipica, in cui a dare disvalore all'azione è la finalità con cui agisce il soggetto piuttosto che la condotta considerata in quanto tale. La scelta non è stata frutto di una dimenticanza, infatti, già in fase di discussione parlamentare il 30 luglio 2005 il Ministro Pisanu, promotore del d.l.144/2005, esprimeva le proprie difficoltà nel definire il reato terroristico. Sul punto, si formarono in Parlamento due correnti contrapposte. Alcuni partiti si mostrarono contrari a discostarsi dall'elenco di reati fornito dalla direttiva, altri furono invece favorevoli ad una nozione per così dire “aperta” di reato terroristico, non circoscritto alle condotte predeterminate in sede europea. Tale ultima soluzione risultò essere quella prevalente. Pertanto, il reato terroristico, sin dalle prime modifiche ai delitti contro lo Stato, finiva per essere qualificato quasi esclusivamente dalla finalità della condotta, in funzione oggettivizzante rispetto all'azione. Si decise, invero, di dare attuazione esclusivamente alla prima parte dell'art. 1 della decisione quadro 475/2002 con ripercussioni non indifferenti anche sulla trasposizione dell'intera decisione. Non può tacersi, infatti, che anche le ipotesi di istigazione, concorso e tentativo, nonché i reati definiti ” al reato terroristico, ovvero furto, estorsione e formazione di documenti falsi, che nel disposto europeo sono strettamente collegati all'elenco di reati considerati terroristici, nel sistema interno sono tuttora posti in relazione ad un categoria in parte diversa e più ampia di quella sovranazionale.

La direttiva (Ue) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio

Il testo della direttiva 2017/541 tendenzialmente riproduce quanto previsto nelle decisioni quadro del 2002/475/Gai e 2008/919/Gai, nonché nella risoluzione Onu 2178/2014.

La direttiva in commento sembrerebbe assumere la sostanza di un documento di sintesi degli obblighi di incriminazione previsti in capo agli Stati membri, con cui si tiene conto degli atti normativi e non prodotti in Europa dal 2002 ad oggi. Non mancano, tuttavia, alcune novità che meritano di essere sottolineate. In primo luogo, l'elenco dei reati considerati terroristici, viene nutrito di nuove fattispecie. Il riferimento è all'interferenza illecita nei sistemi di informazione nonché relativa ai dati informatici, di cui alla direttiva 2013/40/Ue. Per ciò invece che concerne le associazioni terroristiche, vengono cristallizzate alcune premesse definitorie fondamentali. Nell'art. 2, infatti, il testo rende evidente la coincidenza sostanziale tra gruppo terroristico e associazione strutturata, mentre viene espunta la definizione di organizzazione terroristica, senza che possa essere considerata sussistente alcuna variazione sostanziale. Come anticipato, infatti, i termini gruppo, associazione strutturata e organizzazione sono utilizzati in maniera equivalente in ambito europeo. Restano le medesime, invece le condotte riconducibili al gruppo terroristico, da individuarsi esclusivamente nella direzione o partecipazione allo stesso, sempreché intenzionale. Le modifiche riferite al Titolo I e II della direttiva del 2017 non innovano particolarmente la disciplina vigente, che resta invariata.

Il Titolo III rubricato Reati connessi ad attività terroristiche richiama pressoché fedelmente il contenuto della decisione quadro 2008/919/Gai. Vengono riprodotti, questa volta in articoli separati (ex art. 3 decisione quadro del 2008), le condotte di provocazione, reclutamento e addestramento per fini terroristici, cui si aggiunge anche la condotta di ricezione di addestramento (art. 8 direttiva 2017/541), fattispecie che nell'ordinamento interno era stata già recepita con la novella 2015 nell'art. 270-quinquies c.p., c.d. reato di auto-addestramento ad attività con finalità di terrorismo. Gli articoli 9, 10 e 11, con i quali si chiede agli Stati membri di incriminare il compimento di viaggi a fini terroristici, anche in termini di organizzazione o agevolazione, nonché il finanziamento al terrorismo, rinvia di fatto a quanto stabilito nella risoluzione Onu n. 2178/2014. Si trattava all'epoca di veri e propri obblighi di incriminazione dettati dal Consiglio di Sicurezza Onu (sebbene sia inappropriato parlare di “obblighi” vista la carenza di un potere in tal senso in capo a tale organismo) ai quali il Legislatore nazionale ha già dato attuazione con il d.l. 7/2015 conv. in l. 43 dello stesso anno.

Si evidenzia che, in relazione ai reati connessi, con particolare riferimento all'elenco di cui all'art. 12 (ex art. 3 decisione quadro 2002), alla produzione viene affiancato anche l'utilizzo di documenti falsi al fine di commettere uno dei reati indicati come terroristici dalla stessa direttiva 2017.

È bene precisare ancora una volta come tutte le condotte riconducibili ai reati connessi (artt. 9-12) si riferiscono agli specifici gravi reati elencati nell'art. 3 della direttiva ad esclusione dell'ipotesi di minaccia di commettere uno dei reati indicati (art. 3, lett. j)), ciò evidentemente al fine di non discostarsi eccessivamente da un diritto penale del fatto. È evidente che l'incriminazione della pubblica provocazione, del reclutamento o dell'addestramento finalizzati alla minaccia di commettere un reato definito terroristico, sarebbe troppo lontano da qualsiasi condotta che possa materialmente considerarsi offensiva. È curioso notare come lo stesso limite non sussista rispetto alle condotte relative ai viaggi (artt. 9 e 10), al finanziamento (art. 11) e ad alcuni reati connessi (art. 12 lett. a) e b)), i quali rinviano all'insieme delle ipotesi delittuose contemplate nell'art. 3 senza escludere la minaccia di commettere uno degli atti elencati alle lettere da a) a i). Appare ammissibile per il Legislatore europeo, pertanto, il finanziamento o il compimento di un viaggio finalizzati alla commissione di una minaccia di reato terroristico. Una soluzione poco ragionevole che sembra piuttosto dettata dal fatto di avere assemblato nella stessa direttiva decisioni quadro e risoluzione Onu, quest'ultima elaborata in un contesto differente da quello europeo. Infatti, mentre le condotte di pubblica provocazione, reclutamento e addestramento con scopo terroristico, contenute nella direttiva del 2008, avevano come riferimento esplicito la direttiva 475/2002, quindi il reato terroristico così come definito nella stessa, la risoluzione Onu del 2014, emanata per fronteggiare il fenomeno dei foreign fighters, non veniva costruita sulle medesime premesse e, in particolare, non aveva come riferimento l'elenco di reati qualificati come terroristici in Europa. Pertanto, a voler coordinare i testi così come riuniti nella direttiva 541/2017 sarebbe stato forse opportuno estendere anche alle fattispecie di viaggio e finanziamento gli stessi limiti previsti per le condotte di istigazione, reclutamento e addestramento al terrorismo. In ogni caso, a livello interno non sembra porsi alcun problema interpretativo trattandosi di figure delittuose introdotte da tempo nel sistema penale e comunque svincolate dall'elenco di reati terroristici previsto in Europa. Una ulteriore precisazione riguarda i reati connessi, di cui al Titolo III della direttiva, riconducibili anche al gruppo terroristico (art. 4). Tra questi rientrano esclusivamente il reclutamento (art. 6), il viaggio a fini terroristici (art. 9), il finanziamento e la produzione o l'utilizzo di falsi documenti amministrativi (art. 12, lett. c)). L'ipotesi di concorso è esclusa solo per il compimento, l'organizzazione o agevolazione di viaggi di cui agli artt. 9 e 10. Anche l'ammissibilità del tentativo è sottoposto a dei limiti. L'istituto è applicabile esclusivamente per i reati terroristici di cui all'art. 3 (ad esclusione dell'ipotesi di detenzione di armi e minaccia di commettere uno dei reati di cui allo stesso articolo), per l'ipotesi di reclutamento e fornitura di addestramento (non per la ricezione), per alcune ipotesi di viaggio (art. 9, comma 2, lett. a)), per il finanziamento (art. 11) e per i reati connessi (art. 12). Per ciò che concerne le circostanze attenuanti, la responsabilità delle persone giuridiche e le relative sanzioni non sembrano sussistere ad una prima lettura modifiche rilevanti.

In conclusione

Sebbene non possa dirsi che l'intervento del 2017 abbia innovato in maniera incisiva il sistema di tutele vigente, alcune precisazioni si rendono necessarie. Di reato terroristico può parlarsi esclusivamente in relazione a specifici reati considerati gravi e commessi con finalità terroristica: « al contrario, gli atti finalizzati, ad esempio, a costringere i poteri pubblici a compiere o ad astenersi dal compiere un atto, che non siano tuttavia inclusi nell'elenco esaustivo dei reati gravi, non sono considerati reati di terrorismo conformemente alla presente direttiva » (considerando n.8). La premessa non è di poco conto, infatti, stando al testo della norma sia il gruppo terroristico che i reati connessi alle attività terroristiche di cui rispettivamente al Titolo II e III della direttiva possono sussistere solo in relazione ai reati di cui all'art. 3, rubricato reati di terrorismo, ciò in evidente controtendenza rispetto alle scelte effettuate a livello nazionale. Orbene, ferma la possibilità per il Legislatore di fornire una tutela interna più ampia rispetto a quella contenuta nella direttiva, bisognerebbe interrogarsi sull'opportunità di una scelta in tal senso e sulle ragioni che hanno spinto l'Europa a circoscrivere ad un preciso elenco, espressamente definito “esaustivo”, di reati la qualifica terroristica. Il rischio è quello di rallentare l'opera di armonizzazione tra ordinamenti sia in termini sostanziali che procedurali ma anche di compromettere l'interpretazione sistematica dei testi sovranazionali ai quali è ispirata quasi interamente la materia dei delitti con finalità di terrorismo. Sarebbe interessante considerare, tra l'altro, la portata applicativa di un obbligo a contenuto negativo di matrice europea, trattandosi nel caso specifico anche di una affermazione sufficientemente dettagliata (sebbene si tratti di una premessa utile perlopiù in funzione interpretativa).

Un'altra importante precisazione è contenuta nel considerando n. 10 in cui, con riferimento alle condotte di pubblica provocazione per commettere reati di terrorismo, ovvero apologia, giustificazione e propaganda, anche online, di messaggi ed immagini finalizzati a raccogliere consensi o intimidire la popolazione, il legislatore ritiene il reato integrato solo qualora in concreto la condotta integri il pericolo reale di commissione di un reato terroristico. Si rinvia espressamente alle circostanze del caso, al contesto, alla entità e natura del pericolo, in tal modo rendendo evidente come non sia sufficiente il verificarsi di un pericolo in senso astratto o presunto. Anche rispetto al viaggio per finalità terroristiche, viene precisato come non sia indispensabile qualificare come reato l'atto di viaggiare in quanto tale (considerando n. 12). L'obiettivo è chiaramente quello di “arginare il flusso di combattenti terroristi stranieri”, pertanto, il fine terroristico attribuito al viaggio va a coincidere con lo scopo di commettere uno dei reati terroristici di cui all'art. 3 della direttiva, oppure di impartire o ricevere un addestramento o ancora di partecipare ad un gruppo terroristico.

Particolare attenzione è dedicata anche alla diffusione tramite internet di forme di incitamento all'attività terroristica (art. 21), nonché alla tutela delle vittime del terrorismo, alle quali viene dedicato l'intero titolo V. Internet, come è noto, costituisce la sfida moderna dei sistemi giuridici nello Stato di diritto. La rimozione o il blocco di contenuti che costituiscono pubblica provocazione al terrorismo, pure richiesti, dovranno in ogni caso essere controbilanciati dalla garanzia di un adeguato livello di certezza e prevedibilità del diritto e con la possibilità di un ricorso giurisdizionale contro tali limitazioni (considerando n. 22). Viene espressamente escluso qualsiasi obbligo di sorveglianza per i fornitori dei servizi di hosting, come anche di ricerca attiva dei contenuti illeciti da rimuovere. Viene, per contro, confermata la responsabilità degli stessi in ordine a contenuti di cui siano a conoscenza. La conoscenza richiesta nel considerando n. 23 riguarda sia l'illiceità dell'attività o informazione, sia i fatti o le circostanze che rendono manifesta l'illegalità dell'attività o dell'informazione.

In ultimo, merita di essere menzionato il considerando n. 17 con cui si specifica come la nozione di intenzionalità deve applicarsi a tutti gli elementi costitutivi di tali reati. Una precisazione per niente scontata nel sistema sovranazionale, che evidenzia come anche nello spazio europeo la direzione intrapresa sia sempre più tecnica e garantista, fondata sui principi di legalità e colpevolezza.

La direttiva sulla lotta al terrorismo sarà recepita dagli Stati membri entro la data del 8 settembre 2018.

Guida all'approfondimento

CENTONZE - GIOVEDÌ, Terrorismo e legislazione d'emergenza, 2016, Frosinone;

CENTONZE - GIOVEDÌ, Terrorismo, ultimo atto: blanchiment d'argent e terrorismo nucleare, 2016, Giuffré.

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