L'applicazione della misura cautelare nel mandato di arresto europeo

31 Agosto 2015

L'applicazione della misura cautelare nel mandato di arresto europeo segue un procedimento particolare, differente da quello attraverso il quale si snoda l'applicazione della cautela nel procedimento di cognizione; tuttavia numerose sono le affinità, anche in ragione del fatto che la legge di recepimento ha operato un richiamo generale, nei limiti della loro applicabilità, alle disposizioni del Titolo I del Libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali, prevedendo, comunque, alcune esplicite eccezioni.
Abstract

L'applicazione della misura cautelare nel mandato di arresto europeo segue un procedimento particolare, differente da quello attraverso il quale si snoda l'applicazione della cautela nel procedimento di cognizione; tuttavia numerose sono le affinità, anche in ragione del fatto che la legge di recepimento ha operato un richiamo generale, nei limiti della loro applicabilità, alle disposizioni del Titolo I del Libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali, prevedendo, comunque, alcune esplicite eccezioni.

L'ordinanza applicativa della misura cautelare

Come nel procedimento ordinario, anche in seno al mandato di arresto europeo la misura coercitiva è applicata con un'ordinanza motivata; la Corte d'appello o il singolo magistrato (nel caso in cui la misura cautelare segua l'arresto su segnalazione nel Sistema d'informazione Schengen – S.I.S.) provvede in assenza di una richiesta del pubblico ministero, considerato che il procuratore generale viene solo “sentito”, scaturendo l'esigenza della decisione cautelare direttamente dalla ricezione dell'euromandato. Secondo il Supremo Collegio, infatti, è legittima l'applicazione della misura cautelare pur in assenza della richiesta del pubblico ministero, posto che il procedimento cautelare si attiva con il mandato di arresto europeo emesso dall'autorità straniera e nessun potere di impulso è riconosciuto al procuratore generale, che ha funzioni meramente consultive (Cass. pen., Sez. VI, 4 luglio 2008, n. 28139).

Anche l'ordinanza cautelare emessa in seno ad una procedura di consegna deve essere motivata a pena di nullità, come ribadisce l'art. 9 della legge di recepimento (l. 22 aprile 2005, n. 69); ciò che, d'altronde, è previsto in linea generale dall'art. 125 c.p.p., disposizione sicuramente applicabile in virtù del richiamo operato dall'art. 39, l. 69/2005 alle “disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili”; quanto al tipo di nullità, la giurisprudenza oscilla tra il considerarla una nullità relativa (Cass. pen., Sez. V, 8 febbraio 2005, n. 11961 e Cass. pen., Sez. I, 21 dicembre 1993) o, in alcuni casi di completa mancanza della motivazione, una nullità assoluta (Cass. pen., Sez. V, 23 settembre 2004, n. 42379).

L'ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere, peraltro, secondo la giurisprudenza non deve contenere la descrizione sommaria del fatto e l'indicazione delle norme violate che si rinvengono nel mandato di arresto e non deve farsi carico delle valutazioni in tema di adeguatezza e proporzionalità della misura e di concedibilità della sospensione condizionale della pena, potendo la Corte d'appello valutare, in sede di sommaria delibazione al limitato fine cautelare, l'esistenza di elementi sufficientemente certi che offrano ragioni idonee a ritenere che non ricorrano, in concreto e allo stato, elementi ostativi alla consegna secondo il disposto dell'art. 9, comma 6, l. 69/2005 (Cass. pen., Sez. VI, 5 maggio 2006, n. 19764).

Il pericolo di fuga quale unica esigenza cautelare salvaguardabile

L'applicazione della misura è eventuale ma sempre e solamente finalizzata a garantire che il soggetto del quale è richiesta la consegna non si sottragga alla stessa (art. 9, comma 4, l. 69/2005).

Il ricercato, dunque, non deve necessariamente essere privato della libertà personale ai fini della successiva consegna; la decisione-quadro, infatti, prevede che la persona da consegnare possa essere posta in stato di libertà, conformemente al diritto interno dello Stato di esecuzione, e la legge italiana di conformazione del diritto interno alla decisione-quadro prevede appunto che la decisione sugli aspetti cautelari e quella sulla consegna siano distinte, tanto che può essere consegnata allo Stato di emissione anche una persona a piede libero.

Pertanto, l'ordinanza applicativa deve dare adeguato conto del concreto pericolo di fuga, che costituisce l'unico presupposto cautelare per l'adozione della misura a norma dell'art. 9, comma 5, l. 69/2005, e dell'adeguatezza e proporzionalità della misura a prevenire tale pericolo di fuga, anche con riferimento alla gravità del reato contestato (Cass. pen., Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 20550).

La motivazione sul pericolo di fuga

Nello specifico, l'obbligo di motivazione in ordine al pericolo di fuga deve assumere connotati di concretezza ed essere plausibilmente argomentato su un ragionevole giudizio prognostico, mediante l'indicazione di circostanze sintomatiche, specifiche e rivelatrici di una reale possibilità di allontanamento clandestino da parte della persona richiesta (Cass. pen., Sez. fer., 27 luglio 2010, n. 30039, che ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura custodiale, nella quale il pericolo di fuga era stato desunto, tra l'altro, dal “mancato consenso alla consegna”; nello stesso senso, Cass. pen., Sez. VI, 15 gennaio 2008, n. 2450, che ha annullato con rinvio l'ordinanza di custodia in carcere, nella quale il pericolo di fuga era stato motivato sulla mera capacità della persona richiesta di allontanarsi verso Paesi esteri”. In buona sostanza, il rinvio contenuto nell'art. 9,l. 69/2005 alle disposizioni dell'art. 274, comma 1, lettera b), c.p.p. comporta l'obbligo per il giudice di motivare congruamente in ordine alla sussistenza di un concreto pericolo (Cass. pen., Sez. VI, 13 gennaio 2010, n. 4996).

Da considerare che in giurisprudenza la motivazione del pericolo di fuga è stata ritenuta corretta allorché fondata sulla condizione di clandestinità della persona richiesta (Cass. pen., Sez. VI, 27 aprile 2007, n. 24761, non massimata sul punto), sulla indisponibilità di stabili referenti e di una fissa dimora della persona richiesta (Cass. pen., Sez. fer., 13 settembre 2007, n. 35001, non massimata sul punto), sulla grave condanna riportata nello Stato di emissione (Cass. pen., Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 42767, non massimata sul punto). È stata di converso censurata l'ordinanza cautelare motivata sulla necessità di assicurare la partecipazione del ricercato alla procedura decisoria sulla consegna (Cass. pen., Sez. VI, 9 luglio 2008, n. 28806, non massimata), o sulla sola circostanza che il ricercato non aveva dimora in Italia (Cass. pen., Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 20550).

Pertanto, qualora il mandato sia trasmesso per le vie ordinarie, la prima fase della procedura è coperta dal segreto e si sostanzia nella valutazione che la Corte d'appello compie al fine dell'applicazione di una misura coercitiva.Tale applicazione è solo eventuale ed è legata al ricorrere dell'unica esigenza cautelare del pericolo di fuga. Ritenutolo sussistente, infatti, il Collegio applica la misura più idonea a soddisfare l'esigenza medesima, scegliendo la stessa tra le sole misure cautelari coercitive.

Nella decisione cautelare, infine, non può essere valutata l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza, dovendo la Corte limitarsi a verificare l'esistenza di una motivazione nel provvedimento posto a base della richiesta di consegna: ciò in ragione dell'impossibilità di procedere ad un nuovo giudizio di merito; è comunque espressamente esclusa l'applicabilità degli artt. 273, commi 1 e 1-bis, e 280 c.p.p.

In conclusione

Del tutto peculiare è, pertanto l'applicazione della cautela in seno al mandato di arresto europeo: il fatto che l'esigenza cautelare ravvisabile possa essere il solo pericolo di fuga appare connaturale alla finalità della procedura di cooperazione giudiziaria, rappresentata dalla consegna del ricercato al fine dell'esecuzione della pena o dello svolgimento del processo. In questo contesto, dunque, non appare strano che il particolare regime di consegna del cittadino, previsto dagli artt. 18, lett. r) e 19 lett. c), l. 69/2005 (nel caso in cui il mandato d'arresto europeo sia stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale), non impedisca l'applicabilità della misura cautelare personale che ne assicuri l'esecuzione (Cass. pen., Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 42767).

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