Attività lavorativa futura: il danno da perdita di chance è danno patrimoniale

03 Aprile 2017

Il creditore che voglia ottenere i danni derivanti da perdita di “chance” ha l'onere di provare la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta.

Il caso. La vicenda giunta all'attenzione della Suprema Corte riguarda la richiesta risarcitoria chiesta da una danneggiata (all'epoca minorenne) e dai suoi genitori per i danni subiti in un incidente stradale in cui era rimasta coinvolta in qualità di trasportata su un motociclo.
Per quel che qui rileva, mentre il Tribunale aveva riconosciuto (oltre alle spese mediche e al danno biologico) la perdita di chance e il danno non esistenziale, la Corte d'appello aveva escluso la risarcibilità di queste due voci, riconoscendo invece una somma (peraltro notevolmente inferiore a quanto previsto in primo grado per le due voci di danno poi escluse) a titolo di danni non patrimoniali.
I danneggiati hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando sia profili procedurali (tutti rigettati, e che in questa sede non vengono esaminati in quanto scarsamente interessanti) sia la mancata liquidazione del danno da perdita di chance.

La perdita di chance è un danno diverso dalla lesione della salute. La Terza Sezione ha riassunto la giurisprudenza di legittimità per quel che concerne il danno da perdita di chance, e in particolare per le chances asseritamente perdute relativamente alla carriera universitaria e alla conseguente attività lavorativa che, a dire dei ricorrenti, la danneggiata non aveva potuto intraprendere a causa delle lesioni subite.
Ha ricordato, infatti, come la perdita di chance non debba essere considerata una mera aspettativa di fatto bensì una «concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene», in quanto tale costituente un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione.
Ciò premesso, ha ribadito come incomba sul creditore, che voglia richiedere il risarcimento di tali danni, l'onere della prova della realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e invece impedito dalla condotta illecita. Peraltro, trattandosi di provare un fatto non avvenuto, la natura della prova non potrà che essere presuntiva o secondo un calcolo di probabilità.
Ancora, ha ribadito con forza come in caso di richiesta di risarcimento di chances perdute, a causa dei postumi permanenti-conseguenza delle lesioni subite, relativamente alla attività lavorativa futura, il «danno c.d. da perdita di chance si configura come danno patrimoniale futuro, perciò diverso ed ulteriore rispetto al danno alla salute, a carattere invece non patrimoniale».
Ne consegue che non sia sufficiente la sola dimostrazione dell'esistenza dei postumi invalidanti per far presumere la perdita della possibilità di futuri guadagni e di futuri maggiori guadagni: spetta al danneggiato «l'onere di provare, anche presuntivamente, che il danno alla salute gli ha precluso l'accesso a situazioni di studio o di lavoro tali che, se realizzate, avrebbero fornito anche soltanto la possibilità di maggiori guadagni».
Conseguentemente la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione della Corte territoriale di ritenere insufficiente ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro la sola valutazione medico-legale, rigettando il motivo di ricorso come inammissibile in quanto totalmente carente dell'indicazione di elementi di fatto, diversi dalla compromissione delle condizioni di salute, che avrebbero dovuto indurre i giudici a ritenere provati le perdite di chances lamentate.

(Fonte: www.dirittoegiustizia.it)

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